4
Il processo storico che port la religione cristian a ad uscire vincitrice dallo
scontro con il paganesimo ha certamente avuto ragioni molteplici e complesse.
Tuttavia mi pare che il fondamento teorico di questa lotta possa essere agevolmente
individuato nell unilateralit del cristianesimo e nel rifiuto del sincretismo, che
animati da un intolleranza di principio verso le altre forme religiose derivante dalla
pretesa di essere l unica religione vera, nel momento in cui si presentarono le
condizioni storiche sfociarono inevitabilmente in un intolleranza di fatto che pose
fine al pluralismo religioso fino ad allora presente nell impero. Causa estrinseca e piø
direttamente legata a fattori concreti fu invece certamente l influsso che la Chiesa
ebbe sulle strutture politiche, sociali ed economiche dell impero, soprattutto grazie
alla sua capacit , affinata proprio nel periodo suc cessivo alle persecuzioni, di darsi
una struttura capillare esemplificata sul rigido organismo burocratico messo in piedi
dagli imperatori a partire da Costantino. Di conseguenza, focalizzare la mia
attenzione sull intolleranza dei vescovi, rappresentanti del gradino piø alto della
piramide ecclesiale e garanti dell ortodossia in quanto eredi diretti della tradizione
apostolica, nei confronti dei pagani offre la possibilit di chiarire su un duplice piano,
dottrinario e concreto, alcune delle dinamiche fondamentali che agirono nella
persecuzione del culto pagano.
Partendo da questa premessa il mio lavoro si propone dunque di evidenziare il
ruolo svolto dalle alte gerarchie ecclesiastiche nella repressione del paganesimo, a
vari livelli, sia in veste di ispiratori di provvedimenti antipagani sia di concreti
esecutori di queste stesse leggi attraverso la creazione di un atmosfera di
intolleranza nelle citt dell impero , nel periodo che va dal regno dei figli di
Costantino, primi fautori di una legislazione repressiva del paganesimo, al vescovado
di sant Agostino. In primo luogo ho ritenuto necessario riflettere sulle nozioni di
non ancorati all interpretazione spirituale, hanno il risultato di aumentare il divario tra il Gesø della
storia e il Cristo della fede.
5
tolleranza ed intolleranza in relazione alla loro applicabilit al mondo antico, sulla
visione di religione e stato e sulla concezione del pluralismo religioso nei due sistemi
di pensiero, nel tentativo di fornire un quadro delle giustificazioni ideologiche che i
pensatori cristiani offrirono alle persecuzioni. In seguito ho illustrato la nuova
posizione assunta dal vescovo nella societ tardoan tica, al fine di evidenziare come
l autorevolezza progressivamente acquistata dai vescovi come depositari e garanti
della dottrina e l assunzione di funzioni extrareligiose all interno della vita cittadina,
furono i principali fattori che permisero ad essi di giocare un ruolo fondamentale, a
livello locale e non solo, negli episodi concreti che segnarono il passaggio
dell impero a stato cristiano. Ho poi proceduto ad una disamina dei piø clamorosi
episodi di violenza contro persone o simboli del paganesimo che videro protagonisti
o istigatori i presuli in varie zone dell impero per mettere in luce le motivazioni e le
differenti modalit attraverso le quali essi agivan o contro la religione pagana. Non
poteva mancare infine, un analisi dell azione e del pensiero in funzione antipagana
dei due maggiori Padri della Chiesa Occidentale: Ambrogio e Agostino. Il primo in
quanto esponente per antonomasia della nuova categoria di vescovi politici , capace
di influenzare piø di ogni altro il potere statale infliggendo il colpo di grazia al
paganesimo; il secondo in quanto teorizzatore della coercizione religiosa e quindi,
conseguentemente, delle persecuzioni cristiane.
6
Capitolo I
Cristianesimo unica via: riflessioni sulla tolleranza e l intolleranza.
