5
nistrazione, descrivendo il ruolo che la valutazione può rivestire nel migliora-
mento dei processi di decisione, con uno sguardo rivolto alla gestione per obiet-
tivi e rivolta ai risultati.
Nel secondo capitolo al centro dell’attenzione viene posto il tema del diritto
allo studio universitario. Dopo aver situato tale problematica all’interno del con-
testo dell’università italiana e averne discusso le ragioni istituzionali, economiche
e sociali, il lavoro ricostruisce l’evoluzione storica del quadro normativo di tale
materia. Successivamente il campo di indagine viene circoscritto al settore dei
servizi per gli studenti, discutendo inoltre l’iter burocratico e le fondamentali
novità introdotte in Lombardia, nel sistema del diritto allo studio universitario,
con la Legge regionale n. 33, 2004.
Il terzo capitolo focalizza l’attenzione sul tema della residenzialità universi-
taria, ovvero sull’aspetto che pesa maggiormente nel bilancio economico degli
studenti, definendo gli elementi critici della questione. Inizialmente si è inteso
descrivere e fornire alcune cifre significative sul sistema universitario della
Lombardia (offerta formativa, iscritti regolari, studenti idonei, totali), che si di-
stingue per la sua particolare complessità, in modo da poter comprendere mag-
giormente l’entità del problema abitativo. Dopo tali considerazioni viene inserita
una approfondita analisi degli aspetti principali della legge n. 338/2000, il prov-
vedimento normativo più recente e significativo nel campo dell’edilizia residen-
ziale universitaria, e dei risultati da essa prodotti. Terminata questa sezione,
l’attenzione si sposta sulla ricostruzione della situazione esistente in Lombardia
in materia di strutture residenziali per universitari. Vengono analizzate le condi-
zioni delle due macro-categorie di studenti fuorisede coinvolte nel problema a-
bitativo: gli idonei al conferimento della borsa di studio, che possono usufruire
del servizio a particolari condizioni agevolate, e la generalità degli studenti fuori-
sede; viene effettuata una stima dei posti letto disponibili in regione e delle tipo-
logie di strutture attive sul territorio, con particolare attenzione per il fenomeno
6
«di nicchia» rappresentato dai Collegi Universitari legalmente riconosciuti, istitu-
zioni di eccellenza nell’alta formazione.
Nel quarto capitolo vengono inizialmente analizzati i concetti teorici fon-
damentali e la letteratura inerente alle tematiche della soddisfazione del cliente,
con i suoi limiti e rischi, e del fenomeno della partecipazione degli utenti al pro-
cesso di produzione del servizio; a seguire vi è una dettagliata descrizione
dell’indagine svolta nei collegi universitari, incentrata sulla qualità delle strutture
e sulle percezioni che gli studenti hanno dell’esperienza di servizio: motivi di in-
teresse, schema di analisi adottato, descrizione del campione preso in esame, fasi
operative, feedback ricevuto, aspetti problematici. Particolare considerazione è
dedicata a descrivere le fasi di costruzione degli strumenti (in particolare il que-
stionario per gli studenti) utilizzati durante la ricerca.
Il quinto capitolo è dedicato al resoconto dei risultati dell’indagine. La pri-
ma sezione contiene la presentazione e il commento, divisa per collegio, degli
esiti della sperimentazione rispetto ad ogni singola dimensione analizzata; ad es-
sa segue una parte sintetica per ogni realtà ed una in cui si intende comparare le
varie prestazioni ottenute dai collegi; in questo frangente, al fine di delineare con
maggiore precisione i fattori di interesse e di criticità, vengono utilizzati i dati
relativi alla qualità delle strutture; un ulteriore tentativo di analisi muove nella di-
rezione di stabilire le possibili dimensioni che influiscono maggiormente sulla
soddisfazione. In aggiunta alle considerazioni finali e alla sintesi degli aspetti più
interessanti venuti alla luce durante l’indagine, è stata inserita una sezione finale
dedicata ad esaminare alcune possibili implicazioni che il decisore politico può
trarre dall’analisi del lavoro: in particolare viene proposta l’introduzione di pa-
rametri di tipo qualitativo all’interno del sistema di ripartizione delle risorse fi-
nanziarie per i servizi residenziali in materia di diritto allo studio universitario.
