5
e mezzo rispetto alla lotta contro gli infortuni sul lavoro e le malattie
professionali; la speranza è che la Legge n. 123 del 3/8/2007
2
, particolarmente
avanzata nei principi ispiratori e sulle previsioni normative, venga realmente
applicata e possa causare quei radicali cambiamenti culturali in tema di
sicurezza , anche se sembra che le cose non siano molto cambiate a più di un
anno di distanza dalla sua entrata in vigore, per causa di un ritardo dei
coordinamenti dei controlli nel campo ispettivo; anche nel campo penale i reati
di omicidio colposo e di lesioni conseguenti al mancato rispetto delle norme di
sicurezza sul lavoro, sono sostanzialmente impuniti, vuoi per i lunghi tempi della
giustizia, vuoi per l’indulto.
CAPITOLO 1
L’EVOLUZIONE DELLA LEGISLAZIONE IN MATERIA DI SALUTE E
SICUREZZA SUL LAVORO
Il problema della sicurezza sul lavoro è nato con l’esplodere della rivoluzione
industriale del secolo XIX che ha comportato il fenomeno dell’esodo del
trasferimento dalle campagne alle città di un gran numero di lavoratori per
lavorare nelle nuove fabbriche, fornendo la mano d’opera che serviva per la
produzione di beni e servizi su larga scala.
Ben presto però i lavoratori, sia per l’insalubrità dei luoghi di lavoro, sia per
causa della drammaticità delle condizioni di lavoro in cui riversavano,
cominciarono ad organizzarsi sindacalmente ed avanzare pretese di
miglioramento delle loro condizioni lavorative in tema di sfruttamento, di
sicurezza e di salubrità dei luoghi di lavoro.
Queste nuove e numerose forme di protesta cominciavano a dare problemi di
ordine pubblico, per cui bisognava trovare una regolamentazione nel campo della
sicurezza e infortuni sul lavoro; la giurisprudenza di fine 800 cominciò quindi ad
emanare le prime disposizioni di legge che, con il passare del tempo, sono state
sostituite da nuove e sempre più complete che si sono dovute adattare
all’evoluzione del progresso tecnologico ed all’instaurarsi di nuove modalità
produttive che comportavano il sorgere di nuovi rischi con possibilità di
compromissione della salute dei lavoratori.
Vi è stato quindi un vero e proprio processo evolutivo della legislazione in questa
materia, processo che rimarrà tale anche in futuro proprio perché deve adeguarsi,
deve restare al passo dell’inarrestabile progresso.
Il quadro normativo in materia di sicurezza e salute sui luoghi di lavoro può
essere scisso in due momenti storici: il primo è rappresentato dalle norme
emanate dagli anni 50 fino agli anni 80, nate allo scopo di conciliare le esigenze
di cambiamento delle realtà politiche sociali ed industriali a seguito del dopo
guerra con il bisogno sempre più esigente di una tutela di sicurezza nel mondo
del lavoro; il secondo è costituito dalle norme emanate dagli anni 90 in
conseguenza al recepimento delle direttive comunitarie ed alla consapevolezza
del coinvolgimento dinamico dei lavoratori nella gestione della sicurezza
aziendale.
2
“Disposizioni in materia di salute e sicurezza sul lavoro”.
6
1.1 I principi cardine dell’attuale ordinamento in tema di salute e
sicurezza sul lavoro
Sono contenuti nella Costituzione della Repubblica Italiana (art. 32, 35, 38, 41) e
nel Codice Civile (art. 2078);
l’art. 32 della Costituzione al comma 1 è la disposizione fondamentale dove è
precisato che la Repubblica tutela la salute come fondamentale diritto
dell’individuo e interesse della collettività e garantisce cure gratuite agli indigenti
al di là della stessa condizione di cittadinanza; questo principio si riverbera su
tutte le forme di attività degli individui, e quindi anche sul rapporto di lavoro;
ogni attività lavorativa è di per se stessa fisiologicamente pericolosa, infatti, è
scientificamente provato che in questo tipo di attività vi è un innalzamento del
rischio infortuni che è proporzionato all’aumentare della durata dell’orario di
lavoro; infatti, lo sforzo fisico-psichico che comporta ogni attività lavorativa, con
il trascorrere dell’orario di lavoro fa abbassare sempre più quella soglia di
attenzione e concentrazione necessaria ad evitare l’infortunio.
