La fase di cambiamento aziendale in questione, infatti, si svolge quasi sempre sotto la
supervisione di specialisti esterni o di società di consulenza.
La consulenza aziendale viene identificata come un’attività economica ad alta “intensità di
conoscenza” e potenzialmente in grado di affrontare qualunque problema connesso con le
organizzazioni complesse; il settore della consulenza aziendale conosce da anni un elevato
dinamismo, con punte di sviluppo dell’ordine del 25% all’anno; ciò indica il crescente
fabbisogno da parte delle imprese, di rispondere alle nuove esigenze espresse dai mercati,
ormai sempre più orientati verso la globalità e quindi sempre più vari ed esigenti. Alla base
dell’analisi delle società di consulenza bisogna considerare l’emergere dell’economia dei
servizi, la centralità della risorsa conoscenza per l’acquisizione di vantaggi competitivi
sostenibili e lo sviluppo organizzativo delle imprese verso forme più flessibili ed efficienti.
Il crescente fenomeno della globalizzazione dell’economia, principalmente nell’area della
produzione e della prestazione di servizi, ha così dato vita ad un nuovo modo di concepire la
gestione dell’azienda; le imprese per essere competitive devono quindi acquisire competenze
e conoscenze adeguate. Ciò può avvenire attraverso la specializzazione del personale interno
oppure esternalizzando alcune attività, chiedendo assistenza alle società di consulenza
aziendale, che si collocano sul mercato con una combinazione d’offerta particolarmente
complessa tanto nel contenuto dei servizi erogati quanto nelle modalità di erogazione dei
servizi stessi.
Infine, l’esigenza di conciliare gli obiettivi di tempi, costi e qualità dei prodotti e dei servizi
offerti, insieme all’imprescindibile ricerca di una flessibilità strategico–organizzativa,
possono trovare ad oggi risposta solo in un approccio consolidato ed esaustivo, quale è il
project management, che consente di gestire un qualunque progetto nei suoi aspetti
organizzativi, di pianificazione delle risorse e di controllo della performance.
La dottrina del project management ha pervaso le organizzazioni delle risorse umane
coinvolte nei progetti ed è diventata parte e base delle organizzazioni moderne più dinamiche
e competitive. Gli aspetti organizzativi e comportamentali sono dipendenti e conseguenti alla
necessità di ottimizzare le funzioni di pianificazione e controllo.
La presenza di vincoli temporali e di risorse e, soprattutto, la predefinizione del risultato sono
certamente gli aspetti tipici che qualificano un progetto rispetto ad altri insiemi di attività. Il
project manager deve porre particolare attenzione a questi vincoli attraverso l’utilizzo di
tecniche di pianificazione e controllo.
Un altro aspetto fondamentale per la gestione dei progetti è l’utilizzo di strumenti di
information technology adeguati che permettano il superamento dei limiti operativi alla
gestione. Le sempre più articolate e complesse soluzioni che le imprese adottano sul piano
gestionale e su quello organizzativo, con la finalità di fronteggiare al meglio le sfide imposte
dalla crescente competizione, implicano che le medesime debbano disporre di adeguati
sistemi informativi, dotati di capacità di integrazione. Le tecnologie dell’informazione, infatti,
vanno acquisendo sempre maggiore strategicità, al pari dell’esigenza di gestione coordinata
fra le varie unità organizzative aziendali.
Il presente lavoro si articola in sei capitoli. Ai principi base del business process reengineering
ed alla sua relazione con l’outsourcing esposti nel capitolo 1, segue il capitolo relativo alla
consulenza aziendale, visto come mezzo a disposizione del management delle imprese per
acquisire conoscenza dall’esterno, crearne nuova all’interno e trasferirla ai mercati
incorporandola nei prodotti e servizi venduti. Ampia parte del capitolo 2 è dedicata alla
presentazione della società Accenture, azienda globale di consulenza direzionale, system
integration & technology e servizi alle imprese, affermata a livello mondiale, commissionaria
dei progetti presentati nei capitoli 4 e 5.
Poiché oggi, chiunque operi in un’impresa che persegue obiettivi complessi non può ignorare
i principi ed i metodi del Project Management, nel capitolo 3 vengono presentati i principi
base per la gestione ed il controllo delle attività necessarie per portare a compimento i
progetti.
