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che ciò si sia verificato, se il contesto è almeno simile a quello descritto dagli stereotipi, e,
in ogni caso, non può presumibilmente essere di molto dissimile da quello – svantaggiato –
che si presenta nel resto delle regioni dell’Italia meridionale? Inoltre, a cosa deve essere
attribuita questa performance particolarmente brillante? Ad una rivoluzione in seno alla
società lucana? O ad evoluzioni di altra natura?
Per dare una risposta a questi quesiti ci imbarcheremo per un viaggio all’interno della
realtà sociale, economica e culturale della Basilicata, nel periodo che va dal secondo
dopoguerra ad oggi, spingendoci occasionalmente anche più indietro nel tempo, qualora ciò
sia reso necessario dall’indagine puntuale di quelle caratteristiche che rendono questa
regione “eccezionale” nel contesto meridionale, oltre che italiano e, per certi versi anche
europeo, come avremo in seguito occasione di constatare.
Tuttavia, prima di prendere il largo, ci soffermeremo sull’analisi di alcuni aspetti teorici
che si riveleranno importantissimi per dare un senso a ciò che incontreremo lungo il
cammino. Così avremo modo di considerare con una certa attenzione quale sia la natura dei
dilemmi che stanno alla base di qualsiasi configurazione della vita associata; quali siano le
risposte che la Storia e la Ragione hanno fornito per superarli, e come, a seconda di una
scelta fatta secoli, se non migliaia di anni fa, si siano attivati e radicati all’interno del corpo
sociale meccanismi e modelli d’interazione politica le cui conseguenze e i cui riflessi
possono essere tuttora rintracciati nel modo in cui si organizzano i rapporti sociali,
economici e politici. Questo è, per esempio, il caso dei modelli clientelari d’interazione
politica, che hanno giocato un ruolo rilevante nella formazione dell’ attuale società lucana,
con le caratteristiche che le sono proprie. In questo modo avremo anche l’opportunità di
esplorare la logica sottostante al rapporto tra le caratteristiche proprie di un corpo sociale e
il rendimento delle istituzioni che ne sono poste a governo.
Vedremo anche come l’eredità della Storia, qualora prenda la forma di rapporti
clientelari, possa essere superata nel caso in cui sussistano particolari condizioni; e come,
dagli sforzi che un patrono compie al fine di rafforzare la propria posizione, possa
addirittura risultare il superamento di quel sistema stesso che l’aveva reso forte e potente.
Dopo aver assunto familiarità con gli strumenti teorici bussola del nostro cammino,
saremo pronti a partire per il nostro viaggio: vedremo così come dalle peculiari
caratteristiche socio-politiche presenti in Basilicata nel primo dopoguerra, agli albori della
storia Repubblicana, sia emerso un sistema politico di natura essenzialmente clientelare,
come ovunque nel Mezzogiorno italiano, ma caratterizzato da una particolarità interessante:
la volontà e la capacità del patrono di distribuire beni pubblici. Avremo modo di renderci
5
conto, in seguito, di come questa particolare caratteristica sia il punto di svolta del nostro
viaggio, di come dalle conseguenze di tali attività emergano le forze che guideranno il
sistema politico lucano verso il superamento dei modelli d’interazione politica di marca
strettamente clientelare. E vedremo anche come, dopo questa trasformazione, il sistema
politico lucano diventerà l’humus sul quale potranno erigersi istituzioni piuttosto efficienti,
caratterizzate da un rendimento relativamente elevato ed “eccezionale”.
A dirigerci nel nostro cammino saranno, oltre alle bussole teoriche cui abbiamo appena
fatto riferimento, le risultanze di un lavoro di ricerca “sul campo” cui ci siamo
appositamente dedicati. Infatti, per ottenere una visione più completa possibile dell’oggetto
che ci accingiamo ad esplorare, ci siamo avvalsi di una serie di interviste a “personalità”
rilevanti del contesto politico lucano, di ieri e di oggi.
Abbiamo così avuto l’opportunità di incontrare uomini politici ed amministratori,
rappresentanti dei principali gruppi d’interesse ed imprenditori, intellettuali dediti
all’analisi della realtà regionale ed attivisti politici.
