11
trattamento consiste nell'esame di questi complementi, delle loro
posizioni nella frase, le loro suddivisioni, le loro relazioni con gli
aspetti morfosintattici e i valori semantici.
Nel secondo capitolo saranno presi in esame tre punti principali:
i complementi di tempo e di luogo in arabo corrispondenti a quelli
in italiano, i punti di affinità tra l’arabo e l’italiano e i punti di
divergenza mettendo in rilievo i problemi di traduzione.Segue poi
la conclusione in cui saranno inclusi i risultati della tesi.
12
Introduzione
1. Generalità:
Il mio studio, svolto a livello sintattico-semantico, tratta i
complementi di tempo e di luogo in italiano ed i corrispondenti in
arabo e tratta i problemi di traduzione dall'italiano in arabo.Lo
studio sarà esposto sul livello della forma, del significato e dell'uso
dei complementi di tempo e di luogo in italiano e in arabo.
La mia tesi parte dall'analisi grammaticale a quella sintattica, in
quanto l'analisi grammaticale ha il compito di individuare e
designare le categorie grammaticali o parti del discorso cui
appartengono le parole presenti nella frase (articolo, nome, verbo,
avverbio, ecc.) come lo afferma Serianni (1991:31) mentre l'analisi
sintattica come dicono Battaglia-Pernicone (1951:457) precisa se
una parola fa da soggetto, da predicato, da attributo, da
apposizione o da complemento.Secondo Serianni (cfr. 1991:83) e
Okasha (2002:10)
1
, l'analisi sintattica è il procedimento con cui si
individuano le categorie sintattiche che costruiscono una frase.
Così nel fare l'analisi logica o sintattica, come affermano
Battaglia-Pernicone (1951: 457) si ha sempre di mira il costrutto
"logico" o sintattico del pensiero, cioè la connessione della parola
con le altre. Da queste definizioni si nota che l'analisi
grammaticale è una fase "preliminare" di quella logica. Potrei
dunque considerare l'analisi logica l'approccio applicato di quella
grammaticale. I complementi di tempo e di luogo, cioè il nucleo
del mio studio, saranno analizzati grammaticalmente e
sintatticamente.
Troverei opportuno mettere in rilievo alcune definizioni fatte da
alcuni linguisti: per "complemento" i linguisti hanno dato diverse
1
،ﺔﻟﻻﺪﻟا ﻢﻠﻋ ءﻮﺿ ﻰﻓ ىﻮﻐﻠﻟا ﻞﻴﻠﺤﺘﻟا،دﻮﻤﺤﻣ،ﺔﺷﺎﻜﻋ،ةﺮهﺎﻘﻟا،ﺔﻳدﻮﻤﺤﻤﻟا ﺔﺒﺘﻜﻣ2002.
13
definizioni. Secondo Sensini-Roncoroni (1995: 255) i
complementi sono " elementi della frase che hanno la funzione di
completare a vario titolo e in modi diversi, il significato dello
schema di base della frase, costituito dal soggetto e dal predicato".
Secondo Martinet (1988: 210) sono "determinazioni non
obbligatorie di un nucleo, predicativo o altro". Però, secondo me,
non vedo che tali definizioni siano esaurienti dato che i
complementi non devono necessariamente essere degli elementi
"accessori"
1
della frase, ma fungono da espansioni o da
determinazioni che precisano il significato di uno o più
componenti della frase.
Essendo generalmente retti da preposizioni, parlerei delle
preposizioni per la loro stretta relazione con i complementi perché
la preposizione "è una parte del discorso invariabile che serve a
esprimere e determinare i rapporti sintattici tra le varie componenti
della frase" (Serianni 1991: 327). Andorno (1999:64) definisce le
preposizioni come "parole funzionali che si collocano davanti a un
sintagma definendo le relazioni che questo intrattiene con gli altri
sintagmi della frase" e per De Felice (1960: 3) la preposizione
gode di una "fisionomia semantica complessa" in quanto ha due
aspetti: uno negativo o passivo privo di significato quando si usa
come strumento grammaticale e l'altro attivo dotto di un valore
sintattico semantico di per sé che opera come elemento linguistico
di una certa individualità lessicale.
Una nota utilissima che riguarda il significato assunto alla
preposizione la fanno Andorno (1999: 64) e Okasha (2002:134)
affermando che il suo significato non è mai unico ma dipende dal
contesto in due direzioni: da un lato il significato della
1
Sensini-Roncoroni (1995: 256) affermano l'idea che il valore accessorio del complemento
va inteso in senso relativo perché ci sono complementi indispensabili ai fini del senso della
frase.