Io sono la via, la verit e la vita.
Nessuno viene al Padre se non per mezzo di me
(Giovanni, 14, 6)
Nel corso del IV secolo il Cristianesimo, da religione minoritaria e perseguitata,
riesce ad imporsi come credo prevalente e a sostituirsi al paganesimo come religione
di Stato passando rapidamente, dopo essersi procurata l aiuto del governo, dalla
difesa all attacco nei confronti degli antichi persecutori.1 Sorprende la rapidit e
l efficacia con cui i cristiani siano passati da vittime ad oppressori, capaci di
cancellare nel corso dei secoli ogni traccia della religione tradizionale, sua diretta
antagonista nell ambito ruolo di religione ufficiale.2
1
H. BLOCH, The Pagan Revival in the West at the End of the Fourth Century, in. A. MOMIGLIANO, a
cura, The conflict between Paganism and Christianity in the Fourth century, Oxford 1963 (tr. It.
Torino 1968), p.201
2
Numerossisimi sono gli studi dedicati a questo argomento. Fondamentale resta tuttora la serie di
conferenze su vari aspetti di questo tema tenute al Warburg Institute di Londra nel 1959, e raccolte da
Arnaldo Momigliano nØ The conflict between Paganism and Christianity in the Fourth century,
Oxford 1963, (tr. It. Torino 1968). Sul rapporto tra paganesimo e cristianesimo vd. F. TH LAMON ,
Paiens et ChrØtien en IV siecle, Paris 1981; F. E. CONSOLINO, a cura, Pagani e cristiani da Giuliano
l Apostata al sacco di Roma , Messina1995; R. MAC MULLEN, Christianisme et paganisme du IVe au
VIIIe siecle, Paris 1998. Sulla cristianizzazione vd. S. CALDERONE, Costantino e il cattolicesimo,
Firenze 1962; C. LEPELLEY, L Empire Romain et le christianisme , Paris 1969; P. SINISCALCO, Il
cammino di Cristo nell impero romano , Roma-Bari 1983; R. MAC MULLEN, La diffusione del
cristianesimo nell’impero romano, Roma - Bari 1989; M. SORDI, I cristiani e l impero romano ,
Milano 1990. Sulla persistenza del paganesimo vd. P. DE LABRIOLLE, La reaction pa enne, Paris
1934; R. LANE FOX, Pagani e Cristiani, Roma - Bari 1991, P. CHUVIN, Chronicle of the Last Pagans,
Cambridge MA 1990.
7
Molteplici ragioni sono state addotte dagli studiosi per spiegare i motivi di
questo repentino successo3 e da tempo l attenzione si Ł concentrata su una tra le piø
importanti di queste cause, l intolleranza da subito dispiegata dal cristianesimo nei
confronti delle religioni concorrenti (siano esse paganesimo, ebraismo e soprattutto
interpretazioni non ortodosse della dottrina cristiana) e derivante dalla convinzione di
essere depositario dell unica Verit rivelata una v olta e per sempre.4 Richard Hanson
ad esempio, nel suo saggio dedicato all attitudine cristiana nei confronti delle
religioni pagane, affermava in maniera incisiva che:
« it must not be denied that one of the great reaso ns for Christianity prevailing over its
rivals was its intolerance Christianity, in short, displayed a tougher, more enduring,
character, based on a deeper conviction of possessing truth, than the other religions.».5
E gi Edward Gibbon nel XVIII secolo indicava come prima tra le sue famose
cinque cause alla base dell espansione della religione cristiana, proprio lo zelo
3
¨ interessante notare come la riflessione sui motiv i alla base dello sviluppo della Chiesa cristiana
abbia preso le mosse da una questione sollevata in occidente dagli studiosi dei tempi della Riforma
protestante, e che port tra il XVI ed il XVII seco lo a due risposte possibili. La prima, sostenuta tra gli
altri da Erasmo, sottolineava la capacit autonoma d i sviluppo della Chiesa primitiva e minimizzava
l intervento degli imperatori, mentre la seconda, espressione della fiducia nei principi devoti del