Secondo l’art. 32 il miglior modo di tutelare il diritto alla salute nell’ambiente
lavorativo è quello di tutelare la salubrità dei luoghi in cui il prestatore di lavoro
esercita la propria attività, oltre che intervenire sui processi organizzativi e
produttivi.
L’art. 35 dispone che: la Repubblica(al comma 1)”tutela il lavoro in tutte le sue
forme ed applicazioni”; (al comma 2) “cura la formazione e l’elevazione
professionale dei lavoratori”; (al comma 3) “promuove e favorisce gli accordi e le
organizzazioni internazionali intesi ad affermare e regolare i diritti del lavoro”.
L’art. 38 è anch’esso importante anche se riguarda la tutela contro gli infortuni
sul lavoro, materia però strettamente legata con quella della sicurezza del lavoro;
l’art. 38 al comma 2 sancisce che “i lavoratori hanno diritto che siano preveduti
ed assicurati mezzi adeguati alle loro esigenze di vita in caso di infortunio,
malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione involontaria”; esiste quindi un
sistema assicurativo e previdenziale pubblico con cui viene garantita la
protezione contro eventuali rischi futuri; inoltre lo Stato tutela tutti i cittadini
contro i rischi della vecchiaia con la pensione.
L’art. 41 al 2° comma sancisce che l’iniziativa privata non può svolgersi in
contrasto con l’utilità sociale o in modo da recare danno alla sicurezza, alla
libertà, alla dignità umana; è un articolo importante e basilare nel definire il
divieto assoluto da parte dell’imprenditore di provocare qualsiasi danno alla
salute e sicurezza di chiunque, quindi anche del lavoratore.
L’ obbligo di sicurezza che grava sul datore di lavoro deriva dalle disposizioni
contenute nell’art. 2087 del Codice Civile:”l’imprenditore è tenuto ad adottare
nell’esercizio dell’impresa le misure che, secondo la particolarità del lavoro,
l’esperienza e la tecnica, sono necessarie a tutelare le integrità fisiche e la
personalità morale dei prestatori di lavoro”; è la norma cardine a cui far
riferimento quando il lavoratore invoca una tutela del suo diritto alla salute,
quando rivendica in giudizio l’inadempimento a questa obbligazione, chiedendo
una tutela di carattere risarcitorio al giudice del lavoro. Con l’art. 2087 il
legislatore ha voluto formulare una norma volutamente “aperta”, generale,
7
perché riteneva opportuno non definire degli standard di sicurezza
predeterminati per evitare che potessero essere messi in crisi o risultare obsoleti
con l’evoluzione del progresso tecnologico e dei sistemi di produzione, dai quali
sarebbero senz’altro derivati nuovi rischi e nuovi tipi di malattie professionali. Di
contro, le critiche che la dottrina giuridica ha mosso a questa disposizione,
accusando il legislatore di “ incertezza” nel momento di definizione dell’obbligo
che grava sul datore di lavoro, in quanto, avrebbe formulato nell’articolo una
clausola generalizzata di protezione che ha messo l’imprenditore nella condizione
di non sapere mai con precisione se, con le misure di protezione da lui adottate,
è perfettamente adempiente o no all’obbligo di sicurezza. In conseguenza di ciò
nacquero più orientamenti giurisprudenziali tra i quali uno molto rigoroso che
metteva in evidenza il fatto che fossero garantiti ai lavoratori i massimi standard
di sicurezza conosciuti nell’ambito della scienza e tecnica di un dato momento;
questo comportava una condanna quasi certa dell’imprenditore perché spesso,
non poteva acquistare e quindi utilizzare tutti gli strumenti che la tecnica offriva
quotidianamente per garantire la sicurezza.
