4
diffuse soprattutto nei paesi anglosassoni, la pratica di incorporare nei
messaggi pubblicitari segni che avevano già acquisito un capitale di
popolarità in ambito extramercantile. Infatti, in tale epoca immediata
fu la percezione dell’efficacia persuasiva dei messaggi pubblicitari
provenienti da soggetti e istituzioni capaci di ottenere l’attenzione da
parte del pubblico proprio in ragione del prestigio e della notorietà,
della simpatia e dell’ammirazione già raggiunti nel rispettivo campo
di attività originario.
In tale periodo storico si comincia quindi a prendere consapevolezza
delle grandi opportunità promozionali derivanti dallo sfruttamento
commerciale del nome e dell’immagine di soggetti portati alla ribalta
dall’industria dell’intrattenimento: tali soggetti, proprio a causa della
loro già acquisita notorietà, sono inseriti in una dimensione
marcatamente pubblica che ne fa oggetto di conversazione tra larghi
strati della popolazione e che quindi li accredita ad instaurare, in modo
particolarmente efficace, un rapporto di comunicazione commerciale
con il pubblico
2
.
Diviene così nozione di comune esperienza che il nome o il segno
notorio recano con sé un notevole valore economico che gli
2
In tal senso si veda RICOLFI M., Il contratto di merchandising nel diritto dei segni distintivi,
Giuffrè, Milano, 1991, 17 ss.; RICOLFI M., Il contratto di merchandising, Il diritto industriale, 41
e ss.; RICOLFI M., I segni distintivi: diritto interno e diritto comunitario, Giappichelli, Torino,
1999, 95 ss.
5
imprenditori, o gli stessi autori della notorietà, avranno interesse a
sfruttare in ambito commerciale, sia attraverso un impiego meramente
pubblicitario sia registrandoli come marchi, e così nella competizione
per la conquista del mercato egli si troverà favorito proprio per il fatto
che il segno è già noto
3
.
La popolarità del segno in sé considerato è oggi ben nota agli
imprenditori: il segno o il nome notorio prescelto come marchio ha già
sin dalla sua adozione una predisposizione ad essere accolto dal
pubblico dei consumatori in modo positivo proprio perché già
possiede quel valore suggestivo ed evocativo, quella notorietà, che di
solito possono essere conseguiti solo tramite un significativo
investimento di marketing. Quindi l’utilizzo come marchio di un nome
o segno notorio permette all’imprenditore di collocarsi sin dall’inizio
della sua attività produttiva in una posizione di vantaggio
concorrenziale; riconducendo la concorrenza a quella fra più
immaginari quali sono spesso le firme apposte sui prodotti stessi”
4
.
Il diritto sul nome analizzato nel I cap. della mia tesi, analizza il
valore del nome che è passato da una fase in cui era ritenuto oggetto di
un diritto di proprietà, quasi fosse un vero e proprio bene, e quindi con
3
In tal senso si veda LEONINI F., Marchi famosi ed evocativi, Giuffrè, Milano, 1991, 297 e ss.
4
Cfr. VANZETTI A. - DICATALDO V., Manuale di diritto industriale, Giuffrè, Milano, 2003,
127.
6
rilievo sostanzialmente privatistico (cd. concezione privatistica), ad
una fase in cui prevalse la concezione cd. pubblicistica del medesimo,
quale strumento a disposizione dello Stato per individuare i cives e
quindi per l’ordinato svolgimento della vita collettiva
5
.
Per effetto del rinnovato quadro degli studi sui diritti della personalità,
al nome poteva essere attribuita una funzione più pregnante, ai fini di
una tutela adeguata della personalità umana, rispetto a quella di mera
identificazione anagrafica o amministrativa. Se il valore primario
dell’ordinamento è quello della tutela della personalità umana nella
sua interezza, anche il nome è destinato a svolgere il suo ruolo di
identificazione nei confronti della persona umana integralmente
considerata. Il nome, quindi, in questo ordine di idee, vale a
distinguere i singoli uomini in relazione al complesso della loro
personalità morale, intellettuale e sociale
6
.
Il diritto al nome si può articolare in due distinte situazioni giuridiche
soggettive. Da un lato, vi è il diritto a godere del nome nella sua
qualità di segno identificatore della persona: diritto che ha quindi il
5
V. sul punto ALPA-ANSALDO, Le persone fisiche (art. 1-10), in Il Codice civile. Commentario
diretto da Shslesinger, Milano, 1996, 321 ss.
6
Tale ricostruzione è stata coerentemente sviluppata da DE CUPIS A., I diritti della personalità,
in Tratt. Dir. civ. e comm., Milano, 1961, 26. Cfr. anche NUZZO M., Nome (diritto vigente), in
Enc. Dir., XXVIII, Milano, 1978, 304 ss.; MACIOCE F., Profili del diritto al nome civile e
commerciale, Padova, 1984, 45 ss. In giurisprudenza cfr. Pret. Roma 31-7-1956, in Giur. it., 1957,
I, 2, 49.