14
preposizione varia dal contesto in cui essa è inserita
1
; dall'altro lo
stesso significato può essere espresso da più preposizioni in
contesti diversi. Per chiarire il suo punto di vista, Andorno
continua a dire che un sintagma come da Alberto non ha un
significato particolare se non si mette dentro una frase; può
assumere la funzione di un complemento di moto a luogo Sono
andato da Alberto o stato in luogo Rimarrò da Alberto anche la
settimana prossima o anche un complemento d'agente La poesia è
stata scritta da Alberto. Si vede nell'esempio da Alberto, citato da
Andorno, che i criteri semantici che distinguono i vari
complementi non sono ben chiari e che hanno bisogno d'ulteriori
spiegazioni relative al significato più comune di ciascuna
preposizione, al fatto che lo stesso significato può essere assunto
da più preposizioni, al ruolo del verbo nella determinazione dei
diversi complementi, all'influsso di elementi lessicali al significato
del complemento.
Per il noto rapporto tra le preposizioni con i complementi
troverei opportuno dare i punti di vista dei linguisti su questo fatto.
I linguisti hanno distinto due tipi di preposizioni: proprie e
improprie. Andorno (1999: 64,65), Fogarasi (1969: 253),
Battaglia-Pernicone (1951: 428) intendono per preposizioni
proprie una classe chiusa di preposizioni monosillabiche (di, a, da,
in, con, per, tra, fra) che svolgono la funzione di preposizione.
Queste sono sempre seguite da un sintagma nominale. Per
preposizioni improprie, invece, gli stessi linguisti hanno parlato di
una classe aperta di preposizioni polisillabiche o anzi di parti del
discorso che possono compiere la funzione delle preposizioni vere
e proprie. La loro origine risale ad avverbi, aggettivi o anche verbi.
In questo senso queste preposizioni hanno un'autonomia sintattica.
Esse possono formare o un complemento di luogo come dentro,
entro, dietro, sotto, sopra, lungo, presso, fuori, avanti, rasente,
1
"فوﺮﺤﻟﺎﻓ)ﺮﺠﻟا فوﺮﺣ ﻞﺜﻣ ( وأ ﻆﻔﻠﻟا نﺄﺑ مﺰﺠﺗ ﻰﺘﻟا ﻰه ﺐﻴآﺮﺘﻟا ﺔﻟﻻد و،ﺐﻴآﺮﺘﻟا لﻼﺧ ﻦﻣ ﺎﻬﺘﻟﻻد ﺐﺴﺘﻜﺗ تﺎﻤﻠﻜﻟا و
ﻰﻨﻌﻣ ﻰﻄﻌﺗ ﻻ ﺎﻬﻨﻜﻟ و ﺐﻴآﺮﺘﻟا ﻰﻓ ﺎﻬﻴﻧﺎﻌﻣ ﺐﺴﺘﻜﺗ فوﺮﺤﻟا و ،ﺔﻟﻻد ىدﺆﻳ و ﻪﻴﻓ ةدﺎﻳز مأ ﺐﻴآﺮﺘﻟا ﻰﻓ سﺎﺳأ فﺮﺤﻟا
ﺔﻠﻘﺘﺴﻣ ﻰه و ﺎﻴﻤﺠﻌﻣ"ﻊﺟﺮﻣ ،ﺔﺷﺎﻜﻋ ، ص ،ﻩﺮآذ ﻖﺒﺳ 134
15
vicino, lontano, oltre, fino (sino), verso; o un complemento di
tempo come: entro, oltre, dopo, durante, prima.
Secondo Renzi (2001: 198), le preposizioni improprie possono
ammettere l'estrazione sotto forma di pronome clitico. Possono
anche essere dislocate a sinistra a patto che il sintagma da esse
retto sia cliticizzato e dà gli esempi: (ibidem)
Tutti i ragazzini vanno dietro alla maestra.
Dietro, le vanno tutti i ragazzini.
Nessuno è veramente contro a Giorgio.
Contro, nessuno gli è veramente.