Allora, in seguito a parziale ripensamento della giurisprudenza, la Corte
Costituzionale ha formulato una sentenza chiarificatrice (la n. 312 del 1996) in
cui si è arrivati ad individuare tutti quegli standard di sicurezza che devono
essere garantiti dalle imprese, con riferimento anche alla necessità che i
presupposti di sanzionabilità penale siano chiari fin da subito; il nuovo
orientamento ha ritenuto opportuno garantire il datore di lavoro dall’obbligo di
sicurezza nei limiti di quanto è generalmente ed utilmente praticato nello
specifico settore; per cui , le misure a cui fa riferimento l’art. 2087 dopo la
sentenza 312/96 non sono tutte quelle che è possibile prendere per evitare
l’infortunio, ma solo le misure che l’esperienza ha dimostrato essere efficaci a
prevenire e contrastare l’incidenza degli infortuni e che sono generalmente
praticate; da qui, la diffusione di una serie di standard certificati a livello
internazionale di misurazione e controllo dei requisiti di sicurezza degli impianti
produttivi a cui devono attenersi i datori di lavoro e che consentano di
combattere la piaga degli infortuni.
1.2 Dagli anni 50 alla Legge 626/94
Negli anni 1955- 56 sono state promulgate le norme di riferimento che
permettono l’applicazione sistematica dei principi stabiliti dagli articoli della
Costituzione e del Codice Civile prima citati, attraverso il D.P.R. n. 547 del 1955
che stabilisce le regole per la prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle attività
produttive in generale; ricordiamo inoltre, il D.P.R. n. 303 del 1956 relativo alle
norme generali per l’igiene del lavoro, e il D.P.R. 164/56 che regolamenta la
prevenzione degli infortuni sul lavoro nelle costruzioni.
Arriviamo agli anni 70, dove si acquisisce, sia da parte dei lavoratori e sia da
parte dei sindacati, una maggiore consapevolezza in fatto di necessità di tutela
della salute del lavoro; vengono introdotti nei contratti collettivi di lavoro alcuni
standard internazionali considerati come valori di riferimento in tema di tutela
della salute e sicurezza dei lavoratori.
8
Inoltre viene emanata la Legge n. 300 del 1970 meglio nota come lo “Statuto dei
lavoratori”, che all’articolo 9 contempla la partecipazione dei lavoratori alle
dinamiche organizzative del lavoro in tema di sicurezza, tramite un organismo di
rappresentanza sindacale a cui era attribuita la possibilità di controllare la
corretta applicazione delle norme per la prevenzione degli infortuni e delle
malattie professionali, promuovendo la ricerca e l’elaborazione di nuovi sistemi di
sicurezza che potessero abbattere in maniera significante il rischio di infortunio.
Sempre negli anni 70, con la Riforma Sanitaria Nazionale del 1978 (Legge
833/78), sono nate in ambito regionale le Unità Socio- Sanitarie Locali (le attuali
aziende ASL) per la tutela della salute di tutti i cittadini del territorio ed in
particolare dei lavoratori dipendenti; con questa Legge alcune competenze che
prima erano degli Enti statali come l’E.N.P.I.(Ente Nazionale per la Previdenza
degli Infortuni) e l’A.N.C.C.(Associazione Nazionale per il Controllo della
Combustione), come ad esempio la vigilanza dell’applicazione delle norme di
sicurezza nelle imprese e il compito di fornire informazioni e chiarimenti in
materia antinfortunistica, passano di competenza delle Regioni e quindi delle ASL.
Dagli anni 80 la Comunità Europea inizia una propria autonoma attività
legislativa, emanando Direttive e Linee guida, allo scopo di uniformare la
regolamentazione a tutti gli Stati membri della Comunità della materia
riguardante la salute e la sicurezza negli ambienti di lavoro.
L’Ordinamento italiano ha introdotto nel 1988 norme per la tutela dell’ambiente
dall’inquinamento derivante dalle attività industriali, come il D.P.R. 175/88
3
( La
Direttiva Seveso) sui grandi rischi industriali, e il D.P.R. 203/88 sul controllo delle
emissioni in atmosfera.