7
Capitolo 1
Introduzione
1.1. I principali motivi di interesse del lavoro
1.1.1. Il caso di studio prescelto: residenzialità e diritto allo studio
Il problema più urgente che le politiche universitarie devono affrontare
con urgenza è sicuramente quello relativo alla residenzialità studentesca. I co-
sti per l’alloggio nei pressi della città sede dell’ateneo sono la voce che pesa
maggiormente nel bilancio degli studenti, costituendo un grave vincolo alla mo-
bilità e dando origine al fenomeno del pendolarismo studentesco, caratterizzato
da notevoli disagi. Il contesto milanese, in particolare, presenta gravi aspetti di
criticità. Tra gli obiettivi prefissati dalla Regione Lombardia nel Documento di Pro-
grammazione economico-finanziaria 2006-2008, vi è quello di finanziare la creazione
di nuovi posti alloggio e il sostegno delle residenze già esistenti
1
.
Riveste inoltre interesse particolare la realtà dei Collegi Universitari le-
galmente riconosciuti: essi rappresentano certamente un prodotto «di nicchia»
nel contesto italiano della gestione del diritto allo studio, ma anche un importan-
te fattore propulsivo, un exemplum naturae di come potrebbe evolversi il sistema.
Nel terzo capitolo verrà presentato un quadro esauriente della situazione, sia a
livello nazionale che regionale.
Lasciando al secondo capitolo le riflessioni sul ruolo cruciale rivestito
dalle politiche per il diritto allo studio, occorre considerare la novità più recente
introdotta a livello regionale: la Lombardia ha varato un nuovo sistema di ge-
stione del diritto allo studio. Nel nuovo assetto disegnato dalle legge regionale
1
OSSERVATORIO REGIONALE PER IL DIRITTO ALLO STUDIO UNIVERSITARIO DELLA LOMBARDIA
(2006), Rapporto sul diritto allo studio in Lombardia 2006, Regione Lombardia, DG Istruzione,
Formazione e Lavoro, p.117.
8
33/2004, il compito di predisporre interventi è stato trasferito alle università; la
Regione non ricopre più il ruolo di erogatore diretto di servizi e prestazioni, ma
i compiti di indirizzo, coordinamento, salvaguardia del patrimonio e controllo.
Pur non trascurando l’attenzione verso l’efficienza dei servizi, occorre focaliz-
zarsi anche sull’efficacia dei medesimi, secondo applicazioni graduali e appro-
fondimenti sul tema. Infatti nell’ottica di un rafforzamento del ruolo di governo
attribuito alla Regione, è strategicamente fondamentale, affinché il sistema fun-
zioni, la fase di valutazione degli strumenti attuativi del diritto allo studio e
l’individuazione dei passi per la programmazione delle politiche.
Si rende indispensabile approntare sistemi di monitoraggio dell’efficacia
di tali interventi. Il nuovo contesto implica, ad esempio, l’interesse verso
l’individuazione di meccanismi di rilevazione delle performances. Il lavoro costi-
tuisce una occasione privilegiata per raccogliere informazioni utili a comprende-
re come rilevare le prestazioni degli erogatori. Le decisioni politiche non posso-
no essere prese arbitrariamente, a prescindere da un adeguato supporto di dati e
indicazioni
2
. La valutazione rappresenta «un momento di confronto critico e
dialettico con i risultati dell’azione amministrativa. La sua valenza fondamentale
è quella di risorsa per le decisioni future e quindi per l’evoluzione stessa delle i-
stituzioni»
3
. Essa infatti «contribuisce al processo decisionale offrendo intelli-
genza delle situazioni, sviluppando una visione di sintesi fondata su analisi pun-
tuali e sull’applicazione di metodi specifici»
4
.
1.1.2. Gli obiettivi del lavoro
Un primo aspetto interessante all’interno del tema prescelto riguarda
strettamente l’indagine di valutazione della qualità nei collegi universitari.
2
REBORA G., La valutazione dei risultati nelle pubbliche amministrazioni. Proposte operative e di
metodo, Guerini, 1999, p. 19.
3
Ibidem.
4
TANESE A., NEGRO G., GRAMIGNA A., La customer satisfaction nelle amministrazioni pubbliche.
Valutare la qualità percepita dai cittadini, Rubbettino Editore, 2003, p. 13.
