8ma il mio dubbio più grande era “ma cos’è in pratica un museo della
scienza?”, lo stesso dubbio che attanagliava i miei amici, i miei genitori e
in particolare mio padre che, ormai vivendo da alcuni anni a Napoli, mi
aveva accompagnato fin lì.
Città della Scienza è questo:una giovane comunità che vive e lavora
in una vecchia fabbrica chimica, recuperata con un’ elegante operazione
di archeologia industriale e affacciata sul Golfo di Napoli, sotto la collina
di Posillipo, tra Nisida e Bagnoli.
65.000 mq su cui si distende la più moderna interpretazione di un
concetto, anzi di un valore, che è uno degli elementi fondanti della
costituzione mai scritta ma operante da almeno quattrocento anni nella
«Repubblica della Scienza»: comunicare tutto a tutti, per rendere il
sapere scientifico un bene a disposizione non di questo o di quello, ma
dell’intera specie umana
9
.
Il contrasto tra la bellezza del paesaggio, l’eleganza della struttura,
la generosità dell’aspirazione e la carcassa degradata di quello che fu il
cuore industriale di Napoli e del Mezzogiorno d’Italia e che ora giace
stesa intorno a Città della Scienza, non potrebbe essere, come si usa
dire, più stridente e più simbolico al tempo stesso.
Miseria e nobiltà, direbbe Eduardo Scarpetta. Il volto, e forse l’anima
di Napoli.
Va detto, come premessa generale, anche se non è questo il luogo
per approfondire questa carenza, che il nostro paese è, tra quelli
industrializzati, il più arretrato non solo in quanto all’esistenza di science
centre effettivamente operativi, ma – più in generale – anche in quanto
alla presenza di soggetti che si siano dedicati seriamente al compito della
divulgazione dei risultati della ricerca scientifica e tecnologica presso il
pubblico dei non addetti ai lavori.
La sfida più importante per me, sarà perciò, non tanto comunicare la
nascita e lo sviluppo ‘materiale’ della struttura, che pur è appunto il primo
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Rossi P., 1997, La nascita della scienza in Europa, Laterza.
9nel suo genere in Italia, quanto riuscire a trasmettere il senso
dell’impegno e la tenacia ideologica con cui si sono raggiunti tali risultati.
E’ questo che conferisce a Città della Scienza, qualcosa in più,
rispetto al resto degli science centre, il fatto che si respiri in ogni metro
quadro dell’area in cui essa sorge, un senso di cooperazione, di crescita
e di impegno comune. La carta vincente di Città della Scienza è proprio
questo: aver avuto un’ottima idea di base ed aver cercato di fonderla con
il tessuto socio-culturale, sfruttando nel modo migliore la riconversione
industriale, cambiando il tipo di produzione, da quella industriale a quella
culturale.
Solo in questo modo si è riusciti, in parte, a colmare quel vuoto che
la dismissione ha lasciato a Bagnoli, quel vuoto che attanaglia Vincenzo
Bonocore, il protagonista del romanzo La dismissione di Ermanno Rea,
ex operaio dell’Ilva che vede smantellare la fabbrica sotto i suoi occhi, per
rivenderne i pezzi sul mercato cinese.
Naturalmente, chi scrive ritiene che gli science centre, e Città della
Scienza nello specifico, per le la loro natura interattiva, costituiscano uno
strumento efficace perché questo obiettivo si compia. Nonostante ciò, da
un lato gli sforzi oggettivi (progettuali, economici, gestionali, ecc.)
necessari ad avviare un’impresa di questo tipo: dall’altro la gravità della
situazione italiana, portano a considerare utili tutte le possibili occasioni di
incontro tra scienza e società; un’incontro che, tra l’altro, ad un’analisi
anche superficiale delle risposte qualitative e quantitative dei pubblici che
la divulgazione scientifica è capace di muovere, appare sempre più
sollecitato dalla società stessa.
E’in quegli stessi anni, o poco dopo le vicende che ci narra Ermanno
Rea, alla fine degli anni ’80, che Silvestrini e il suo giovane staff (altro
punto di forza della Fondazione Idis, che rende merito ancor di più, se
possibile, al grande Silvestrini) intraprendono, con la prima edizione della
mostra scientifica Futuro Remoto, alla Mostra d’Oltremare, il viaggio
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stupendo che li ha condotti ad essere oggi, il miglior museo scientifico
d’Europa.
In questo mio elaborato, l’obiettivo che mi sono preposta, è quello di
tracciare un filo conduttore che unisca e spieghi come si è arrivati al
traguardo in cui lo science centre di Bagnoli è oggi, analizzando modelli
già operanti a livello internazionale e di pervenire, quindi, alla definizione
di una tipologia innovativa di “museo scientifico” inteso non
tradizionalmente come luogo di conservazione di reperti e collezioni, ma
come “laboratorio” aperto ai bisogni conoscitivi della società, e al modo
migliore per far apprendere ad essa l’essenza degli esperimenti
scientifici.
Nel solco della tradizione museologica inaugurata nel 1969 con la
fondazione dell’Exploratorium di San Francisco e poi proseguita nella
pratica di numerose istituzioni in tutto il mondo.
Perciò ho ritenuto doveroso, partire da lontano dall’ultimo trentennio
dell’800, anni in cui a Napoli, si è capito che l’area di Bagnoli doveva
essere sfruttata. Da questo punto ho tracciato tutto il percorso che, tra
dubbi e incertezze, ha visto sorgere a Via Coroglio, quella che i
napoletani definiscono per antonomasia, LA FABBRICA.