tempo come unica garanzia di unit religiosa, consi derava l intervento secolare decisivo per lo
sviluppo della Chiesa cristiana (Vd. P. BROWN, La coercizione religiosa nel basso impero romano: il
caso dell Africa Settentrionale , in Religione e societ nell et di Sant Agostino , trad. it. Torino 1975,
p. 287-8). Gli studi piø recenti invece hanno ritenuto opportuno concentrarsi sull impatto avuto dal
cristianesimo sulle strutture politiche e sociali dell impero, in particolare l affermarsi della Chies a a
livello locale come organismo in concorrenza con lo stato ( ad es. A. MOMIGLIANO, Il cristianesimo e
la decadenza dell Impero , in A. MOMIGLIANO, cit.) ed il potere assunto dai vescovi a partire dalla
conversione di Costantino ( tra gli altri G. W. BOWERSOCK, From Emperor to Bishop: The Sel-
Conscious Transformation of Political Power in the Fourth Century A.D., in «Classical Philology»,
LXXXI (1986), pp. 298-307).
4
Vd. P. BEATRICE, L intolleranza cristiana nei confronti dei pagani: un problema storiografico,in P.
BEATRICE, a cura, L intolleranza cristiana nei confronti dei pagani , Bologna 1990. Si vedano a titolo
di esempio A. H. ARMSTRONG, The Way and the Ways: Religious Tolerance and Intolerance in the
Fourth Century A.D., in «Vigiliae Christianae», Vol. 38, No. 1. (Mar., 1984), pp. 1-17 e A.
MOMIGLIANO, The Disadvantages of Monotheism for a Universal State, in « Classical Philology »,
Vol. 81, No. 4. (Oct., 1986), pp. 285-297, sull intolleranza del monoteismo.
5
R. P. C. HANSON, The Christian Attitude to Pagan Religions up to the Time of Costantine the Great,
in W. HAASE, a cura, Aufstieg und Niedergang der R mischen Welt , 2. Principat, XXIII72, Berlin-
New York 1980, 910-973; 959s. Ripubblicato in ID. , Studies in Christian Antiquity, Edinburgh 1985,
144-229, p.211 (citato da P. BEATRICE, cit. , p.8)
8
intollerante dei cristiani , che imped a questi ul timi di unirsi all universale
tolleranza caratterizzante il multiculturale e pluralista impero Tardo Antico. 6 Ma il
suo Decline and Fall, probabilmente in reazione ad una radicata tradizione che ai
suoi tempi era condizionata da inflessibili stereotipi che contrapponevano i feroci
persecutori pagani agli innocenti martiri cristiani, era tutto costruito su una rigida
dicotomia tra pagani tolleranti e cristiani into lleranti . Antitesi che, nella
descrizione dei magistrati romani come governanti illuminati sbigottiti di fronte
all ostinazione dei cristiani, finiva paradossalmente per far ricadere la colpa delle
persecuzioni all inflessibile unilateralit del cri stianesimo.
Lo schema inaugurato da Gibbon non ha mancato di fare proseliti tra gli studiosi
successivi, inducendo a stabilire un improbabile graduatoria tra le persecuzioni dei
cristiani, non cos gravi in quanto fondate su una ragione puramente politica (ovvero
il timore che il cristianesimo potesse sradicare quell insieme di culti considerati
fondamentali per il mantenimento della societ 7) e le persecuzioni attuate dai
cristiani nei confronti dei pagani, molto peggiori perchØ di natura teologica e
quindi foriere di terribili conseguenze nei secoli successivi. In questa visione
paganesimo equivale virtualmente a tolleranza. 8
6
Gibbon, secondo una tendenza affermatasi nella seconda met del XVIII secolo, considerava
l avvento del cristianesimo come il principale fattore di cambiamento e di decadenza nella struttura
dell impero romano, come forza puramente distruttrice (vd. E. GIBBON, Decline and Fall of the
Roman Empire, Chicago 1952, Cap. XV, pp.194-206).
