7
Nella storia, una molteplicità di teorie, di tutte le derivazioni culturali e campi di studio
possibile, hanno proposto l’attività artistica come lettura della personalità, terapia,
gestione delle emozioni, possibile protagonista di percorsi che restituiscano la dignità e
il benessere all’individuo.
Di fatto, questa commistione di tecniche non si limita ad essere una finestra aperta
sull’inconscio, che scruta l’emozione e la sperimenta. L’arteterapia abilita l’individuo a
entrare nella percezione sensibile e a gestirla, modularla in modo che non esploda o si
reprima.
Ho cercato di dimostrare, ripercorrendo le numerose teorie che hanno portato la
disciplina a trovare la sua applicazione odierna, l’utilità della stessa nel contesto
quotidiano. Il contesto del qui ed ora, la realtà educativa.
L’arteterapia, o la tecnica creativa progettuale, è un ottimo strumento di cura in senso
psicosociale, per le persone in disagio, per tutte le persone.
In una società dove le stesse sono in maggioranza decostruite e ovattate, nutrite di
bisogni fasulli, indotti dai mass media: mezzi di una comunicazione distorta e
strumentalizzata per soddisfare le esigenze del mercato dei consumi.
La disciplina, che va al di là della mera introspezione o analisi di test grafici, possiede
una miriade di sfaccettature ed alternative, che coadiuvano la socializzazione,
l’integrazione delle tante diversità della società.
Ho cercato inoltre di esporre un caso ed affiancargli una probabile proposta educativa,
frutto dell’analisi della totalità di modelli teorici studiati.
Intendo sottolineare, infine, che la capacità grafica, ovvero la capacità tecnica e
rappresentativa, in questi percorsi, è assolutamente marginale.
Si lavora sul miglioramento, si agisce sulle forme e le strutture estetiche, ma l’abilità e la
riuscita del lavoro non sono chiamate in causa, nel percorso con la persona in situazioni
di disagio. Mi è capitato parecchie volte di sentire pareri di educatori che accantonavano
questa idea alternativa a priori, a causa “della scarsa abilità dell’utente, o perché l’utente
non sa più disegnare”.
Premetto che l’arte, come dimostra la sua storia, è un concetto talmente soggettivo che
non si può avvalere di giudizi di incapacità tecnica. In questo amplio contesto, contesto
paradossalmente nuovo e difficilmente concepibile, l’arte assume le vesti della
liberatrice, del mezzo che diventa linguaggio attraverso l’istinto e la percezione, e non
del risultato ben svolto di una consegna superficiale.
8
CAPITOLO 1
L’EDUCATORE PROFESSIONALE E L’ APPROCCIO ALL’ARTE COME
MEDIAZIONE TRA L’INDIVIDUO E L’EMOZIONE;
L’ARTE COME RISORSA NELLA RELAZIONE D’AIUTO
1.1 EMPATIA E ABILITA’ SOCIALE ED EMOZIONALE
“..la vita è una commedia per coloro che pensano e una tragedia per
coloro che sentono..” Horace Walpole
1
L’essere umano nasce perfetto in ogni sua funzione e particolare. Tutte le funzioni,
azioni e pulsioni che ci conducono alla sopravvivenza, sono abilmente manovrate dalla
collaborazione di sistema nervoso ed endocrino.
Ogni carenza o eccesso si autoregolano attraverso bio-feedback, in modo che tutto
rientri nei parametri fisiologici standard. Il miracolo della vita è tutt’ora velato da un
mistero millenario per il quale le speculazioni filosofiche non avranno mai fine.
Eppure, qualcosa sfugge alla dominanza emisferica, qualcosa che trascende dagli stessi
millenni la filosofia, la scienza e la religione; l’emozione. Emozione il cui significato e
interpretazione è sconfinato e variopinto e la sua funzione e forza è molteplice e
invincibile…
L’emozione è lo strumento più potente che possiede l’essere umano, lo stato psicofisico
e affettivo che ci permette di provare e sperimentare le nostre sensazioni e percezioni.
Succede a volte che un improvviso spavento, un’intensa gioia o una forte rabbia, ci
scarichino un’emozione così forte e imponderabile da “perdere il controllo”, dandoci una
reazione così inaspettata che a volte viene quasi rimossa. Questa è la dimostrazione dell’
intensità dell’emozione, e dell’incoercibile ascendente che ha sull’organismo.
A questo proposito è bene parlare di un’abilità fondamentale, che se ben gestita, diventa
un’efficace ausilio di controllo sulla relazione.
Questa peculiarità è l’intelligenza emotiva, dote da coltivare per acquisire maggiore
padronanza di sé e della propria strategia relazionale, con l’obiettivo di migliorare la
propria qualità di vita personale e sociale.