9
Una inchiesta di questo tipo, che mira a rilevare la qualità oggettiva delle struttu-
re e la qualità percepita dagli studenti che vi risiedono, ha valore in sé, dato che
in Lombardia non è stata mai effettuata, quantomeno dalla prospettiva di una
amministrazione pubblica. Alcuni collegi svolgono già attività interne di rileva-
zione della soddisfazione degli utenti, ma con un’ottica necessariamente diversa:
«la scelta di un organo esterno esalta il profilo di autonomia del valutatore ri-
spetto alle logiche e ai condizionamenti organizzativi interni all’ente analizzato.
Ciò si adatta sia a forme di utilizzo (dei risultati) in chiave di garanzia ed affida-
bilità, sia a modalità di utilizzo rivolte alla creazione di conoscenza»
5
. Indagini
simili
6
condotte in altre regioni hanno rivelato notevoli spunti di riflessione, ma
sono state poste in essere coinvolgendo campioni di dimensioni ridotte ed o-
mogenei per tipo di gestione
7
.
In questo lavoro vengono analizzati e inseriti nella rilevazione collegi u-
niversitari profondamente diversi tra loro, afferenti a città e atenei diversi, i qua-
li, a seconda della natura pubblica o privata, presentano differenti stili di gestio-
ne e filosofie, comportando una estensione del raggio d’azione dell’indagine in
più direzioni.
Cosa può emergere dando voce alle esigenze e alle percezioni degli stu-
denti? La customer satisfaction è un utile strumento di supporto al deciso-
re politico nei momenti di scelta e pianificazione degli interventi. Anzi, è pro-
prio in questi frangenti che essa «dà il meglio di sé e ha impatti positivi sulla
pubblica amministrazione. Quando si definiscono le politiche di intervento, la
customer satisfaction esprime maggiormente le proprie possibilità. Nei momenti
importanti, di scelta e di pianificazione, sentire la voce del cliente è particolar-
mente utile. Ad esempio, quando gli amministratori e gli altri decisori definisco-
5
REBORA G., La valutazione dei risultati nelle pubbliche amministrazioni. Proposte operative e di
metodo, Guerini, 1999, p. 46.
6
Ci si riferisce in particolare a due inchieste. “La valutazione dei servizi da parte degli studenti: la
sperimentazione per il servizio abitativo nella Residenza Verdi”, effettuata dal Nucleo di valutazio-
ne dell’Edisu Piemonte nel settembre 2005; “Un’analisi della soddisfazione del cliente nei servizi
ad elevata partecipazione” di Chiara Orsingher, effettuata presso la residenza «Alma Mater» della
Fondazione Ceur a Bologna.
7
Entrambe le indagini a cui si fa riferimento hanno interessato una sola residenza.
10
no e programmano le priorità sulle singole politiche oppure quando si struttura-
no i piani strategici, la customer satisfaction introduce i bisogni del cittadino
nella determinazione delle scelte. Ed è importante anche quando si impostano
gli strumenti si controllo e valutazione»
8
. Nonostante la sua utilità non devono
essere taciuti, pena la non obiettività dei risultati, i cosiddetti «lati oscuri» delle
tecniche di customer satisfaction, che verranno analizzati nel corso del lavoro.
Al termine del lavoro verranno vagliati gli aspetti più interessanti emersi
dall’indagine, al fine di individuarne eventuali implicazioni a livello politico.
Un’ultima considerazione è relativa ai possibili effetti imprevisti, non
pianificati prima di svolgere la rilevazione. Una indagine conoscitiva di questo
genere può servire ad «aumentare il corpo comune di conoscenze disponibili»
9
sul tema e «questo può anche essere privo di indicazioni pratiche per
l’immediato, o anche a più lungo termine»
10
. Una logica simile non incontra u-
nanime favore, ma «un’economia e una società sempre più basate sulla cono-
scenza devono in qualche modo dare spazio a momenti valutativi che non han-
no altro scopo che estendere la base di conoscenza disponibile»
11
. Le indagini di
valutazione hanno il vantaggio di mettere in moto risorse inaspettate, far emer-
gere possibili spunti imprevisti. «E’utile considerare seriamente gli effetti non in-
tenzionali: benché scopo non primario, la conoscenza che deriva dai processi
valutativi può stimolare management e operatori verso un pensiero analogico e
una comprensione di sé più profonda»
12
. Un sistema di valutazione non è una
macchina destinata a produrre esiti prevedibili e definiti in partenza. «La valuta-
zione è esposta quindi per sua natura, nel contesto in cui operano le moderne
amministrazioni pubbliche, a fenomeni di rischio e incertezza, di apertura ad
una pluralità di esiti possibili, che costituiscono del resto una delle ragioni fon-
8
Ibidem.