7
A. H. ARMSTRONG, cit., p.4. Nel suggerire questa ipotesi Armostrong sembra quasi minimizzare la
portata delle persecuzioni anticristiane, in quanto afferma immediatamente dopo che questo timore
non dovette essere cos grande, essendo documentata in abbondanza (vd. A. H. M. JONES, The Later
Roman Empire, Oxford 1964, Cap. XI) la presenza di pagani che anche durante le persecuzioni si
premuravano di assicurare ai cristiani una certa tolleranza.
8
A questo orientamento della maggior parte degli studi si oppone Drake, ritenendo che attribuire un
comportamento intollerante ai soli cristiani sia una risposta un po troppo semplicistica, che non tiene
conto delle voci moderate presenti all interno delle comunit cristiane dei primi anni e di altri fatt ori,
in particolare del carattere del cristianesimo come movimento di massa , al cui interno determinate
dinamiche condivise da altri movimenti e quindi n on peculiari al solo cristianesimo - permisero alla
componente integralista di prendere il sopravvento. Vd. H. A. DRAKE , Lambs into Lions: Explaining
Early Christian Intolerance, in «Past and Present», No. 153. (Nov., 1996), pp. 3-36., passim
9
Ora Ł chiaro che una concezione di questo genere appare fuorviante per tre
motivi. In primo luogo bisogna fare attenzione, se non a patto di qualche inevitabile
anacronismo, nell applicare al contesto antico due nozioni di difficile definizione
come appunto quelle di tolleranza e intolleranza. In secondo luogo, raffigurando i
pagani come dei liberali ante litteram, si trascura il presupposto fondamentale
senza il quale Ł impossibile la piena attuazione della libert religiosa e intellettuale,
che noi moderni identifichiamo in uno stato laico, impossibile da concepire nel
mondo antico, dove religione e stato sono sempre stati due concetti intimamente
connessi. In terzo luogo, l intolleranza non pu es sere considerata una caratteristica
solo del cristianesimo ed estranea al mondo pagano, perchØ «nel senso di ostilit a
qualsiasi cosa nuova o straniera, ogni gruppo Ł almeno potenzialmente intollerante».9
Innata al cristianesimo e sua peculiare Ł piuttosto l esclusivit , la convinzione
che solo attraverso la via segnata da Cristo si possa giungere alla Verit 10, e che,
negando esplicitamente la validit delle altre cred enze, si sovrappone all intolleranza
e pu facilmente trasformarsi, qualora si presentin o le condizioni favorevoli, in
coercizione, intendendo con questo termine l utilizzo della forza nel promuovere la
conformit al credo prevalente.
Solo in questa chiave potremmo allora considerare intollerante il cristianesimo
e tollerante il paganesimo, il cui carattere poli teista portava ad accettare l esistenza
di divinit differenti e altrettanto valide. E pur tenendo conto di questa fondamentale
differenza, vedremo come la religione cristiana riuscir ad imporre la sua esclusivit
proprio facendo suo quel carattere di religione di stato tipico del paganesimo romano.
9
H. A. DRAKE , cit., p.9
10
¨ lo stesso Gesø ad affermarlo in G IOVANNI, 14, 6: Io sono la via, la verit e la vita. Nessuno
viene al Padre se non per mezzo di me e la Chiesa Cattolica ha sentito recentemente la necessit di
ribadirlo come dimostra la dichiarazione Dominus Iesus circa l unicit e l universalit sa lvifica
della Chiesa rilasciata il 6 agosto del 2000 dalla Congregazio ne per la Dottrina della Fede,
probabilmente in opposizione ad una tendenza molto in voga ai giorni nostri, che riconoscendo
elementi di verit in tutte le religioni finisce pe r renderle tutte uguali ed appiattire la forza spirituale di
ciascuna (vd. Infra).