Nella stessa opera (cfr. 535) Renzi nota che le preposizioni
improprie richiedono, in alcuni casi, di essere seguite da un'altra
preposizione propria cioè la preposizione propria fa parte della
preposizione impropria (la preposizione impropria accanto a è
formata da accanto+a):
"A": accanto, addosso, davanti, dirimpetto, incontro, insieme,
intorno, attorno, riguardo, vicino, rispetto (es.accanto a Gianni)
"Di": invece, prima, fuori (in locuzioni come fuori di casa)
"Da": lontano, fuori (es.lontano dalla città)
"Con": insieme (es.insieme con i miei amici)
Renzi (ivi. 535) aggiunge che le preposizioni polisillabiche
cambiano funzione se non sono seguite da una preposizione
propria né da un sostantivo:
Franco dorme sotto il letto. (complemento)
Franco dorme sotto al letto. (complemento)
Franco dorme sotto. (avverbio)
Nell'ultimo caso, "sotto" ha due interpretazioni; o una
preposizione avverbiale di luogo o un avverbio.
16
Renzi (ivi. 536) dà un esempio per chiarire che l'inserimento o
no della preposizione propria può suscitare qualche volta una
variazione semantica.
Vai dietro quella macchina.(A)
Vai dietro a quella macchina.(B)
La frase (A) significa che la macchina è ferma, mentre la (B)
suggerisce che la macchina si muova e così il senso in questo caso
diventa: Va a seguire quella macchina.
Sul rapporto complemento-preposizione, di cui ho parlato sulla
definizione del primo elemento (complemento) e sulla
classificazione del secondo (preposizione), potrei individuare che
una delle caratteristiche dei complementi messa in rilievo da
Sensini-Roncoroni (1995: 256) è quella che indica la dipendenza
del complemento da un altro elemento che lo determina
1
mentre
Hall(1971: 206) rivela un'altra caratteristica del complemento in
quanto dice che quasi tutti si possono spostare per stare all'inizio
della frase. Vanno esclusi i pro-complementi atoni che sono
sempre proclitici o enclitici
2
.
1
Goldberg (1997:383) dà l'esempio seguente in cui il complemento è determinato dal verbo
dicendo che: "…the basic sentence patterns of a language are determined by semantic
information specified by the main verbs. Thus, the sentence pattern in (1) appears by the
specifications of put: (1) Pat put the ball on the table. That is, put is a verb which requires an
agent, a theme and a location, and it appears overtly with those three arguments."
2
Hall dice che:
1. "In una clausola relativa o interrogativa, è normale che l'elemento relativo o interrogativo
stia all'inizio della clausola:Quanto distante da qui è il Campo dei Miracoli?
2. Se altri tipi di complementi stanno all'inizio dell'enuncaito, questa posizione conferisce
loro una sfumatura enfatica: Nella parte di fondo si vedeva un caminetto; Allora, dopo
gli occhi, fece il naso;Alla fine e per buona fortuna- capitò un carabiniere."
17
2. Tipi di complementi:
I linguisti hanno classificato i tipi di complementi secondo il
modo in cui si inseriscono nella frase e si collegano all'elemento da
cui dipendono o secondo il senso attribuito a essi nella frase o
secondo l'elemento della frase che determinano. La prima
classificazione, data da Sensini-Roncoroni (1995:256), Hall (1971:
184-190), Wandruszka (1986: 22) e Serianni (1991: 99), divide i
complementi in diretti, indiretti e avverbiali. L'altra classificazione
adottata da Sensini (1997:440),Sensini-Roncoroni (1995:255) e
Andorno (1999: 172) classifica i complementi in necessari e non
necessari mentre nella terza classificazione i complementi vanno
divisi in complementi del gruppo del soggetto, complementi del
gruppo del predicato e complementi circostanziali (cfr. Sensini
1997: 442).
2.1. Complementi diretti, indiretti e avverbiali:
Sensini-Roncoroni (1995:256), Hall (1971: 184-190),
Wandruszka (1986: 22) e Serianni (1991: 99) hanno diviso i
complementi in diretti, indiretti e avverbiali:
2.1.1. I complementi diretti:
Secondo la definizione dei linguisti il complemento diretto è
quello che si unisce al predicato senza nessuna preposizione e si
distingue anche per il fatto che l'azione ricade direttamente su esso.
Esempio: Paolo legge un libro.(Sensini-Roncoroni1995:256)
2.1.2. I complementi indiretti:
La maggior parte dei complementi indiretti si costituisce con
una reggenza preposizionale, in altri casi i complementi vengono
retti senza preposizione come il complemento di tempo e quello di
luogo. Una delle caratteristiche dei complementi indiretti è che
18
essi sono semanticamente non legati strettamente o direttamente
all'azione della frase.
