3
Il motivo di tale interesse è da ricercare nella più
ovvia delle constatazioni: la comunicazione è l'elemento
chiave e basilare dell'agire umano e non. Di fatto non esiste
situazione di interazione senza che non avvenga, comunque,
una qualche forma di scambio comunicativo.
Nell'accezione comune il termine comunicazione –
dal latino communicare, derivato da communis (mettere in
comune) – indica la capacità di rendere comune, far
partecipare gli altri di qualche cosa; conferire, infondere,
trasfondere ad altri o ad altra cosa ciò che è proprio (per lo
più in riferimento a qualità, condizione, proprietà, stati
d'animo, sentimenti, idee e pensieri).
In particolare, nell'ambito delle scienze sociali e del
comportamento, per comunicazione si intende il processo di
trasferimento di un'informazione contenuta in un sistema
“emittente” che, attraverso un mezzo o canale, viene
trasferito, in modo da provocare una reazione, ad un altro
sistema denominato “ricevente”.
Se è vero che la condizione primaria dell'uomo è
l'interdipendenza, ossia la relazione che unisce ogni uomo
agli altri uomini (al punto che quando ciò non accade non
compaiono neanche gli elementi essenziali dell'essere
4
uomo) la comunicazione appare la vera dimensione
sostanziale della condizione umana ed implica la
reciprocità. Trasmettere o ricevere, farsi capire o
comprendere sono condizioni sine qua non per esistere
socialmente. In questo senso la comunicazione e le
interazioni umane non possono essere separate che
artificialmente: sul piano dell'esistenza e del vissuto non
sono che una cosa sola.
Questo lavoro nasce proprio da questi presupposti che
si dimostrano ancora più evidenti all'interno
dell'organizzazione sanitaria ove le prestazioni sono erogate
da esseri umani per altri esseri umani; quindi la
comunicazione ne è elemento essenziale ed una sua
eventuale scarsità o alterazione è alla base di molte
problematiche che si possono verificare nell'attività
quotidiana.
5
CAPITOLO 1
COMUNICAZIONE E RISORSA
UMANA
Basi e strumenti della comunicazione umana
Definizione e struttura della comunicazione
Sono state date molteplici definizioni della
comunicazione; la più semplice e comprensiva è forse
questa: passaggio di un'informazione da un'emittente ad un
ricevente.
Come si può notare tale proposizione definisce,
genericamente, la comunicazione come scambio di
messaggi, ossia un processo nel corso del quale sono
trasmessi dei significati tra persone o gruppi.
In realtà la questione è più complessa poiché
possiamo affermare che ogni comunicazione pone almeno
sette quesiti
1
:
1. Chi parla?
1
Cocco G., Tiberio A., Lo sviluppo delle competenze relazionali in ambito
sociosanitario, FrancoAngeli, Milano, 2005
6
2. Cosa dice?
3. A chi?
4. Dove?
5. Come?
6. Perchè?
7. Con quale risultato?
Essa, inoltre, implica una struttura con i seguenti
elementi:
1. l'emittente e il ricevente che possono essere una
o più persone ciascuna o tutte con propri mondi
percettivi;
2. il messaggio, ossia qualunque suono, immagine
o comportamento che viene inviato;
3. i canali o mezzi di espressione e di trasmissione
del messaggio, che comprendono sia un sistema di
segni (linguaggio, gesti, sguardi, atteggiamenti) che
modalità socio-tecniche (incontri, riunioni, lettere,
telefono, radio, TV, computer);
4. il contesto o ambiente in cui avviene la
comunicazione.
7
Analizzando tale struttura si comprende come
possano esistere numerosi rischi di alterazione (le
interferenze) a partire dal momento in cui il mittente cerca
di stabilire una comunicazione con un ricevente, poiché c'è
dapprima una codificazione (traduzione del senso in segno),
una trasmissione del messaggio, una decodificazione
interpretativa, poi la reazione e la risposta del ricevente al
mittente e, dunque, di nuovo tutte queste operazioni.
