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1. La giuridicità dell’ordinamento sportivo
In passato la dottrina non era unanime nel riconoscere la
natura di ordinamento giuridico al fenomeno sportivo, oggi
invece si propende fortemente sull’esistenza sicura di codesta
natura, in virtù della ricorrenza palese dei tre caratteri salienti
di un ordinamento giuridico, consolidatisi soprattutto negli
ultimi decenni, ossia plurisoggettività, organizzazione, potestà
normativa propria. Peraltro sulla giuridicità dell’ordinamento
sportivo concorda anche la corte costituzionale, la quale, in
una sia pur non recente sentenza, la n. 625 del 1978, ha avuto
modo di affermare efficacemente che “Il fenomeno sportivo,
quale attività disciplinata sia in astratto che in concreto, visto
indipendentemente dal suo inserimento nell’ordinamento
statale, si presenta come un’organizzazione a base
plurisoggettiva per il conseguimento di un interesse generale.
È un complesso organizzato di persone che si struttura in
organi cui è demandato il potere-dovere, ciascuno nella sua
sfera di competenza, di svolgere l’attività disciplinatrice per il
conseguimento dell’interesse generale. È dunque un
ordinamento giuridico.”
A ben vedere, a mio avviso, poiché all’interno
dell’unico, generale ordinamento sportivo le federazioni di
ciascuna disciplina sportiva emanano proprie norme, può dirsi
che il complesso di tali atti normativi costituiscano, a loro
volta, altrettanti ordinamenti giuridici, ovvero altrettanti settori
del generale ordinamento sportivo, tanti quanti sono le
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federazioni di ciascuna disciplina sportiva (di questa opinione
M.S. GIANNINI, Diritto Amministrativo, I, 1970, p. 798).
Quello sportivo, pur essendo articolazione
dell’ordinamento sportivo internazionale facente capo al
Comitato Olimpico Internazionale, opera nell’ambito
territoriale dello stato. Ecco perché è necessario guardare ai
rapporti intercorrenti fra l’ordinamento statale e quello
sportivo. Anzitutto è certamente da escludere un rapporto di
indifferenza fra i due ordinamenti, giacchè l’interesse per il
quale è costituito l’ordinamento sportivo, cioè l’incremento e
la diffusione dell’attività sportiva, è assunto dall’ordinamento
statale anche come proprio fine di carattere generale. Questa
coincidenza di obiettivi comporta un riconoscimento e
un’ammissione interna dell’ordinamento sportivo, che sotto il
profilo formale si sono attuati con la “statalizzazione”
dell’ente rappresentativo dell’ordinamento sportivo, il CONI,
al quale è stata riconosciuta, con la l. n. 426/1942, natura di
ente dotato di personalità giuridica, teleologicamente posto
alla cura, organizzazione, potenziamento dello sport nazionale,
curando la preparazione degli atleti e la massima diffusione
della pratica sportiva.
Perciò gli atti amministrativi e regolamentari adottati
dal CONI, fanno ricadere i loro effetti anche nell’ordinamento
giuridico statale sempre che siano conformi a questo.
Ovviamente sussistono degli ambiti di operatività dello
Stato nell’ordinamento sportivo, cioè pur essendo complesso
tracciare confini netti ed immutabili, pura utopia anzi, è chiaro
che l’intervento statale sarà sempre vivo e sussidiario qualora
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la legislazione sportiva si riveli inadeguata o addirittura
inefficace in certi ambiti, soprattutto quelli in cui più marcato
è l’interesse pubblicistico.
A complicare abbastanza questo quadro c’è il fatto che
lo sport (il calcio in primis), è pressochè totalmente attratto
dalle logiche di mercato, vista l’enorme e forse spropositata
circolazione di danaro. Con tale situazione è divenuto
inevitabile per la legislazione statale incorporare le società
sportive nell’alveo di quelle commerciali; nessuna erosione
dunque dell’autonomia dell’ordinamento sportivo, ma
semplicemente una giusta presa d’atto del legislatore statale di
una situazione chiara.