In mercati fortemente competitivi, la customer satisfaction è condizione necessaria, anche se
non sufficiente, affinché l’impresa sia in grado di conseguire flussi di ricavi compatibili con le
prospettive di redditività di lungo periodo. La prima condizione del successo durevole
dell’impresa sui mercati di sbocco è che i clienti vedano appagate le loro esigenze, sotto una
pluralità di profili. Entrambi i progetti presentati nei capitolo 4 e 5, pur avendo finalità ben
diverse, prendono vita infatti dall’esigenza di incrementare la soddisfazione del cliente. Nel
caso aziendale al capitolo 4, progetto nel quale ho lavorato durante il periodo di stage, la
qualità del servizio reso al cliente viene incrementata attraverso un progetto di training
comportamentale alle figure professionali dell’area After Sales di una nota casa
automobilistica. La capacità di gestire e di coinvolgere i clienti nel processo After Sales, così
come la capacità di saper creare sintonia con i propri clienti, mediante uno stile di
comunicazione appropriato, è fondamentale nell’ambito commerciale. Nel settore automotive
sono da tempo evidenti una serie di fenomeni tra i quali la crescente importanza del marketing
relazionale tra casa madre, rete di concessionarie e cliente finale.
Il mondo cambia intorno a noi, cambia il cliente e cambia il mercato pertanto devono
cambiare le competenze possedute da chi interagisce con questo nuovo ambiente e da chi
deve gestire i diversi business: l’accettatore, da semplice interfaccia tecnica, diventa un
importante punto di contatto con il cliente prezioso per lo sviluppo del business
Nel caso US-VISIT presentato nel capitolo 5, invece, la customer satisfaction si traduce nella
necessità di agevolare lo spostamento delle persone e delle merci attraverso i confini
internazionali, nel rispetto delle leggi per la protezione del paese e dei relativi cittadini. Gli
enti governativi responsabili della gestione dei confini, nel ventunesimo secolo, affrontano un
ambiente in continua evoluzione e crescita degli spostamenti e del commercio internazionale,
caratterizzato dall’espansione del fenomeno dell’immigrazione illegale e dallo sviluppo
continuo del contrabbando delle merci proibite e falsificate, accompagnato dai rischi generati
dal fenomeno della globalizzazione del terrorismo. In questo secondo progetto realizzato su
richiesta del Dipartimento della Difesa degli Stati Uniti, dunque, l’intervento di Accenture si è
concretizzato nell’ideare un’architettura integrata per la gestione dei confini.
I due casi presentati mostrano inoltre come il fenomeno del business process reengineering
abbia ambiti di applicazione ben diversi, come sia attuabile tanto in una realtà industriale
quanto nell’ambito dell’economia dei servizi, tanto nel settore privato quanto nel settore
pubblico, ma sempre orientato al ripensamento radicale dei processi, alla soddisfazione delle
aspettative dei clienti, alla ridefinizione della variabili organizzative mediante l’utilizzo di
tecnologie dell’informazione che costituiscono uno strumento di supporto indispensabile per
coordinare e collegare l’azione dei diversi soggetti aziendali, sia nei loro rapporti intra-
aziendali, sia in quelli inter-aziendali.
L’elevata complessità dei progetti implica, in entrambi i casi, la loro gestione secondo i
principi del project management.
Il lavoro infine si conclude, nel capitolo 6, con una visione riassuntiva delle analogie
differenze riscontrate nei due casi.
Capitolo 1
L’OUTSOURCING E LA GESTIONE
DEL CAMBIAMENTO
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
12
1.1 L’EVOLUZIONE DEI MODELLI DI GESTIONE D’IMPRESA
Solo prestando attenzione agli eventi che si sono susseguiti nel macro-sistema economico
sociale è possibile comprendere ed interpretare correttamente gli effetti avuti sulle imprese, ed
in particolare sui modelli gestionali da esse adottati nel corso della storia. Il tema del
dinamismo ambientale, come opportunità e vincolo per l’equilibrio del sistema-impresa,
rappresenta il filo conduttore per comprendere il cambiamento della struttura aziendale ed il
conseguente mutamento culturale avvenuto al suo interno.