Esempio:
Paolo ha scritto una lettera alla nonna. (ibidem)
2.1.3. I complementi avverbiali:
Rappresentano il nucleo della tesi perciò troverei opportuno
esporre i diversi punti di vista di alcuni linguisti su di essi. Il
complemento avverbiale consiste, secondo Fornaciari (1974:328)
da parole che determinano "le modalità e le condizioni dell'azione"
mentre secondo Sensini (1997:442) i complementi avverbiali sono
costituiti da "avverbi o da locuzioni avverbiali che completano il
significato del verbo, dell'aggettivo, del nome o dell'avverbio cui si
riferiscono precisandolo o modificandolo". Secondo Costabile
(1967: 39), il termine avverbiale riferisce a "tutta questa categoria
di elementi semplici o composti, in vario modo, che assolve
funzione avverbiale". Per elementi semplici Costabile intende una
sola parola (come:ora, domani, sopra, sotto) e per elementi
composti quelli come: sotto la sedia, in quel luogo, ecc. In questo
senso, aggiunge Costabile, gli avverbiali comprendono tutta la
serie illimitata di Frasi Preposizionali (FP) le quali hanno funzione
avverbiale lo stesso (cfr.Costabile 1967:40).
1
Robert A.Hall (1971:184-190)
ha formulato quattro tipi di
complementi avverbiali:
" i)Quelli che consistono di singoli morfemi normalmente di
un verbo, di un avverbio o di un aggettivo invariabile.
ii) Locuzioni acefale
2
1
La FP è composta da una preposizione più una frase nominale con
funzione avverbiale.
2
Queste locuzioni contengono secondo Hall: a)una preposizione più il suo soggetto, b) una
locuzione con la sruttura Attributo+Capo (sostantivo o pronome) nel cosiddetto nominativo
assoluto, c) una locuzione consistente di un sostantivo o di un avverbio + fa o or sono.
19
iii) Una clausola, sempre introdotta da un elemento
subordinatore o relativo.
iv) Una clausola minore consistente di
subordinatore+verbo, con riferimento al protagonista
del verbo principale"
Per quanto riguarda la posizione nella frase, l'avverbiale può
fungere da tema, un caso esaminato a profondo da Wandruszka
(1986: 22) o anche da focus come sottolinea Renzi (2001: 215).Il
primo caso si attua, come dice Wandruszka (1986: 22) in frasi del
tipo "avverbiale- verbo- soggetto" con soggetto rematico
1
, non
rematico o anche con soggetto implicito.
2
Il secondo caso
sottolineato da Renzi afferma che l'avverbiale, può occupare la
posizione di focus nelle frasi scisse
3
.
Gli avverbiali di tempo o di luogo tendono ad usare l'articolo
davanti al complemento, ma in altri casi si usano con preposizioni
semplici. La tendenza di preferire una forma o un'altra dipende da
fattori semantici e sintattici (valori morfosintattici della frase
nominale, determinazioni semantiche e pragmatiche del
contesto).In generale, dice Devoto (1994: 87), la forma articolata
"insiste sulla natura spaziale che effettivamente rappresenta,
mentre quella semplice rimane più approssimativa ed evoca di
immagini meno decisamente spaziali".
1
Wandruskza ha dato esempi di questo caso:
Nella stanza fa caldo e c'è odore.
Nel porto di Trieste lavorano tremila persone.
Non di rado, durante gli allarmi, veniva a mancare la luce..
Questi avverbiali, dice Wandruszka, sono da considerare come tema effettivo dell'enunciato.
2
Gli esempi forniti dall'autore nel caso di soggetto non rematico sono:
[…] a Reggio Calabria le cose invece procedono male.
[…] in Mangolia tutti portano questa genere di calzatura.
Mentre ha dato il seguente esempio per i casi con soggetto implicito:
Qui non abbiamo scuole.
3
Renzi ha fornito gli esempi seguenti:
E' DOMANI che deve partire.
Era proprio IERI che dovevi telefonare.
È LA' SOPRA che devi mettere il pacco.
20
Per quanto riguarda l'accoppiamento di due preposizioni esso
costituisce una "locuzione prepositiva" come la descrivono
Battaglia-Pernicone (1951: 30).Per loro, per locuzioni prepositive,
s'intendono i nessi più composti sul tipo: in mezzo a, accanto a,
per motivo di, per mezzo di, a favore di, di fronte a, contro di, ecc.
Costabile (1967: 40) suddivide la categoria dell'avverbiale in
due gruppi. Il primo Avl
-x
1
non può essere sostituito dalle
particelle pronominali (ci, vi), il secondo, Avl
-y
2
ha tale
caratteristica.
