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2 NASCITA ED EVOLUZIONE DEI
SUPPORTI FONOGRAFICI
Il 18 luglio del 1877 Thomas Alva Edison registrò e riascoltò
un semplice “hello!” tramite il fonografo, da lui inventato,
strumento che permetteva di incidere suoni su cilindri di ottone,
ricoperti dapprima da una sottile lamina di stagno, e
successivamente di cera, consentendone in seguito la
riproduzione. Nonostante permangano dubbi sull’originalità
dell’invenzione - che secondo alcuni sarebbe da accreditarsi al
poeta e fotografo francese Charles Cros, il quale quasi
contemporaneamente presentava il brevetto per uno strumento
analogo al fonografo, denominato Paléophone, che utilizzava
dischi di cristallo , è noto come, ad un anno dalla prima
registrazione, Edison ricevette la concessione del brevetto, e
quindi dei conseguenti diritti di sfruttamento. Il brevetto venne
acquistato dalla allora neonata Columbia Phonograph Company.
Nato in origine per utilizzi non musicali nel 1906, viene messo in
commercio per la prima volta dalla Victor il primo fonografo
somigliante ad un mobile: una consolle in mogano rifinita come
un pianoforte chiamata Victrola, venduta ad un prezzo di 200
dollari, che sancisce definitivamente la nascita dell’industria
fonografica.
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2.1 IL DISCO
Contemporaneamente al lancio sul mercato della Victrola,
sempre Victor distribuiva, tramite la propria linea “Red Seal”, i
primi supporti registrati da celebrità del mondo lirico (tra gli altri,
Enrico Caruso ed Adelina Patti). Ogni disco costava 7 dollari,
cifra che nel 1906 appariva proibitiva per la maggior parte della
popolazione; Victor, dando prova di grande modernità strategico-
commerciale, investì quindi somme ragguardevoli in pubblicità,
riuscendo a far apparire la collezione Red Seal come un vero e
proprio status symbol, indispensabile appannaggio di ogni salotto
borghese statunitense.
Il formato diffuso fino agli anni ‘50 era il 78 RPM
(letteralmente Rivoluzione Per Minuto) in gommalacca,
inizialmente inciso su di una sola facciata; solo in un secondo
momento la Columbia varò la produzione di dischi a 78 RPM
incisi su entrambe le facciate, denominati "Double disc record
Columbia". La registrazione avveniva esclusivamente mediante
strumenti meccanici, ed anche dopo l’introduzione della
microfonia elettrica tale componente continuò ad essere presente
per un lungo periodo, sino a tramontare definitivamente nel
secondo dopoguerra. Le limitazioni del formato RPM erano
molteplici: una delle più rilevanti, tale da determinare
un’importante ricerca per la produzione di supporti alternativi,
era il limite imposto alla durata temporale dell’incisione, che
non poteva superare i 4 minuti; inoltre, il materiale risentiva
negativamente della rapida usura prodotta dalle puntine in
acciaio dei comuni grammofoni, il disco in gommalacca non
poteva infatti superare le cento riproduzioni. Grazie all’apporto
dell’industria militare, fortemente interessata allo sviluppo di un
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supporto fonografico più resistente e capace, fu possibile per
l’industria fonografica dare vita al long playing a 33 giri e 1/3
(LP), ed al 45 giri. Rispetto al 78, il 33 giri era più leggero, più
resistente e permetteva una riproduzione qualitativamente
migliore. Anche se apparentemente i due formati possono
apparire molto simili, l’introduzione del 33 giri si fondava su
innovazioni tecnologiche sostanziali: la gommalacca era stata
sostituita dal più resistente vinile (resina plastica PVC), che oltre
a garantire maggiore resistenza all’attrito con la puntina del
giradischi, permetteva grazie alla sua compattezza di incidere un
microsolco di circa 800 metri, corrispondenti a circa 30 minuti di
musica per ogni lato. Oltre alle citate caratteristiche, ciò che
contribuì in maniera davvero rilevante alla diffusione del nuovo
supporto fu la particolare strategia commerciale adottata dalla
Columbia Company. Per prima cosa si giunse ad un accordo con
l’industria produttrice di elettrodomestici Philco, che si impegnò
nella messa a punto e nella distribuzione capillare di apparecchi
di riproduzione (hardware) ad un prezzo accessibile al grande
pubblico; successivamente, si procedette quindi alla creazione di
un ampio catalogo musicale con cui aggredire il mercato.