All’inizio degli anni 90 è stata promulgata la Legge n. 46/90
4
che ha introdotto
precise regole nell’ambito della sicurezza degli impianti elettrici, di riscaldamento,
tecnologici, ect. Ricordiamo poi il D. Lgs. 277/91
5
che stabilisce regole precise in
materia di protezione dei lavoratori contro i rischi derivanti da esposizione ad
agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro.
6
Inoltre, ricordiamo la Legge n.
257 del 27/3/92 “Norme relative alla cessazione dell’impiego di amianto”.
1.3 Il D. Lgs. n. 626 del 19/09/1994
Un fondamentale passo in avanti per una regolazione più articolata e complessiva
della sicurezza sul lavoro in linea di adeguamento con le normative europee, è
3
Materia attualmente integrata e riordinata dal D. Lgs. 17 agosto 1999 n.334 (Seveso
due):”Attuazione della direttiva 96/82/CE relativa al controllo dei pericoli di incidenti rilevanti
connessi con determinate sostanze pericolose.”
4
Legge n.46 del 5 marzo 1990:”Norme per la sicurezza degli impianti”
5
D.Lgs. n.277 del 15 agosto 1991:”Attuazione delle direttive n. 80/1107/CEE, n. 82/605/CEE,
n.83/477/CEE, n. 86/188/CEE e n. 88//642/CEE, in materia di protezione dei lavoratori contro i
rischi derivanti da esposizione ad agenti chimici, fisici e biologici durante il lavoro, a norma dell’art.
7 della legge 30/07/1990 n. 212.”
6
Questo Decreto coinvolgeva i datori di lavoro e i lavoratori nella valutazione di tali rischi e
nell’adozione delle relative azioni preventive.
9
stata l’emanazione del D. Lgs. 626/94
7
, poi successivamente modificato da altri
D.Lgs (tra i quali, il n. 242/96
8
, il n. 25/2002
9
, il n. 195/2003
10
);
i punti salienti del Decreto sono :
- l’ abrogazione dell’art. 9 dello Statuto dei Lavoratori;
- l’obbligo di valutazione di tutti i rischi relativi alla specifica attività lavorativa dei
suoi dipendenti con la conseguente stesura di un documento contenente: una
relazione sulla valutazione dei rischi lavorativi e sui criteri adottati per la
valutazione stessa; l’individuazione delle misure di prevenzione e di protezione
conseguenti alla valutazione; il programma delle misure ritenute opportune per
garantire la sicurezza dei lavoratori.
Il datore di lavoro deve adottare, quindi, un vero e proprio processo di “risk
assessment” che prevede una fase di identificazione e di valutazione dei rischi e
del loro impatto, nonché delle raccomandazioni per la loro riduzione.
Con l’adozione del risk assessment si comincia così a delineare una bozza di “risk
management”
11
, processo attualmente indispensabile per gestire il rischio clinico;
- l’istituzione della figura del Rappresentante dei lavoratori per la sicurezza, al
quale vengono attribuiti specifici poteri e diritti, come il diritto all’accesso nei
luoghi di lavoro per esercitare un potere di controllo e di verifica; il diritto di
accesso alle documentazioni delle banche dati riguardanti le condizioni di salute
dei lavoratori; il diritto di partecipazione a periodiche riunioni per valutare lo
stato dell’arte d’attuazione dei meccanismi dei sistemi di sicurezza all’interno
dell’azienda; il diritto di partecipazione attiva in tema di politiche aziendali sul
miglioramento ed aggiornamento dei sistemi di sicurezza, previsto dall’art. 2.
Inoltre, il D. Lgs. 626/94 prevede una serie di diritti per i singoli prestatori di
lavoro, come il diritto di essere informati del tipo di rischi che corrono nell’ambito
dello svolgimento della propria attività lavorativa, compreso il diritto di
informazione sulla salubrità e nocività del luogo di lavoro; altro diritto è quello
alla formazione per lo svolgimento di un’attività lavorativa che permetta loro di
acquisire quella necessaria perizia tecnica necessaria ad evitare per quanto
possibile il rischio di infortuni.
