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di Polizia di Stato e Polizia Penitenziaria. Si è cercato di ricostruire il percorso che ha
condotto a questo importante step nel sistema italiano, utilizzando quindi quello che
è il background sociale ed ogni dato rilevabile dalla realtà degli ultimi decenni
compresa la mia esperienza personale, i possibili contatti con persone come il
Colonnello Salvatore Cuoci, comandante della mia caserma, che hanno preso parte
alla stesura della legge n. 380 partecipando ai lavori delle commissioni e della
testimonianza ed esperienza del Tenente Anna Polico, sempre in servizio nella mia
caserma, in quanto tra le prime arruolate nel 2000 come ufficiale.
Nel secondo capitolo si entra nel vivo del dibattito che ha accompagnato tutto il
lungo iter legislativo sul servizio militare femminile ed il nuovo modello di Difesa.
La posizione dell'Italia in questo campo è quella del “Late Comer”, arriva infatti per
ultima tra i Paesi della Nato ad accogliere le donne nelle Forze Armate. Durante la
Guerra del Golfo le prime soldatesse iniziano a far parlare di sé, contestualmente
anche nella mente dei nostri legislatori si inizia a far spazio l'idea della donna-soldato
come emblema del “sogno americano”: Anche noi volevamo le nostre eroine con le
stellette. Il problema a quel punto diventa il modello da adottare per attuare una
riforma così importante, sono varie le proposte ma alla fine l'Italia, nel 1999 con la
legge n.380, conscia delle esperienze di tutti gli altri Paesi europei opta per un
sistema coraggioso ed innovativo nel quale le donne partecipano “ad armi pari” con
gli uomini in tutte le Forze Armate. Ciò implica, pari possibilità di carriera, pari
diritti, pari doveri e soprattutto stessi incarichi operativi.
Il terzo capitolo affronta le prime conseguenze della “mimetica in rosa”, il boom di
domande delle donne per entrare nell'Esercito del 2000 ed il successivo graduale
rientro nei ranghi del fenomeno. I riscontri di questa riforma coinvolgono però la
società a 360 gradi, così viene analizzato anche il feed-back da essa ottenuto in
telegiornali, special, fiction televisive e giornali. Si propone in modo riassuntivo
quello che può essere uno dei risvolti diretti della presenza femminile nell'esercito,
ovvero, la rottura degli equilibri sociologici tra maschi, il cosiddetto “male bonding”.
Il quarto capitolo è caratterizzato da una visione allargata della donna-soldato perché
analizza il suo impiego in missioni internazionali fuori area. E' proprio rispetto alle
attività di “Peace Keeping”, infatti, che emerge l'importante contributo delle donne
nell'Esercito. Si affronta anche la politica innovativa della Nato che guida l'Italia
dall'alto nella gestione delle Forze Armate. Si pone l'accento sull'organismo deputato
a sviluppare il “gender mainstreming”, il Comitato sulle donne nelle forze armate
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della Nato che mira a migliorare e valorizzare l'impiego delle donne in ambito
militare.
L'obiettivo di questo lavoro è quello di fornire una panoramica esaustiva sul percorso
che le donne hanno finora intrapreso per arrivare ad indossare la mimetica ma anche
quello di tirare le prime conclusioni sull'integrazione femminile, alla luce della mia
esperienza diretta di donna, nell'Esercito, da ormai tre anni. Ad oggi non ci sono stati
riscontri diretti, come donne ferite, fatte prigioniere oppure morte sul campo di
battaglia (fortunatamente!), tali da permettere di ragionare sull'efficacia della riforma
del Nostro modello di Difesa ed è su questo che si concentra l'intento critico della
tesi.
Si vuole fornire attraverso le impressioni, le esperienze e le testimonianze raccolte da
un militare di sesso femminile, nella fattispecie me, una serie di elementi essenziali
per avvicinarsi ad una realtà ormai ben consolidata ma ancora poco nota, quella delle
donne-soldato.
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CAPITOLO PRIMO
Tutte le premesse che anticipano l'arrivo delle donne soldato “Made in
Italy”
L'Italia si affaccia con ritardo all'istituto del servizio militare femminile e nonostante
ciò la strada non è stata facile. Infatti, sin dal 1919 sono state ammesse all'esercizio
di tutte le professioni ed impieghi pubblici con l'esclusione della difesa militare dello
Stato. Successivamente la legge 9 febbraio 1963 n.66 nel consentire l'accesso delle
donne a tutte le cariche, compresa la magistratura, ha mantenuto una riserva di legge
sulla possibilità e conseguenti modalità di arruolamento femminile.
Le ragioni di un approccio così graduale e, per certi versi sofferto, va ricercato in
diverse cause che trovano fondamento nella società e nei costumi, in cui, peraltro,
giocano ruolo sicuramente valutazioni di ordine filosofico, sociologico e religioso.
Tutto ciò ha comportato che nel nostro Paese, caso unico nei paesi occidentali, si sia
andata formando nel tempo una cultura di base sensibile alla questione che ha portato
alla formazione di una opinione pubblica che progressivamente ha esercitato una
pressione sulle istituzioni affinché si potesse arrivare al volontariato femminile.