Soddisfatta dal vantaggio acquisito, la Columbia compì una
mossa apparentemente incongruente, ma rivelatasi sul lungo
periodo di determinante importanza: infatti, nonostante avesse la
possibilità di detenere il monopolio - essendo titolare del brevetto
sul 33 giri -, decise di concedere la nuova tecnologia alle
compagnie concorrenti, che si trovarono poste ad un bivio. Da un
lato potevano accettare l’offerta della Columbia e cominciare ad
utilizzare il formato LP; dall’altro, potevano andare alla ricerca di
nuove tecnologie che ne rappresentassero una valida alternativa,
esponendosi però ingentemente dal punto di vista economico,
senza peraltro alcuna garanzia di successo commerciale.
Naturalmente quasi tutte le compagnie accolsero implicitamente
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il nuovo standard, e - tranne qualche piccolo tentativo di
resistenza, peraltro privo di ogni sostanziale riscontro di pubblico
-, il 33 giri divenne a tutti gli effetti un oggetto commerciale e
commerciabile. L’unico soggetto che riuscì ad opporsi alla
Columbia fu l’RCA, che per mantenere il proprio prestigio iniziò
a sfruttare massicciamente il formato 45 giri. Se pure non si può
parlare di reale alternativa al LP (in quanto il 45 giri ha una
capacità di pochi minuti), le ridotte dimensioni e l’economicità di
tale forma software ne resero possibile una grande diffusione
quale “singolo” (“sample”), una sorta di “assaggio” del contenuto
dei Long Playing.
2.2 IL NASTRO MAGNETICO E LA
MUSICASSETTA
Anche un altro passo fondamentale nello sviluppo dei
supporti fonografici si collega, pure indirettamente, alle esigenze
dell’industria bellica. In Germania infatti, le imponenti necessità
propagandistiche del regime nazista, spinsero gli ingegneri della
AEG allo sviluppo del magnetofono, che permetteva inizialmente
di registrare il suono su nastri di carta ricoperti da uno strato di
vinile acetato. Anche negli Stati Uniti diverse società
commerciali, in collaborazione con strutture militari, tentarono la
creazione di apparecchiature analoghe al German Magnetophon,
senza tuttavia pervenire a risultati apprezzabili. Dopo il termine
del secondo conflitto mondiale, gli Stati Uniti impiegarono la
tecnologia tedesca, senza preoccuparsi eccessivamente di
eventuali problemi connessi all’imbarazzante paternità di questa,
perfezionandone i caratteri tecnici secondo le esigenze del
mercato. I primi magnetofoni sono apparecchi molto ingombranti
atti alla trasformazione dei suoni raccolti da un microfono in
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corrente elettrica fluente in un’elettrocalamita (detta “testina di
registrazione”), che magnetizza, a seconda del flusso di corrente
ricevuto, un nastro in grado di conservante tale magnetizzazione
sul lungo periodo.
Con l’introduzione del nastro magnetico nelle procedure di
produzione musicale professionale, prende vita la fase detta di
mixaggio. Grazie alla nuova tecnologia, infatti, è possibile
registrare più tracce audio e sovrapporle a proprio piacimento;
mentre in precedenza la registrazione avveniva
estemporaneamente, in “presa diretta”, (proprio come avviene
per l’immagine quando si scatta una fotografia), con l’avvento
del mixaggio si rese possibile la modificazione in studio delle
dinamiche musicali. Oggi come allora è possibile, solo per
limitarci ad un esempio essenziale, sovrapporre più linee vocali
per creare l’effetto di un coro che in realtà non è mai esistito.
Questo rende la registrazione qualcosa che, in determinate
circostanze, non potrà mai essere riprodotto fedelmente dal vivo,
se non mediante l’interpolazione di “filtri” ed effetti tra la
sorgente sonora e gli impianti di diffusione.
Le bobine di nastro magnetico, di notevole ingombro,
vengono inizialmente relegate al solo uso professionale, ad
esempio presso stazioni radiofoniche; solo nel 1966 Motorola
riusciva ad “inscatolare” un nastro magnetico a otto tracce
chiamato Stereo8, contenendone le dimensioni a quelle un
pacchetto di sigarette. Il passaggio successivo, realizzato grazie
all’olandese Philips, consiste nell’introduzione sul mercato della
musicassetta (compact cassette), ancora più piccola e
maneggevole rispetto al nastro Stereo8, ed inoltre più resistente
ed assai più dinamica e versatile sul piano delle prestazioni
audio. Ancora una volta la mossa vincente che permise la grande
diffusione della musicassetta, fu quella di concedere il brevetto
alle compagnie concorrenti. In questo caso Sony e Matsushita
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furono i soggetti che per primi adeguarono i propri apparecchi
hardware di home entertainment al nuovo standard emergente.