9
REBORA G., La valutazione dei risultati nelle pubbliche amministrazioni. Proposte operative e di
metodo, Guerini, 1999, pp.70-72.
10
Ibidem.
11
Ibidem.
12
Ibidem.
11
damentali del suo fascino e del suo valore, come risorsa per affrontare il futuro
fuori dalle false certezze di una razionalità solo apparente e formale»
13
.
1.2. La riforma della pubblica amministrazione
1.2.1. Il percorso della pubblica amministrazione
«E’ ancora troppo presto per trarre conclusioni certe sulle recenti tra-
sformazioni degli apparati pubblici. Appare tuttavia probabile che l’ultimo scor-
cio del secolo XX abbia marcato un punto di svolta nell’evoluzione delle pub-
bliche amministrazioni paragonabile a quello che è avvenuto a cavallo tra il se-
colo XVIII e il secolo XIX, attraverso la costruzione della burocrazia legale ra-
zionale propria dello Stato liberale. Ma sulla correttezza di tale analisi solo il fu-
turo potrà dare una risposta certa»
14
. Questa sezione affronta un tema profon-
damente complesso, quello della pubblica amministrazione e degli intensi pro-
cessi di cambiamento che la hanno interessata negli ultimi anni. Ad una analisi
completa dell’argomento, che esula dagli obiettivi della trattazione, viene prefe-
rita una breve presentazione di alcuni spunti introduttivi al fenomeno.
«Alle soglie del Duemila sta morendo quella grande invenzione politica
maturata in Europa tra il 1870 e il 1900, rappresentata dalle amministrazioni per
come noi le abbiamo conosciute fino a pochi decenni addietro: strutture pesanti,
implacabili ed anche tragicamente incorreggibili. Ed è iniziata invece la ricerca
verso una forma di statualità leggera»
15
, in cui l’amministrazione viene «valutata
ormai alla luce dei risultati ottenuti e non sulla base delle buone intenzioni di-
mostrate»
16
.
Innanzitutto è utile chiarire la definizione di «pubblica amministrazione»
13
Ibidem.
14
DENTE B., «Amministrazione pubblica (voce del dizionario di politica 2004)», in Amministrare, a.
XXXV, n.2, agosto 2005, p. 229.
15
FEDELE M., Come cambiano le amministrazioni pubbliche, Laterza 1998, p. V.
16
Ivi, p. VI.
12
a cui si fa riferimento, ovvero quella «attività, posta in essere dallo Stato e/o dai
pubblici poteri in genere, di cura degli interessi collettivi considerati meritevoli
di tutela da parte dei governanti e quindi della sfera politica»
17
, secondo una ac-
cezione più ampia di quella che solitamente le viene attribuita
18
.
Al concetto generale di amministrazione pubblica corrisponde la sua de-
clinazione nelle singole unità concrete, intese in termini strutturali, ovvero «gli
apparati di cui il governo si avvale per esercitare la sua funzione primaria, quella
di amministrare»
19
. L’evoluzione dei compiti e delle funzioni svolti dallo Stato e
dai pubblici poteri influisce in maniera determinante sull’evoluzione di questi
apparati. «La nascita di organizzazioni dedicate alla cura degli interessi collettivi
interamente finanziate dalla fiscalità pubblica e formalmente dipendenti dalla
volontà dei soggetti titolari del potere politico segna anche la nascita della que-
stione amministrativa e delle discipline che la hanno posta al centro della pro-
pria riflessione»
20
.
Con l’affermazione dello Stato liberale
21
emergono alcune delle caratteri-
stiche basilari delle pubbliche amministrazioni, destinate a protrarsi nel tempo,
«magistralmente riassunte da Weber nella nozione di burocrazia legale-
razionale»
22
, al cui vertice stanno i compiti propri dello Stato e gli strumenti di
cui si avvale. Lo Stato liberale garantisce l’ordine pubblico al proprio interno, la-
sciando i cittadini liberi di perseguire i propri interessi, a condizione che non le-
dano quelli altrui
23
.