L’evoluzione dell’ambiente socio-economico si fonda innanzitutto sull’innovazione, intesa
coma la capacità di generare nuove conoscenze e tecnologie adattabili ai processi. Solo se
l’applicazione dell’innovazione viene estesa anche ai metodi di gestione, alle modalità di
organizzazione delle imprese, alla cultura imprenditoriale e manageriale, l’innovazione stessa
può risultare proficua. Secondo alcune note correnti di pensiero
1
, lo sviluppo economico è il
risultato dell’intreccio di tre grandi tipologie di cambiamento: le innovazioni tecnologiche, le
innovazioni istituzionali e le innovazioni organizzative fra cui, in particolare, quelle
concernenti i metodi di direzione e gestione delle imprese.
Negli ultimi decenni, il forte cambiamento intervenuto nelle condizioni economiche globali
ed il miglioramento delle condizioni di efficienza in ambito aziendale, legato al progresso
negli ambiti sopra citati, ha contribuito a far crescere i volumi produttivi, a discapito di una
stagnante domanda di beni economici. La pressione concorrenziale si è inasprita e le aziende,
nell’esigenza di scoprire nuovi mercati di sbocco, nonché nuove risorse produttive a costi
inferiori, hanno dato avvio ad un processo di forte globalizzazione dei mercati; dovendo
affrontare ambienti economici estremamente dinamici, sorge dunque l’esigenza di nuovi
modelli gestionali dotati di strutture tali da riuscire a seguire con rapidità i mutamenti
dell’ambiente e ad interagire adeguatamente.
L’affermarsi della cultura gestionale di tipo fordista all’inizio del XX secolo è stato il risultato
dell’unione di nuove modalità di organizzazione della produzione (taylorismo) con un
modello di mercato modificato dal consumo di massa. All’epoca, la struttura organizzativa
che meglio si addiceva era impostata su un modello di gestione orientato alla produzione in
cui le imprese focalizzavano la propria attenzione sul controllo della materia prima e della
1
Per A. Smith, in La ricchezza delle nazioni (1776), la crescita delle nazioni è da attribuire dapprima alle
innovazioni della struttura sociale e del sistema istituzionale e a seguire a quelle tecniche; per Schumpeter, nella
Teoria dello sviluppo economico (1977), il cambiamento è il risultato del connubio tra le innovazioni
tecnologiche e quelle organizzative dell’attività economica e delle forme istituzionali.
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
13
capacità produttiva. Le azioni strategiche erano mirate all’abbassamento dei costi di
produzione ed al raggiungimento di economie di scala conseguibili privilegiando strutture di
dimensioni elevate integrate verticalmente ed articolate funzionalmente. Nella seconda metà
degli anni ‘70, l’ascesa del fordismo è frenata dal succedersi di una serie di eventi. In primo
luogo la crisi petrolifera del 1973, che ha segnato l’inizio di una fase di profonda recessione:
ritmi di crescita dimezzati, turbolenza e instabilità dei mercati, innesco di un rapido processo
di inflazione e saturazione della domanda di massa. Le imprese tentano di reagire
considerando prioritario il saper vendere mediante un orientamento sempre più rivolto a
curare in maniera particolare le funzioni della distribuzione e del marketing.
Dall’altro lato le strutture organizzative complesse iniziano a logorarsi determinando in modo
evidente la crisi della grande impresa. Si avverte l’esigenza di disporre di strutture più
elastiche, meno rigide e burocratizzate in cui vengano ridimensionati i livelli gerarchici per
poter far fronte alle lentezze decisionali e, soprattutto, per rispondere prontamente alle
esigenze del cliente che occupa sempre più il ruolo centrale nella gestione aziendale. In
particolare, a partire degli anni ‘80, l’attenzione delle imprese è rivolta a come servire e a
come fidelizzare i clienti. Tutta la struttura organizzativa viene impostata secondo un modello
orientato al cliente, in base al quale la missione da compiere è quella della sua soddisfazione,
assecondando i suoi bisogni ed i suoi desideri attuali e potenziali.