10
I
Le premesse per un dibattito sulla tolleranza religiosa non possono essere fatte
risalire a prima del XVI secolo, nel clima della Riforma protestante, in cui questa
esigenza si form in relazione alla libert di cult o concessa dal principe ai sudditi di
religione differente.11 Dobbiamo quindi chiederci in che senso le nozioni di
tolleranza e intolleranza, esclusivamente moderne, possano essere applicate all et
imperiale, durante la quale il problema dell intolleranza religiosa non fu mai posto a
livello di dibattito teorico bens politico. Questo perchØ la religione occupava nella
societ imperiale lo stesso posto che aveva sempre avuto in Grecia e in et
repubblicana, cos come in ogni altra societ tradi zionale. Religione e stato non erano
concepiti separatamente e i culti religiosi avevano un ruolo centrale all interno della
vita comunitaria, scandendone i ritmi e i riti di passaggio.
Garante del mantenimento e dell adeguata regolamentazione della pratica
religiosa tradizionale era l autorit statale, nell a convinzione che il malcontento
divino potesse portare a concrete conseguenze negative per lo stato, quali ad esempio
pestilenze, carestie, invasioni di popoli stranieri, sconfitte in battaglia. E interessante
notare come questo timore per gli effetti temporali della collera divina fosse comune
a pagani e cristiani e sia divenuto nell et che va da Costantino al sacco di Roma uno
dei leit-motiv principali del dibattito fra i due contendenti, i quali si accusavano
vicendevolmente di essere i responsabili delle disgrazie dell Impero (conseguenti
all abbandono dei vecchi culti secondo i pagani, provocati invece dalla persistenza
11
Nel 1555 con la pace di Augusta venne riconosciuto ai principi tedeschi il diritto di aderire alla
confessione cattolica o al luteranesimo. I sudditi avevano invece l obbligo di seguire la religione del
principe ( secondo il principio del cuius regio, eius religio) o in alternativa emigrare in un principato
in cui la religione di stato coincidesse con la propria.
11
degli stessi, secondo i cristiani).12 In sostanza dunque, l azione delle autorit romane
in ambito religioso partiva dallo stesso presupposto che muoveva i magistrati e le
assemblee delle citt -stato greche o i re dell et arcaica: ci che era contrario alla
religione era automaticamente contrario anche allo Stato.
E se una societ secolarizzata era impossibile da c oncepire nel mondo antico in
generale, Armstrong fa notare come lo era ancora meno nella tarda antichit , quando
il sorgere di una forma di monarchia assoluta sacralizzata, che identificava
l imperatore come una divinit sulla terra, contrib u sicuramente ad accentuare il
senso di responsabilit religiosa del monarca. Ques to cambiamento nella concezione
del potere monarchico trova evidenti connessioni con le vicende che seguirono
l avvento al potere degli imperatori cristiani:
«In considering the effects on Christianity of what happened in the fourth century we need
always to remember that the Church of the Fathers was the Church of the Empire and that its
thought and institutions developed in a world in which absolute sacred monarchy claiming
universal jurisdiction was the only conceivable form of government.»13
Quanto detto rende evidente come la stretta connessione tra religione e stato sia
al centro del conflitto tra paganesimo e cristianesimo, capace di chiarire ad un tempo
12
Dalla testimonianza dell Adversus Nationes di Arnobio ( risalente al primo decennio del IV secolo)
e della replica di Ambrogio alla Relatio di Simmaco, che ci tramandano una grande quantit di
affermazioni anticristiane, emerge che i pagani riversavano le loro accuse contro i cristiani piø che sul
dio che essi veneravano. Insistevano infatti sulla debolezza e l ottusit della loro intelligenza,
sull inconsistenza della loro dottrina e sulla loro empiet dal momento che avevano l audacia di
venerare un uomo. In ogni caso dicevano anche s e Cristo era un dio, questo non costituiva una
ragione sufficiente per trascurare gli altri culti. Secondo il De Courcelle, nel ribattere a queste accuse
sia Arnobio che Ambrogio utilizzano nelle loro argomentazioni ragionamenti che si rifanno
paradossalmente alle teorie del plotiniano Porfirio, autore dell opera Contro i cristiani, probabilmente
nel tentativo di ritorcere contro gli avversari le loro stesse armi. Vd. P. DE COURCELLE, Antichristian
Arguments and Christian Platonism from Arnobius to St. Ambrose, in A. MOMIGLIANO, a cura, The
conflict between Paganism and Christianity in the Fourth century, Oxford 1963, tr. it. Torino 1968 e,
su platonismo e cristianesimo, C. J. DE VOGEL, Platonism and Christianity: A Mere Antagonism or a
Profound Common Ground?, «Vigiliae Christianae», Vol. 39, No. 1 (Mar., 1985), pp. 1-62.