Date queste finalità, per il settore pubblico emerge una caratteristica im-
17
DENTE B., «Amministrazione pubblica (voce del dizionario di politica 2004)», in Amministrare, a.
XXXV, n.2, agosto 2005, p. 217.
18
La definizione di Peters secondo cui essa avrebbe a che fare con i procedimenti tramite i quali
«determinate regole sono tradotte in decisioni specifiche», in DENTE B., «Amministrazione pubblica
(voce del dizionario di politica 2004)», in Amministrare, a. XXXV, n.2, agosto 2005, p. 217.
19
DENTE B., «Amministrazione pubblica (voce del dizionario di politica 2004)», in Amministrare, a.
XXXV, n.2, agosto 2005, p. 217.
20
Ibidem.
21
La dottrina della separazione dei poteri e l’idea che l’attività legislativa debba essere svolta attra-
verso l’approvazione da parte del parlamento di norme generali ed astratte, che fissino i diritti e i
doveri dei cittadini, sono alcune delle eredità delle rivoluzioni americana e francese, e rendono par-
ticolarmente rilevante il problema del controllo politico degli apparati esecutori di tali norme.
22
DENTE B., «Amministrazione pubblica (voce del dizionario di politica 2004)», in Amministrare, a.
XXXV, n.2, agosto 2005, p. 218.
23
Ibidem.
13
portante, che avrà nel tempo notevoli ripercussioni: gli strumenti utilizzati per
perseguire gli obiettivi sono essenzialmente di natura regolativa, volti a determi-
nare i comportamenti individuali e collettivi attraverso «regole generali cui ob-
bedire (norme imperative e di divieto) oppure condizionando lo svolgimento di
determinate attività al rilascio di apposite autorizzazioni da parte delle pubbliche
amministrazioni (permessi e autorizzazioni)»
24
. La legge domina l’intera attività
amministrativa e infatti lo Stato liberale diventa sinonimo di Stato di diritto: «gli
apparati pubblici possono fare solo quello che, e devono fare tutto quello che è
previsto dall’insieme delle norme generali ed astratte approvate dagli organi tito-
lari del potere legislativo»
25
.
Il diritto diviene la principale fonte di legittimazione del potere politico,
con conseguenze decisive sulla forma delle amministrazioni pubbliche, alle quali
viene imposto il modello burocratico. Esse nascono in questo modo e assumo-
no una fisionomia molto simile a quella odierna: sono basate sulla gerarchia in-
terna, su un’organizzazione di tipo divisionale, sul reclutamento di personale at-
traverso concorsi pubblici, mentre la carriera interna è basata sul merito e spes-
so sull’anzianità.
Pur considerando le differenze tra i percorsi compiuti dalle varie ammi-
nistrazioni, è lecito individuare in una «legittimazione del potere di tipo legale,
una attività essenzialmente regolativa, una burocrazia professionale organizzata
in modo gerarchico»
26
le caratteristiche del paradigma di Stato liberale.
L’avvento del sistema di «welfare state» comporta un radicale amplia-
mento dei compiti del potere pubblico e delle dimensioni delle amministrazioni,
le quali aumentano in maniera impressionante. Lo Stato si assume l’onere di ga-
rantire la crescita economica e sociale e di tutelare i propri cittadini attraverso
l’istituzione dei sistemi pensionistici, di assistenza sanitaria e sociale. Al mutare
dei compiti e delle dimensioni corrisponde una profonda trasformazione dei
24
Ibidem.
25
DENTE B., «L’evoluzione dei controlli negli anni ‘90», in Il lavoro nelle pubbliche amministrazio-
ni, Franco Carinci, Bologna, 1999, p. 219.
26
Ibidem.
14
modelli amministrativi e degli strumenti dell’azione
27
. Gli interessi pubblici ini-
ziano ad essere tutelati attraverso un crescente ricorso a trasferimenti finanziari,
ad incentivi positivi e negativi oppure attraverso la produzione diretta di beni e
servizi. «Aumentate le dimensioni, la complessità e l’eterogeneità delle diverse
strutture, si accrescono sia la frammentazione dei sistemi amministrativi, sia la
competizione infraburocratica all’interno dei diversi organi o tra un ente e
l’altro, soprattutto in funzione delle risorse pubbliche ripartite attraverso il bi-
lancio statale»
28
.
