– 4 –
A causa dell’arretratezza nel settore primario, il livello di
industrializzazione era il più basso di Europa, gli unici poli sviluppati erano
Barcellona e i Paesi Baschi.
Lo sviluppo dell’industria fu accompagnato da quello demografico ed
urbanistico. A questo fenomeno contribuirono l’aumento della popolazione,
l’esodo dalla campagna alla città, e per finire la costruzione della ferrovia. La
vecchia città non era più sufficiente per contenere tutta la gente che vi si
trasferiva; andava ampliata. A questo scopo furono istituiti i planes de
ensanche, che si occupavano di costruire nuovi quartieri ben ordinati, però
non si interessavano alla sistemazione del centro storico, né si curavano dei
collegamenti fra il centro e i nuovi quartieri, né di risolvere i problemi igienici.
La città era un luogo dove si radunavano grandi masse di persone
attratte dalla speranza di una vita migliore; in realtà non tutti riuscivano a
realizzare i loro sogni, e perciò molti finivano sulla strada, dando luogo a
fenomeni quali la malavita e la prostituzione. Questi problemi “van a ser una
glosa constante de los viajeros extranjeros. Los observadores nacionales,
nuestros escritores del 98, van a hacer de ello un tema de meditación o de
denuncia. Seguirán en ello la pauta de algunos de sus contemporáneos
europeos, que veían en la ciudad moderna la lacra palpable de la civilización
industrial” (p. 23).
La città però aveva anche i suoi lati positivi. Tanto per cominciare “la
vida urbana favorece la actividad cultural a través de los medios de
comunicación de masas – periódicos y revistas” (p. 27). Nel 1883 fu
promulgata la ley de imprenta, che contribuì allo sviluppo della stampa,
soprattutto in città come Madrid e Barcellona, anche se molte riviste ebbero
vita breve; erano in prevalenza scientifiche, letterarie e artistiche. Si diffuse
contemporaneamente anche il fenomeno della prensa obrera.
La città fu, inoltre, il luogo dove si svilupparono i primi fermenti politici.
C’era, infatti, un gran numero di disoccupati o persone con un’occupazione
– 5 –
precaria, alle quali bastava una malattia o un incidente per ritrovarsi sul
lastrico. Per questo, quando nel 1868 venne riconosciuto il diritto di riunione
ed associazione, si sviluppò il movimento operaio.
C’era però una divisione fra socialisti seguaci di Bakunin (che
prevedevano di infiltrarsi in Parlamento per meglio ottenere le loro vittorie) e
gli anarchici marxisti (che credevano nella rivoluzione come unica maniera di
cambiare le cose). La violenza anarchica sfociò in una serie di attentati, il più
grave dei quali fu quello alla processione del Corpus Domini nel 1896: gli
anarchici vennero rinchiusi nel castello del Montjuic in attesa di giudizio, ma
vennero sospese le garanzie costituzionali nei loro confronti. Ciò causò la
reazione di molti intellettuali, fra i quali anche Unamuno, che chiesero
l’indulto per gli innocenti. La spirale di violenza innescata fu
controproducente, perché “provocó un miedo general hacia el movimento
obrero en su conjunto, una fuerza hasta entonces desconocida, sentida
como peligrosa porque cuestionaba las bases del orden burgués
establecido” (p. 27). Comunque, sia anarchisti che socialisti si assunsero il
compito importante di risvegliare la coscienza degli operai. Le Casas del
pueblo socialista, con le loro biblioteche, diventarono un centro di diffusione
culturale, in sostituzione ai vecchi casini.
