5
condizionamento di tipo economico e sociale, con pesanti conseguenze sulle relazioni
sociali, gli assetti istituzionali e le possibilità di sviluppo economico.
Attraverso questo approccio dal generale allo specifico, si è cercato di descrivere
l’incidenza della mafia sull’economia siciliana dagli anni Settanta 70 ad oggi e,
successivamente, l’incidenza che il racket delle estorsioni ha avuto e tuttora detiene sul
singolo operatore economico, sull’ economia in generale e sulla stessa mafia.
La forza della mafia è dovuta anche e soprattutto al radicamento socio-culturale
dell’organizzazione nel tessuto della società civile. La società civile, fino alla fine degli
anni ottanta, appare chiusa nell’omertà e nella rassegnazione alle dinamiche di
sopraffazione sociale messe in atto dalla mafia. Gli anni Novanta rappresentano l’inizio
di un’inversione di tendenza da parte della società civile che, in alcuni contesti
territoriali, comincia a mobilitarsi e organizzarsi per esercitare una concreta opposizione
al racket delle estorsioni e al sistema mafioso radicato sul territorio.
La terza parte del lavoro descrive appunto il processo che, dalla nascita della prima
associazione antiracket, ha condotto all’espansione del movimento su scala nazionale.
Nel 1991, a Capo d’Orlando, sette commercianti danno vita alla prima associazione
antiracket denominata “ACIO”, associazione dei commercianti e degli imprenditori di
Capo d’Orlando. Il movimento sorge con la specifica finalità di combattere
efficacemente il racket delle estorsioni, garantendo quelle condizioni di sicurezza, per
l’attività economica e per l’individuo che la svolge, indispensabili per l’esercizio della
libera impresa. Pochi mesi dopo, i commercianti di Capo d’Orlando, rappresentati
dall’associazione antiracket, denunciano e portano alla condanna per associazione
mafiosa e tentata estorsione tredici imputati. L’evento assume un valore simbolico di
grande spessore e, seguendo l’esempio di Capo d’Orlando, il movimento inizia a
diffondersi in diverse realtà locali siciliane e su scala nazionale. In questa parte vengono
descritte le attività svolte dall’associazione e, soprattutto, le novità che il movimento ha
apportato nel modo di fare antimafia, anche in campo legislativo, facendo riferimento
soprattutto al passaggio dalla legge “Grassi” del 1992 alla legge 44/1999. Infine, si
rivolge lo sguardo ai risultati raggiunti, dedicando attenzione alle nuove proposte
avanzate.
Il quarto capitolo è dedicato all’analisi dei risultati di un’indagine sul campo, svolta
con la somministrazione di interviste non strutturate ad imprenditori siciliani,
appartenenti all’associazione antiracket, al Sindaco di Gela, Rosario Crocetta, e all’ex
6
Presidente del Tribunale per i minorenni di Catania, Giambattista Scidà. Le interviste
aiutano a illuminare dall’interno un fenomeno indagato nelle parti precedenti dal punto
di vista teorico e mostrano anche le difficoltà e le contraddizioni di un processo di
aggregazione dell’opposizione al fenomeno estorsivo che appare del tutto iniziale e
dagli esiti niente affatto scontati.