Nonostante la grandissima diffusione, la musicassetta non
sostituisce il disco in vinile, che resta il preferito per gli amanti
dell’alta qualità; piuttosto, essa riesce a ritagliarsi un ingente
spazio sul mercato grazie alle profonde modifiche prodottesi
nella sfera di fruizione musicale, ciò che si connette
inestricabilmente all’avvento dei lettori walkman o blaster (vedi
cap.3).
L’elemento di centrale importanza che rende la nascita della
musicassetta un momento fondamentale per l’industria
fonografica mondiale, è la possibilità di registrare o duplicare i
fonogrammi che per la prima volta si offre al consumatore, dando
origine ad una questione destinata ad evolversi senza trovare
apparente soluzione fino ad oggi. Ad esempio, la radio, che fino
ad allora era stata la principale alleata dell’industria fonografica,
garantendone la promozione dei prodotti, con la diffusione della
musicassetta e la conseguente nascita dell’ “home taping”
(duplicazione domestica) diviene involontariamente la migliore
alleata della produzione non autorizzata, sia ad uso privato che
per fini pirateschi sul piano commerciale.
2.3 IL DIGITALE: IL CD
La Bell Laboratories, compagnia di telefonia americana, alla
ricerca di un metodo per implementare la quantità d’informazioni
trasmissibili mediante un doppino telefonico, giunse alla
definizione di un sistema binario chiamato Pulse Code
Modulation (PCM), che venne utilizzato congiuntamente da
Philips e Sony per racchiudere un numero fino a quel momento
impensabile di informazioni all’interno di un disco del diametro
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di 12 centimetri, composto di resina termoplastica trasparente al
cui interno è racchiuso un sottile strato metallico. Il disco
contiene le informazioni codificate attraverso un’ alternanza di
“pits” e “lands” (letteralmente “buchi” e “terre”), che colpiti da
un raggio laser (tecnologia ancora una volta derivata dalla ricerca
bellica) possono rifletterlo o meno, generando il codice binario
individuato dalla Bell.
Fin dall’introduzione sul mercato, la nuova tecnologia costitì
un successo senza precedenti: le vendite superarono ampiamente
le aspettative, soprattutto grazie al cosiddetto effetto stock
1
Ovviamente, nonostante la grande portata, tale dinamica ebbe
una durata abbastanza limitata nel tempo; tuttavia, il CD divenne
rapidamente il formato predominante, essendo molteplici i
vantaggi offerti da quest’ultimo: oltre ad una maggiore qualità
sonora (destinata ad accrescersi ulteriormente in seguito alla
digitalizzazione delle tecniche di cattura del suono), il basso
costo, la durata fisica del disco che viene “letto” senza alcun
attrito da un raggio di luce concentrata, che non ne altera in alcun
modo la struttura.
Con l’affermazione del Compact Disc anche la pirateria ha
subito una variazione. Inizialmente, infatti, gli apparecchi per la
duplicazione dei CD erano molto costosi ed richiedevano tempi
abbastanza lunghi per la duplicazione di ogni singolo CD. Se per
certi aspetti ciò rendeva sconveniente l’home taping, non fu però
sufficiente a fermare l’industria della riproduzione illegale,
sempre economicamente interessata alla possibilità di eludere gli
obblighi SIAE. Le case produttrici dovettero cercare nuovi
metodi per contrastare il fenomeno. Uno di questi metodi,
chiamato SafeAudio, fu inventato dalla Macrovision, e consiste
1
Termine che indica la tendenza dei consumatori a riacquistare la propria
collezione musicale su vinile o musicassetta nel nuovo formato, per ragioni legate
alla maggiore resa audio ed alla minore deperibilità garantita dal nuovo supporto.
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nel creare CD contenenti settori volutamente danneggiati che un
lettore audio riconosce quali semplici imperfezioni e corregge
automaticamente, rendendo al tempo stesso impossibile la lettura
all’apparecchio duplicatore CD-Rom. Il SafeAudio è stato però
rapidamente abbandonato, quando alcune case produttrici sono
state citate in giudizio per avere immesso sul mercato prodotti
volutamente difettosi.
2.4 DAL MIDI ALL’ MP3
Le condizioni del mercato fonografico, almeno dal punto di
vista del commercio di software, appaiono statiche già da diversi
anni. Analizzando le caratteristiche dei consumi nel settore
dell’intrattenimento è facile notare come tutte le esigenze siano
confluite presso un unico apparecchio: il Personal Computer.
Lungi dal rappresentare un mero oggetto di svago, il PC è
divenuto un primariamente uno strumento di lavoro e, grazie alla
copertura quasi capillare offerta oggi dalla rete internet nel
mondo occidentale, uno straordinario mezzo di comunicazione e
di informazione.