Quando nel 1874 vennero restaurati i Borbone, dopo la parentesi
repubblicana durata un anno, iniziò il periodo chiamato Restauración, che di
fatto fu una “vuelta a los sistemas de gobierno monárquicos […] maquillado
bajo una nueva envoltura liberal y constitucional” (p. 31). Si fece in modo di
creare uno stato solido e centralizzato. Per evitare l’instabilità politica che
aveva caratterizzato gli anni precedenti fu adottato un sistema di cambio
pacifico “en virtud del cual el acceso al gobierno se producía de forma legal
mediante un pacto político previamente establecido” (p. 32). La corona (in
quel momento rappresentata da Alfonso XII) era neutrale, garantiva
l’alternanza dei partiti, e controllava l’esercito per scongiurare nuovi colpi di
– 6 –
stato. Il governo pilotava i risultati elettorali perché non si trattava di una vera
e propria democrazia, bensì di una oligarchia. Questo sistema fu denominato
caciquismo, e il cacique era un intermediario del governo che faceva
rispettare nella campagna analfabeta le decisioni politiche prese in città.
I partiti della maggioranza, liberali e conservatori, erano formati da
gruppetti di persone con scarsa coscienza politica, che si raggruppavano
attorno ad un leader solo perché si aspettavano, o gli dovevano, un favore.
All’opposizione c’erano carlisti (che volevano tornare alla monarchia
assoluta) e repubblicani. A partire dal 1882 si aggiunse il PSOE, partito
socialista.
Per quanto riguarda la politica estera, le colonie spagnole si erano
ridotte a Cuba, Puerto Rico e Filippine. In queste colonie, specialmente a
Cuba scoppiavano continuamente insurrezioni. La Spagna faticava a sedare
i ribelli, perché l’esercito era formato principalmente da ragazzi di basso ceto,
e spesso senza neanche una istruzione militare adeguata; i ricchi, infatti,
evitavano il servizio militare pagando una somma che li esentava. Ciò
provocò manifestazioni, specialmente di madri, che non volevano veder
andare i loro figli incontro ad un macello sicuro solo perché non potevano
pagare come i ricchi.
L’esercito ultramarino, malconcio, perse le battaglie contro Cuba,
Puerto Rico e Filippine, appoggiati dagli Stati Uniti, e nel 1898 le colonie
passarono sotto la tutela degli USA: era il desastre.
La guerra aveva peggiorato il già basso livello di vita del popolo, e
questo, esasperato, rispose con una serie di manifestazioni e una nuova
forma di protesta: lo sciopero.
Si scatenarono anche i nazionalismi, cioè le pretese di autonomia,
basate sulla diversità culturale con Castiglia: le regioni che rivendicavano
questa autonomia erano Catalogna, Galizia e Paesi Baschi.
– 7 –
La monarchia in Spagna durò ancora pochi anni, fino al colpo di stato di
Miguel Primo de Rivera nel 1923. Nel 1931 Alfonso XIII abbandonò la
Spagna e fu proclamata la II Repubblica. J.A.Primo de Rivera, figlio del
generale golpista, nel 1933 fondò la Falange, movimento politico filofascista.
Il tutto sfociò nella guerra civile, scoppiata il 17 luglio 1936, in cui il
generalissimo Franco capeggiava la rivolta dei nazionalisti fino alla vittoria,
nel 1939, contro i repubblicani.
Riguardo alle forme letterarie dell’epoca, possiamo dire che fu il
romanzo lo strumento attraverso il quale gli scrittori spagnoli della seconda
metà del XIX secolo portarono avanti un vero e proprio dibattito nazionale,2
in particolar modo il romanzo realista, con il quale fotografavano la vita
circostante. Un rappresentante di questo nuovo genere lo possiamo trovare
in Galdós.
Durante la Restauración era nata una nuova generazione di scrittori,
sostenuta dai krausisti, un gruppo di intellettuali. Ma che cos’era il
krausismo?
Nel 1843 Julián Sanz del Río, aveva intrapreso un viaggio in Germania,
motivato da una borsa di studio concessagli dall’allora ministro del governo,
P.Gómez de la Serna. Là fu introdotto alle teorie del filosofo F.Krause. Il
krausismo era una dottrina che tentava di conciliare la fede con la scienza,
dato che entrambe provengono da Dio. Sanz del Río ebbe poi una cattedra a
Madrid, e tentò di diffondere il krausismo adattandolo alla mentalità
spagnola. Fra i suoi discepoli ci fu anche Francisco Giner de los Ríos, che
concepì il progetto di una scuola libera. Dato che i krausisti non potevano
operare all’interno delle strutture scolastiche ufficiali, nel 1876 Giner fondò la
Institución libre de enseñanza, i cui principi ispiratori (laicismo, fondazione di
uno spirito critico, educazione comune ai due sessi…) aveva come scopo
2
M.DI PINTO, R.ROSSI, La letteratura spagnola dal settecento ad oggi, Milano, Bur,
1993, p. 322.