7
suo punto di riferimento oggettivo nella persona stessa. Dall’altro, il
diritto a fare proprie le utilità economiche, che un determinato nome è
suscettibile di produrre: il nome, quindi, viene in considerazione come
un autonomo bene immateriale, proprio in quanto in esso è insito un
certo valore, il cui godimento da parte del titolare è assicurato
dall’ordinamento.
L’immagine insieme al nome, rappresentano i segni distintivi della
persona più utilizzati e si parla di diritto sul proprio ritratto, ove si
consideri che l’immagine in senso stretto è la sensazione che un corpo
produce su un determinato soggetto percipiente
7
.
Il diritto positivo prende in considerazione l’immagine come «la
rappresentazione visiva delle sembianze della persona, cioè la
riproduzione grafica delle fattezze»
8
; quindi l’oggetto del diritto
all’immagine
9
va ravvisato nella raffigurazione delle fattezze
fisionomiche. L’unica norma del codice civile che tratta
esplicitamente dell’immagine della persona, è l’art. 10 c.c., che
7
Per questa precisazione, cfr. VERCELLONE P., Il diritto sul proprio ritratto, Torino 1959, 11 ss.
8
BAVETTA, voce «Immagine», in Enc. Dir., XX, 144.
9
Si constata autorevolmente che il problema dell'’oggetto dei diritti della personalità, un tempo
assai studiato civilistica, è oggi piuttosto trascurato (v. FERRI G. B., Oggetto del diritto della
personalità e danno non patrimoniale, in Riv. dir. comm., 1984, II, 137); «eppure si tratta di un
momento fondamentale della teoria dei c. d. diritti della personalità, e cioè un punto di passaggio
obbligato, per chi voglia affrontare la ricostruzione di questo istituto…». La difficoltà del tema è
rilevata particolarmente dal FRANCESCHELLI, L’oggetto del rapporto giuridico, ora in Scritti
civilistici e di teoria generale del diritto, Milano, 1975, 427; v. le indicazioni di MESSINETTI D.,
Oggettività giuridica, Milano, 1970, 297 ss.
8
riguarda le repressione degli «abusi», la riproduzione materiale delle
fattezze di una persona su supporto stabile. Perciò non esisterebbe un
diritto all’immagine in sé, poiché non si può impedire ai terzi di
percepire la propria immagine, bensì un più limitato diritto sulle
riproduzioni delle immagini.
Inoltre l’articolo rinvia alle disposizioni della L. 22 aprile 1941, n.
633, in particolar modo agli artt. 96 e 97. La disposizione dell’art. 96
L. cit., ribadisce che la liceità dell’esposizione, riproduzione, messa in
commercio del ritratto è subordinata al consenso della persona, se non
ricorrono le cause di giustificazione di cui all’art. 97, che sono oltre la
notorietà, le necessità di giustizia e polizia, gli scopi scientifici
didattici o culturali e il collegamento della riproduzione con «fatti,
avvenimenti, cerimonie di interesse pubblico o svoltisi in pubblico».
La norma del codice civile contiene un divieto generale di esporre o
pubblicare l’immagine della persona, nonché dei genitori, del coniuge,
e dei figli, quando non ricorra uno dei casi di liceità della
pubblicazione ovvero quando la pubblicazione o esposizione risulti
lesiva del decoro o della reputazione della persona o dei coniugi.
Ma il nome o l’immagine non sono solo funzionali ad una fruizione
piena del bene-persona, ma sono suscettibili di godimento di per sé,
9
tanto che le utilità che ne derivano possono essere fatte proprie anche
da persona diversa, rispetto a colui cui il nome o l’immagine si
riferiscono. La notorietà di una persona, pur non costituendo oggetto
autonomo di protezione, riceve tuttavia tutela quale modo di essere del
nome e dell’immagine della persona
10
.
La commercializzazione della notorietà si può realizzare attraverso
uno “sfruttamento del valore suggestivo assunto da nomi o segni usati
nello svolgimento di una certa attività consentendone l’utilizzazione
per promuovere la vendita di prodotti o servizi la cui produzione e
commercializzazione non rientra nell’attività nella quale questi nomi o
segni sono originariamente usati ed hanno acquisito valore”
11
. Inoltre
tale affermazione appare ancor più vera qualora si analizzi brevemente
l’economia di mercato odierna in cui risulta evidente come la
popolarità acquisita sul piano civile si possa trasferire a quello
commerciale.