13
A. H. ARMSTRONG, cit., p.3
12
la natura delle persecuzioni anticristiane ed in seguito gli sviluppi successivi che
permisero alla religione cristiana di sbaragliare gli avversari dopo essersi sostituita
alla religione tradizionale.
In relazione alle prime, Ł noto che i cristiani vennero perseguitati non perchØ
aderenti ad una religione differente ma per il loro atteggiamento verso i culti
considerati fondamentali per la sopravvivenza dello stato. Se infatti il paganesimo
era incline per la sua natura pluralista ad annettere al suo interno divinit e culti
stranieri (quale era appunto, agli occhi dei pagani, il Cristianesimo), non poteva in
alcun modo accettare che i culti tradizionali necessari al benessere dell Impero
venissero trascurati. I pagani consideravano queste pratiche parte dei doveri religiosi
del cittadino, inseparabili dai doveri civili e militari, e mentre per i cristiani
sacrificare agli dŁi costituiva la peggiore delle apostasie perchØ li costringeva a
cedere all idolatria, non sacrificare agli dŁi era per i pagani addirittura un atto di
ribellione civile punibile con la morte. Essi non riuscivano a concepire perchØ i
cristiani «rifiutassero un atto di lealt civica co me il sacrificio agli dŁi tradizionali
che, ai loro occhi, non implicava un adesione profonda della coscienza intima».14
Cos alla stessa maniera, al sorgere dell Impero cr istiano, apparve ai loro occhi
inaccettabile che gli antichi culti venissero spogliati del loro carattere ufficiale. Che il
punto centrale della controversia fosse questo, che i pagani fossero rimasti sgomenti
dal venir meno del profondo legame tra stato e religione tradizionale, Ł rappresentato
efficacemente, come vedremo, dalla questione dell altare della vittoria. Con la
soppressione attuata da Graziano del finanziamento statale al culto pagano e la
revocazione delle immunit fiscali ai collegi sacer dotali, la rottura raggiunge un
punto di non ritorno spianando la strada ad una nuova configurazione dei rapporti tra
14
F. PASCHOUD, L intolleranza cristiana vista e giudicata dai pagani, in P. BEATRICE, a cura,
L intolleranza cristiana nei confronti dei pagani , Bologna 1990, p.161.