– 8 –
quello di rifare la Spagna desde abajo, attraverso l’istruzione del popolo. 3 A
questa istituzione veniva contestato di essere troppo idealista: “el krausismo
nunca se interesó por el gran problema de España: la reforma de nuestra
economía”.4
Dopo il desastre la Spagna tentò di trovare una soluzione per uscire
dalla depressione. Il regeneracionismo fu il movimento teso “a concentrar los
esfuerzos colectivos en la mejora económica, política y moral de España” (p.
47). Era sorto in contestazione al regime della Restauración. I suoi
appartenenti consideravano la Spagna un organismo malato, bisognoso di
cure immediate e drastici interventi. Evidenziavano i difetti morali e
psicologici degli spagnoli, in particolar modo la pigrizia e l’ignoranza. La
definizione di Joaquín Costa riassumeva il concetto di “raza atrasada,
imaginativa y presuntuosa, perezosa e improvisadora, incapaz para todo” (p.
50). Costa proponeva un programma di modernizzazione basato sui modelli
di sviluppo dei paesi più avanzati: “obras públicas, […] planes de regadío
para impulsar la productividad agraria, […] creación de créditos agrarios,
ampliación de las redes de distribición, alargando las vías del ferrocarril, […]
reforma del sistema judicial […] reforma electoral” (p. 51).
Tutto questo fervore di fine secolo faceva parte di quel processo di
trasformazione del gusto e delle forme letterarie definito “decadentismo”.
Nelle polemiche letterarie e nella storia della letteratura ebbe il sopravvento
la definizione latinoamericana di “modernismo”.
Gli scrittori di questo periodo, compreso fra la fine dell’800 e i primi
decenni del 900, furono collettivamente ricordati come Generación del 98. La
3
Cfr. M.OROMI, Pensamiento filosófico de Unamuno, Madrid, Espasa, 1943; E.NOÈ,
Pupazzi di nebbia, Firenze, Alinea, 1998; G.DI FEBO, Le origini del dibattito femminista in
Spagna: la scuola krausista e la «Libre Institución de Enseñanza», Pisa, Miscellanea di studi
Ispanici, 1974.
4
M.D.GOMEZ MOLLEDA, Unamuno “agitador de espíritus” y Giner de los Ríos,
Universidad de Salamanca, 1976, p. 18.
– 9 –
definizione era stata data da uno dei suoi membri, José Martínez Ruiz
“Azorín”, e aveva dato luogo a non poche polemiche. Azorín comprendeva
infatti, oltre a Valle-Inclán, Maetzu, Benavente, Machado e Larra, anche
Unamuno e Baroja, che rifiutarono l’etichetta, e Rubén Darío, il nicaraguense
“que está por derecho proprio no ahí, sino a la cabeza del movimiento
modernista” (p. 68). Questa generazione ebbe il merito di smuovere le
coscienze, pur non riuscendo a risolvere i problemi. Aguinaga sottolinea che
“la crítica del 98 lo toca todo: la política en general, economía, religiosidad,
problema de la ciudad y campo, pobredumbre de los gobernantes, ejército,
pueblo, atraso científico, modernismo, pornografía. En general el marasma
actual de España, […] todo lo que Ganivet agrupó bajo el nombre común de
abulía”.5
Le discussioni di ordine sociale e letterario avvenivano per lo più nelle
tertulias, riunioni di artisti che si ritrovavano nei cafés o in case private. Le
città più vivaci, da questo punto di vista, erano Madrid e Barcellona.