1
Tratto da “intelligenza emotiva”, Daniel Goleman, p.124, Bur 2007.
9
L’intelligenza emotiva si spiega come la facoltà di saper esprimere in modo adeguato le
emozioni, riconoscendo le proprie e le altre nel momento in cui si manifestano: Goleman
la chiama “un modo particolare di trattare se stessi e gli altri”.
Questa peculiare intelligenza comprende l’insieme di capacità dell’individuo, che gli
permettono di relazionarsi agli altri tramite due abilità: la competenza sociale, che
contempla l’empatia e l’arte dell’interrelazione e la competenza sociale, che tocca le
corde dell’autocontrollo.
L’autocontrollo abilita al monitoraggio delle proprie emozioni e aiuta a mantenere la
calma interiore e l’autoconsapevolezza, per giungere all’equilibrio emozionale
dell’individuo.
Inoltre l’intelligenza emotiva ha una forte interazione con la motivazione umana; infatti,
la motivazione è la causa che spinge il soggetto ad un determinato agito, mentre
l’emozione chiarifica come il soggetto reagisce ad uno stimolo. La psicologia dei
consumi presta grande attenzione allo studio di questi fattori, per comprendere quali
siano le motivazioni inconsce del consumatore. È stata questa branca della psicologia
che ha contribuito a mettere in luce l’importanza delle emozioni nella motivazione,
contraddicendo la credenza secondo cui le persone motivate agiscono secondo i criteri
della razionalità. Si è visto che le scelte del consumatore sono spesso dettati di prestigio,
di conformarsi ad un gruppo per sentirsi parte di esso, di dipendenza, di identificarsi con
il leader, oppure dalla necessità di differenziarsi, di resistere alle pressioni sociali.
Al contrario la mancanza di capacità nel gestire le proprie emozioni, di esternarle,
diventa una vera e propria patologia chiamata alessitimia, che trascina a sé un corteo non
indifferente di psicosomatismi.
Come esponevo poc’anzi, l’emozione ha un’importanza rilevante sulle azioni e il
pensiero, quasi dominante. La sede di queste ultime, dal punto di vista fisiologico, è il
sistema limbico.
Il sistema limbico è situato nel lobo prefrontale del cervello, e si può definire come una
rete di neuroni, soprattutto subcorticali, che formano anse all'interno dell'encefalo e
collegano l'ipotalamo alla corteccia cerebrale e altre strutture.
Tale apparato viene considerato la sede delle emozioni e delle sensazioni, come la fame,
la sete, il desiderio sessuale; ma soprattutto è la sede della memoria e
dell'apprendimento. È costituito dalla corteccia prefrontale, dal prosencefalo basale,
dall'ippocampo e dall'amigdala. I due sistemi principali a cui si riferisce sono amigdala e
ippocampo.
L’amigdala è connessa con neocortecce associative (frontali e temporali) e con l'area del
setto e l'ipotalamo, e gestisce le emozioni.
L’ippocampo è connesso con la corteccia entorinale (della circonvuoluzione
paraippocampica) ,con la corteccia cingolata (connessa con altre aree associative) ,con
10
l'ipotalamo, l'area del setto e controlla la memoria a lungo termine di tipo dichiarativa (il
ricordo di un fatto), oltre che a essere implicato nel circuito di papez (associazione tra
attività cognitive e attività ipotalamiche).
In particolare l’amigdala è la sede di tutte le passioni; è un gruppo di strutture
interconnesse, che assume una forma a mandorla, posta sopra il tronco cerebrale e vicino
alla parte inferiore del sistema limbico. Ci sono due amigdale, ognuna ad un lato del
cervello.
L’amigdala è specializzata in tutte le questioni emozionali, con l’emblematica funzione
di valutare il significato emozionale degli eventi. Archivio della memoria emozionale, la
sua attività e l’interazione con la neocorteccia la rende il centro dell’intelligenza
emotiva, poiché è in grado di mantenere il controllo sulle nostre azioni anche quando il
cervello pensante, la neocorteccia, deve ancora elaborare la soluzione. I segnali sensitivi
in entrata consentono immediatamente all’amigdala di analizzare e vagliare ogni
esperienza, e in questo modo essa valuta se mandare il segnale di crisi. L’amigdala
risponde prima della neocorteccia, cioè prima del sistema nervoso, ed ecco la
motivazione delle reazioni “incontrollate”.
In definitiva questo apparato può essere definito “il quartier generale delle nostre
emozioni” dal punto di vista neurofisiologico.
L’ipotalamo è un’altra parte fondamentale del sistema limbico. E’ la singola parte più
complessa e stupefacente del cervello stesso, per questo è anche detta “il cervello nel
cervello”.