In particolar modo nel II cap. ho parlato della notorietà come
incentivo per un personaggio celebre a fare quegli investimenti di
10
V. anche il riconoscimento del diritto di reputazione economica da parte di Pret. Roma 7-4-
1987, in Foro it., 1987, I, 2878 ss., con nota di OLIVIERI.
11
Cfr. AMMENDOLA M., Lo sfruttamento commerciale del valore suggestivo della notorietà
civile di nomi e segni, Giuffrè, Milano, 2004, 6.
10
tempo, di lavoro e di danaro che sono richiesti per realizzare una
rappresentazione di interesse per il pubblico.
Lo Stato tutela il valore economico della personalità di un uomo
celebre, di tal che egli solo può godere i frutti del proprio lavoro,
analogamente a quanto si verifica per il diritto di brevetto per
invenzioni industriali o per il diritto d’autore. Si evita, così,
l’ingiustificato arricchimento che trarrebbe chi si appropriasse
indebitamente del valore economico dell’utilizzazione degli attributi
specifici di un personaggio popolare.
Il riconoscimento di un diritto assoluto sul nome notorio si discosta in
maniera violenta dalla tradizionale impostazione che limitava la tutela
del marchio al valore distintivo escludendone quello suggestivo, ma si
è preferito, preso atto di diffusi fenomeni di mercato, riservare il
valore suggestivo dei segni a chi ne aveva il merito, piuttosto che
lasciare aperta la strada ad operazioni parassitarie
12
.
Proprio il desiderio di apprestare uno strumento per arginare il
parassitismo sembra essere la chiave di lettura della norma 8 c.p.i.,
che riproduce con modifiche di sola punteggiatura l’art. 21 L. m.
13
12
VANZETTI A., Relazione di sintesi, AIDA, 1993, 141 ss.; VANZETTI A. - DICATALDO V.,
op. cit.
13
AMMENDOLA M., op. cit., 7 ss.
11
E quindi la regola che dà alla persona fisica il diritto esclusivo di
valorizzare commercialmente il proprio nome (se ed in quanto possa
avere un valore commerciale) si collega ad una regola più generale del
diritto della concorrenza per cui nessuna impresa ha facoltà di
appropriarsi, senza alcun merito o costo, di vantaggi competitivi che
potrebbero essere oggetto d’interesse anche da parte di altri
concorrenti
14
. La norma, all’art 8 c.p.i., riserva insomma all’avente
diritto la registrazione del segno non per tutti i prodotti, ma solo per
quelli in relazione ai quali l’uso come marchio possa arrecare
pregiudizio all’identità o alla notorietà
15
.
Per definire la notorietà occorre instaurare una relazione ipotetica tra
la divulgazione del segno e il pubblico nazionale
16
. La notorietà può
essere acquistata da un’attività extracommerciale svolta all’estero,
purché abbia avuto riflessi in Italia
17
.
A proposito del consenso, importante per l’esposizione, riproduzione
o messa in commercio del ritratto di una persona (art. 96 L. a.), può
14
LIBERTINI, R. d. ind. 2002, 484.
15
AUTERI, I nomi e i segni distintivi notori delle manifestazioni e degli enti sportivi fra la
protezione del nome e quella del marchio, Nuova giur. civ. comm., 1995, 108; contra invece nel
senso che la riserva di registrazione abbia carattere assoluto OLIVIERI G., Nomi, ritratti ed
emblemi altrui, in Commento tematico della legge marchi, Giappichelli, Torino, 1998, 215.
16
Ritiene che alla notorietà cosiddetta civile sia estranea qualsiasi connotazione territoriale,
OLIVIERI G., op. cit., 214. La considerazione, pur basata sul silenzio della legge in materia di
notorietà, non sembra condivisibile: si ritiene infatti che la ricostruzione della notorietà come fonte
di un’esclusiva merceologicamente illimitata esiga che il potere evocativo del segno sia
apprezzabile almeno su scala nazionale.
17
OLIVIERI G., op. cit., 214; AMMENDOLA M., op. cit., 24.
12
essere validamente manifestato oltre che in maniera esplicita, anche
con il silenzio , quale tacita manifestazione di volontà
18
e sul punto ho
richiamato una sentenza del Tribunale di Milano del 17-11-2005 nel
caso del noto calciatore ucraino Shevchenco. La notorietà conferisce la
disponibilità di un vero e proprio diritto di utilizzazione economica
della propria celebrità nonché dei relativi simboli evocativi
19
,
arrivando all’estremo grado di oggettivazione dell’immagine di una
persona fino al punto di staccarla dalla persona reale.
L’immagine supernota è il risultato di una sorta di memorizzazione
collettiva, pronta a riaffiorare dal subconscio ogni volta che venga
richiamata dai mezzi di comunicazione.
L’immagine dell’artista noto e supernoto a cui qui si fa riferimento
parte dall’«icona», ma si fa «idolo»: idolo che è poi per definizione
«l’oggetto di un’ammirazione o di una dedizione gelosa o fanatica»
20
.