Il suo ruolo attivo, in quanto soggetto sempre più informato in seguito alla riduzione dei
livelli di asimmetria informativa tra il gli acquirenti e le imprese, e l’esigenza di essere
competitivi in un contesto economico-sociale fortemente in evoluzione, determina un
accorciamento del ciclo di vita dei prodotti, che a sua volta induce le aziende a ridurre i propri
tempi di sviluppo e di elaborazione di nuove idee con cui presentarsi sul mercato.
Negli anni ‘90, dunque, i vertiginosi ritmi di cambiamento e di innovazione che hanno
generato trasformazioni nel complesso di condizioni politiche, economiche, sociali, culturali e
tecnologiche, abbracciando ogni componente del micro e del macro ambiente aziendale
inducono le aziende ad impostare nuovi modelli organizzativi.
L’evoluzione della tecnologia ha prodotto scoperte in grado di sviluppare software potenti e
sofisticati e di conseguenza nuovi modelli di infrastrutture e telecomunicazione. Risulta
pertanto chiaro che, all’evolversi delle condizioni ambientali e di mercato, il processo di
adattamento sia stato inevitabile. Inoltre, data la rapidità con cui esso è avvenuto ed è tuttora
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
14
in corso, nasce l’esigenza della “flessibilità aziendale” da intendersi appunto come attitudine
al mutamento.
Il nuovo modello di gestione aziendale sviluppatosi in alternativa al fordismo è caratterizzato
da una “produzione flessibile” basata su prodotti “customizzati”, il cui ciclo produttivo è
variabile mentre il tipo di forza lavoro necessaria per la sua realizzazione è molto qualificata.
Mentre il problema della produzione di massa è quello di riuscire a stabilizzare il mercato, il
problema di un sistema che funzioni sulla base del modello della “specializzazione flessibile”
è quello di assicurare un adeguato dinamismo tecnologico.
L’esperienza giapponese ha fornito un contributo determinante allo sviluppo di tale nuovo
approccio. Già a partire dagli anni ‘50 infatti il Giappone ha avviato una serie di politiche
innovative volte a privilegiare lo sviluppo delle conoscenze e delle capacità tecnologiche,
mediante il coinvolgimento di tutte le imprese. Il successo, reso possibile sia dalla positiva
capacità di risposta delle aziende che da un contesto economico e sociale idoneo, è
rappresentato dal modello gestionale, implementato alla Toyota
2
, che ha apportato una
definitiva rottura ed il relativo superamento dei principi della produzione di massa.
Il fenomeno del toyotismo ha come pilastro portante la “lean production”, un nuovo modo di
produrre ottenuto grazie al supporto di nuove tecnologie, soprattutto informatiche, quali il
Just-in-time, il Total Quality Management
3
, il Concurrent Engineering
4
e le diverse forme di
collaborazione sperimentate dalle imprese giapponesi. Queste nuove regole di condotta si
sono ben presto ramificate in tutti i paesi industrializzati Europei, seppur tardivamente a causa
di una cultura imprenditoriale poco propensa al cambiamento e per evidenti limiti strutturali
ed istituzionali.
L’impostazione del paradigma dell’impresa flessibile presuppone una rivisitazione di tutte le
variabili aziendali e, a sua volta, costituisce un prerequisito per dare inizio alla gestione di
forme di collaborazione strategiche tali da ampliare i confini aziendali e, pertanto, rendere
l’azienda competitiva in sistemi caratterizzati da frequenti trasformazioni.
2
Y.Monden, Toyota Production System State of Industrial Engineering, Atlanta 1983 (Produzione Just in time,
Petrini Editore Torino)
3
Sono due tra le numerose tecniche di miglioramento incrementale dei processi aziendali e si differenziano le
une dalla altre per il fatto che si concentrano su di uno o più obiettivi particolari.
4
Insieme di attività finalizzate allo sviluppo di un nuovo prodotto di valore per il cliente. La logica simultanea (o
Concurrent Engineering) si differenzia da quella sequenziale per l’ interdipendenza temporale tra le diverse fasi
ovvero la sovrapposizione degli stadi, il coinvolgimento simultaneo delle varie funzioni ed un continuo scambio
informativo in modo da rendere disponibile a valle le informazioni nei tempi, nei modi e nella qualità
necessaria.