2.2. I complementi necessari e i complementi non
necessari:
La seconda classificazione divide i complementi in essenziali
(necessari) e facoltativi (non necessari). Secondo tale distinzione i
complementi essenziali o necessari sono quelli che sono
"obbligatori" al senso della frase (esempio: I ladri hanno svaligiato
la banca Sensini 1997:439) mentre quelli non necessari danno, al
contrario, indicazioni alle circostanze in cui l'evento occorre (di
questi complementi sono quelli di tempo e di luogo) (Cfr. Sensini-
Roncoroni 1995:255, Andorno 1999: 172).Sensini (1997:439)
spiega che i complementi necessari sono anche chiamati
1
Costabile (ivi.41) ha illustrato gli avverbiali che appartengono al primo gruppo come segue:
Avl
-x
: Avl
– t,m,c
FP
-t,m,c
FN
-t
Dove:
t: tempo; m: maniera; c: causa
Avl
-t
: oggi,domani,presto,ora…
Avl
-m
: così, infatti…
Avl
-c:
perciò…
FP
-t:
in questo mese, fra due ore, di notte…
FP
-m:
in questo modo, in quella maniera…
FP
-c
: per questa regione, per questo scopo…
FN
-t
: questa sera, l'altra settimana…
2
Il secondo gruppo va sostituito da "ne" e si illustra come segue:
Avl
-y
: FP
-da
FP
-di
(Costabile 1967: 41)
21
complementi-determinazione o argomenti obbligatori mentre
quelli non necessari sono detti complementi-espansione perché
"si limitano a espandere il contenuto della frase" (Sensini
1997:440).
Per Martinet (1988:214), però, "non bisogna affrettarsi a
classificare tutte le circostanze di tempo, di luogo, di modo, fra le
funzioni non specifiche" perché, come dice Sensini, in alcuni casi
il complemento di tempo e quello di luogo sono essenziali al senso
della frase come nell'esempio seguente:
Maria abita in una bella casa (Sensini 1997: 439).
Secondo Sensini il complemento di luogo "in una bella casa" non
si limita a dare informazioni in più, ma funge da determinazione
necessaria al senso della frase.
2.3. I complementi del gruppo soggetto, del gruppo
predicato e quelli circostanziali:
Sensini (1997:440) fa ancora una terza classificazione di
complementi in base all'elemento della frase intorno al quale
gravitano come segue:
2.3.1. Complementi del gruppo soggetto:
Sono i complementi che completano il significato del soggetto.
Esempio: La casa di Paolo è stata svaligiata.
2.3.2. Complementi del gruppo predicato:
Sono i complementi che completano il senso del predicato.
Esempio: La casa è stata svaligiata dai ladri.
2.3.3. Complementi circostanziali:
Sono i complementi che completano il significato dell'intera
frase precisando le circostanze di tempo o di luogo:
Esempio: D'estate le giornate sono più lunghe.
22
Primo capitolo
I complementi di tempo e di luogo in
italiano
1. Generalità:
Questo capitolo tratta dei complementi di tempo e di luogo in
italiano: saranno messi in esame la forma, i valori sintattici, i
valori semantici, gli usi pragmatici di entrambi designando i vari
tipi e tracciando le modificazioni morfosintattiche.
Una delle caratteristiche che hanno i complementi di tempo e di
luogo è che c'è una grande analogia fra le nozioni di tempo e
quelle di luogo (Battaglia-Pernicone 1951: 479). Battaglia-
Pernicone (cfr. 482) affermano che, anche se ciascun complemento
ha i suoi particolari costrutti, entrambi presentano concetti affini:
stabilità nello spazio e nel tempo, movimento nello spazio e nel
tempo, estensione nello spazio e nel tempo, punto di partenza o
d'arrivo sempre nello spazio o nel tempo. Un'altra caratteristica che
hanno in comune i complementi di tempo e di luogo dimostrata da
Castelfranchi e Parisi (1970: 195) è che entrambi hanno il
"componente della localizzazione". Perciò alcuni linguisti come
Calboli (1972: 253) hanno preferito chiamare i complementi di
23
tempo e quelli di luogo complementi "locali" e all'interno delle
funzioni locali si riconosce la funzione "locativa" e "direzionale".
Una differenza, però, tra ambedue i complementi consiste nel
fatto che "la unica dimensione temporale ha una dimensione
intrinseca, cioè dal primo al dopo, mentre le tre dimensioni
spaziali "non hanno direzioni intrinseche, ciascuna dimensione
potendo essere percorsa sia in una direzione che nell'altra"
(Castelfranchi e Parisi ivi. 196).