7
Premessa: La mafia e gli anticorpi della società civile
Dagli albori del problema mafioso ai nostri giorni troviamo migliaia di analisi e
tentativi di definizione della mafia. La sterminata bibliografia esistente denota che il più
delle volte si assiste ad analisi parziali, o all’insegna di stereotipi privi di dati empirici
significativi. I diversi paradigmi che pongono l’accento su un aspetto piuttosto che un
altro (criminali, culturali, politici, economici) soffrono di parzialità perchè tendono a
presentare la mafia come unidimensionale. Il fenomeno mafioso deve essere considerato
un prisma a molte facce che presentano aspetti criminali, politici, economici, sociali e
culturali. Considerare un solo aspetto, rappresenta un grave errore, perchè ogni singolo
aspetto deve essere concepito come conseguenza del rapporto interattivo di tutti gli
aspetti del fenomeno. Questo modo di procedere è fondamentale sia per uno studio più
attento del fenomeno mafioso di per sé sia per proporre una strategia antimafia
efficiente, che non si fermi solo sugli effetti manifesti, ma consideri anche quelli latenti
e perversi. Secondo questa impostazione, la mafia può essere descritta come un insieme
di organizzazioni criminali, che agiscono all’interno di un vasto e ramificato contesto
relazionale, configurando un sistema di violenza e di illegalità finalizzato
all’accumulazione di capitale e all’acquisizione di posizioni di potere, che si avvale di
un codice culturale e che gode di un certo consenso sociale
1
. Essa si afferma all’interno
di un processo sociale, economico e politico, che la vede divenire parte essenziale della
classe dominante d’estese realtà sociali. La forza della mafia risiede nel creare un
circolo vizioso in cui l’impresa, la politica (e per certi versi la magistratura) e la mafia
stessa realizzano un meccanismo che relaziona politici, imprese legali e imprese
mafiose. Questo complesso intreccio, la rende spesso inviolabile e intaccabile. Lo Stato
stesso ha avuto spesso un rapporto ambiguo con la mafia e non sempre l’ha combattuta
a dovere. Lo Stato non ha perso la battaglia con la mafia, ma non ne ha mai sostenuta
una con decisione sicché il sacrificio di pochi (definiti “eroi” proprio perchè
rappresentano l’eccezione alla regola) viene reso vano dalla connivenza di molti
2
.
Un’altra caratteristica peculiare consiste nella sua capacità di persistenza. I
comportamenti mafiosi non si sono mai basati su un semplice residuo del passato, ma su
1
Santino U., Dalla Mafia alle mafie, Catanzaro, Rubettino, 2006.
2
Ibidem.
8
una specifica combinazione d’antico e di moderno. Non essendo residui del passato,
valori e comportamenti mafiosi sono stati in grado di adattarsi al mutamento sociale
3
.
La mafia riesce ad adattarsi al contesto in maniera più efficace rispetto a qualunque altra
istituzione, conservando tuttavia alcuni valori antichi. Ad esempio I cambiamenti
avvenuti all’inizio degli anni ’70 nel panorama nazionale sono stati immediatamente
colti dalla mafia che, non solo non si è indebolita, ma adattandosi al nuovo contesto
economico e sociale è riuscita ad espandersi. Si può dire quindi che, i comportamenti,
vale a dire gli elementi variabili dell’agire mafioso, tendono a adeguarsi in maniera
selettiva al mutare delle condizioni dell’ambiente
4
. Quindi l’idea paventata secondo cui
l’evoluzione storica della mafia possa procedere a fasi ben delineate e distinte non può
essere considerata soddisfacente. Il passaggio da una mafia vecchia ad una nuova o da
una mafia tradizionale ad un’imprenditrice presenta facili semplificazioni e delineazioni
troppo rigide. La mafia nella sua evoluzione storica ha intrecciato continuità e
trasformazione. Aspetti vecchi o arcaici spesso hanno accompagnato aspetti moderni.
La mafia ha la capacità di colpire le istituzioni della società civile come “un cancro che
attacca un tessuto sano”. Questo ha portato spesso ad una visione comune
nell’immaginario collettivo secondo cui il popolo siciliano tout court si sarebbe
rassegnato a tale situazione di dipendenza. Gesualdo Bufalino, parlando della Sicilia,
sosteneva che “qui tutto è mischiato, cangiante, contraddittorio, come nel più
composito dei continenti. Vero che le Sicilie sono tante, non finirò mai di contarle”.
Questa immagine ci aiuta a capire come occorre non prestare il fianco a luoghi comuni e
c’illumina sulla complessità sia del fenomeno mafioso sia delle risposte della società
civile. Il potere mafioso è opprimente, ma questo non vuol affermare che esso agisca su
un corpo sociale che si sottomette facilmente al suo dominio incontrastato. Accanto agli
atteggiamenti d’acquiescenza va considerata la reazione di una parte della società civile
che si oppone all’economia basata sui ricatti e sui traffici illegali, alle clientele della
politica che s’inchina agli imperativi di Cosa Nostra. La Sicilia non è sprovvista degli
anticorpi che possono rigenerare un tessuto civile “malato”. Questi anticorpi
provengono da quella parte sana della popolazione che è sensibile alla legalità e da
esperienze collettive diverse per genesi e sviluppo, ma accomunati da un carattere
comune: “Alcuni individui iniziano a custodire i quartieri e le piccole comunità. Una
3
Catanzaro R., Il delitto come impresa, storia sociale della mafia, Padova, Liviana, 1988.