E sono stati proprio gli esiti di tale ricerca a fornire gli spunti più importanti e la base
empirica su cui testare le scoperte che andavamo via via facendo e le intuizioni che si
facevano spazio all’interno delle nostre riflessioni.
Così, dopo aver brevemente accennato a quali rotte incroceremo, possiamo levare le
ancore per addentrarci nel corpo del lavoro che abbiamo fin qui solamente introdotto.
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1. Perché “eccezione”?
Cristo si è davvero fermato a Eboli, dove la strada e il treno abbandonano la costa di
Salerno e il mare, e si addentrano nelle desolate terre di Lucania. Cristo non è mai
arrivato qui, né vi è arrivato il tempo, né l’anima individuale, né la speranza, né il legame
tra le cause e gli effetti, la ragione e la Storia…Nessuno ha toccato questa terra, se non
come conquistatore o un nemico, o un visitatore incomprensivo. Le stagioni scorrono sulla
fatica contadina, oggi come tremila anni prima di Cristo: nessun messaggio umano o
divino si è rivolto a questa povertà refrattaria."
1
Queste notissime pagine di Carlo Levi illustrano in modo piuttosto chiaro uno dei motivi
per cui si può, giustamente, parlare di un “eccezione lucana” (beninteso, in questo caso in
senso negativo): queste righe esprimono benissimo le condizioni socio-economiche e
culturali –singolari anche nel contesto meridionale, tutt’altro che felice– in cui si
dibattevano le popolazioni della Basilicata, ancora negli anni Trenta del secolo scorso.
La situazione non doveva essere cambiata moltissimo agli albori del secondo dopoguerra,
se è vero che il giovane deputato all’assemblea costituente Emilio Colombo così rispondeva
nel 1947 alle domande del giornalista del settimanale romano “Sud” , G. Selvaggi, che gli
chiedeva“se e fino a che punto si può dire che Cristo si è fermato ad Eboli”:
“Sono ritornato recentemente da un lungo giro attraverso la Lucania. Ho deliberatamente
trascurato in quest’ultimo contatto con la mia terra i grossi centri abitati per prendere
personale e diretta visione dello stato della popolazione nelle campagne.
L’asino o il mulo mi hanno condotto in queste borgate sperdute dove una gente prima
ritrosa e diffidente, poi aperta e cordiale mi si è fatta incontro per darmi il benvenuto. Mi
hanno detto che di acqua non ne arriva o ne arriva poca; che strade non ve ne fossero lo
avevo personalmente constatato. Mi hanno raccontato che d’inverno sono costretti a tenere
in casa i loro morti per molti giorni fino a quando non sia possibile superare il fango dei
viottoli e le piene dei torrenti, per raggiungere il più vicino cimitero. Hanno soggiunto con
rammarico e con sfiducia che le strade di accesso e gli acquedotti erano previsti dalla legge
Zanardelli e fino ad oggi non ci sono ancora!
1
Levi, C. Cristo si è fermato ad Eboli, Torino, Einaudi, 1945, pagg. 15-16.
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Ma noi continueremo a lottare – ha detto qualcuno di essi – queste cose le chiesero i
nostri nonni, le stesse le chiesero i nostri padri, le stesse chiederemo noi, sapendo di
rivendicare soltanto condizioni più umane.
Mi ha profondamente impressionato questa sfiducia, illuminata, per contrasto, da un
senso di rassegnata e lontana speranza e da una volontà di lotta che si alimenta nel
quotidiano disagio e talvolta trova accenti di ribellione.
Il vero problema è qui: trovare degli uomini capaci di rendere più consapevole, più
unitario lo sforzo,di spegnere le piccole rivalità, per impegnare una lotta più vasta, per
spezzare il gioco gretto e pesante di tutti coloro che in passato ed ancora oggi conoscono
questa gente solamente quando si tratta di farla strumento di lotta in difesa del proprio
privilegio.
Queste guide (il corsivo è nostro) devono possedere due virtù: la libertà di spirito da ogni
personale interesse, da ogni legame con posizioni precostituite; un profondo rispetto per
una povertà e per un dolore così lungamente traditi, che non ammettono nessuna fallace
promessa e nessuna speculazione né a titolo personale, né a vantaggio di parte.