Trattasi anche in questo caso di una immagine «riflessa», non
dall’acqua, ma da un manifesto o da uno schermo, quindi con carattere
di «illusorio» o «immateriale».
18
Cfr. Cass. 20-2-2004, n. 3403 in Mass. Foro it., 2004.
19
A tale proposito vengono,infatti, in considerazione anche i casi di contestazione
dell’utilizzazione economicamente caratterizzata e non autorizzata, ad esempio : di fattezze
stilizzate, di caricature (quali il marchio Totò per delle caramelle realizzato con la raffigurazione
stilizzata del mento e degli occhi del celebre comico Cass. 12-3-1997, n. 2223, in Corr. Giur.,
1997, 8, 911) ovvero anche di sosia (quello della sosia erotica della Russo, Trib. Roma 28-1-1992,
in Giur. it., 1993, I, 2, 26).
20
DEVOTO-OLI, Vocabolario della lingua italiana, voce «Idolo».
13
Questo idolo non si appoggia a contenuti razionali ma piuttosto
fantastici e subliminali, costituisce un «simbolo», nel suo senso
originario di «segno di riconoscimento»
21
.
Esso ha poi precisa valenza economica, costituendo un «plus valore»
rispetto all’immagine reale
22
. L’immagine-ritratto è un bene che
rientra nei profili «non tangibili» della personalità con peculiari
caratteristiche (indisponibilità, intrasmissibilità, irrinunciabilità,
imprescrittibilità)
23
e ha valore di «simbolo» o di «segno».
E se consideriamo ancora che questo «simbolo» o «segno» ha una
precisa valenza nel campo commerciale, riteniamo non sia fuori luogo
cercarne la collocazione nell’ambito dei «segni distintivi», piuttosto
che in quello dei diritti della personalità, anche se in essi ha la sua
origine remota. Il punto di contatto è costituito dall’art. 21 del RD 21
giugno 1942 n. 929, L. m., che rispetto a due beni strettamente legati
alla persona fisica, come il ritratto e il nome, ha sempre ammesso la
loro brevettabilità come marchio.
21
È stato detto molto bene circa la notorietà che con essa «Il concetto di nome e/o quello di
immagine hanno subito una dilatazione, al punto da svolgere oltre alla loro funzione tradizionale
anche la ulteriore funzione di dati simbolici ed evocativi della suddetta notorietà». ASSUMA G.,
Profili originali ed evolutivi del concetto di immagine-ritratto ed uso pubblicitario della fotografia
di un sosia, in Dir. Aut., 1987, 585.
22
Ne consegue un aumento di valore patrimoniale nello sfruttamento dell’immagine, FABIANI,
Haute couture, top models e spot pubblicitari, in Dir. Aut., 1993, alla nota 2.
23
ZENCOVICH Z., I diritti della personalità, in Dig. Sez. Comm., XIII, 430 ss.
14
Non c’è un principio del nostro ordinamento che vieti di considerarlo
come segno distintivo, dal momento che anche l’immagine reale,
l’immagine ritratto, può esserlo. Nel linguaggio pubblicitario questo
«idolo» è detto «testimonial», costituisce cioè testimonianza,
certificazione di qualche cosa considerato positivo dal punto di vista
commerciale
24
. Poi ho analizzato altri elementi o ulteriori tecniche di
agganciamento alla suggestione del personaggio noto, tra cui la voce,
la firma, oggetti caratteristici, la rassomiglianza e quindi l’immagine
di un sosia, il cui minimo comune denominatore è l’idoneità a
richiamare il ricordo del personaggio
25
. Non deve quindi stupire che,
talvolta, la riproduzione di oggetti tipicamente utilizzati dalla persona
famosa, eguali o addirittura superi per efficacia suscitativa, la
indicazione del nome o la raffigurazione delle sembianze somatiche di
questa, in particolare per la maggiore curiosità che l’evocazione
«anomala» è in grado di destare nel fruitore del messaggio elevandone
la soglia di attenzione nel processo di identificazione dei simboli.
Conformemente a quest’ottica, ho citato il caso del famoso cantante
Dalla e della lesione del suo diritto all’immagine per l’utilizzazione in
una campagna pubblicitaria di alcuni oggetti notoriamente
24
La vicinanza fra l’«idolo» del quale parliamo e il segno rinomato, è stranamente sottolineata
dalla coincidenza che il segno rinomato viene ora definito come una «star», MENESINI, Il
marchio fra diritto d’autore e tutela della rinomanza intesa come avviamento, in Dir. Aut., 1996.
25
ASSUMA G., op. cit., Nota a Pret. Roma 18-2-1986, in Dir. aut., 1986, 215 ss., specie 216.