Brawn e Yule (1986: 71) parlano dei sistemi di collocare i punti
di tempo e di luogo. Per il tempo esso viene specificato in termini
di orario e di data mentre per il luogo viene specificato in termini
di latitudine e longitudine.
2. Il complemento di tempo:
Il complemento di tempo è costituito da un gruppo di voci
lessicali che sono usate per indicare le diverse circostanze di
tempo in cui si verifica l'azione o la condizione espressa dal verbo
(cfr. Sensini-Roncoroni 1995: 269, Bertinetto 1997: 15) mentre
Levinson (1985: 105) mostra che nella maggior parte delle lingue,
i sistemi di riconoscimento e di misurazione del tempo sono i cicli
naturali del giorno e della notte, i mesi, le stagioni e gli anni.
La nozione di Migliorini (1941: 342) indica la molteplicità dei
complementi di tempo in quanto possono indicare "quando è stata
fatta un'azione , quanto tempo è durata, quanto tempo o dopo una
data circostanza è avvenuta, per quando si stabilisce che sia fatto,
ecc". La nozione di Migliorini comporta, secondo Castelfranchi e
Parisi (1970: 199,200), un grado più o meno flessibile di
approssimazione nel tempo identificato e spiegano che quando
qualcuno ci dice che verrà "verso le sei" la frase comporta il
significato di anticipare o posticipare qualche minuto prima o
dopo, ma non significa nello stesso tempo di venire alle sette per
esempio; cioè i limiti di "tolleranza" sono abbastanza fissi.
24
2.1. Forma:
Parlando sulla forma del complemento di tempo merita da
esaminare la ricerca di Castelfranchi e Parisi (cfr. 1970: 195-200).I
due linguisti mostrano che la forma generale della voce lessicale
per i locativi temporali è Loc X dove Loc sta per un locativo
temporale e X sta per l'evento identificato da questo locativo. Il
tempo, come il luogo, non può essere identificato di per sé, ma
richiede un'azione o un evento al quale deve essere legato. Di
conseguenza, per definire un tempo si devono identificare due
cose: l'evento a cui si fa riferimento e il rapporto che il tempo ha
con tale evento; o anzi con il tempo di tale evento. Un evento è,
perciò, intrinsecamente legato al tempo in cui si verifica ed
introduce una differenziazione nel tempo.
Gli eventi possono avere due tipi: uno di una natura temporale e
l'altro può rientrare in altri sistemi semantici. Il primo tipo è
quello che c'interessa e comprende parole come (aprile, natale,
lunedì, le 5) (cfr. 197).Il secondo tipo comprende parole come
(l'arrivo, la battaglia) (ibidem).
Gi eventi di natura temporale sono di due tipi. Possono essere o
puntiformi o possono indicare durata. Il primo differenzia un punto
nel tempo come (le quattro, mezzogiorno, l'arrivo)(Cfr. 196-
197).L'evento-durata, invece, differenzia un intervallo nel tempo
come (lunedì, natale, primavera, battaglia, corsa, ecc.)(ibidem).Gli
eventi durata hanno un inizio e una fine mentre non lo hanno quelli
puntiformi e così si fa la distinzione fra i due tipi di eventi. Perciò,
è probabile usare il morfema "in" con gli eventi "durata" ma non
con quelli "puntiformi (cfr. § 2.3.2.2. del cap.I).
Castelfranchi e Parisi (cfr. 1970: 197) hanno messo in rilievo la
differenza tra gli eventi e le quantità indicando che l'ultima è
aspetto importante legato al tempo e agli eventi. E' un'aggiunta che
determina un rapporto tra il tempo da identificare e l'evento X. Le
quantità possono essere ordinali (molto, poco) o di misura (minuto,
ora).Aggiungono che qualche volta la quantità sostituisce X dando
gli esempi seguenti:
25
Marco arriva due giorni dopo Natale.(ibidem) A
Marco arriva tra un'ora. (ivi. 198) B
Nell'esempio A "dopo" è il locativo, "Natale" è l'evento e "due
giorni" è la quantità. Nell'esempio B, però, è assente l'evento:
"Tra" è il locativo e "un'ora" è la quantità.