Le nuove generazioni cominciano ad intendere così, e sapranno operare il miracolo, se vi
sarà chi li sostenga. Poiché Cristo non si è fermato ad Eboli: se vi è ancora – come vi è, ed
in questo lei, Prof. Levi, è stato troppo poco fedele interprete – nell’animo del più oscuro
dei nostri contadini tanta speranza, tanta volontà di lottare, tanto attaccamento alla propria
terra, alla famiglia, all’onesta della vita, tanta tenacia e tanta fede in Dio.”
2
Questo brano, in breve, conferma le condizioni economiche, sociali e culturali della
Basilicata ai primordi della Repubblica, ma è vieppiù importante in quanto lascia presagire
le giustificazioni per il peculiare sistema politico che nascerà in quegli anni (un altro
motivo per considerare la Basilicata “un’eccezione”, come considereremo in maniera più
approfondita in seguito).
Queste suggestioni hanno inoltre avuto un ruolo preponderante nella creazione di uno
stereotipo della Basilicata, il quale, intrecciandosi con le reali condizioni “eccezionali”,
richiamate in precedenza, è tuttora presente ed evocativo per vasti strati dell’opinione
pubblica nazionale.
“Nel 1970, alla vigilia delle elezioni regionali, un rapporto d’agenzia giornalistica che ne
analizzava la struttura socioeconomica (e che più tardi apparve in un articolo sul Corriere
della Sera) descriveva la Basilicata come la «regione sussidiata», il «fanalino d’Italia», la
2
Colombo, E. intervistato Da G. Selvaggi in Sud, Roma, 1947, in Sacco, L. Il cemento del potere. Storia di Emilio
Colombo e della sua città, Bari, De Donato, 1982, pagg. 41-42.
8
«regione in stallo», e il «serbatoio di manodopera per l’Italia»”
3
; anche se probabilmente
quest’analisi non si allontanava di molto dalla realtà, i toni usati lasciano intuire che lo
stereotipo sull’ “arretratezza” della regione era ben presente e forte nelle menti degli autori.
Questo stereotipo sulla Basilicata doveva essere molto radicato, anche tra persone che
potevano vantare un livello culturale medio o addirittura alto, se è vero che Indro
Montanelli si trovava così a scrivere,ancora nel 2001, riguardo alla figura di Emilio
Colombo: “(…) a metterlo in orbita fu non ricordo quale congresso –ma certamente uno dei
primi del dopoguerra– del partito, dove prese la parola sui problemi del Paese. E sbalordì
l’uditorio per due cose. Prima di tutto per il suo italiano terso e senza la minima traccia di
accento lucano; e poi per la disinvoltura con cui trattava la materia. Tutti credevano che
l’unica economia con cui potesse avere dimestichezza fosse quella dei caciocavalli; e
invece che tra le capre del profondo sud sembrava nato fra le banche e gli altiforni della
Ruhr. (…) Una volta mi scappò detto che questo lucano è in realtà un inglese che non porta
l’ombrello perché se l’è mangiato, e lui ci si divertì”
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Evidentemente Montanelli, e molti con lui, consideravano la Basilicata un enorme
allevamento, in cui era cosa mirabile riuscire a parlare italiano senza alcun accento, e dove
le discussioni più elevate non potevano riguardare altro che la stagionatura dei caciocavalli.
Negli ultimi decenni la situazione è cambiata enormemente: colui cui capitasse di visitare
questa regione oggi, si troverebbe dinanzi a una completa e moderna infrastrutturazione
viaria ( posta a 100 la dotazione media per abitanti di infrastrutture viarie in Italia, nel il
periodo 1997-2001, la Basilicata presentava una dotazione pari al 91,4 ; di poco inferiore
alla media del Mezzogiorno, pari a 91,8)
5
; e il terreno sembra essere stato in qualche modo
recuperato anche in molti altri settori,se è vero che le condizioni di partenza erano quelle
descritte qui sopra.
