Fino a quel momento compito primario degli imperatori per quanto riguarda la
politica religiosa, era la difesa della religione tradizionale, ma il
provvedimento del 311 evidenzia come accanto all’esigenza di difendere i mores
maiorum
8
, fosse avvertita anche l’esigenza di difendere la religione cristiana a
causa della sua profonda penetrazione in ogni ceto sociale e contemporaneamente
a causa del fallimento di ogni provvedimento adottato per ostacolarne la
diffusione.
In proposito va ricordata, infatti, la politica religiosa anticristiana posta in
essere dall’imperatore Diocleziano il quale tra il 303 e il 304 fu artefice di
quattro editti: il primo, emanato il 23 febbraio del 303 proibiva il culto
cristiano; ordinava il sequestro dei libri e degli oggetti sacri; imponeva la
distruzione degli edifici destinati al servizio divino; impediva ai cristiani di
intentare azioni giudiziarie, consentendo, invece, qualsiasi azione contro di
loro; comminava ai recidivi la perdita di tutti i privilegi di cui godevano;
faceva infine perdere il diritto di emancipazione agli schiavi presso i privati.
Il primo editto, dunque, mirava a colpire la Chiesa come organizzazione e i
cristiani delle classi dirigenti. Non comminava ancora la pena di morte per la
professione cristiana né imponeva a tutti i cristiani il sacrificio agli Dei.
Nell’aprile dello stesso anno ci fu un secondo editto il quale ingiungeva che
tutti i responsabili delle chiese fossero imprigionati e con ogni mezzo
costretti a sacrificare. Era sempre esclusa la pena di morte.
Poiché anche questo editto non fu sufficiente a piegare i cristiani, nel
novembre dello stesso anno ne fu emanato un terzo che spingeva i giudici alla
violenza autorizzandoli ad usare la tortura e a mandare a morte chi non voleva
sacrificare.
I cristiani reagirono con violenti tumulti e nella primavera del 304, essendo
Diocleziano gravemente ammalato, Massimiano e Galerio emanarono un quarto editto
con cui si estese la persecuzione a tutti i cristiani in tutte le città e si
stabilì la pena di morte immediata per chiunque si fosse rifiutato di
sacrificare agli Dei. Ma nonostante ciò, tali provvedimenti non riuscirono a
debellare il cristianesimo.
La vastità del fenomeno di adesione al cristianesimo e la fermezza con cui i
cristiani opponevano resistenza alle misure persecutorie, anche le più gravi,
non potevano essere ignorate.
Rilevando un profondo senso realistico gli imperatori adottarono dunque la
decisione di considerare lecita la nuova religione, a condizione per che
ladesione al Cristianesimo non recasse alcun disturbo allordine costituito, alla
quiete pubblica
9
.
La piena consapevolezza del nuovo status acquisito dai cristiani si ebbe,
dunque, con leditto di Milano, generalmente considerato dagli storici come il
momento determinante per il cambiamento di direzione politica riguardo al culto
cristiano.
A tal proposito va inoltre tenuto presente come il Seeck ha sostenuto, e con
valide argomentazioni giuridiche, che l’editto -solitamente attribuito a
Costantino- altro non sarebbe che il provvedimento emanato da Linicio a
Nicomedia il 13 giugno del 313
10
. Nel suddetto testo normativo che Lattanzio
11
VI (1986), Perugia 1986, pag. 122 e segg.; E. Volterra, La costituzione di Diocleziano e di Massimiano contro i
manichei, Roma, 1956, pagg. 27-60; P. Brown, The Diffusion of Manicheism in the Roman Empire, in J.R.S., XXI,
(1967), pagg. 92-103; Id., Religione e societ in SantAgostino, Torino, 1975, pag. 85 e segg.
9
La novità di tale decisione imperiale destò nel ceto pagano stupore per i profondi rivolgimenti che ne derivavano sul
piano politico e legislativo. La situazione sapientemente descritta da Eusebio (cfr. Eusebio di Cesarea, Historia
ecclesiastica, 9.1, 8 e 11).
10
Cfr. O. Seeck, Das sogennante Edikt von Mailand, in Zeitschrift fur Kirchengeschichte, XII, 1891, pagg. 381-386.