4
Parini E. G. Su alcuni recenti interpretazioni del fenomeno mafioso, in “Quaderni di sociologia”,nuova
serie, vol. XLI,1997, n.14, pag 172.
9
voce dissenziente si insinua in <<habitat sociali>> dove di solito regna la soggezione
silenziosa. Poi, quasi per incanto, altre persone si accodano alle avanguardie militanti,
intensificando la protesta. Nascono così nuove idee e progetti che portano una ventata
di cambiamento. La mafia non è sconfitta, ma qualcuno si è già messo in marcia per
renderle la vita ardua”
5
. Queste parole sono utili a descrivere l’emergere d’esperienze
collettive che hanno accompagnato la nascita d’esperienze associative che si pongono
l’obiettivo della legalità non in termini formali ma sostanziali. Tuttavia prima di
addentrarsi nella descrizione di queste esperienze associative, in modo centrale riguardo
all’emergere, dagli anni ’90 in poi, dell’associazionismo antiracket, bisogna fare
un’attenta analisi su come la mafia si è evoluta, sui suoi modi di influenzare l’economia,
su quali siano le sue attività peculiari, i suoi intrecci con la sfera della politica, del
mondo economico e della magistratura e su come gli operatori economici reagiscono al
ricatto mafioso.
5
Caltabiano C., Anticorpi della società civile, l’Italia che reagisce al declino del paese, Roma, Carocci,
2007, pag 143.
10
CAPITOLO I
IL RUOLO DELLA MAFIA A PARTIRE DAGLI ANNI
SETTANTA
11
1.1 La mafia imprenditrice
Gli anni ‘70 rappresentano un periodo di gran trasformazione dell’organizzazione di
stampo mafioso. La mafia non è più una componente marginale e subalterna che gravita
ai margini dell’economia legale ma tende ad esserne soggetto attivo, per questo si parla
di “impresa” mafiosa. Questo cambiamento avviene nell’ambito di un mutato scenario
nazionale che vede una progressiva disintegrazione economica e sociale.
L’organizzazione mafiosa cambia per adattarsi al nuovo contesto. Si parla di un
passaggio da una vecchia mafia ad una nuova mafia. La mafia, da “parassitaria”
diverrebbe produttrice. Tuttavia questa visione non deve far pensare che la mafia abbia
sostituito la competizione per il potere e l’onore con la competizione per la ricchezza,
perchè, come detto sopra, essa è un intreccio tra continuità e trasformazione. Piuttosto
serve solo ad individuare una fase di cambiamento del fenomeno nel corso
dell’evoluzione storica. L’opinione diffusa secondo cui ci fu una nuova mafia che ha
occupato il posto di quella vecchia o che dalle ceneri della mafia tradizionale sia sorta
una nuova mafia, definita imprenditrice, venne considerata anche da Falcone opinione
“fuorviante e antistorica”
6
. Premesso questo, è innegabile che gli anni ’70 rappresentino
un momento d’evoluzione per “Cosa nostra”. La mafia, arricchita dai proventi
dell’economia illegale, in modo particolare dal fiorente mercato dell’eroina, s’inserisce
nel mondo economico legale. Si realizza un incontro tra mafia ed imprenditorialità che
porta ad un modello d’impresa mafiosa che può contare su specifici vantaggi
competitivi, rispetto alle imprese “normali”, dati dalla sua struttura particolare
7
. Il primo
vantaggio competitivo è rappresentato dall’azione di scoraggiamento della concorrenza.