Esaminando più nei particolari gli elementi strutturali
della comunicazione, possiamo notare che l'emittente è
l'elemento che trasmette il messaggio. Pur adoperando lo
stesso vocabolario e lo stesso linguaggio del ricevente, egli
non dà sempre lo stesso significato alle parole di colui che
riceverà il messaggio stesso, poiché ognuno concettualizza
la realtà in base alle proprie esperienze e al proprio mondo
interiore.
Di fatto ogni persona usa un proprio codice di lettura
della realtà e si serve dello stesso codice per trasmettere dei
messaggi. Non è detto, però, che anche l'altro col quale si
interagisce abbia lo stesso codice; è necessaria la
costruzione di una piattaforma comune – un codice comune-
affinché i messaggi del trasmittente arrivino, con lo stesso
8
significato, al ricevente. Non bisogna mai dimenticare che
il messaggio è ciò che l'altro recepisce quando si parla (o
scrive), non ciò che si intende dire. Di fronte ad ogni realtà
nessuno è in una posizione neutra, in quanto essa si
seleziona, si percepisce e si interpreta secondo connotazioni
ben precise formatesi in noi a causa del nostro vissuto, delle
nostre esperienze, del nostro modo di essere. Di
conseguenza, nel trasmettere all'altro si può facilmente
perdere la sintonia perchè diversi ed avere, perciò, una
relazione comunicativa distorta.
Ogni comunicazione, ha sottolineato Shannon
2
, viene
ad essere trasmessa probabilisticamente perchè
nell'emittente vi è una codificazione del messaggio in
simboli e nel ricevente una correlativa decodificazione.
Del resto, è stato opportunamente notato che è nel
processo di simbolizzazione/desimbolizzazione che si
stabilisce la probabilità dell'arrivo finale dell'informazione,
per il fatto che i canali attraverso cui il processo si verifica
hanno capacità limitata rispetto alla quantità delle
informazioni ricevute.
2
Shannon C.E., Weaver W., La teoria matematica delle comunicazioni, Etas
Kompass, Milano, 1971
9
Miller
3
ha, al proposito, calcolato che nel linguaggio
parlato (inglese) chi parla produce teoricamente 66 unità di
informazione (bit) al secondo; la quantità di informazioni
praticamente ricevuta è invece ridotta, dalla struttura del
Sistema Nervoso Centrale a soli 8 bit al secondo, quindi con
uno sfruttamento dei simboli linguistici di appena il 12%.
È evidente che il messaggio viene ricevuto tanto più
esattamente quanto più esistono contemporanei canali di
comunicazione (precedente conoscenza del soggetto,
sintonia con il suo stato affettivo, uguaglianza negli schemi
generali di riferimento, visibilità completa dell'interlocutore,
percezione del suo inconscio) che ridiano al messaggio
ricevuto parte della ridondanza che aveva in partenza, ma
tutto ciò è ancora condizionato dal funzionamento
probabilistico delle proprie soglie percettive e dalla
familiarità che si ha con l'altro.
Ne consegue che, in termini funzionali, l'emittente
affinché risulti efficace nella propria funzione comunicativa
deve:
1. individuare il destinatario a cui si rivolge;
2. scegliere i veicoli coi quali vuole comunicare;
3 Miller A., Language and communication, McGraw-Hill, New York, 1981.
10
3. abituarsi a descrivere la realtà nella sua
fenomenologia (il più oggettivamente possibile dando
all'altro la possibilità quasi di “vedere” i fenomeni
così come accadono);
4. accertarsi che gli strumenti di ricezione del
destinatario siano in grado di raccogliere fedelmente
il messaggio;
5. compilare il messaggio, chiarendo il più
possibile il significato che si dà alle parole e cercando
di distinguere i fatti dalle proprie interpretazioni e
dalle proprie sensazioni o sentimenti.
Il contesto, sia esso ambiente o situazione in cui
avviene la comunicazione, influenza il pattern globale di
comunicazione.
Generalmente il contesto può essere analizzato sotto
quattro dimensioni: fisica, psicologica, temporale e sociale.
Tutte interagiscono e si influenzano reciprocamente.