Ma LA FABBRICA, come ho accennato sopra, negli anni ’80 chiude i
battenti. E’ qui che entrano in gioco le fervide menti di Silvestrini e Lipardi:
cercavano un posto dove far nascere il loro sogno e decisero che il loro
sogno doveva nascere lì, a Bagnoli, a Via Coroglio, tra i fantasmi della
fabbrica ormai smantellata. E’ stato avvincente seguire le loro vicende, il
loro percorso non sempre facile, anzi spesso in salita, e soprattutto
vedere come, credendo in se stessi e nei propri progetti, si possa
realizzare qualcosa di buono (anche se, tengo a precisarlo in alcuni
momenti critici, Silvestrini & Co. Sono stati supportati da una forza politica
che era dalla loro parte, e spesso contrastati da un’altrettanto forte
movimento politico che tanto dalla loro parte non era).
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Saranno illustrati, quindi tutti i passi dell’iter burocratico che l’odierna
Fondazione Idis ha dovuto mettere in atto per fondare il proprio statuto e
per arrivare al punto a sviluppare il nodo centrale dell’elaborato: quello
che è oggi Città della Scienza, e come assolve le sue funzioni, che sono
principalmente quella formativa e quella spettacolare, o meglio, riuscire a
dimostrare come la funzione spettacolare, in Città della Scienza si mette
a servizio di quella formativa.
Necessario, è stato quindi, tracciare una linea di confine tra la
definizione di museo della scienza e science centre, capire attraverso il
parere di illustri studiosi, se l’idea di science centre è accostabile a quella
di museo e perché.
E poi dopo questa breve premessa, si è finalmente pronti ad entrare
in Città della Scienza, in un’immaginaria visita che possa servire da guida
per inoltrarsi in ogni sezione che compone lo science centre di Bagnoli:
dal recupero architettonico esterno di Pica Ciamarra, passando per le
varie sezioni espositive del museo vivo, fino agli exhibit interattivi, hands
on, della Palestra della Scienza, per giungere all’Officina dei Piccoli e
guardare con lori occhi il mondo, fino ad un accenno di due sezioni
fondamentali ma non propriamente tangibili: il Dipartimento Formazione e
Lavoro, che supporta e affianca in un periodo così critico, i giovani che
stanno per inserirsi nel mondo del lavoro, e l’ex AIC, oggi BIC (Business
Innovation Centre), un incubatore di imprese che, riconosciuto dalla
Commissione Europea, occupa quasi 4000 metri quadri all’interno di Città
della Scienza.
Nell’ultima parte di questo capitolo centrale, una digressione dal
titolo “Imparare attraverso le emozioni”, traccia le linee guida di come il
teatro può diventare un metodo di insegnamento, e soprattutto come può
diventare maestro di insegnamento per la scienza; in modo particolare
come il palcoscenico possa diventare il palcoscenico della scienza,
nonostante teatro e scienza siano spesso considerati due ambiti del
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sapere disgiunti e apparentemente inconciliabili; eppure il tema scientifico
possiede da sempre un lato spettacolare che lo rende curioso e attraente.
E ciò succede non solo a Bagnoli, grazie al gruppo teatrale “Le
Nuvole”, ma anche nel resto d’Europa; di qui le testimonianze portate a
alla Conferenza Europea sugli science centre di Lisbona, da alcune simili
realtà europee.
Sempre nella stessa sezione, si illustra nelle sue fasi CO_SCIENZE,
un concorso di drammaturgia scientifica che vuole sollecitare la scrittura
teatrale per la realizzazione di nuove opere letterarie a tema scientifico a
carattere divulgativo, rivolto a chiunque voglia scrivere di scienza,
appassionati, curiosi, studenti, docenti.
Chiude questo terzo capitolo una delucidazione riguardo le modalità
di selezione degli operatori scientifico-teatrali e sul ruolo del
comunicatore.
La quarta parte è corredata da una serie di interviste raccolte
direttamente da me sul campo, grazie alla collaborazione e alla
disponibilità della segreteria organizzativa della Fondazione Idis e delle
persone intervistate (devo dire che la disponibilità è una risorsa e un
elemento che nel mio caso ha contraddistinto in maniera particolare la
mia collaborazione con Città della Scienza- Fondazione Idis, nonché
punto di forza della Fondazione stessa), quattro illustri personaggi che
hanno fatto la storia e il passato di Città della Scienza, uno su tutti Vittorio
Silvestrini, e l’Arch. Carla Giusti direttore dello science centre, e a che
sicuramente arricchiranno il presente insieme ad Emilio Balzano
responsabile della Sezione Didattica, e al giovane Enrico de Capoa, che
cura la sezione scienza de “Le Nuvole”.
Nel quinto ed ultimo capitolo, da titolo “Progetti per il futuro” si è
ritenuto opportuno, mettere in risalto i progetti di cooperazione
internazionale, che vedono la scienza linguaggio di pace, ormai in atto in
Medio Oriente, mettendone in luce le fasi e i punti di forza.
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Chiuderà la stesura dell’elaborato una mia personale riflessione, a
seguito di ricerche, scritti e discussioni, e della conferenza “La scienza
come linguaggio di pace”, tenutasi a Roma, il 17 ottobre scorso, a
coronamento della presentazione del progetto di Cooperazione
Internazionale per la creazione del Science Centre all’Università Al Quds
di Gerusalemme Est.
Inoltre, per far afferrare il concetto, sarà utile un’ampia panoramica
su Fondazione IDIS-Città della Scienza, che opera dal 1987 per creare
un humus favorevole alla diffusione della cultura scientifica e
dell'innovazione, a partire da Napoli e dal Mezzogiorno, per arrivare ai
confini del Medio Oriente, e ancora più in là, fino a quelli cinesi.