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
15
1.2 L’ OUTSOURCING STRATEGICO
Nei contesti sopra delineati molte imprese iniziano a considerare la possibilità di instaurare
relazioni esterne per affrontare meglio le spinte concorrenziali, sempre più aggressive, per far
fronte ai cambiamenti tecnologici e all’aumento della concorrenza straniera. Tale fenomeno
prende il nome di “outsourcing” e, sebbene si tratti di una modalità operativa che è stata
variamente interpretata e definita
5
, tutti gli autori sono concordi nel considerarla uno
strumento a disposizione dell’azienda per tentare di raggiungere standard qualitativi elevati,
estrema flessibilità organizzativa, tempestività nel rispondere alle esigenze del cliente e
contenimento dei costi. L’idea di base è quella di acquistare da altri quelle attività, pur
indispensabili, che tuttavia non contribuiscono ad elevare il livello del valore aggiunto del
prodotto o del servizio se non in maniera marginale, oppure che non potrebbero essere gestite
in maniera efficace ed efficiente all’interno dell’azienda a causa della mancanza di
competenze adeguate. Gli investimenti che esse implicherebbero potrebbero essere poco
redditizi se confrontati all’utilità reale fornita. Il controllo diretto di ogni attività aziendale è
costoso proprio perché porta ad inevitabili inefficienze e perdite di rendimento: acquistandole
dall’esterno si semplificano i processi e si concentrano le risorse sulle attività ad alto valore
aggiunto, corrispondenti al core business aziendale.
Alcuni studiosi distinguono l’outsourcing “tradizionale”, detto anche decentramento
produttivo o sub-fornitura, rispetto ad una forma di outsourcing strategico, avente per oggetto
attività più complesse e cruciali per l’impresa, rapporti di fornitura di lungo periodo,
condivisione degli obiettivi ed un atteggiamento cooperativo di partnership.
Se in un primo momento, infatti, l’outsourcing ha trovato applicazione nelle sue forme più
semplici in aeree ritenute non strategiche, verso la fine degli anni ‘90, in concomitanza con
l’accresciuta pressione competitiva, le imprese hanno iniziato a concepire tale modalità
operativa in maniera più sofisticata. Si è avvertita l’esigenza di includere tra le attività da
esternalizzare processi quali il marketing, la logistica, i customer service, i call center, la
gestione delle risorse umane. L’outsourcing assume quindi una veste strategica, come
strumento di ottimizzazione della struttura organizzativa, allo scopo di renderla più flessibile e
5
A.M Arcari, L’outsourcing una modalità di organizzazione delle attività di servizi, in Economia &
Management n.4 1996 definisce “l’outsourcing come quella particolare modalità di esternalizzazione che ha per
aspetto l’enucleazione di intere aree di attività strategiche e non, e che si fonda sulla costituzione di partnership
tra l’azienda che esternalizza ed un’azienda già presente sul mercato in qualità di specialista”.
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
16
snella, da realizzarsi mediante legami con il partner/fornitore del servizio che, da occasionali e
contingenti, divengono duraturi e strutturali.
Da un’indagine condotta dall’Outsourcing Institute di New York emerge che il decentramento
dei sistemi informativi rappresenta il comparto più diffuso tra le attività esternalizzate. Si
riporta di seguito il grafico sulla distribuzione dell’outsourcing nei vari settori aziendali
(Figura1.1)
Ammnis trazione;
9%
Finanza; 11%
Risorse Umane;
16%
Marketing e
Vendit e; 11%
Altri settori; 23%
Information &
Technology; 30%
Figura 1.1 – La distribuzione dell’outsorcing
6
.
1.2.1 FIGURE E CARATTERISTICHE DI UN PROCESSO DI
OUTSOURCING
Le figure implicate nell’outsourcing sono essenzialmente tre: oltre all’impresa che
esternalizza la propria attività, la figura centrale è senz’altro la società esterna, detta provider
o vendor, che si impegna a fornire i beni ed i servizi richiesti, nei tempi desiderati
dall’impresa che ha esternalizzato l’attività. Il terzo soggetto è rappresentato da un paniere di
imprese, che generalmente il provider ha a disposizione, alle quali fare riferimento per
ottenere i beni o servizi necessari. In alcuni casi, il provider opera a stretto contatto con i suoi
clienti al fine di definire al meglio strategie ed obiettivi, individuandone i problemi e
ricercandone le soluzioni migliori, preoccupandosi di introdurre i cambiamenti in modo
graduale e non troppo repentino, onde evitare alcuni iniziali comprensibili squilibri.