Importante era anche l’attività editoriale: sorgevano moltissime riviste
giovanili, dalla vita brevissima, importanti “para aglutinar a la generación del
98 en empresas periodísticas comunes” (p. 76). Alcuni esempi: “La vida
literaria” (gennaio-agosto 1899); “Electra” e “Arte Joven” (marzo-aprile 1901).
Il pensiero di Unamuno
Unamuno visse in un’epoca molto densa di avvenimenti. Nacque
durante le guerre carliste, e morì allo scoppiare della guerra civile. È
interessante soffermarci sull’influenza esercitata dai cambiamenti importanti
avvenuti in campo politico, economico, culturale e sociale, a cui assistette, ed
analizzare la sua posizione di fronte ad alcune tematiche contemporanee, ad
esempio il ruolo sociale della donna. Fortunatamente in questo lavoro siamo
5
C.BLANCO AGUINAGA, Unamuno teórico del lenguaje, Colegio de Mexico, Fondo
de cultura económica, 1954, pp. 17-27.
– 10 –
aiutati dalla grande quantità di scritti (saggi, lettere, diari) che egli ha lasciato,
spiegando lui stesso quali erano le sue convinzioni in fatto di filosofia,
politica, religione, arte e letteratura…
La sua vita di fede attraversò fasi alterne. Nato in una famiglia molto
religiosa, abbandonò le pratiche lungo l’adolescenza, in seguito alla lettura di
filosofi atei come Nietzsche, Kierkegaard… Nessuno riuscì mai a convincerlo
definitivamente dell’inesistenza di Dio. Gli sforzi dela moglie Concha (dotata
di una fede salda e semplice), uniti ai ricordi d’infanzia, in particolar modo a
quelli dell’amata madre, molto religiosa, lo ricondussero, in parte, alla
religione. Non riuscì mai, però, ad avere fede come la moglie, era
costantemente in preda ai dubbi, e ciò lo rattristava molto. Si era riavvicinato
alla religione col cuore, perché sentiva Dio come un essere buono che lo
proteggeva, non con la ragione. Secondo lui l’uomo non è un essere
razionale, bensì sentimentale ed istintivo:
No sé por qué no se haya dicho que es un animal afectivo o sentimental.
Y acaso lo que de los demás animales lo diferencia sea más el
sentimiento que no la razón. Más veces he visto razonar a un gato que no
reir o llorar. Acaso llore o ría por dentro, pero por dentro acaso también
el cangrejo resuelva ecuaciones de segundo grado.( Del sentimiento
trágico de la vida) 6
Il suo principale dubbio religioso riguardava l’immortalità; voleva essere
sicuro che ci fosse qualcosa aldilà della morte, ma non riusciva a trovare
delle rassicurazioni, ed era angosciato dal silenzio di Dio. Secondo la sua
visione, lo scopo della religione dovrebbe essere quello di consolare l’uomo
dalla disgrazia di essere nato. La religione non dovrebbe immischiarsi con la
6
S.RABADE ROMERO, La concepción del hombre en Unamuno y Ortega, Madrid,
1995, p. 6.
– 11 –
politica, non dovrebbe servire a far stare buone le masse con la paura
dell’inferno.7
Per quanto riguarda la politica, il suo punto di partenza era il
liberalismo. Unamuno attaccava il falso liberalismo della Restauración, e non
credeva nel sistema di turno dei partiti.8 Era antifascista, perché il fascismo
blocca la libertà. In un primo tempo aderì al socialismo: “pasó a interesarse
por los problemas objetivos de la sociedad […] En 1894 el semanario
socialista de Bilbao, La lucha de las clases, le invitó a colaborar […] escribió
más de doscientos artículos. Durante esa época leía a Marx, y estaba
enormemente influído por su pensamiento en cuestiones sociales y
económicas, pero rechazaba al dogmatismo de los marxistas, especialmente
en la relación entre ateísmo y materialismo, negando que religión y
socialismo fueran incompatibles” (p. 72). Nel 1896 abbandonò il partito: il
punto principale di rottura fu dovuto all’incompatibilità col cristianesimo. In
effetti non poteva sopportare certi lati fanatici del carattere del partito:
Soy socialista convencido, pero, amigo, los que aquí figuran como tales
son intratables, fanáticos necios de Marx, ignorantes, intolerantes, llenos
de prejuicios de orden burgués […] de todo tienen menos de sentido
social. […] Me incomodé cuando les oí la enorme barbaridad de que para
ser socialista hay que abrazar al materialismo. Tienen el alma seca, muy
seca, es el suyo, socialismo de exclusión, de envidia y de guerra, y no de
inclusión, amor, paz.¡Pobre ideal!, en qué manos anda el pandero.9
Era critico anche nei confronti dei nazionalismi: Unamuno proclamava il
diritto di ogni regione di tentare di imporre il suo dominio sulle altre, ma
7
Cfr. E.DIAZ, Revisión de Unamuno: análisis crítico de su pensamiento político,
Madrid, Tecnos, 1968.