La forma fondamentale di azione dei poteri pubblici diventa la pro-
grammazione, che attribuisce ai decisori politici la definizione delle risorse di-
sponibili, la loro ripartizione tra i differenti campi di attività pubblica e la defini-
zione degli obiettivi, di breve e medio termine, da raggiungere da parte degli ap-
parati, lasciando a questi ultimi il compito di sviluppare le attività necessarie. La
conseguenza immediata è l’ampliamento della sfera di autonomia e di discrezio-
nalità delle amministrazioni e il forte impulso al decentramento delle responsa-
bilità alle amministrazioni territoriali subnazionali, sia attraverso la creazione di
nuovi livelli di governo (in Italia questa situazione si verifica con l’istituzione
delle regioni), e il potenziamento dell’amministrazione periferica dello Stato, sia
attraverso l’ampliamento dei compiti delle amministrazioni locali.
L’inizio di questa diversa situazione non è chiaramente identificabile a li-
vello temporale, in quanto i nuovi compiti dello stato non sostituiscono velo-
cemente i precedenti. Mentre nel passaggio dallo Stato assoluto a quello liberale
«è possibile individuare con sufficiente chiarezza dei momenti di cesura, lo stes-
so non avviene per il passaggio allo Stato del benessere, certo favorito da eventi
esterni significativi (la crisi del 1929, la conseguente politica roosevltiana del
New Deal e soprattutto il secondo conflitto mondiale), ma è avvenuto in manie-
ra strisciante attraverso una progressiva espansione della spesa pubblica e del ca-
rico fiscale»
29
.
27
Ibidem.
28
FEDELE M., Come cambiano le amministrazioni pubbliche, Laterza 1998, p. 76.
29
DENTE B., «Amministrazione pubblica (voce del dizionario di politica 2004)», in Amministrare, a.
15
E’ in questa fase che l’Italia «matura il distacco dagli altri paesi industria-
lizzati: mentre infatti nell’epoca d’oro dello stato liberale l’amministrazione ita-
liana era sostanzialmente riuscita a tenere il passo, malgrado alcune debolezze
strutturali (in particolare il reclutamento della burocrazia dalla piccola e media
borghesia meridionale anziché dalle classi elevate della società, come avveniva in
Gran Bretagna e Francia), nel passaggio al welfare state, forse proprio a causa di
tali fattori, essa non appare in grado di gestire la necessaria trasformazione e ini-
zia a diventare un ostacolo rilevante allo sviluppo economico e sociale del Pae-
se, essendo caratterizzata da rilevanti inefficienze, rigidità procedurali (che de-
terminano spesso comportamenti illegali) e da una incapacità di adeguare la
propria organizzazione interna e le proprie modalità di azione alle nuove esigen-
ze dell’economia e della società »
30
.
Il modello di legittimazione del potere politico delineatosi insiste
sull’efficacia delle azioni e sul successo delle politiche pubbliche. Tuttavia a tale
fondamento del potere si affianca ancora la legittimazione legale-razionale della
fase precedente, non sostituita interamente, continuando a produrre effetti si-
gnificativi.
Un aspetto appena citato ed estremamente rilevante del fenomeno «pub-
blica amministrazione» riguarda la competenza stretta del diritto pubblico am-
ministrativo e la predominanza, in gran parte dei paesi europei, di una scuola di
pensiero di tipo giuridico. Tale situazione è carica di conseguenze, in quanto «il
diritto tende a formalizzare e quindi ad irrigidire gli schemi»
31
.
La diagnosi di Benvenuti del 1961 coglie il fulcro della problematica. «Al-
lorché si deve amministrare, il cittadino non ha fame di diritto, ha fame di giu-
stizia, e la giustizia è più del diritto. Abbiamo creato un grande sistema giuridico
in cui abbiamo fossilizzato l’amministrazione. L’abbiamo chiusa. Ne abbiamo
fatto una amministrazione giuridica, un’amministrazione in funzione di control-
XXXV, n.2, agosto 2005, p. 223.
30
Ibidem.
31
BENVENUTI F., «L’amministrazione come prassi», in Amministrare, a. XXXV, n.2, agosto 2005,
p. 192.
16
lo delle attività. Questa amministrazione è insoddisfacente oggi e non ci serve
più. L’amministrazione stessa sente oggi la necessità di intervenire nel campo
dell’economia, nel campo sociale, nel campo politico, non può limitarsi ai mo-
delli che abbiamo costruito col diritto amministrativo»
32
.