Il contesto fisico è l'ambiente entro cui si situa ed
avviene la comunicazione. Esso esercita sempre
un'influenza sulla comunicazione, nel senso che può sia
stimolarla che ostacolarla. Si pensi, ad esempio,
all'influenza che può avere sull'efficacia della didattica o di
11
una conferenza, un'aula fredda e con poca luce o, al
contrario, un ambiente caldo ed accogliente.
Per contesto psicologico si indica l'atmosfera entro
cui si svolge la comunicazione: questa può essere
caratterizzata da empatia o freddezza emotiva, da serietà o
umorismo, da formalità o informalità, etc..
La dimensione temporale, invece, include sia il tempo
quotidiano che il tempo storico in cui ha luogo l'atto
comunicativo.
La dimensione sociale del contesto, infine, include
quelle relazioni di status e/o di ruolo che i poli del processo
comunicativo giocano; gli atteggiamenti ed i costumi
culturali; i valori e le norme vigenti nella società in cui gli
individui interagiscono.
Nel momento di arrivo al ricevente, la comunicazione
di un messaggio può avere incontrato parecchi ostacoli
dovuti sia al modo di porsi di chi emette la comunicazione
sia al filtro o barriera che oppone colui che riceve; gli
ostacoli simmetrici tra emittente e ricevente sono stati
classificati in tre gruppi:
1. Elementi oggettivi: mancanza di chiarezza
nell'esporre i concetti; spiegazioni non adeguate al
12
livello culturale del ricevente; linguaggio poco
comprensibile;
2. Elementi di personalità: influenza dei quadri di
riferimento personali che producono parzialità di
trasmissione da parte dell'emittente e deformazione
nell'interpretazione da parte del ricevente;
3. Elementi psicosociologici: riguardanti i ruoli ed
i climi psicologici in cui si svolge la comunicazione.
I sistemi di comunicazione
Come si è già accennato, tra le caratteristiche più
evidenti ed importanti della comunicazione è che essa non è
formata da un solo sistema comunicativo, anche se
comunemente il sistema verbale è quello considerato più
importante. Secondo Tajfel e Fraser sono quattro i sistemi
comunicativi dell'uomo: verbale, intonazionale,
paralinguistico e cinesico
4
.
Il sistema verbale. Pur essendo il peculiare strumento
attraverso il quale la specie umana dà vita al complesso
sistema di segnalazione e di scambi simbolici e l'elemento
tipico differenziante l'uomo dalle grandi scimmie, il
4 Tajfel H., Fraser C., Introduzione alla psicologia sociale, Il Mulino, Bologna,
1979
13
linguaggio di per sé ci dice molto, ma non tutto, sul
significato di ciò che viene comunicato. Il significato deriva
anche dall'ambiente sociale e dalla comprensione implicita
condivisa. Nonché dai background comuni che sono difficili
da definire.
Per linguaggio si intende quell'attività formalizzatrice,
non istintiva ma acquisita – culturale – con cui il
comunicante rende comprensibili a sé ed ai suoi simili i
propri contenuti logici ed emotivi, attraverso un sistema di
simboli volontariamente elaborato.
Il sistema intonazionale. Nel linguaggio parlato il
sistema verbale è del tutto combinato con un uso sistematico
di diversi gradi di intensità, sottolineature, congiunzioni.
Non sono le parole in sé che ci dicono se l'affermazione:
“Tu credi che essi stiano bene”, debba essere considerata
come dichiarativa o interrogativa, ma una caduta o un
innalzamento del tono alla fine della frase.
Il sistema paralinguistico. Quando parliamo, usiamo
altri elementi oltre il sistema verbale ed intonazionale del
linguaggio ma produciamo anche una serie di vocalizzazioni
aggiuntive (come “uhm”, “ah”, le risatine, etc.); inoltre la
paralinguistica comprende anche fenomeni relativi al ritmo
14
del discorso, all'uso del silenzio, particolarmente nella
forma di pause e fenomeni di esitazione.