8
Ibidem.
9
M.D.GOMEZ MOLLEDA, op.cit, p. 22.
– 12 –
facendolo, ogni regione separatista si sarebbe resa conto di poterlo fare solo
in castigliano.10 In particolar modo egli contestava il nazionalismo catalano,
perché secondo lui era nato “más que por amor al catalán, por aversión al
castellano” (PO.CU, p. 300). Contestava ai catalani di utilizzare la diversità di
cultura per ottenere l’autonomia, mascherando così le ragioni politiche: “la
fiebre política […] no es lo más favorable para el desarrollo de la cultura”
(PO.CU, p. 302).
Unamuno amava profondamente la sua terra, perché aveva viaggiato
parecchio: era nato a Bilbao, aveva studiato a Madrid, aveva insegnato e
vissuto a Salamanca. Secondo lui, solo la conoscenza diretta generava
amore, e a questo scopo anche la guerra aveva i suoi lati positivi: “la guerra
es escuela de fraternidad y lazo de amor: ha puesto en contacto a los
pueblos, y los ha hecho conocerse y quererse”.11 Durante l’esilio ebbe modo
di riflettere sui mali della sua terra, in particolar modo su quello che lui
chiamava la lepra española, cioè l’invidia che secondo lui era il sentimento
nazionale perché i suoi conterranei, incapaci di combinare qualcosa di buono
a causa della loro indolenza, invidiavano gli altri popoli attivi intelletualmente
e fisicamente. Approfondì molto bene questo concetto in Abel Sánchez,
scritto negli anni della destituzione, nel 1914. Nel prologo confessò che,
essendo anche lui spagnolo, anche lui soffriva di questo problema: “Y es
que, de ordinario, lo que aborrezco en otros, aborrézcolo por sentirlo en mí
mismo… es mi envidia, mi soberbia… lo que me hace aborrecer la soberbia,
la envidia” (Sobre la soberbia).12
Anche Unamuno faceva parte di quella schiera di intellettuali contrari
alla modernizzazione selvaggia che stava avvenendo. Vivere in una grande
città significava per lui, perdere i contatti profondi con i vicini. Secondo
10
E.DIAZ, op.cit.
11
C.CLAVERIA, Temas de Unamuno., Madrid, Gredos, p. 98.
12
Riprodotto in C.CLAVERIA, op.cit, p. 105.
– 13 –
Arroyo “el personaje de Lázaro (San Manuel bueno, mártir) antes de su
conversión encarna la modernidad y el progresismo, el cosmopolitanismo
frente a la universalidad honda predicada por Unamuno, la gran ciudad
frente al campo o la ciudad pequeña, la historia frente a la naturaleza”.13 Egli
preferiva la piccola Salamanca “donde se me cansan las piernas” alla grande
Madrid, dove provava il “cansancio de la corte”.14 Identificava la campagna o
il villaggio con un luogo ideale per vivere serenamente, e la grande città con
una caotica babele, una bolgia infernale. Probabilmente in questa sua
visione aveva influito l’episodio biblico di Caino (Gen 4, 1-17) che, dopo aver
ucciso suo fratello Abele per invidia, viene scacciato da Dio, e fonda la prima
città della storia. Vedremo più avanti quanto Unamuno, nonostante la crisi
religiosa, fosse imbevuto di riferimenti biblici.