Castelfranchi e Parisi (ibidem) citano i seguenti esempi per
poter distinguere tra eventi e quantità :
Verrà tra le 3 e le 5. A
Verrà tra natale e Capodanno. B
Verrà tra 3 mesi. C
* Verrà tra 3 mesi e 5 mesi. D (si dice però Verrà tra 3 mesi o 5
mesi)
* Verrà tra Natale. E (Si dice verrà a/entro Natale)
Gli esempi "D" e "E" non sono ammessi perché con "tra" non si
può usare eventi ma solo quantità mentre con "tra X e Y" si
possono esprimere eventi e non quantità.(Cfr. 2.4.5. E 2.4.6.)
Secondo i due linguisti, esiste una corrispondenza tra un evento
e una quantità perché l'evento è costituito originariamente con una
quantità più un tempo di riferimento. Una quantità come "ora" è
legata agli eventi (mezzogiorno, le 2, le 3, ecc.). Alla quantità
"giorno" corrisponde una serie di eventi come (natale, il 7, lunedì,
ecc.).Alla quantità "anno" corrispondono eventi come (il 1512, il
1968, ecc.) (ivi. 199).
Castelfranchi e Parisi (ibidem) aggiungono che gli eventi si
possono trasformare in quantità e viceversa:Nell'esempio Questa
settimana la quantità "settimana" serve per esprimere un evento
con l'ausilio di un tempo di riferimento deittico "questo". In: Due
Natali fa (ibidem) l'evento "natale" serve per esprimere una
quantità con il quantitivo "due".
Per quanto riguarda lo status del complemento di tempo, può
essere facoltativo o obbligatorio. Matthews (1981:138) definisce
tale status "problematico" perché in molti casi esso appare
26
facoltativo e l'esclusione del locativo non produce una frase
incomprensibile, anche se meno specificata o precisa.
Si può aggiungere il complemento di tempo in qualsiasi frase
con qualsiasi verbo senza alcuna restrizione; esso "non è mai
escluso" come spiega Matthews (ivi. 140).Il complemento di
tempo può essere usato con un verbo zero valente; si può
aggiungere ad un verbo trivalente; o anche con una frase seguita da
una clausola.
2.2. Rapporti semantici:
Migliorini (1941:342,343), Battaglia-Pernicone (1951:481)
indicano varie relazioni semantiche che possono essere espresse
con il complemento di tempo: contemporaneità, anteriorità,
posteriorità, periodicità, punto di partenza nel tempo e punto
d'arrivo nel tempo e danno gli esempi seguenti:
1. Contemporaneità:
Durante la recita, non è premesso entrare in platea (Migliorini
1941:342).
Durante il suo discorso, m'addormentai. (Battaglia-Pernicone
1951:481)
2. Anteriorità:
Prima del suo arrivo, c'era maggior confusione. (Migliorini
1941:342).
L'ho visto cinque giorni prima. (Battaglia-Pernicone 1951:481)
3. Posteriorità:
Morì di ferite due giorni dopo. (Migliorini 1941:342).
L'ho rivisto dopo tanto tempo. (Battaglia-Pernicone 1951:481)
4. Periodicità o quantità del tempo:
Deve pendere la medicina due volte al giorno. (Migliorini
1941:343).
Scrivere ogni giorno. (ibidem)
Mi riposo due volte l'anno.(Battaglia-Pernicone 1951:481)
5. Punto di partenza nel tempo:
Parlo invano da tanto tempo. (ibidem)
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6. Punto d'arrivo nel tempo:
Ti aspetterà fino a domani. (ibidem)
2.3. Aspetti morfosintattici e semantici del
complemento di tempo
Tratterò ciascuno degli elementi della costruzione locativa che
sono, successivamente: il verbo (l'elemento iniziale) ; la
preposizione (l'elemento che indica il rapporto temporale) e infine
l'elemento terminale della costruzione temporale.
2.3.1. L'elemento iniziale della costruzione
temporale:
I linguisti hanno classificato il complemento di tempo in tre tipi
(cfr. Bacci-Bosco 1983: 69-71 Battaglia-Pernicone 1951: 480,481
Sensini-Roncoroni 1995: 269,270 Migliorini 1941: 342 Renzi ed
al. 2001: 174 Intini 1990: 70,71):
1. Il complemento di tempo determinato.
2. Il complemento di tempo continuato.
3. Il complemento di tempo differito.
La regola che determina questa classificazione o quell'altra è
legata al valore semantico ed espressivo dell'elemento iniziale
della frase (il verbo), il quale ha la funzione di determinare il tipo
del rapporto temporale nella frase, sia dinamico che statico e anche
l'aspetto di tale rapporto: durativo, momentaneo, determinativo o
esteso.