Il sistema cinesico. Questo termine viene usato per
descrivere movimenti corporei e facciali, molti dei quali, si
è dimostrato, avvengono in forme standardizzate, con chiaro
significato comunicativo.
Si pensi, per esempio, alla funzione fondamentale dei
movimenti delle mani o alle variazioni dei movimenti del
capo che possono trasmettere importanti informazioni circa
l'attenzione, l'accordo e l'incoraggiamento da parte
dell'ascoltatore a colui che parla, perchè continui.
Per non parlare poi dell'espressività dei movimenti
facciali: se pensiamo ad un viso sorridente si capisce come
le espressioni facciali possano avere una rilevanza
comunicativa notevole. Di fatto, si può sostenere che il
volto è secondo solo alla voce in quella che è chiamata, tra
l'altro, comunicazione “faccia a faccia”. Infine, come si
vedrà più avanti, anche la spazialità – la prossemica – ha
una funzione comunicativa molto importante nell'ambito del
processo di interazione.
15
La pragmatica della comunicazione
Per la straordinaria importanza rivestita dall'opera di
P. Watzlawick e dei suoi colleghi della Scuola di Palo Alto,
in California, vale la pena analizzare più approfonditamente
l'essenza del loro contributo originale che sta alla base degli
studi sulla pragmatica della comunicazione.
Fondando l'approccio sistemico – vera e propria
rivoluzione copernicana nell'ambito delle scienze umane,
avendo spostato l'attenzione dall'intrapsichico all'interazione
tra gli individui – Watzlavick riformula l'analisi della
funzione comunicativa dell'uomo, tenendo conto soprattutto
dei suoi aspetti analogici e centrando l'attenzione dal
processo comunicativo intenzionale a quello non
intenzionale e non verbale.
A partire da questo Autore, insomma, non è più
possibile ignorare che – all'interno di un rapporto
interpersonale, sia esso di coppia, di gruppo o di
un'organizzazione – comunque si attua un agire
comunicativo che segna e determina la relazione stessa, in
un verso od in un altro.
Pertanto si riassumono i principali assiomi della
comunicazione, secondo la teoria di Watzlavick.
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1. L'impossibilità di non comunicare
Il comportamento non ha il suo opposto. È talmente
ovvio che spesso lo si dimentica. In altre parole: non esiste
qualcosa che sia un non-comportamento o, più
semplicemente, non è possibile non avere un
comportamento. Afferma Watzlavick, in un brano che ormai
è diventato un vero e proprio punto cardinale degli studi
sulla comunicazione:
C'è una proprietà che difficilmente potrebbe essere più
fondamentale e proprio perchè è troppo ovvia viene spesso trascurata;
il comportamento non ha un suo opposto. In altre parole, non esiste un
qualcosa che sia un non-comportamento o, per dirla anche più
semplicemente, non è possibile non avere un comportamento. Ora, se
si accetta che l'intero comportamento in una situazione di interazione
ha valore di messaggio, vale a dire è comunicazione, ne consegue che
comunque ci si sforzi, non si può non comunicare.
L'attività o l'inattività, le parole o il silenzio hanno tutti valore
di messaggio: influenzano gli altri e gli altri, a loro volta, non possono
non rispondere a queste comunicazioni e, in tal modo, comunicano
anche loro. Dovrebbe essere ben chiaro che il semplice fatto che non
si parli o che non ci si presti attenzione reciproca non costituisce
eccezione a quanto è stato appena asserito.
L'uomo che guarda fisso davanti a sé mentre fa colazione in
una tavola calda affollata o il passeggero d'aereo che siede con gli
occhi chiusi, stanno entrambi comunicando che non vogliono parlare
con nessuno né vogliono che si rivolga loro la parola e i vicini, di
solito, “afferrano il messaggio” e rispondono in modo adeguato
lasciandoli in pace. Questo, ovviamente, è proprio uno scambio di
comunicazione nella stessa misura in cui lo è una discussione animata.
Neppure possiamo dire che la comunicazione ha luogo soltanto
quando è intenzionale, conscia o efficace, cioè quando si ha la
comprensione reciproca.