Da questo momento in poi la storia dei supporti fonografici e
dell’industria fonografica stessa, appaiono indissolubilmente
legati alle possibilità offerte dal Personal Computer e dalla rete,
svincolando definitivamente la riproducibilità della musica e dei
suoni dall’esistenza di un qualsivoglia supporto fisico.
Agli inizi degli anni ’80 due progettisti della Sequential Circuit
(SCi), Dave Smith e Chet Wood, proposero le prime specifiche
del MIDI in un documento pubblicato sotto il nome di "The
complete SCI MIDI". Il MIDI è un codice informatico concepito
originariamente per consentire l’interazione dei diversi strumenti
musicali elettronici, ed indica inoltre un interfaccia hardware che
permette il collegamento fisico di più strumenti. In precedenza
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diverse case produttrici di strumenti musicali avevano offerto
prodotti interfacciabili tra loro, che essendo però basati su
algoritmi proprietari potevano funzionare solo su un limitato
numero di elementi hardware, realizzati dalla medesima casa
produttrice
2
.
Ora, il protocollo MIDI sviluppato da Smith e Wood superò tale
limite, grazie anche alla lungimiranza di soggetti economici di
settore quali Yamaha, Roland e SCI che, superati alcuni conflitti
iniziali, pervennero nel 1985 all’uniformazione dello standard.
Ma cosa consentiva il protocollo MIDI oltre alla possibilità di
collegamento tra strumenti musicali?
Consentiva – e consente tutt’ora, benché superato da
linguaggi di programmazione maggiormente efficaci - la
composizione musicale attraverso strumenti digitali e, elemento
ancora più innovativo, mediante il Personal Computer per via
diretta, riuscendo quindi ad entrare in ogni casa in virtù del
contenimento dei costi derivanti dall’acquisto di attrezzature
hardware.
Pur trattandosi di suoni palesemente artificiali, (è impossibile,
infatti, riprodurre la voce umana), questo limite diventa al tempo
stesso il punto di forza di tale formato, che si ritaglia una sua
nicchia di mercato come base musicale su cui il consumatore può
cantare e/o suonare; ciò, unito alla “leggerezza” del file Midi
(diversi minuti di musica possono essere contenuti in pochi
Kilobyte) ed al costo bassissimo di questa tecnologia – che
rimane tale anche dopo aver raggiunto un livello qualitativo
soddisfacente, ha consentito la sopravvivenza di questo formato
fino ai giorni nostri. In particolare recentemente il MIDI è stato
utilizzato nella creazione di suonerie per cellulari, utilizzo
talmente ampio da spingere la SIAE ad analizzare il fenomeno e
2
Evidentemente al fine di garantire ciò che in termini commerciali si definisce
fidelizzazione del target di consumo.
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a stabilire che, anche in questo nuovo ed originale campo
commerciale, le opere devono essere protette dal diritto d’autore,
e che quindi i distributori di queste suonerie devono
corrispondere un equo compenso agli artisti.
Con la diffusione di internet e del conseguente scambio di
informazioni attraverso la rete, molti programmatori cercarono
un metodo per comprimere i file audio senza perderne la qualità
originaria. Così nel 1992 vide la luce l’algoritmo di
compressione mpeg-1 seguito nel 1994 dall’mpeg-2, ma il
miglior rapporto tra compressione e qualità si raggiunse con
l’mpeg-3, meglio conosciuto come Mp3, questo algoritmo
permetteva di comprimere un file audio mantenendo una qualità
secondo alcuni pari a quella del CD, nonostante sia dimostrato
che con un certo allenamento è possibile distinguere un file Mp3
dal corrispettivo CD, l’Mp3 si è dimostrato come il futuro
dell’ascolto musicale. La storia di questo formato audio è
strettamente legata alla diffusione massiccia della pirateria;
grazie alla compressione Mp3, infatti, è possibile contenere un
brano musicale di 5 minuti in un file di 3-4Mb. Ciò ha reso
semplice lo scambio illegale di brani audio tra utenti e,
conseguentemente, ha implementato lo scambio in rete peer-to-
peer. Tuttavia le industrie discografiche recentemente hanno
riconosciuto l’utilità dell’Mp3, iniziando a commercializzare i
proprio prodotti on-line direttamente in questo formato, e dando
vita al cosiddetto e-commerce che - per esempio - ha reso
possibile l’acquisto via internet anche di singoli brani musicali,
permettendo un enorme abbattimento dei costi grazie al taglio
delle spese di distribuzione.