6
Fonte dei dati: The Outsourcing Institute di New York in una ricerca condotta nel 1997.
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
17
Nell’implementazione dei processi in outsourcing, infatti, si procede per gradi e alcuni
provider, in un primo tempo, inviano del personale nell’impresa cliente per collaborare nella
determinazione degli obiettivi, oppure semplicemente per aiutare a formare il personale
nell’ambito dell’outsourcing e sviluppare un team di lavoro che costituisca l’interfaccia di
riferimento nelle relazioni che si instaurano nei confronti del provider.
Un processo di outsourcing può assumere varie caratteristiche in relazione al legame che
viene ad instaurarsi fra l’impresa che esternalizza ed il partner/fornitore del servizio,
all’attività che viene esternalizzata e alla complessità gestionale di tale attività, nonché alla
forma con cui viene concretizzato il rapporto.
Di particolare importanza risulta essere la corretta impostazione del rapporto che si instaura
tra i due soggetti coinvolti: poiché entrambi operano nella prospettiva di ottenere vantaggi
economici ma non solo, è evidente che gli obiettivi debbano essere stabiliti in modo chiaro
per consentire una gestione efficace e di sicuro successo.
Il rapporto può essere impostato mediante relazioni durature e strutturali, di solito regolate da
contratti pluriennali, che richiedono sforzi congiunti, dato il grado di complessità gestionale
elevato e data la riservatezza delle informazioni trattate e scambiate. Talvolta, invece, a
seconda ovviamente della strategicità delle attività considerate, si preferisce stipulare accordi
di breve durata a carattere occasionale per risolvere esigenze contingenti riferite a processi
semplici.
La scelta delle attività da esternalizzare presuppone l’esistenza di strutture organizzative
suddivise per processi anziché per funzioni, come spesso accade
7
. Solo se nell’azienda è
possibile identificare le attività, intese come anelli di una catena atti a realizzare un processo,
la scelta di quelle da esternalizzare sarà più ragionevole in quanto basterà valutare quali sono
di supporto o secondarie e quali primarie per il conseguimento degli obiettivi aziendali. Dalla
combinazione della dimensione della complessità gestionale delle attività con la tipologia
della attività stessa da affidare all’esterno, è possibile individuare tre diverse tipologie di
outsourcing:
9 l’outsourcing tradizionale o di I livello, con cui vengono esternalizzate attività di
supporto normalmente inerenti la gestione dei servizi (mensa, paghe, elaborazioni
dati, ecc.), collegate ad un basso grado di complessità gestionale. In questo caso le
modalità di gestione dell’outsourcing sono simili a quelle che caratterizzano la
7
De Risi, La gestione per processi, Nuovo Studio Tecna, 1999;
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
18
sub-fornitura per cui non sono indispensabili particolari relazioni di cooperazione
fra i soggetti coinvolti. Si tratta di rapporti volti al conseguimento del risparmio e
di prestazioni soddisfacenti, poiché le società di servizi a cui ci si rivolge hanno
negli anni acquisito esperienza da permettersi di offrire servizi di qualità a costi
contenuti;
9 l’outsourcing operativo o di II livello che comporta dei livelli di complessità
gestionale superiori poiché le attività esternalizzate sono rappresentate da servizi
più sofisticati quali la contabilità, la logistica, la gestione del magazzino, servizi
informatici. I rapporti tra i soggetti coinvolti sono di collaborazione, indispensabili
anche se semplici, per la gestione del rapporto in modo vantaggioso;
9 l’outsourcing strategico o di III livello rappresenta la forma più evoluta, che si
esplica mediante l’esternalizzazione di attività ad elevato contenuto gestionale per
la cui attuazione sono propedeutici sia una nuova cultura aziendale sia la capacità
di gestire rapporti pluriennali, basati su relazioni di collaborazione e
coinvolgimento reciproco. La scelta di esternalizzare alcune attività, seppur
critiche per il conseguimento dei vantaggi aziendali, quali la gestione delle risorse
umane, il marketing o la finanza, è originata dalla necessità di focalizzare
l’attenzione direttamente su altre attività considerate “distintive” per l’azienda. È
necessario che l’azienda abbia appreso e sedimentato il concetto che il vantaggio
competitivo si ottiene ottimizzando il proprio business system, definito dopo aver
identificato le proprie “core competence”, ossia quelle competenze distintive
contenute nella struttura aziendale che permettono di sviluppare meglio dei suoi
concorrenti alcune attività o funzioni. Si tratta di effettuare una scelta impegnativa
e vincolante nel medio/lungo termine che comporta modifiche significative della
struttura organizzativa. I casi aziendali esposti nei capitoli successivi appartengono
a questa terza tipologia di outsourcing.