Ha la grandezza di un pisello e pesa circa quattro grammi e regola; fame, sete, sonno,
veglia, temperatura corporea, equilibri chimici, ritmo circadiano, ormoni, sessualità,
emozioni, mantenendo l’omeostasi di tutte queste funzioni, attraverso il meccanismo di
retroazione. E’ importante ribadire che le nostre emozioni sono moti energetici così forti
da essere difficilmente regolabili e addirittura a volte sopraffanno completamente la
razionalità, portandoci a compiere atti che potrebbero avere conseguenze negative
relativamente alla sfera sociale.
Riportando date situazioni nell’ambito di una relazione terapeutica, dette emozioni
possono arrivare, da entrambe le parti, a bloccare l’interazione e il flusso comunicativo,
mandando in fumo in un attimo gli sforzi compiuti nell’arco di molto tempo.
Gli studi neuro scientifici deputano al sistema limbico la responsabilità di queste
reazioni automatiche, frutto di difese arcaiche legate all’istinto di sopravvivenza.
La spiegazione di questo “disadattamento” biologico, paragonato all’andamento della
nuova realtà, legata alla civilizzazione, è fornita da Goleman, con il concetto “che date
realtà sono sorte così velocemente che l’evoluzione, quale processo molto lento, non
riesce a star loro dietro”
2
. Per spiegare dal punto di vista biologico l’esplosione
2
Tratto da Goleman, 2007, p.23
11
emozionale, innescata dall’impulso e spesso non commisurata alla situazione, gli
studiosi parlano di “sequestro emozionale”, ovvero una sorta di modificazioni
neurofisiologiche che preparano alla risposta emotiva più veloce ma meno precisa, ad
esempio la risposta di combattimento o fuga. Sembra che in quei determinati momenti
un centro del sistema limbico dichiari emergenza, imponendo al resto del cervello
l’ordine, “sequestrandolo”.
Immediatamente la reazione si innesca, attimi prima che la neocorteccia, il cervello
pensante, abbia avuto il tempo di comprendere la situazione avvenuta.
Secondo Damasio
3
, il cervello emozionale è coinvolto nel ragionamento tanto quanto
quello pensante. Ne deriva che le emozioni possiedono un ruolo importante ai fini della
razionalità; nel complicato rapporto tra emozioni e pensiero si generano le azioni e
decisioni della nostra vita, con la sola eccezione del “sequestro emozionale”, del
quale ho parlato prima, dove le emozioni prendono il sopravvento di prepotenza sul
raziocinio.
Si potrebbe dire allora che siamo dotati di due cervelli, due menti; L’intelligenza
razionale e l’intelligenza emotiva. La complementarietà e la buona interazione del
sistema limbico, della neocorteccia, dell’amigdala e dei lobi prefrontali sviluppa l’
intelligenza emotiva e le capacità intellettuali. In antitesi al vecchio paradigma di
Erasmo ove la ragione doveva arrivare a liberarsi dalla spinta emozionale, Il nuovo
modello ci spinge a trovare un’armonia tra mente e cuore. Per fare questo però, e
fondamentale imparare a fare un uso intelligente dell’emozione.
In breve, ci capita di dover affrontar sempre più spesso drammi postmoderni con un
equipaggiamento emozionale adatto all’età preistorica, situazione questa dove un
maggiore controllo delle nostre emozioni, una rieducazione emozionale conseguita
attraverso la commistione tra ragione, consapevolezza e trasporto emozionale diventa
sempre più necessaria.
A difesa delle anacronistiche reazioni automatiche dell’essere umano, lo stesso è dotato
di una capacità fondamentale, che si afferma sia innata, attraverso cui entra nel mondo
emozionale dell’ altro calandovisi. È una consapevolezza che quando si instaura
prosegue il flusso della relazione, aiuta a saldare il rapporto di fiducia; l’empatia.
Questa inestimabile risorsa è uno degli strumenti che conferisce la delicatezza e la
chiave della relazione, è la caratteristica fondamentale che deve possedere
l’individuo che decide di fondare una relazione d’ aiuto, o più semplicemente una
qualsiasi relazione interpersonale. Dal greco empatheia, sentire-dentro, è la capacità di
percepire l’esperienza soggettiva altrui, ponendosi nell’immediato nello stato d’animo o
vissuto dell’altra persona, esattamente all’interno delle sue emozioni. L’empatia è una
peculiarità fondamentale che deve possedere soprattutto l’educatore, ovvero la persona
3
Damasio p.48, in Goleman, 2007
12
che decide di avventurarsi in una relazione che premette il raggiungimento di una forte
fiducia.
Un approccio modulato con empatia, predispone e tranquillizza l’utente, e aiuta
l’ allacciarsi della relazione, base dalla quale deve partire ogni tipo di approccio
terapeutico e riabilitativo.