Per quanto riguarda poi la risoluzione delle
controversie, in linea generale si deve ritenere operativa in
modo esclusivo la giustizia sportiva e dei suoi organi, nelle
materie di propria competenza, salvo il diritto di
richiedere,innanzi agli organi di giustizia ordinaria, la tutela di
particolari situazioni soggettive lese. Un vincolo di giustizia
esteso da questioni attinenti l’andamento delle competizioni a
diritti fondamentali del soggetto, si porterebbe in contrasto con
i diritti costituzionalmente protetti della difesa e costante tutela
del lavoro.
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2. I soggetti dell’ordinamento sportivo
Numerosi sono i soggetti che agiscono nell’ambito
dell’ordinamento sportivo.
Oltre agli atleti, protagonisti indiscussi, altre figure
popolano il mondo dello sport rendendone possibile l’esistenza
ed il funzionamento. Si tratta di tutte quelle figure che, a vari
livelli e a vario titolo, concorrono a compiere le operazioni
connesse allo svolgimento dell’evento sportivo.
Quanto alla figura dell’atleta la possibilità che lo
svolgimento di un’attività sportiva consenta l’acquisizione di
tale qualifica richiede taluni presupposti. Da un lato, è
necessario che l’esercizio dell’attività sportiva non sia fine a se
stessa, ma sia svolta con l’intento di misurare le proprie
capacità con quelle di altri soggetti che praticano lo stesso
sport, partecipando a competizioni sportive che consentano di
essere valutati entrando a far parte di una graduatoria ufficiale.
Dall’altro, è necessaria l’appartenenza all’ordinamento
giuridico sportivo, nel cui ambito sono gestite le diverse
pratiche sportive attraverso regole che disciplinano
l’organizzazione e lo svolgimento delle competizioni.
Lo status di atleta si acquista, pertanto, nel momento in
cui, chi pratica uno sport, entra a far parte dell’ordinamento
sportivo: il che accade mediante il c.d. tesseramento o
cartellinamento, e cioè l’iscrizione presso la federazione dello
sport praticato, effettuata direttamente dal soggetto interessato
o per il tramite di una associazione sportiva cui sia iscritto. Si
tratta di un atto formale senza il quale non si può essere
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qualificati atleti, e grazie al quale si ottiene l’imputazione dei
risultati, l’inserzione nelle graduatorie e, più in generale, si
diventa titolari di una serie di rapporti giuridici nei confronti
degli altri soggetti dell’ordinamento sportivo, assumendo
altresì l’obbligo di praticare lo sport prescelto osservando i
principi, le norme e le consuetudini sportive (art. 31 dello
statuto del CONI).
Nell’ambito della categoria in esame, grande
importanza assume la distinzione tra atleti professionisti e
dilettanti.
Per i primi, lo svolgimento dell’attività sportiva
costituisce oggetto di un rapporto di lavoro da cui deriva, tra
l’altro, il diritto alla retribuzione; i dilettanti sono, invece, gli
atleti che svolgono attività sportiva per divertimento o svago,
senza alcun obbligo contrattuale e, in linea generale, senza
retribuzione né incentivi di sorta, anche se ultimamente
anch’essi godono di una tutela processuale.
Questa distinzione è rimessa alle rispettive federazioni,
che vi provvedono con propri regolamenti e con osservanza
dei criteri che, a tal fine, sono dettati dal Consiglio Nazionale
del CONI (art. 5, comma 2, lett. D del d.lgs n. 242/1949).
In ogni caso è la stessa legge n. 91/1981 che concorre a
tale distinzione dettando, ai fini della sua applicazione, una
definizione di atleta professionista, che viene identificato in
colui il quale venga riconosciuto tale ad opera della
federazione, la cui prestazione sportiva venga resa con i
caratteri della onerosità e della continuità in favore di una
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società costituita sottoforma di società per azioni o a
responsabilità limitata.
La predetta legge, poi, stabilisce che la prestazione a
titolo oneroso dell’atleta costituisce oggetto di contratto di
lavoro subordinato, regolato dalle norme contenute nella
medesima legge, salve le eccezioni di cui al suo art. 3.