Una disposizione, per così dire, “rivoluzionaria” del Decreto 626 è l’obbligo di
sicurezza del lavoratore previsto dall’art. 5; quindi, non più solo obblighi per il
datore di lavoro, infatti, tale articolo prevede che ciascun lavoratore debba
prendersi cura della salute e della sicurezza propria e di tutte le altre persone che
sono presenti sul luogo di lavoro (colleghi o altri) sui quali possono ricadere gli
effetti nocivi delle sue azioni od omissioni; questo tipo di obbligo, insieme al
7
D.Lgs. n.626 del 19 settembre 1994:”Attuazione delle Direttive … riguardanti il miglioramento
della sicurezza e della salute dei lavoratori durante il lavoro”.
8
D.Lgs n. 242 del 19 marzo 1996:”Modifiche ed integrazioni al D.Lgs. 626/94 recanti attuazioni di
Direttive comunitarie riguardanti il miglioramento della sicurezza e della salute dei lavoratori sul
luogo di lavoro.”
9
D.Lgs. n.25 del 02 febbraio 2002:”Attuazione della direttiva 98/24/CE sulla protezione della
salute e della sicurezza dei lavoratori contro i rischi derivanti da agenti chimici durante il lavoro”
10
D.Lgs. n. 195 del 23 giugno 2003:”Modifiche ed integrazioni al D.Lgs 626/94 per l’individuazione
delle capacità e dei requisiti professionali richiesti agli addetti ed ai responsabili dei servizi di
prevenzione e protezione dei lavoratori, a norma dell’articolo 21 della Legge 01/03/2002 n. 39”.
11
Il risk management è un processo che si fonda su: “risk assessment, “ risk mitigation” e
“evaluation e assessment”, ed è l’insieme degli strumenti, dei metodi e delle azioni attivate,
mediante cui si misura o si stima il rischio e successivamente si sviluppano strategie per governarlo.
10
diritto di formazione dovrebbe mettere il lavoratore in più idonee condizioni di
sicurezza.
Se il lavoratore non adempie a questa obbligazione di sicurezza, causando a se
stesso o ad altri un danno o infortunio, è soggetto al potere disciplinare del
datore di lavoro e quindi è punibile con una sanzione disciplinare nella stessa
maniera come se svolgesse una prestazione lavorativa in modo poco diligente o
fedele tale da creare un disservizio.
Altro punto importante è quello previsto dall’art. 8 che obbliga il datore di lavoro
ad organizzare all’interno dell’azienda il servizio di prevenzione e protezione,
designando a tale servizio una o più persone da lui dipendenti, oppure persone e
servizi esterni all’azienda, previa consultazione del rappresentante di sicurezza. I
preposti a tale servizio devono essere in possesso dei requisiti professionali e
delle capacità previsti dall’art. 8 bis; i compiti di tale importante servizio sono
indicati nell’art. 9 e consistono nell’individuazione dei fattori di rischio, alla loro
valutazione e all’individuazione delle misure per la sicurezza e la salubrità degli
ambienti di lavoro ed inoltre, nel proporre programmi di informazione e
formazione ai lavoratori.
Al capo IV con l’art. 16 si prevede la sorveglianza sanitaria effettuata dal medico
competente, tramite accertamenti preventivi e periodici, per tenere sotto
controllo la salute dei lavoratori.
1.4 Dagli anni 90 al Decreto Bersani - Visco
L’evoluzione della materia è proseguita con il D. Lgs. N. 758 del19/12/94 che ha
aggravato le sanzioni per violazioni in materia di sicurezza e igiene, stabilendo la
pena dell’arresto in alternativa all’ammenda e prevedendo però la possibilità per
il contravventore di regolarizzare la sua posizione estinguendo il reato commesso
entro un termine stabilito tramite il versamento di una parte dell’ammontare
totale previsto dall’ammenda.
Nel 1996 è stato emanato: il D. Lgs n. 242/96 che integra e modifica il D. Lgs.