2.3.1.1. Il complemento di tempo determinato:
Bacci-Bosco (1983: 69) e Sensini-Roncoroni (1995: 269)
definiscono il complemento di tempo determinato o localizzato
come quel complemento che precisa il momento, l'azione, l'epoca
o la data in cui avviene, è avvenuta, avverrà un dato evento.
Per Battaglia-Pernicone (1951:480), il complemento di tempo
determinato risponde alla semplice domanda: quando? Ma secondo
Sensini-Roncoroni (1995:269) può anche essere identificato da
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altre determinazioni temporali che rispondono alle seguenti
domande:
Prima di quale momento/ di chi/ di che cosa?
Dopo quale momento/ chi/ che cosa?
Quanto tempo prima/ dopo?
Quanto tempo fa?
Fra quanto tempo?
Per quanto riguarda la costruzione del complemento di tempo
determinato, dipende da verbi che indicano la staticità. Alcuni
linguisti notano che esso è introdotto o da locuzioni preposizionali
come "al tempo di", "una volta", "un tempo", "per l'addietro", "di
buon'ora", "di quando in quando" o da preposizioni come "in",
"a", "di", "su", "per", "durante" o anche senza nessuna
preposizione.(cfr. Sensini-Roncoroni 1995: 269 Bacci-Bosco
1983: 69; Battaglia-Pernicone 1951: 480; Migliorini 1941: 342).
Partirò giovedì. (Sensini-Roncoroni 1995:269) Senza
preposizione
Di notte molti hanno paura del buio.(ibidem) La prep. DI
L'ho incontrato alle cinque, per strada.(ibidem) La prep.A
L’America fu scoperta nell'anno 1492. (Milgiorini 1941:342)
La prep.IN
Fu da noi per Natale. (Bacci-Bosco 1983:70) La prep. PER
Riposarono durante l'inverno. (ibidem) La prep.DURANTE
Conto di partire ai primi di giugno. (Milgiorini 1941:342) La
locuzione preposizionale "al primo di"
Il piroscafo leverà l'ancora sul far del giorno. (ibidem.) La
locuzione preposizionale "sul far di"
Il complemento di tempo determinato va espresso di solito
tramite un sostantivo di valore temporale come: tempo, età, epoca,
era, secolo, stagione, anno, mese, settimana, giorno, ora, alba,
mezzogiorno, mezzanotte, sera, notte, tramonto, festa, ricorrenza,
ecc. (Battaglia-Pernicone 1951:480)
Può anche essere espresso tramite avverbi o deittici temporali
come: "ieri", "oggi", "adesso", "stamattina", "tardi", "presto", ecc.
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In questi casi Sensini-Roncoroni (1995: 269) parlano di un
"complemento avverbiale di tempo"e danno gli esempi seguenti:
(Cfr.§ 4.2. del cap.I)
Oggi non abbiamo lezione di matematica.
Una volta tutto era diverso.
Stamani il presidente del Consiglio riceverà una delegazione di
lavoratori.
Questo complemento può essere espresso senza preposizione
1
e
viene unito direttamente al verbo però l'uso o no della preposizione
crea diverse sfumature di significato il che è determinato da regole
precise. Sensini-Roncoroni (ibidem) e Battaglia-Pernicone
(1951:480) spiegano che con i nomi dei giorni della settimana, dei
mesi, delle stagioni se dico:Parto lunedì (senza preposizione e
senza articolo), intendo "lunedì prossimo"; e se dico Lavoro di
domenica, o la domenica intendo ogni domenica.
Con gli anni è preferibile escludere la preposizione quando si
precisa anche la data del giorno:La presa della Bastiglia avvenne il
14 luglio 1789 (Sensini-Roncoroni 1995:269) ma quando si indica
solo l'anno la scelta della preposizione appare facoltativa:Nel 1939
scoppiò la guerra mondiale (Battaliga e Pernicone 1951:480).
Riguardante la preferenza dell'uso della preposizione, Battaglia-
Pernicone (1951: 480) notano che ci sono sfumature riguardanti le
varie preposizioni che si possono usare con lo stesso vocabolo
dando gli esempi seguenti:
Leggo di notte. (ha un valore avverbiale)
Leggo la notte. (lo stesso senso precedente ma la
determinazione di tempo è più precisa e viva)
Leggo nella notte. (dà l'idea della continuità)
1
Nella lingua latina il complemento di tempo determinato si pone in caso ablativo senza
preposizione:
Vere florent arbores. (Intini 1990: 71)
Nella primavera fio\riscono gli alberi.
(Compl.di tempo deter.) (Predicato) (soggetto)