Oltre agli atleti, particolare importanza assumono le
figure degli allenatori, dei preparatori atletici e dei direttori
tecnico-sportivi, che la legge n. 91/1981 fa rientrare
nell’ambito del professionismo sportivo, rendendoli destinatari
delle norme in essa contenute.
Secondo la prassi sportiva, sono allenatori quei soggetti
che, in base alle norme di ciascuna federazione, svolgono
compiti di selezione, allenamento ed istruzione degli atleti,
mentre i preparatori atletici provvedono alla cura della
formazione atletica dello sportivo.
I direttori tecnico-sportivi sono invece di più difficile
inquadramento. Se, infatti, vengono definite tali quelle figure
che partecipano in qualche modo delle funzioni proprie degli
allenatori e dei preparatori atletici, non sussiste alcun dubbio
nel ritenerli destinatari della legge n. 91/1981. Se, viceversa, il
termine serve ad individuare i dirigenti di federazioni, società
e associazioni sportive che, a vari livelli, collaborano allo
sviluppo dello sport con il loro bagaglio di esperienze e
conoscenze tecniche, dovrà escludersi l’applicazione nei loro
confronti della legge in questione.
La legge n. 91/1981 non si occupa della figura degli
arbitri, fondamentali per garantire il regolare svolgimento
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delle competizioni sportive, figura regolamentata però dall’art.
33 dello statuto del CONI.
Per quanto riguarda la struttura organizzativa, numerosi
sono gli enti collettivi che provvedono alla realizzazione
pragmatica dell’assetto sportivo; è una struttura piramidale, al
cui apice troviamo il Comitato Olimpico Nazionale Italiano
(CONI), che è entrato a far parte dell’ordinamento statale con
legge n. 426/1942, subendo poi, negli anni, profonde
modifiche.
Anzitutto il legislatore, per la prima volta, ha
riconosciuto esplicitamente l’appartenenza del CONI
all’ordinamento sportivo internazionale, ai cui principi è
tenuto a uniformarsi, e ha specificato le diverse funzioni che lo
stesso ente è tenuto ad assolvere nella duplice veste di ente
dell’ordinamento sportivo e dell’ordinamento statuale.
Nel riconoscere l’appartenenza all’ordinamento sportivo
internazionale il d.lgs. n. 242/1999 prevede che il CONI si
conformi ai principi da questi dettati, in armonia con le
deliberazioni e gli indirizzi emanati dal Comitato Olimpico
Internazionale (CIO). Tale appartenenza viene ribadita
nell’art. 4 dello Statuto dove si chiama il CONI a
salvaguardare la propria autonomia da ingerenze di natura
politica, religiosa ed economica, in conformità ai principi
fissati nella Carta Olimpica.
Il CIO, insieme alle federazioni sportive internazionali,
costituisce un organismo sopranazionale, che detta norme
vincolanti, secondo i principi della Carta Olimpica, per tutti
coloro che praticano lo stesso sport nei diversi Paesi che ad
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esso aderiscono. In particolare tale organizzazione è composta
dai vari rappresentanti degli stati membri, con il compito
principale di organizzare i giochi olimpici, sovrintendendo al
loro svolgimento.
Il d. lgs. n. 242/1999, dunque, nel fissare il principio di
autonomia sportiva del CONI, fa limpidamente richiamo ai
principi dell’ordinamento sportivo internazionale fissati dal
CIO. Essi in tal modo si pongono, da un lato, come criteri
direttivi dell’attività del CONI, dall’altro, come limiti che lo
stesso ordinamento statale si impegna a non superare nel
dettare la disciplina del CONI quale ente pubblico. Proprio in
tal veste, di ente dotato di personalità giuridica di diritto
pubblico, è statuito il suo assoggettamento, sotto il profilo
della vigilanza, al Ministero per i beni e le attività culturali
(art. 1, d. lgs. n. 242/1999).