L’impresa mafiosa ha la possibilità di poter agire in una situazione di vantaggio rispetto
alla concorrenza, perchè può sfruttare la sua capacità d’intimidazione che agisce come
una barriera doganale. Questo può avvenire tramite una serie d’intimidazioni volte ad
ostacolare l’attività delle aziende concorrenti e mediante l’accaparramento della
maggior parte degli appalti pubblici
8
, contratti e forniture a prezzi molto vantaggiosi.
Spesso interventi di carattere violento non sono necessari, perché basta il solo
riconoscimento dell’efficacia coercitiva del fenomeno mafioso.
6
Articolo pubblicato da “l’Unità” il 31 maggio 1992.
7
Arlacchi P., Mafia imprenditrice, Bologna, Il Mulino, 1983.
8
In seguito chiarirò come la mafia gestisce gli appalti.
12
Il secondo vantaggio, competitivo dell’impresa mafiosa, è rappresentato dalla
compressione salariale e dalla possibilità di poter usufruire di una manodopera più
fluida. L’impresa mafiosa impone le condizioni di lavoro ad essa più favorevoli. Le
conseguenze sono la precarietà dei lavoratori, la violazione dei diritti sindacali,
l’evasione dei contributi previdenziali e lavorativi, il ricatto costante dei lavoratori,
condizioni di lavoro non sicure e un accrescimento della produttività dell’impresa
mediante la pressione creata sugli operai.
Il terzo vantaggio competitivo dell’impresa mafiosa consiste nella sua maggiore
disponibilità finanziaria che può essere imputata a diverse cause. In primo luogo, il
mafioso ha la possibilità di investire parte delle risorse che provengono dalle attività
illecite. Queste attività illecite possono essere le più svariate: estorsioni, commercio
dell’eroina, traffico d’armi, sequestri di persona ecc. Gli immensi profitti provenienti
dalle attività illegali possono essere utilizzati nel circuito delle imprese legali. La mafia,
quindi, ha la possibilità di un accesso privilegiato al circuito bancario, grazie alla sua
liquidità, e una disponibilità finanziaria assai superiore alle imprese concorrenti.
Dagli anni ’70 la mafia si baserebbe su alcuni meccanismi propulsivi che
permetterebbero di consentire l’accumulazione di risorse all’organizzazione
9
. Facendo
riferimento a questi meccanismi, innanzi tutto possiamo distinguere un’accumulazione
di tipo “violenta” da una “pulita”. In primo luogo, la mafia attraverso un’accumulazione
“violenta” (estorsioni, tangenti, sequestri ecc. ), proveniente dal “sommerso”, auto-
finanzia l’espansione, mantiene gli affiliati impiegati al suo interno e alimenta
l’accumulazione “pulita”. Negli anni ’70 con la sola industria dell’eroina la mafia
fatturava utili addirittura superiori alle “multinazionali” e aggiungendo a questi gli utili
provenienti dagli altri “settori” illegali (estorsioni, sequestri di persona, traffico di armi
ecc. ), si può comprendere come il flusso finanziario a disposizione fosse enorme.
Questi capitali, provenienti dall’accumulazione “violenta”, sono investiti nell’economia
“pulita”, in alberghi, supermercati, costruzioni e varie tipologie d’imprese, oppure
l’economia mafiosa li esporta verso altre regioni dell’Italia o addirittura verso alcuni
paesi dell’Europa. In secondo luogo, la mafia si avvale del sistema bancario, che serve a
riciclare denaro sporco e nasconderne la sua provenienza illegale
10
. Si svilupperebbe un
9
Centorrino M., L’altra economia in economia e potere mafioso in Sicilia, Giuffrè, Milano, 1984
10
Un indicatore può essere considerato la correlazione tra il consolidarsi di un’economia mafiosa e
l’aumento abnorme degli sportelli bancari e come molti capitali provengano “canali” sospetti come viene
sottolineato da Centorrino M., L’altra economia in economia e potere mafioso in Sicilia, op. cit.