La forma di esternalizzazione con cui implementare un rapporto di outsourcing può dar luogo
alla costituzione di un’azienda specifica, dotata di autonomia giuridica, oppure può sfociare
nell’affidamento dell’attività a realtà esterne senza rapporti di leadership azionaria.
La prassi contrattuale ha definito quattro tipologie di accordi di outsourcing
8
:
8
A. Ricciardi, L’outsourcing strategico, Franco Angeli, 2000.
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
19
9 il transfer outsourcing: l’azienda trasferisce al fornitore del servizio la proprietà
del ramo di azienda che si intende esternalizzare;
9 il simple outsourcing: viene acquistato dall’esterno, sotto forma di servizio, un
processo precedentemente svolto all’interno dell’azienda;
9 il joint-venture outsourcing: si trasferisce un ramo d’azienda ad una società le cui
quote di partecipazione sono detenute sia dal cliente che dal fornitore;
9 il group outsourcing: l’azienda trasferisce l’attività ad una società da essa stessa
controllata.
L’intero processo di esternalizzazione si sviluppa lungo un percorso metodologico costituito
da fasi così schematizzate (Figura1.2).
1° EX ANTE
ANALISI DI FATTIBILITÀ
a) Analisi mercati/ambienti
b) Reengineering: mappatura attività
c) Individuazione competenze distintive e non
d) Scelta attività da esternalizzare
e) Scelta della società esterna
f) Progettazione del piano:
-Service Level Agreement
-Due-diligency (negoziazione)
-Formalizzazione obiettivi
2° IN ITINERE
IMPLEMENTAZIONE E GESTIONE
a) Gestione del cambiamento:
-Ristrutturazione interna
-Definizione teorie e process owner
-Riallocazione risorse liberate
b) Formalizzazione del contratto
c) Start-up
3° EX POST
VALUTAZIONE PERFORMANCE
INSOURCING
a) Controllo performance
b) Valutazione vantaggi e svantaggi
c) Insourcing
Figura 1.2 – Il percorso metodologico dell’outsourcing
L’applicazione del metodo manageriale sopra descritto presuppone una collaborazione con
società esterne adeguate alle esigenze dell’impresa poiché affidandosi ad esse non solo si
delegano attività e funzioni, ma si acquisiscono competenze e specificità di settore. Si tratta di
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
20
una condizione facilmente superabile oggi grazie all’ampio mercato di società che svolgono
attività di consulenza esterna.
Il maggior ostacolo all’implementazione dell’outsourcing rimane, tuttavia, la diffidenza
derivante dal dover abbandonare il controllo di una parte delle attività aziendali. Si tratta di
una remora psicologica di carattere soggettivo piuttosto comprensibile: perché rinunciare al
controllo di un’attività fino ad oggi svolta nell’azienda? In realtà, il controllo non lo si perde
comunque: innanzitutto perché nelle forme per così dire “base” di outsourcing, il controllo
sulle attività delegate può rimanere al cliente del vendor; in secondo luogo perché, come si
analizzerà meglio in seguito, terziarizzare un’attività non significa affatto acquistare un
servizio o un prodotto a scatola chiusa: vi sono, infatti, accordi ben precisi che legano le
imprese e i outsourcer; infine perché i vantaggi ottenibili sono ampiamente premianti.