In particolare molto sembra essere stato fatto per l’istruzione e la qualificazione
professionale: i dati dimostrano che in alcuni settori la performance lucana risulta essere
addirittura superiore alla media nazionale. Per esempio, nel 2001 il 97,4% della
popolazione possedeva almeno la licenza media inferiore, contro il 94,5% della media
italiana e il 94,9% della media delle regioni europee dell’Obiettivo 1 (le regioni europee
che ricevono fondi strutturali al fine di “promuovere lo sviluppo e l’adeguamento
strutturale delle regioni più arretrate”); nell’anno scolastico 1997/98 il tasso di
3
Agi La programmazione nelle regioni, 2 (15 luglio), 1970, in Leonardi, R; Putnam, R.D. , Nanetti, R.Y. Il Caso
Basilicata, Bologna, Il Mulino,1987
4
Montanelli, I. Emilio Colombo? Un politico inattaccabile in La stanza di Montanelli, Il Corriere della Sera, 7 aprile
2001
5
Fonte: Istituto G. Tagliacarte, per Unioncamere, in www.basilicatanet.it
9
partecipazione lordo all’istruzione secondaria superiore era del 92,2%, contro una media
nazionale dell’80,5%, e una media dell’Obiettivo 1 pari al 76,2% ; e, nell’anno 2001, la
percentuale di disoccupati ed inoccupati che partecipava ad attività formative era dell’8,4%,
a confronto con una media italiana del 6,6%, ed una delle regioni dell’Obiettivo 1 pari al
6,5%.
6
La Basilicata, nel 2003, risultava anche al secondo posto in Italia per numero di famiglie
che possedevano un PC, con il 58,8%, dietro al Trentino Alto-Adige (con il 61,5%), contro
una media nazionale del 49,7% , e ancora al secondo posto nella classifica delle
connessioni ad internet, con il 41,2% degli utenti internet sulla popolazione, di nuovo dietro
il Trentino Alto-Adige (con il 46,2%), contro una media nazionale del 31,6%.
7
Anche l’emigrazione, tradizionale “piaga” in queste terre, sembra essersi fortemente
ridimensionata: nel 2001 il tasso migratorio netto era del -2,6%, a fronte del -1,5% del
Mezzogiorno e al 2% dell’intero Paese
8
.
Ciononostante, la situazione socio-economica lucana mostra ancora caratteristiche che
non ci permettono di collocare la Basilicata tra le regioni più avanzate d’Europa:
quantunque “l’economia lucana appare connotata da alcuni tratti salienti dal punto di vista
strutturale che, peraltro, collocano la regione su un trend di crescita di medio periodo
superiore a quello del resto del Mezzogiorno, tanto che, nel 2006, con ogni probabilità la
Basilicata avrà raggiunto un livello di sviluppo tale da collocarla fuori dall’Obiettivo 1
dell’Unione Europea”
9
, si segnalano ancora forti carenze a livello d’infrastrutturazione
economica e di servizi reali alle imprese: posta, di nuovo, a 100 la media nazionale, la
Basilicata presentava, in rapporto alla popolazione, e per il periodo 1997-2000, il 35,5% di
reti bancarie e servizi vari, contro una media del Mezzogiorno pari al 61%; il 40,7% di
impianti e reti energetico-ambientali, contro una media del Mezzogiorno pari al 63,8%; il
39% di strutture e reti per la telefonia e la telematica (la maggior parte del territorio
regionale non è coperto di cablatura che consenta la navigazione veloce ad internet, anche
se si sta ovviando a ciò con una rete di radiocollegamenti), contro una media del
Mezzogiorno pari al 65%; il 74,8% di rete ferroviaria, contro una media del Mezzogiorno
pari all’84,7%; il 3,6% di aeroporti e bacini d’utenza, contro una media del Mezzogiorno
pari al 60,5%; e il 9,3% di porti e bacini d’utenza, contro una media del Mezzogiorno pari
al 109,2%.
10
6
Regione Basilicata, L’assetto socio economico regionale: una presentazione generale, su www.basilicatanet.it
7
Fonte: indagine CENSIS per Il Sole 24 ore del 18 agosto 2003.
8
Fonte: ISTAT, in http://www.basilicatanet.it
9
Regione Basilicata, L’assetto socio economico regionale: una presentazione generale, op. cit
10
Fonte: Istituto G. Tagliacarte, per Unioncamere, in http://www.basilicatanet.it, op.cit.