13
intreccio tra le attività bancarie di alcune città siciliane e il riciclaggio dei proventi
dell’accumulazione “illecita”. Il terzo meccanismo consiste nell’inserimento nel settore
edile e nel controllo degli appalti a diversi livelli. In primo luogo, questo settore è
utilizzato come sede principale del riciclaggio dei proventi “illegali”. In secondo luogo,
la mafia realizzerebbe una sorta di ciclo di produzione integrato: se il mafioso fa il
costruttore, amplierà il suo raggio d’azione fino a comprendervi le cave di pietra, i
depositi di calcestruzzo, i magazzini di materiale sanitario, le forniture e anche gli
operai. Gli altri proprietari verranno a poco a poco inglobati in una rete monopolistica
sulla quale egli eserciterà il controllo
11
. L’impresa mafiosa può realizzare questo
monopolio grazie ai vantaggi competitivi che possiede rispetto ad un’impresa normale
(scoraggiamento della concorrenza, compressione salariale, flusso finanziario
dall’economia illegale) . In terzo luogo, l’accumulazione proveniente dal settore edile
implicherebbe il controllo degli appalti pubblici. Infine, l’ultimo meccanismo fa
riferimento all’accaparramento di flussi di spesa pubblica destinati ad incentivare il
settore agricolo. Tra gli anni ’70 e gli anni ’80 la mafia sfrutta le sovvenzioni
provenienti dalla comunità europea, dallo Stato e dalla regione per inserirsi nella
gestione del credito all’agricoltura attraverso società per azioni, ma soprattutto
attraverso le cooperative.
La figura del nuovo “mafioso imprenditore” si contraddistingue dal passato per
cambiamenti che riguardano anche lo stile di vita e la stessa cultura. Il mafioso vecchio
stampo lascerebbe strada ad una nuova tipologia di mafioso che assume sempre più i
moderni valori capitalistici con l’inclinazione verso la moderna cultura del successo e
della potenza. Il nuovo mafioso riesce a combinare valori nuovi che esigono una società
industriale con valori tradizionali e comportamenti arcaici. Il cambiamento riguarda
anche l’origine sociale e il livello di istruzione formale: gli affiliati non provengono
esclusivamente dalle classi inferiori, ma sempre più frequentemente da categorie di ceti
medio-alti e con un livello di istruzione spesso discreto
12
.
11
Falcone G., Cose di cosa nostra, Milano, Fabbri editori, 1991.
12
La spiegazione dettagliata di questi cambiamenti che fanno riferimento alla cultura e allo stile di vita
del mafioso in Arlacchi P., Mafia imprenditrice, op. cit.
14
1.2 La mafia come sistema di regolazione dell’economia: influenza
dell’organizzazione mafiosa sul sistema economico
L’organizzazione mafiosa ha sempre rappresentato un freno allo sviluppo economico
delle aree meridionali. Tuttavia, il rapporto tra mafia e sviluppo economico è
estremamente complesso e non può essere ridotto a facili paradigmi. Alcune tesi
sostengono che la causa dell’industrializzazione senza sviluppo della regione siciliana
sia dovuta alla presenza e all’influenza dell’ economia mafiosa, altri sottolineano come
la mafia possa essere considerata solo una delle componenti dell’arretratezza economica
della regione e come si debba guardare anche ad altri fattori
13
. Tuttavia, è tesi concorde
che la criminalità organizzata costituisce uno degli ostacoli più importanti allo sviluppo
economico a causa della capacità mafiosa di penetrare nei processi di accumulazione e
di condizionare la struttura dell’economia non solo dall’ esterno ma anche dall’interno.
La mafia altera la produzione e l’equilibrio di un sistema locale in tre modi principali.
In primo luogo con la riduzione del livello d’attività economica. Questo può avvenire in
diversi modi, sia diretti sia indiretti. Innanzi tutto, gran parte degli operatori economici
sono vittime di richieste estorsive e, nella maggior parte dei casi le accettano
14
, il che
determina un aggravio dei costi diretti dell’attività economica. Nel caso rifiutino queste
richieste, gli operatori economici saranno costretti a confrontarsi con altri problemi che
tuttavia saranno trattati successivamente in quanto di queste situazioni si occupa
principalmente l’associazioni anti-racket
15
. Le imprese acquiescenti, oltre a dover
pagare direttamente sotto forma di tangente o meglio “pizzo”
16
, saranno costrette a
adottare delle decisioni che non massimizzano la loro efficienza, per quanto riguarda la
scelta dei fornitori, della manodopera e moltissimi altri condizionamenti. Infatti,
l’associazione mafiosa è capace di limitare la libertà di esercizio delle singole imprese
sminuendo la capacità sia di selezionare le risorse umane sia di gestire le stesse. Come
anche, la capacità di selezionare la clientela, la libertà di scelta dei canali
d’approvvigionamento ( insieme di materie prime e in generale di prodotti che l’impresa
deve acquistare nell’attività produttiva sia che si tratti di beni che di servizi).