626/94, il D.Lgs. 459/96
12
in materia di sicurezza delle macchine (Direttiva
Macchine), il D. Lgs. 494/96
13
che detta le misure minime di sicurezza e di
salute da attuare nei cantieri temporanei mobili; tutti questi Decreti hanno il
comune obiettivo di far partecipare attivamente tutti i soggetti nella gestione
della sicurezza aziendale.
Negli anni successivi, sono stati emanati circa una quarantina tra Leggi, Decreti
Legislativi e Ministeriali, relativi a disposizioni di modifica delle precedenti
normative e di attuazione delle Direttive CEE; tra essi ricordiamo il D. Lgs. n. 151
del 26/3/2001 “Testo unico delle disposizioni legislative in materia di tutela e
sostegno della maternità e paternità”, che prevede l’obbligo da parte del datore
di lavoro di valutare i rischi per la sicurezza e la salute delle lavoratrici madri.
Data importante è il 18/11/2004, giorno in cui il Consiglio dei Ministri ha
approvato la prima bozza del nuovo Testo Unico sulla sicurezza e del lavoro, che
12
D.Lgs n. 459 del 24 luglio 1996:”Regolamento per l’attuazione delle Direttive 89/392/CEE ,
91/368/CEE, 93/44/CEE e 93/68/CEE concernenti il riavvicinamento delle legislazioni degli Stati
membri relative alle macchine”.
13
D.Lgs. n. 494 del 14 agosto 1996:”Attuazione della Direttiva 92/57/CEE concernente le
prescrizioni minime di sicurezza e di salute da attuare nei cantieri temporanei o mobili”.
11
ha lo scopo di riformare l’intero impianto normativo sulla materia della sicurezza
del lavoro, abrogando tutte le disposizioni precedentemente in vigore, ivi
compresi i Decreti 626/1994 e 494/1996.
Siamo arrivati al 2006 e il diritto del lavoro ha sempre più una estrema difficoltà
nel ricondurre nella legalità il lavoro nero e sommerso, ovvero la stessa
negazione del diritto del lavoro; proprio in quest’ultimo biennio, dato il perdurare
del preoccupante fenomeno degli infortuni sul lavoro e delle malattie
professionali coniugato al frequente utilizzo di manodopera irregolare, le
Istituzioni hanno ravvisato la necessità di emanare leggi più severe in tema di
lavoro nero e, applicandosi con grande impegno, hanno emanato due importanti
normative (Decreto Bersani - Visco, e la Legge n. 123 3/8/2007) e varie
disposizioni contenute nella Legge n. 296 27/12/2006 (Finanziaria 2007).
In passato il quadro normativo in materia di sicurezza sul lavoro si è concentrato
per lo più a regolamentare l’applicazione ed il corretto uso dei dispositivi di
sicurezza e delle protezioni adattandoli ai poco sicuri macchinari, attrezzature ed
ambienti di lavoro, oggi, con il recepimento delle Direttive Comunitarie si è
arrivati ad un’ ulteriore interpretazione dell’obbligo del datore di lavoro e cioè,
che sia fondato sulla “fattibilità tecnologica” cioè sul dovere di introdurre
nell’ambiente di lavoro quanto meglio la tecnologia mette a disposizione sul
mercato in tema di impianti ed attrezzature; quindi le recenti normative hanno
tenuto conto del fatto reale e di estrema importanza che sia anche necessario
regolamentare la sostituzione periodica e sistematica dei vecchi, obsoleti e poco
sicuri macchinari ed attrezzature di lavoro con dei nuovi mezzi e più
tecnologicamente avanzati, emanando contemporaneamente direttive in tema di
agevolazione fiscale che permettano alle imprese di ammortizzare gli alti costi
derivanti dalla sostituzione di questi impianti e macchinari di produzione.
Ciò comporterà senza alcun dubbio dei benefici in tema di riduzione degli
infortuni di lavoro e di incidenza delle malattie professionali.