Proprio l’applicazione di un controllo di natura burocratica sembra esse-
re l’elemento che può aver provocato la crisi delle amministrazioni pubbliche:
«la meticolosa osservanza da parte dei burocrati di norme e regolamenti, rigida-
mente predeterminati, con la pretesa di poter ricondurre ad essi ogni possibile
caso concreto, è la causa prima della loro incapacità di apprendere ed adattarsi
alle svariate situazioni d’ambiente»
33
. Si è reso necessario un ripensamento delle
dinamiche proprie dell’agire amministrativo. «Il fenomeno è dilagato e chiede
nuove dighe, cioè nuove garanzie per i cittadini. Queste nuove garanzie non
possono essere date soltanto sul piano del diritto, devono essere date sul piano
di un’organizzazione efficiente, di efficienti controlli economici e controlli so-
ciali, cioè su tutti quegli altri piani che il diritto ad un certo momento ha soffo-
cato»
34
.
1.2.2. Le trasformazioni degli anni Novanta
Alla base dell’evoluzione degli apparati vi sono molteplici cause, tra cui
sicuramente la trasformazione dei problemi collettivi e pertanto dei compiti af-
fidati alle amministrazioni. Pesa particolarmente la progressiva insostenibilità
della fase di sviluppo precedente: il periodo del welfare state è stato caratterizza-
to da una crescita continua della spesa pubblica, in molti paesi giunta a superare
la metà del prodotto interno lordo, tendenza destinata necessariamente ad arre-
starsi, anche alla luce delle vistose inefficienze del sistema. «La crisi fiscale degli
32
Ibidem.
33
MUSSARI R., Il management delle aziende pubbliche. Profili teorici, CEDAM, Padova, 1994, p.
20.
34
BENVENUTI F., «L’amministrazione come prassi», in Amministrare, a. XXXV, n.2, agosto 2005,
p.194.
17
ultimi due decenni ha favorito l’avvio di processi di cambiamento amministrati-
vo, costituendo le premesse del ridimensionamento del settore pubblico, per ri-
durne il peso finanziario sulla collettività»
35
. La crescita del benessere economi-
co ha poi ampliato il numero di cittadini che, per beni e servizi, prediligono ri-
volgersi al settore privato, mentre la programmazione, anziché portare ad effetti
positivi, ha reso più farraginoso il processo di produzione dei servizi pubblici.
Il contesto storico presenta una serie di nuovi elementi che influiscono
sulle dinamiche della pubblica amministrazione. Lo sviluppo della globalizza-
zione economica e l’aumento delle dimensioni dei mercati, ad esempio, hanno
svuotato di senso molti strumenti di governo dell’economia. La natura delle po-
litiche pubbliche è mutata, trovandosi a fronteggiare questioni che «hanno in
comune essenzialmente la dimensione dell’incertezza, dell’impossibilità cioè di
trovare risposte capaci di garantire il successo nella soluzione dei problemi»
36
.
Volgendo lo sguardo alla situazione italiana, è possibile notare come «ad
inizio degli anni Novanta il sistema amministrativo italiano fosse, tutto somma-
to, almeno per quanto attiene alle modalità di funzionamento, molto simile a
quello di cinquanta e forse cento anni prima»
37
. Le regole che presiedevano
all’azione pubblica erano, come già ribadito, quelle tradizionali del diritto ammi-
nistrativo, con effetti talvolta paradossali (colpisce la maggiore importanza attri-
buita alla correttezza dell’azione rispetto alla sua speditezza, che porta a preferi-
re il non prendere decisioni al rischio di decisioni scorrette).
La strada prescelta dall’Italia per il cambiamento della pubblica ammini-
strazione è stata quella delle riforme, realizzate grazie alla capacità decisionale di
alcuni governi che negli anni ’90 sono riusciti a superare le numerose resistenze
settoriali. Verso la fine del decennio il processo di rinnovamento assiste infatti
ad una fase di accelerazione grazie ad «una migliore maturazione della cultura
35
FEDELE M., Come cambiano le amministrazioni pubbliche, Laterza 1998, p. 3.
36
DENTE B., «Amministrazione pubblica (voce del dizionario di politica 2004)», in Amministrare, a.
XXXV, n.2, agosto 2005, p. 226.