13
Uno di questi è Centorrino M. , L’ altra economia in Economia e potere mafioso in Sicilia, op. cit.
14
Successivamente tratterò le possibili alternative di risposte da parte degli operatori economici.
15
La principale funzione è quella di dare un sostegno alle vittime del racket in modo che a queste
convenga denunciare non solo perchè “è giusto così” ma perchè “conviene così”.
16
Il racket delle estorsioni di natura mafiosa viene denominato “pizzo”.
15
Questo è un punto fondamentale perchè sconfessa la teoria secondo cui il pizzo possa
essere una sottoforma di “assicurazione” seppur illegale che viene interiorizzata
dall’operatore economico come una “sovrattassa”
17
. Il restringimento dell’attività
economica avviene anche attraverso il condizionamento negativo inferto dalla mafia alla
propensione all’investimento di commercianti ed imprenditori. Ovviamente questi
ultimi, prima d’ogni investimento, per avviare una nuova attività o per ampliarla,
dovranno tener conto dello schema costi-ricavi
18
. In questo senso, la criminalità
organizzata interviene incidendo sui costi dell’impresa, quantomeno nei casi
d’acquiescenza. Non a caso molti autori individuano come una delle principali cause di
più lento sviluppo del mezzogiorno proprio l’influenza negativa della criminalità
organizzata sulla propensione all’investimento
19
. In secondo luogo, la mafia influisce
con l’alterazione del sistema dei prezzi e perdita della sua efficacia quale indicatore
delle preferenze dei consumatori. In una situazione in cui, i soggetti “sottomessi”, non
hanno libertà di scelta dei loro fornitori, si vengono a generare delle ripercussioni a
catena sull’intera struttura dei prezzi. Le scelte dei soggetti non sono compiute
valutando un prezzo individualmente, ma confrontando i prezzi dei beni disponibili e,
quindi, l’alterazione di un prezzo può provocare effetti sui prezzi di molti altri beni. In
terzo luogo, con la riduzione del gettito fiscale e della potenziale dimensione del
bilancio pubblico. La criminalità organizzata causa la riduzione del gettito fiscale in due
modi principali. In modo diretto attraverso la spinta all’evasione fiscale favorita dalla
presenza sul territorio della mafia. In modo indiretto, come più generale effetto di
depressione economica. La mafia ha la capacità di presentarsi come un soggetto di
prelievo fiscale parallelo e il più delle volte sostitutivo rispetto a quello statale. Il
soggetto economico si trova stimolato ad evadere. In primo luogo, per minimizzare i
costi: esso si trova a dover pagare sia un prelievo legale (le tasse) che uno illecito
(estorsione, tangente). Dato che il prelievo fiscale si fonda su una auto-dichiarazione e
su controlli non sempre efficienti, mentre il ricatto mafioso si basa su minacce, attentati
e intimidazioni, è facile capire come l’operatore economico preferisca non pagare le
tasse, ma pagare l’estorsione. In secondo luogo, spesso la presenza della mafia viene
considerata come una inefficienza dello Stato.
17
Molti sono i sostenitori di questa teoria a dispetto del suo contenuto riduttivo.
18
Questa tematica viene approfondita in Centorrino M., La Spina A., Signorino G., Il nodo gordiano,
criminalità e sviluppo nel -mezzogiorno, op. cit., pag 42.
19
Tuttavia sarebbe riduttivo considerare solo questa variabile come sottolinea Centorrino M., L’altra
economia, in Centorrino M.e Sgroi E., Economia e potere mafioso in Sicilia, op. cit.