1.5 Il Decreto Bersani – Visco
Nel Decreto Legge n. 223 del 4/7/2006 (Decreto Bersani - Visco) “Disposizioni
urgenti per il rilancio economico e sociale”, convertito con modificazioni nella
Legge n. 248 del 4/8/2006, vi è l’art. 36 bis “Misure urgenti per il contrasto del
lavoro nero e per la promozione della sicurezza nei luoghi di lavoro” che ha il fine
di garantire la tutela della salute e la sicurezza dei lavoratori nel settore
dell’edilizia, nonché il fine di contrastare il fenomeno del lavoro sommerso ed
irregolare.
Infatti, il primo comma dell’articolo 36 bis assegna al personale ispettivo del
Ministero del Lavoro e della Previdenza Sociale la competenza ad adottare
provvedimenti di “sospensione dai cantieri edili” ogni qualvolta riscontrino
direttamente o a seguito di segnalazione da parte dell’I.N.P.S. o dell’I.N.A.I.L. la
presenza nel cantiere di personale al lavoro non risultante dalle scritture o da
altra documentazione obbligatoria, in misura pari o superiore al 20% del totale
dei lavoratori regolarmente occupati nel cantiere ovvero, nei casi di reiterate
violazioni della disciplina in materia di superamento dei tempi di lavoro, di riposo
12
giornaliero e settimanale. La sospensione dei cantieri viene comunicata dal
Ministero del Lavoro al Ministero delle Infrastrutture che successivamente emana
provvedimento di interdizione dagli appalti pubblici da parte dell’impresa
coinvolta.
Un’altra disposizione dell’art. 36 bis e che il datore di lavoro edile, dal 1/10/2006,
deve munire obbligatoriamente (pena una sanzione amministrativa) di una
tessera di riconoscimento il proprio personale occupato nel cantiere che è tenuto
ad esporre, corredata di una fotografia e contenente le generalità del lavoratore
e la denominazione del datore di lavoro; l’obbligatorietà vale anche per i
lavoratori autonomi che operano nel cantiere, mentre sono esclusi i datori di
lavoro con meno di 10 dipendenti, a condizione che annotino gli estremi
identificativi di tutto il personale occupato giornalmente nel cantiere in un
apposito registro vidimato da tenersi sul posto di lavoro.
Inoltre, il datore di lavoro, pena una sanzione amministrativa, è obbligato a
comunicare l’assunzione di un dipendente il giorno precedente l’inizio del
rapporto di lavoro.
Vengono introdotte inoltre sanzioni pesanti per l’impiego di lavoratori “in nero”
14
e sono confermate le agevolazioni contributive, gli sgravi per il mezzogiorno e le
riduzioni per le fiscalizzazioni degli oneri sociali per le imprese edili, ad esclusione
quinquennale dei datori di lavoro che abbiano riportato condanne passate per
violazione della normativa in materia di sicurezza e salute nei luoghi di lavoro.
1.6 La Legge n. 296 del 27/12/2006 (“Finanziaria 2007”)
Anche nella “Finanziaria 2007” sono stati introdotte per tutti i settori produttivi,
specifiche disposizioni volte al contrasto del lavoro nero ed al miglioramento del
livello di sicurezza e salute dei lavoratori nei luoghi di lavoro; i principali
interventi riguardano le seguenti tematiche:
*deduzioni e riduzioni di costi : appartengono a questo punto le misure previste
dall’art. 1 comma 266 lettera a che ammette a deduzione i “contributi per le
assicurazioni obbligatorie contro gli infortuni sul lavoro” e quelle dei commi 779,
780, 781 che prevedono per le sole aziende artigiane, per l’anno 2007, una
riduzione complessiva di 100 milioni di euro dei premi dovuti all’INAIL per
l’assicurazione contro gli infortuni sul lavoro e le malattie professionali e,
dall’anno 2008, una ulteriore riduzione di questi premi solo per le imprese
artigiane in regola con gli obblighi previsti dal D.Lgs 626/94, che non abbiano
avuto infortuni negli ultimi due anni e abbiano adottato piani pluriennali di
prevenzione.