37
DENTE B., «L’evoluzione dei controlli negli anni ‘90», in Il lavoro nelle pubbliche amministrazio-
ni, Franco Carinci, Bologna 1999, p. 11.
18
amministrativa, allo spostamento più deciso dei poteri a favore dell’esecutivo e
ad una relativa maggiore stabilità politica»
38
.
Senza soffermarci sui notevoli problemi che la via delle riforme reca con
sé (affrontare con strumenti legislativi e senza un adeguato coinvolgimento dei
destinatari problematiche che in realtà richiedono un approccio diverso; avviare
un processo che inevitabilmente richiede tempi lunghi e comporta anche una e-
levata conflittualità sociale, senza aver prima ridefinito funzioni e compiti
dell’amministrazione) appare utile rilevare come anche nel nostro Paese si deli-
nei un «modello relativamente omogeneo di amministrazione basato su alcuni
principi condivisi
39
, tra i quali possono essere citati:
9 Una sempre più marcata assimilazione del settore pubblico a quello pri-
vato, sia dal punto di vista del reclutamento e dello status del personale,
sia per quanto riguarda le regole interne.
9 La nascita di organizzazioni pubbliche snelle dal punto di vista organiz-
zativo.
9 Il passaggio da una gestione per regole ad una per risultati.
9 La nuova centralità acquisita dal cittadino quale cliente.
9 Il fatto che uno Stato leggero abbia sempre meno responsabilità dirette
di produzione e sempre più responsabilità di coordinamento e direzione.
Si instaura il principio secondo cui «lo Stato deve provvedere, ma non
necessariamente produrre i servizi richiesti dai cittadini»
40
.
9 L’intensificarsi, a costituzione invariata, dei processi di decentramento,
destinati a promuovere la responsabilità delle unità periferiche.
In particolare riveste interesse il nuovo rapporto che si stabilisce tra poli-
tica e amministrazione, per il quale la funzione di programmazione e indirizzo,
che riguarda la responsabilità politica, viene separata dalla funzione gestionale,
38
Ibidem.
39
Riassunti dal movimento del New Public Management (NPM).
40
DENTE B., «Amministrazione pubblica (voce del dizionario di politica 2004)», in Amministrare, a.
XXXV, n.2, agosto 2005, p. 228.
19
affidata in maniera esclusiva al vertice del management burocratico. Questo
provvedimento mira sia ad evitare rischi di interferenza politica e clientelismo
che a responsabilizzare la burocrazia in termini di risultati. «E’ proprio questa la
vera differenza tra la vecchia concezione di pubblica amministrazione ed il nuo-
vo modo di vedere le cose. Poiché il vecchio processo decisionale era fortemen-
te centralizzato nelle mani dei politici, di fatto qualsiasi tipo di responsabilizza-
zione della burocrazia veniva precluso. Il nuovo modello è decentrato. Infatti la
delega di budget ai dirigenti permette di assegnare loro la responsabilità dei ri-
sultati da perseguire, e quindi di chiamarli poi a rispondere dei risultati effetti-
vamente raggiunti»
41
.
Da processi decisionali di tipo decisamente centralizzato e controlli di ti-
po legale-formale, si passa ad una nuova situazione caratterizzata da responsabi-
lità decentrate, ampia delega di autorità ai dirigenti e adozione di controlli di ef-
ficienza-efficacia. «L’intera amministrazione pubblica è stata investita da un
cambiamento nella filosofia dei controlli e nelle loro funzioni. Ovvero: passag-
gio da controlli preventivi di legittimità a controlli successivi sui risultati, ado-
zione del principio in base al quale i risultati del processo di valutazione devono
influire sull’allocazione delle risorse pubbliche, secondo un sistema di premi e
sanzioni basati sul merito»
42
.
Come si è tentato di delineare, con l’avvento della Società del benessere il
paradigma efficientista e programmatorio ha affiancato, e progressivamente so-
stituito in alcuni ambiti, quello «regolatorio»; nel corso degli anni Novanta e-
merge l’evidenza di come anche questa concettualizzazione sia oramai insuffi-
ciente e necessiti di un aggiornamento. Sono da considerare infatti i seguenti e-
lementi:
9 Si è verificata una notevole ripresa di importanza degli strumenti regola-
41
Marcon G., «La modernizzazione della pubblica amministrazione in Italia e all’estero», in
www.giuseppemarcon.it, p. 17.
42
Ibidem.