16
In questo senso, le tasse da versare allo Stato vengono percepite come “ingiuste”
visto che l’istituzione pubblica non è capace di difendere gli agenti economici dalla
mafia
20
.
La mafia si muove contro lo sviluppo economico anche per l’ostacolo che crea
all’afflusso dei capitali esterni. Un esempio concreto viene tratto chiaramente da Tano
Grasso che descrive l’incontro con una coppia di imprenditori del Nord proiettati verso
l’investimento in Sicilia. “Una coppia di imprenditori del Nord chiese tempo fa a dei
comuni amici, marito e moglie, di organizzare una cena con me. Volevano capire
meglio, farmi delle domande e togliersi dei dubbi prima di imbarcarsi in un consistente
investimento: un’ampia azienda agrituristica che non sapevano se realizzare in Sicilia o
in altri tre centri che mi elencarono. Per il loro progetto avevano individuato un
comune della Sicilia occidentale. Si erano tanto innamorati di quel posto stupendo che
se fosse dipeso da loro si sarebbero fiondati il giorno dopo per iniziare a lavorarci e
non spostarsi più. La loro idea mi sembrò straordinaria, di sicuro successo. Cominciò
un rosario fittissimo di domande. Cercai di rispondere con il massimo di onestà
intellettuale senza nascondere nulla….Alla fine marito e moglie si guardarono e la
signora fece il punto: <<Vediamo se ho capito bene il senso dei suoi racconti. La sera
stessa dell’inaugurazione del nostro agriturismo potrebbe esserci qualche segnale che
ci apparirà insignificante. Un piccolo, curioso, inconveniente. Dopo qualche giorno
arriva qualcuno al ristorante e lancia battute più precise. O teorizza che il conto non lo
deve pagare. Sanno tutti il perché. Via via i segnali si affittiscono, diventeranno più
decisi. Io e mio marito non potremo far finta di non aver capito. Ci lasceranno, bontà
loro, il tempo per riflettere. Il necessario per capire meglio chi sono quegli uomini e per
renderci conto che non amano scherzare. Passerà un altro po’ di tempo e finalmente, è
proprio il caso di dirlo, arriverà una richiesta esplicita: “Qui pagano tutti per essere
protetti. Se lo fanno tutti, dovete farlo anche voi”. Questa volta non ci lasceranno altro
tempo per riflettere. Boom. Nel cuore della notte andrà in aria la porta della nostra
dispensa. Un ordigno piccolo piccolo che non farà tanti danni da farci fallire ma
basterà a terrorizzarci per tutto il resto della vita. Ho capito bene?>> concluse
piantandomi gli occhi addosso. Restai in silenzio. Turbato. Amo la Sicilia come nessun
altra terra al mondo. Avrei tanto voluto che quei due signori venissero giù con i loro
20
Centorrino M., La Spina A., Signorino G., Il nodo gordiano, criminalità e sviluppo nel -mezzogiorno,
op. cit.
17
soldi, nella mia regione, a creare il lavoro e la ricchezza. Il silenzio, e un
provvidenziale intervento del nostro ospite che avvertì il mio imbarazzo, mi tolsero
dalla condizione spiacevole di dire una bugia o di consigliare un altro luogo per il loro
investimento. Per un lungo periodo non ho sentito parlare più di quella coppia di
settentrionali. L’hanno scorso i nostri comuni amici mi hanno portato i loro saluti dalla
Spagna dove vivono felicemente gestendo un grande impianto di agriturismo spesso
affollato da italiani e, naturalmente, da tanti siciliani……Non ho mai incontrato un
economista, un sociologo, un politico o un esperto di mafia capaci di spiegare con
l’efficacia di quella signora perché in gran parte del mezzogiorno l’afflusso di capitali
esterni tende a zero. Lo ribadì con una battuta finale quando stavamo per lasciarci: “
Se ti capita un guaio devi per forza affrontarlo. Ma andarselo a cercare…”
21
.
21
Grasso T., ‘U Pizzu, L’Italia del racket e dell’usura, Milano, Baldini e Castaldi S.P.A, 2002.