In particolare il CONI oltre a presiedere
all’organizzazione delle attività sportive su scala nazionale, e
oltre a dettare i principi fondamentali per la disciplina delle
stesse, deve legiferare nel suo ambito in una direzione sempre
volta alla tutela della salute degli atleti, sotto ogni punto di
vista, reprimendo quindi l’utilizzo di sostanze dopanti con
apposti organi atti a controlli sempre più fitti e mirati; tutto ciò
è previsto, ovviamente, anche nell’intento di non alterare i
reali valori fisici degli atleti, con l’obiettivo di rendere sempre
cristalline le competizioni sportive, sia sotto il profilo
sanitario, ma anche sotto un profilo strettamente morale.
La riforma del 1999 è stata poi seguita da quella di cui
al d.l. n. 138/2002, convertito in l. n. 178/2002, che ha
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trasferito alla CONI Servizi s.p.a. (costituita per legge e le cui
azioni appartengono interamente al Ministero dell’Economia e
delle Finanze) le attività strumentali del CONI, statuendo che i
rapporti, anche finanziari, tra CONI e CONI Servizi s.p.a.,
siano regolati da un contratto di servizio annuale. Per effetto
della legge in questione, il personale del CONI resta alle
dipendenze della CONI Servizi s.p.a., la quale succede in tutti
i rapporti attivi e passivi e nella titolarità dei beni facenti capo
all’ente pubblico. Relegando così l’ente pubblico CONI ad una
funzione di indirizzo e promozione dello sport.
Quanto alle federazioni, ciascuna di esse, come visto,
per ogni singolo sport provvede a dettarne le regole e a gestire
il potere disciplinare in caso di loro violazione, concorrendo
con il CONI all’organizzazione e al potenziamento dello sport
nazionale e all’approntamento delle delegazioni di atleti per la
Olimpiadi e le altre manifestazioni sportive. Inoltre, su delega
del CONI le federazioni provvedono al riconoscimento delle
società che intendono organizzare attività di sport, conferendo
alle stesse la qualità di società sportive all’interno
dell’ordinamento sportivo.
Nell’ambito dell’organizzazione delle federazioni
sportive, un cenno occorre fare alle “Leghe”, che hanno
assunto una notevole rilevanza, soprattutto nel gioco del
calcio. Si tratta di organismi associativi, di natura privatistica,
di cui fanno parte società sportive, già affiliate alle rispettive
federazioni, aventi lo scopo di rappresentare le società ad esse
affiliate nella stipulazione degli accordi di lavoro e nella
predisposizione dei contratti-tipo, sulla cui base stipulare i
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contratti individuali degli atleti professionisti. Inoltre, le Leghe
hanno il compito di organizzare l’attività agonistica delle
associate attraverso la fissazione dei calendari delle
competizioni ufficiali, e di rappresentare le società affiliate nei
rapporti con le federazioni e con altre Leghe.
Infine, protagoniste assolute nell’ambito
dell’ordinamento sportivo sono le associazioni e le società
sportive, che consentono attraverso i propri associati e tesserati
lo svolgimento dell’attività sportiva.
La prima previsione normativa di tali forme associative,
aventi ad oggetto lo svolgimento di attività sportive, era
contenuta già nella legge istitutiva del CONI n. 426/1942.
L’art. 10 di tale legge, prevedeva l’esistenza di “società e
sezioni sportive”, per le quali l’inquadramento
nell’ordinamento sportivo nazionale era subordinato al
riconoscimento da parte del CONI, e al conseguente loro
assoggettamento alla potestà disciplinare e tecnica delle
rispettive federazioni nazionali.
Successivamente, il d.P.R. 28 marzo 1986 n. 157 ha
previsto che le società, le associazioni e gli enti sportivi non
hanno scopo di lucro, e sono riconosciuti, ai fini sportivi, dal
consiglio nazionale del CONI, o, per delega, dalle federazioni
sportive nazionali (art. 32); che tali organismi associativi sono
retti da uno statuto approvato dall’organo che procede al loro
riconoscimento; che essi sono soggetti dell’ordinamento
sportivo ed esercitano le loro attività secondo le norme e le
consuetudini sportive.