*Appalti : il comma 910 modifica l’articolo 7 del D.Lgs. 626/94 estendendo gli
attuali obblighi previsti per il datore di lavoro appaltante di coordinamento e
informazione nei confronti delle ditte appaltatrici che operano all’interno
dell’azienda, anche alle aziende che operano “nell’ambito dell’intero ciclo
produttivo dell’azienda medesima”.
14
Cioè, secondo l’art. 36 bis, i lavoratori in nero sono: “lavoratori non risultanti dalle scritture o da
altra documentazione obbligatoria”;
mentre prima dell’art. 36 bis i lavoratori in nero erano solo i lavoratori subordinati, ora sono
considerati tali anche i parasubordinati e gli autonomi sconosciuti agli istituti previdenziali.
13
*Rafforzamento attività ispettiva : per intensificare la lotta al lavoro sommerso e
pervenire gli incidenti sul lavoro e le morti bianche, vengono messi in atto
meccanismi per il rafforzamento della capacità ispettiva con l’immissione in
servizio fino a 300 ispettori del lavoro e n. 60 unità, per il potenziamento
dell’organico dei carabinieri, di cui almeno il 50% di unità già in possesso di
esperienza e capacità operativa nella materia giuslavoristica (comma 571, 573,
544).
*Regolarità : i commi 1168, 1169, 1173, 1174, 1175 e 1176 prevedono una
serie di misure finalizzate a promuovere la regolarità contributiva quale requisito
per la concessione di benefici normativi e contributivi e degli incentivi previsti
dall’ordinamento:
- costruzione e gestione della banca dati telematica
15
nell’ambito delle strutture
del Ministero del Lavoro e delle Politiche Sociali, con l’obiettivo di razionalizzare
gli interventi ispettivi di tutti gli organi di vigilanza sul territorio, che raccoglierà
le informazioni riguardanti i datori di lavoro ispezionati e le informazioni sulle
dinamiche del mercato del lavoro e sulle materie riguardanti l’aggiornamento e la
formazione permanente del personale ispettivo;
- la definizione degli indici di congruità che definiranno il rapporto tra la qualità
dei beni e servizi prodotti e la quantità delle ore di lavoro necessarie, nei settori
dove sono più elevate le violazioni in materia di contribuzione e in materia di
salute e sicurezza;
- l’obbligo per tutti i settori, dal 1/7/2007, di compilazione del “documento di
regolarità contributiva” (Durc)
16
.
Il comma 1180 prevede per i datori di lavoro pubblici e privati, l’obbligo di
“comunicazione preventiva” al Servizio territorialmente competente entro il
giorno antecedente l’instaurazione del rapporto di lavoro subordinato, di lavoro
autonomo, di socio lavoratore di cooperativa e di associato in partecipazione.
*Emersione/sanzioni : il comma 1156 prevede misure finalizzate a coordinare a
livello nazionale e territoriale tutte le azioni volte alla emersione del lavoro nero
con la costituzione di una cabina di regia nazionale per lo sviluppo dei piani
territoriali e la valorizzazione dei comitati per il lavoro e l’emersione del
sommerso (Cles), con la costituzione del Fondo per l’emersione del lavoro
irregolare.
I commi 1177 e 1179 stabiliscono l’aumento delle sanzioni amministrative (che
vengono quintuplicate) previste per le violazioni di norme in materia di lavoro,
legislazione sociale, previdenza e tutela della sicurezza e salute nei luoghi di
lavoro.
I commi 1192 e 1201 definiscono le procedure di regolarizzazione e di
riallineamento retributivo e contributivo che garantiscono l’estinzione del reato e
delle sanzioni ad esso connesse per i datori di lavoro che intendano regolarizzare
i rapporti di lavoro in nero entro il 30/9/2007.
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Prevista dal Decreto Legislativo n. 124 del 23 aprile 2004: “Razionalizzazione delle funzioni
ispettive in materia di previdenza sociale e di lavoro, a norma dell’articolo 8 della legge 14 febbraio
2003, n. 30.”
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Tale documento era previsto soltanto per le aziende edili.