Risultati di studi affermano che la capacità empatica è presente nell’individuo fin dalla
primissima infanzia, in quanto il neonato è subito turbato dal pianto di un altro bambino,
e per questo cerca di consolarlo, di porre fine alle sue sofferenze. Si sono osservati
inoltre tentativi di condivisione, o contagio emozionale, dove il bambino che vede
piangere, fa lo stesso in risposta al compare. Le stesse vicissitudini accadono anche nel
mondo adulto, in una qualsiasi interazione. È interessante notare come, quando due
adulti hanno un eloquio, l’interlocutore che ascolta atteggia la stessa mimica coinvolta,
frutto dello stato d’animo di chi parla e del contenuto emozionale che trasmette.
L’empatia inoltre si basa sull’autoconsapevolezza; coscienza personale, o controllo, che
l’individuo dovrebbe apporre su di sé molto più spesso di quanto a volte facciamo.
Quanto più saremo aperti e consapevoli riguardo alle nostre emozioni, tanto più abili
saremo nel leggere quelle altrui.
Il segreto per leggere le emozioni altrui sta nell’interpretazione dei messaggi che
viaggiano sulla comunicazione non verbale, in quanto la normale modalità di
espressione delle emozioni è quella non verbale. In questo caso andremo ad esplorare
data comunicazione non verbale, un linguaggio poco convenzionale che è l’espressione
globale del soggetto, uno degli strumenti di lettura più forti e veritieri. La comunicazione
non verbale è tutto quello che utilizza l’individuo ad esclusione del linguaggio verbale,
per comunicare sé stesso. È la totalità manifesta, conscia o meno, poiché frutto della
trasposizione emozionale della persona. Persona che nella sua interazione con il mondo
affresca sulla sua tavolozza il proprio universo, senza alcun controllo o difesa.
Nell’ambito di una relazione, soprattutto di tipo terapeutico, è il terapeuta che riflette al
paziente la comprensione del suo stato interiore. La sintonia emotiva diventa
fondamentale nel costruire una relazione di fiducia forte e la relativa compliance
vincente, in tutte le prospettive di piani terapeutici che si vogliano mettere in atto.
L’ empatia è fortemente collegata al sistema limbico e alla connessione dell’amigdala
con le aree associative della corteccia visiva.
Il clima interiore adatto a predisporsi all’apertura verso il mondo interno altrui è quello
che risulta dalla mescolanza di calma e ricettività , per arrivare a percepire anche i più
esili segnali emozionali emessi dall’interlocutore e proiettarli a sé mimandoli nel
cervello emotivo.
13
Martin Hoffman
4
sostiene che le radici della moralità siano da ricercarsi nell’empatia, in
quanto percepiamo il sentimento altrui e siamo spinti ad aiutare. Difatti tale meccanismo
emozionale è alla base di molti aspetti del giudizio e dell’azione morale, come ad
esempio la collera empatica, che spinge alla azione, e nel caso del bisogno, ci guida in
aiuto alla vittima.
La complicata arte della relazione, la capacità di controllare le proprie emozioni e quelle
degli altri richiede quindi due grosse capacità emozionali. L’autocontrollo e l’empatia,
che fondano le basi di questa intelligenza emotiva.
Come ho già specificato l’empatia è una delle doti fondamentali della relazione.
L’ autocontrollo, invece, abilita al controllo delle proprie emozioni e aiuta a mantenere
la calma interiore e l’autoconsapevolezza, per giungere all’obiettivo rappresentato
dall’equilibrio.
CONCETTO DI EDUCATORE PROFESSIONALE NELLA RELAZIONE D’AIUTO
“Non c’è educazione se non si pensa ad una società di un certo tipo. L’educazione non è
staccata dalla cultura e dalla civiltà stessa”
5
L’educazione è il passaggio tra la cultura e la società; è un atto spontaneo e naturale,
intenzionale, teso a metter l’individuo nelle condizioni di introiettare in sé la cultura del
proprio ambiente di vita, ed essere così un membro sociale, realizzando se stesso nei
limiti che la società e il rapporto con gli altri gli impone.
La figura dell’educatore professionale nasce dall’affermazione di una cultura del diritto
di cittadinanza di ognuno nella società.
La nuova ideologia fiorisce intorno agli anni ’70 grazie alla politica riformista ed
innovativa del Welfare State, il nuovo “stato sociale”, che pone le basi per lo sviluppo di
tale professionalità. Tuttavia è da ribadire che i concetti e i pregiudizi radicati negli anni
sono veramente ostici da scalfire, e le radici, nonostante continui tentativi di estirpazioni
e trattamenti, rimangono imperturbabili nella memoria sociale, verosimilmente elementi
della memoria collettiva.
4
Hoffman, p.124, in Goleman, 2007
5
Dewey, “Cultura ed educazione”