L'Italia pertanto è l'unico paese nel quale l'istituzione della “donna soldato” nasce
direttamente come forte richiesta dalla società civile dove “L'idea” ha posto solide
radici, è perciò frutto di una spinta che viene dal basso e non è calata dall'alto per
ragioni contingenti di tipo storico, è un fatto assolutamente sociologico. In tal senso
deve intendersi la costituzione dell'Associazione Nazionale Aspiranti Donne Soldato
(A.N.A.D.O.S.), con sede a Roma oggi non più esistente, la quale era espressione
delle istanze sociali femminili e con la quale l'aeronautica militare ha da tempo un
proficuo scambio di esperienze. Sicuramente di grande efficacia è stata l'instancabile
opera condotta da Debora Corbi, Presidente dell'associazione di cui si parlerà in
seguito.
Nell'esaminare questo aspetto, ovvero l'accesso delle donne a nuove carriere che in
passato erano esclusivamente maschili, si è scelto di utilizzare fonti parlamentari
quali i lavori preparatori della legge delega al governo per l'istituzione del servizio
militare volontario femminile (n. 380/1999), i lavori preparatori e le indagini
conoscitive del governo per la stesura del decreto legislativo del 31 gennaio 2000
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n.24 che conteneva le disposizioni di dettaglio per l'ingresso femminile nelle forze
armate, articoli di giornale in particolare da “La Repubblica” e “Il Corriere della
Sera” a partire dal 1985. Alcune informazioni sono state reperite on line e molto poco
su libri di testo essendo questo un argomento relativamente nuovo e sul quale ancora
non esiste un'organica e sistematica trattazione Il percorso complessivo è stato lungo,
è partito da varie proposte isolate di singoli parlamentari per poi acquistare rilievo
nell'ottobre 1999 quando arriva una proposta di legge del governo stesso (D'Alema)
che conduce all'importante novità per le nostre donne e anche uomini, vista
l'abolizione della coscrizione obbligatoria.
1.1 A.N.A.D.O.S: “Donne ma Soldato” è il loro motto
La forte pressione partita dal basso, dalla società, dalle sue nuove esigenze si
concretizza nelle iniziative di giovani intraprendenti ragazze ma anche in importanti
proposte di legge. Partendo dall'aspetto sociale non si può non parlare di un
organismo come L'Associazione Nazionale Aspiranti Donne Soldato, la cui idea
nasce da un esperimento condotto nel 1992 su un campione di 29 ragazze. Il tutto
doveva fornire un quadro sulla risposta di una donna immessa in ambiente militare; a
tal proposito le ragazze vennero accolte presso la caserma dell'esercito “Lancieri di
Montebello” in Roma, per 36 ore, durante le quali svolsero normali attività militari di
addestramento. Sono le Ore due del pomeriggio a Montebello quando va in scena la
rappresentazione delle donne soldato. Lo spettacolo e' stato realizzato dal ministro
della Difesa Salvo Ando' , il quale molto probabilmente ha inteso promuovere con
Debora Corbi
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questa trovata pubblicitaria il suo disegno di legge che prevede tra l' altro l' ingresso
di signore e signorine nell' esercito. Qui si svolge la mini naja femminile, davanti
agli occhi di un intero reggimento di cameramen, fotografi e cronisti. Per le 29
ragazze ammesse al breve stage militare, il vero percorso di guerra e' consistito nel
rispondere contemporaneamente alle domande di dieci intervistatori e a posare in tuta
mimetica davanti a centinaia di obiettivi. Loro magari avrebbero preferito che il
primo approccio con le forze armate fosse piu' realistico. Ma gli ordini sono ordini e
cosi' sfilano diligentemente e interpretano il copione di femmine d' assalto. Si e' mai
visto un soldato alla guida di un carro blindato che, su cenno del capitano, rallenta e
si sistema la frangetta bionda per meglio apparire nell' inquadratura? Si e' mai vista
una recluta che esce sorridendo all' entrata della tenda comando e poi concede il bis
alle telecamere?A Montebello, sì. Alla fine, la situazione sembra più una fiction stile
“Carabinieri” rivista qualche anno prima. Uno dei comandanti-istruttori delle ragazze
spazientito grida: "Soldato Revel, si ricordi che lei, almeno per oggi, e' militare". Sia
chiaro comunque che il ristretto plotone di candidate all' arruolamento ha vissuto la
due giorni sperimentale con profonde motivazioni. Le ragazze hanno marciato,
strisciato per terra, sparato con la carabina ("e il bersaglio l' ho pure beccato", esulta
una ragazza biondina, Oliveri, in un'intervista). Hanno guidato i mezzi blindati e
imparato i meccanismi della mitragliatrice. "Gli ufficiali con noi si sono mostrati
abbastanza gentili anche se il primo concetto che ci hanno inculcato e' stato il
seguente: qui e' vietato rispondere", racconta ai giornalisti del Corriere della sera la
ventenne bresciana Elisabetta che sogna di arrivare in Marina. Altre ragazze invece si
immaginavano bene in prima linea, come aveva fatto Lilli Gruber. Alla fine il
ministro Salvo Ando' con aria compiaciuta ha letto i primi risultati di un sondaggio
effettuato fra le gentili ospiti della "Montebello". Alla domanda perche' una donna
puo' desiderare di arruolarsi il 4% ha risposto per amore della vita spericolata, il 9%
per riaffermare la parita' col maschio, il 7% per inserirsi nel mondo del lavoro, il
27% per amore della vita militare, il 13% per mettersi alla prova e il 20% per essere
utile alla societa' . Al quesito cosa vi piace di meno della vita militare il 21% ha
indicato il rischio di molestie, il 18% l' incompatibilita' con la famiglia, il 20% il
fatto di creare dispiaceri al prossimo. Ancora. Il 10% vorrebbe essere impiegato
come ausiliarie, il 31% nei reparti operativi ad esclusione del combattimento e il
59% ambirebbe al contatto diretto col nemico.