13
religione e stato in vista del cristianesimo trionfante.15
¨ poi l Historia Nuova di Zosimo a fornire esplicita formulazione del fatto che i
riti tradizionali non hanno senso di esistere e perdono di efficacia se non sono
compiuti dal sovrano e dalle autorit civili in un quadro ufficiale.16 Formulazione che
si inserisce all interno dell interpretazione provv idenzialistica data da lui (e da altri
storici pagani come Eunapio ed Olimpiodoro), agli eventi tragici degli ultimi anni
dell impero, visti come conseguenza dell abbandono degli antichi riti.17 Nel 410
d.C., quando Alarico incombeva su Roma assediata, i romani «si ricordarono degli
aiuti che un tempo la citt aveva ricevuto in situa zioni critiche e dei quali erano stati
privati dopo aver trascurato i riti tradizionali». Il prefetto della citt Pompeiano, pur
essendo esponente della religione cristiana, si convinse dell opportunit di tentare
questa ultima carta, ottenendo dal vescovo di Roma Innocenzo l autorizzazione
affinchØ venissero celebrate di nascosto le antiche cerimonie. Ma «la citt non ne
avrebbe tratto giovamento se i riti non si fossero svolti pubblicamente».18
I pagani dunque, come precedentemente chiedevano agli aderenti a confessioni
diverse di contribuire alla salvaguardia dello stato non sottraendosi ai culti
tradizionali, avrebbero forse smorzato i toni della polemica se a quelli stessi riti fosse
stato restituito il loro carattere ufficiale. Ma in fondo le autorit cristiane basavano la
loro condotta sugli stessi principi in materia di religione su cui si basavano i
15
Vd. Capitolo IV
16
ZOSIMO, Historia Nuova, IV, 59, 3 e V, 41, 3 ( curato e tradotto in italiano da F. CONCA, Zosimo
Storia Nuova, Milano 1977)
17
Le opere di questi tre storici sono quelle che meglio ci fanno conoscere le opinioni e i sentimenti
degli ultimi pagani, consapevoli ormai che dagli ultimi anni del regno di Teodosio tutte le forme di
culto pagano sono vietate e che l opinione prevalente nell impero Ł ostile nei loro confronti. Si
limitano quindi alla contastazione di un fallimento, cercando di mostrare le conseguenze secondo loro
disastrose del trionfo del cristianesimo, rinunciando a qualsiasi polemica con l avversario ormai
vittorioso. Vd. F. PASCHOUD, cit., pp. 182 s. e A. MOMIGLIANO, Storiografia pagana e cristiana nel
secolo IV d. C., in A. MOMIGLIANO, a cura, The conflict between Paganism and Christianity in the
Fourth century, Oxford 1963, tr. it. Torino 1968
18
ZOSIMO, Historia Nuova ,V, 40-42
14
governanti delle et precedenti: ci che era contra rio alla religione era contrario allo
stato, e la religione cristiana considerava le altre credenze come forme di idolatria da
estirpare ad ogni costo.
In un contesto simile dunque come possiamo applicare il concetto moderno di
tolleranza? L atteggiamento nicodemico proposto d ai pagani ai cristiani appare
alle nostre coscienze inaccettabile al pari della conversione forzata facendoci capire
che la mentalit antica esulava completamente da ci che il dibattito avviato dal
liberalismo moderno indica come libert (di cui la tolleranza Ł inevitabile corollario),
la quale presuppone che intorno a ciascun individuo vi sia una sfera che a nessun
governo Ł lecito oltrepassare, una sfera di assoluta autonomia su cui nØ altri individui
nØ la collettivit possono esercitare un controllo.19 E ancor meno Ł presente nel
mondo antico uno dei principi cardine del moderno stato liberale che, ponendo
garanzie alla tirannide della maggioranza, si configura come tutore delle
minoranze.20
II
Questo spiega l analogia tra la situazione esistente prima e dopo Costantino:
dapprima i pagani, in una posizione di superiorit , disattendono la richiesta dei
cristiani di professare liberamente la loro fede, cos come questi ultimi faranno
qualche anno dopo, quando saranno invece i rappresentati dell antica religione a
chiedere la tolleranza in nome della comune mens divina che con denominazioni
diverse presiede e sovrintende ai diversi culti professati dalle nazioni.
19
Vd. J.STUART MILL, Principles of political economy, London-Edinburgh 1848
20
Vd. J. STUART MILL, On Liberty, London-Edinburgh 1859