L’introduzione dell’outsourcing in un’impresa non è comunque un’operazione facile. È
possibile per un impresa non riuscire ad ottenere risultati apprezzabili se l’adozione di questo
strumento non avviene con criteri corretti. Terziarizzare un’attività aziendale, per quanto essa
possa essere marginale rispetto al core business, comporta il dover ridisegnare strutture
organizzative interne, e ciò significa dover seguire alcune tappe:
9 in una fase preventiva, si tratta di studiare e di capire molto bene le necessità ed i
reali problemi che un’impresa intende superare con l’outsourcing;
9 ci si deve muovere su un piano di carattere strategico più che tattico;
9 si deve vincere la resistenza interna al cambiamento che può essere presente a
più livelli.
L’outsourcing non è la soluzione di alcun problema se applicato su basi sbagliate o imprecise:
le esperienze più deludenti rispetto alle aspettative sui risultati ottenuti attraverso
l’outsourcing derivano, a monte, da una superficiale o errata interpretazione dei problemi da
risolvere; lo screening delle attività e delle strutture da esternalizzare e le valutazioni sulle
conseguenze dell’assetto organizzativo dell’impresa, devono essere ben definite: se l’impresa
non sa lei per prima cosa e come vuole migliorare, come può stringere accordi di outsourcing
efficaci?
In secondo luogo, si dovrà tenere ben presente il tipo di obiettivi che l’impresa vuole
raggiungere nel tempo. Se l’outsourcing diventa lo strumento per ottenere risultati a breve
termine o per risolvere emergenze momentanee, senza impostare alcun obiettivo strategico nel
lungo periodo, i riscontri potrebbero rivelarsi effimeri e portare come conseguenza la
CAPITOLO 1 L’OUTSOURCING E LA GESTIONE DEL CAMBIAMENTO
21
destabilizzazione dell’impresa nel futuro. In questo senso è tipico l’esempio di un’impresa in
difficoltà finanziarie, che può decidere di stringere un accordo per delegare ad un provider la
fornitura di un determinato particolare del suo prodotto finale attualmente costruito negli
stabilimenti dell’azienda; ciò può comportare la cessione di macchinari ed infrastrutture (cioè
ad una mobilizzazione parziale) che consente di flessibilizzare i costi e di risolvere
momentaneamente l’emergenza finanziaria. È chiaro però che se i problemi di base che hanno
prodotto quella situazione non vengono risolti, lo strumento dell’outsourcing diventa inutile
nel lungo periodo e ben presto il problema si ripresenterà. Al contrario, è importante
implementare l’outsourcing in un quadro di sviluppo aziendale poggiato su programmi a
lungo termine, che prevedano ad esempio, l’adozione di strutture organizzative più agili, più
centrate sulla “mission” dell’impresa. Il maggior cash-flow conseguente alla dismissione di
capitali immobilizzati sarà una conseguenza positiva, ma certamente in questo contesto non
sarà nè effimera, nè unica.
Infine, bisognerà tenere in considerazione la resistenza al cambiamento di alcuni enti
aziendali; è del tutto normale che la perdita di un’attività comporti delle perdite di potere
decisionale per gli enti interessati e che quindi l’outsourcing non venga inizialmente ben
accettato.
1.2.2 AVVIO DEL RAPPORTO DI ESTERNALIZZAZIONE
Dopo aver valutato la possibilità di far ricorso all’outsourcing, l’azienda deve scegliere
attentamente sia quale attività esternalizzare sia con quale interlocutore implementare il
rapporto stesso.
Non esistono regole fisse o manuali a supporto degli addetti ai lavori. Molto dipende dalle
connotazioni specifiche delle attività e processi da decentrare, dalla struttura organizzativa
della committente, dal modus operandi e dislocazione del fornitore, dai collegamenti IT
disponibili e dalla flessibilità e problem-solving approach di chi è preposto a gestire i rapporti
tra le due imprese. Ogni messaggio e comunicazione va gestito con tempestività, apertura e
trasparenza. La relazione interpersonale prevale molte volte sul contratto.
Nonostante ogni progetto di outsourcing faccia storia a sé, l’avvio del rapporto di outsourcing
si articola essenzialmente in cinque fasi:
9 la scelta delle attività da esternalizzare;
9 il service level agreement;
9 la scelta dei partners