Unamuno concordava con gli intellettuali favorevoli all’introduzione di
parole straniere nel castigliano. Questo era uno dei temi scottanti affrontati
dalla Generación del 98. Alcuni puristi volevano assolutamente evitare
l’imbarbarimento del castigliano; altri erano di vedute più aperte, come lo
stesso don Miguel:
El aire de Europa vivífica la sangre de España, los extranjerismos dan
más vida al español. Al introducirse cosas nuevas vienen con ellas las
palabras que las nombran; al introducirse palabras extranjeras a veces se
matizan con un nuevo sentido que da mayor riqueza al idioma nacional.
Si la palabra es para nombrar lo nuevo ha de ser nombrada en forma
nueva, y si lo nuevo viene de fuera ¿qué más normal que con ello venga
su nombre?15
13
C.MORON ARROYO, San Manuel bueno y el sistema de Unamuno, “Hispanic
Review” II, 1964, p. 228.
14
M.D.GOMEZ MOLLEDA, op.cit.
15
C.B.AGUINAGA, op.cit, pp. 50-51.
– 14 –
Anzi, Unamuno pensava ad un lenguaje sobrecastellano: “no puede ni
debe ser una futura expansión del castizo castellano, sino una integración de
hablas diferentes sobre su base, respectando su indole, o sin respectarla, si
hace el caso”. In questo modo si sarebbe potuto includere anche il
Sudamerica “mundo hermano de lengua y, creen algunos, hermano de
espíritu”. 16
Egli fu un critico della letteratura latinoamericana, e di quel movimento
chiamato modernismo. Non gli piaceva perché lo giudicava afrancesado, e
tutto quello che aveva vaghe risonanze francesi era negativo per Unamuno:
“consideraba que, por la mala influencia francés, la poesía modernista era
sensual y no pasional”.17 Considerava lo stile modernista falso, non gli
piaceva l’idea di una scuola letteraria, perché metteva una camicia di forza al
pensiero. “A pesar de la aversión que Unamuno sentía por el modernismo, le
reconoce su gran aporte a la cultura. Tampoco suele atacar a sus
representantes concretos, sino a la escuela en abstracto”.18 Uno dei
rappresentanti era Rubén Darío, che Unamuno aveva conosciuto nel 1899.
Unamuno era ambiguo nel criticarlo: “por una parte aprecia a Darío y por otra
odia lo que Darío simboliza”, in particolar modo “la capa de cultura francesa
que tenía en cima”.19
Unamuno aveva uno stile particolare per la compilazione di un
romanzo: era uno scrittore viviparo e disprezzava profondamente gli ovipari.
Hay quien, cuando se propone publicar una obra de alguna importanza
[…] toma notas, apuntaciones y citas, y va asentando en cuartillas cuanto
se le va occurriendo a su propósito, para irlo ordenando de cuando en
16
Ibidem, p. 55.
17
E.MEIER, Unamuno, Rubén Darío y el modernismo, “Cuadernos de la cátedra de
Miguel de Unamuno” XXVII, 1983, p. 138.
18
Ibidem, p. 140.
19
Ibidem, pp. 143-144.
– 15 –
cuando. Hace un esquema […] Hay otros, en cambio, que no se sirven de
notas ni de apuntes sino que lo llevan todo en la cabeza […] empiezan
por la primera línea, y sin volver atrás, ni rehacer lo ya hecho, lo escriben
todo en definitiva hasta la última línea. Estos son escritores vivíparos. (A
lo que salga) 20
Una preoccupazione costante di Unamuno era quella di evitare
situazioni e linguaggio troppo spiccatamente sensuali. Lui era molto
passionale, però non sensuale. Secondo lui erano due concetti totalmente
opposti, e uno escludeva l’altro: “y no se me hable de pasión. La pasión es
tan digna de respecto y, a la vez, no pocas veces de lástima como es digna
de desprecio la sensualidad. Los hombres sensuales rara vez son
apasionados. Don Juan Tenorio era un hombre impasible, y no se le conoció
una verdadera pasión” (LUJ, pp. 318-319). Considerava la lussuria un vero
flagello per i popoli. La sensualità esauriva le energie dell’uomo, che si
instupidiva e non poteva dedicarsi a niente di utile: “el hombre es un
producto social, y la sociedad debe impedir que se pierda para ella” (LUJ, p.
319). Per questo era un accanito sostenitore del matrimonio: “la mayor de las
ventajas del matrimonio, y son muchas las que tiene, es que, regularizando
el apetito carnal, le quita al hombre prurito de desasosiego, dejándole
tiempos y energías para más altas y nobles empresas” (LUJ, p. 318).
La persona più importante all’interno di questa istituzione era la donna.
Essa aveva l’importantissimo compito di madre e di moglie. Una buona
moglie deve essere una compagna fedele, e anche fare un po’ da madre al
suo stesso marito, come fece Concha che, durante un momento di
disperazione, lo consolò chiamandolo “hijo mío”. Unamuno giudicava la
sessualità un utile mezzo per conseguire dei figli, che rendevano la madre
20
Cfr. S.PONCELA, El pensamiento de Unamuno, Buenos Aires, Fondo de cultura
económica, 1964, pp. 56-57.
– 16 –
pura “toda madre es virgen en cuanto es madre” (AS, p. 139), rallegravano la
vita “no hay obra poética más grande que un hijo o una hija” (AP, p. 53), ed
infine erano l’unico mezzo per raggiungere l’immortalità. Un figlio, infatti,
sopravvive al genitore, e spesso, portandone anche il nome, propaga il suo
ricordo nel futuro. Unamuno era profondamente convinto che la principale
sofferenza dei religiosi non fosse dovuta alla mancanza di rapporti sessuali,
bensì alla mancanza di figli; “el sufrimiento de monjes y monjas no es el de la
sexualidad, sino de maternidad y paternidad, «es decir, de finalidad. Sufren
que su carne, la que lleva el espíritu, no se perpetue, no se propague»”.21
Tutte queste convinzioni sono abbondantemente esemplificate nelle
sue numerose opere.
21
Cfr. T.R.FRANZ, La tía Tula y el cristianismo agónico, “Cuadernos de la cátedra
Miguel de Unamuno” XXIX, 1994.
– 17 –
Definizione del corpus
Unamuno ha lasciato una vasta produzione in tutti i generi letterari. Ha
scritto 631 saggi e 25 libri di saggi; 800 articoli; 5 novelle e 8 novelle corte;
72 racconti. Si è dedicato anche alla poesia, con 8 libri di poesie e ben 1755
poemi inediti. Con il genere teatrale non ha avuto molto successo, ci lascia
solo 12 opere. Ha scritto inoltre 54 prologhi per libri di amici, e 100 discorsi.
Inizialmente, per costituire il mio corpus, avevo selezionato le storie che
mi avevano colpito maggiormente. In seguito ho scoperto che i romanzi da
me scelti avevano una caratteristica in comune: erano opere vivipare. La
definizione di questo termine, che viene contrapposto ad ovipare, ce la dà lo
stesso Unamuno: egli per viviparo intendeva chi scriveva le sue opere di
getto, in contrasto con gli ovipari, coloro che facevano un lungo lavoro di
lima.22
La prima opera vivipara è Amor y pedagogía. Queste stesse “novelas”,
a partire da Niebla, assumono anche la denominazione di nivolas, sempre
per desiderio dell’autore stesso, in polemica con le accuse che i critici
rivolgevano allo suo strano stile.
Per quanto riguarda le altre opere ho scelto quelle che presentavano
situazioni e personaggi significativi per lo sviluppo della mia tesi.
Raggruppo le opere per genere e le ordino cronologicamente. Assegno
ad ognuna una sigla, che verrà utilizzata nelle citazioni, e, per comodità del
lettore, rimando al quadro sinottico in appendice.
Romanzi:
Amor y pedagogía, 1902 (AP)
Niebla, 1914 (N)
Abel Sánchez, 1917 (AS)
22
Cfr. supra, introduzione.