Aderiscono a tale tesi sia J.R. Palanque, in A. Fliche - V. Martin, Storia della Chiesa dalle origini ai nostri giorni, III, 1,
pagg. 26 e segg.; M. Adriani, La storicit delleditto di Milano, in Studi romani, II (1954), pag. 18 e segg.
5
considerava stilato a Milano in seguito all’incontro tra Linicio e Costantino,
si affermava:
.. Io, Costantino Augusto ed io Linicio Augusto... riteniamo che tra le
decisioni vantaggiose per la maggior parte degli uomini, occorre prima di tutto
regolare quelle che riguardano il rispetto dovuto alla divinità e così concedere
ai cristiani, come a tutti la libertà di seguire ciascuno la religione che
voglia... Inoltre, per quanto riguarda i cristiani, abbiamo ritenuto di dover
fissare pure questo: che tornino in loro proprietà, senza bisogno che sia pagata
alcuna ammenda in denaro, quegli edifici dove in precedenza erano soliti
riunirsi e non si trovino pretesti o sotterfugi o cavilli legali per esimersi da
tale obbligo, o acquistati da una qualsiasi altra persona....Per interessamento
vostro tutto ciò dovrà essere restituito alla comunità cristiana e senza
differimenti
12
.
A seguito di questo atto normativo cessarono tutte le persecuzioni contro i
cristiani in ogni parte dell’Impero e furono annullati gli effetti delle
precedenti disposizioni.
Tra l’altro, ai cristiani furono restituiti i beni che erano stati loro
confiscati in precedenza e ai sacerdoti cristiani furono inoltre concessi gli
stessi privilegi fino ad allora concessi a quelli pagani.
Negli anni successivi l’avanzata del Cristianesimo ebbe una battuta di arresto e
anche se la religione cristiana continuò a stare sotto la protezione imperiale
(e in questo senso si può parlare di religione di stato
13
), va ricordato che
essa non fu la sola religione lecita.
Nella legislazione religiosa dei successori di Costantino, infatti, la politica
adottata dagli imperatori in materia religiosa assunse diverse caratteristiche.
In particolare Costanzo II, figlio di Costantino, fu favorevole alla difesa
della fede ariana. Egli, infatti, combattè sia contro il paganesimo, sia contro
l’ortodossia. L’intervento diretto contro la parte pagana e la parte cattolica,
manifesta il disegno dell’imperatore di sottomettere all’impero la religione e
di servirsene per i propri scopi. Durante il suo regno abbiamo dunque, la
diffusione sia dell’arianesimo che della religione pagana nonostante vi fosse
stato il tentativo da parte di Costanzo II di abolire i culti pagani come
dimostrano le disposizioni imperiali
14
volte alla chiusura dei templi (C.Th.
XVI. 10.4) e il divieto di riti sacrificali
15
, nonché ladorazione degli idoli
(C.Th. XVI. 10.6).
Assistiamo dunque con Costanzo II, al ritorno del controllo e dell’ingerenza
dell’imperatore nelle questioni ecclesiastiche, tipico della tradizione romana e
della considerazione della religione come un affare di stato.
Il suo successore Giuliano (331-363), seguace dell’Ellenismo
16
e strenuo
difensore della religione pagana, tentò di rinnovare i culti dei gentili,
Contra vedi M. Amelotti, Da Diocleziano a Costantino, in Studia et Documenta Historiae et Iuris, XXVII (1961), pagg.
241-323; M. Agnes, Alcune considerazioni sul cosiddetto editto di Milano, in Studi romani, XIII (1965), pagg. 424-
432.
11
Cfr. Lattanzio, De mortibus persecutorum, 48. 2-8. Si veda anche il commento di J. Moreau, Lactance, de la mort des
persecuteurs, in Sources chretiennes, XXXIX, Paris, 1954, pag. 456 e segg.
In generale si veda C.N. Cochrane, Christianity and classical Culture, Oxford, 1940, passim.
12
Sul testo di Lattanzio si veda P. Silli, Testi costantiniani nelle fonti letterarie, Milano, 1987, pag. 7 e segg. e le
interessanti considerazioni introduttive sul significato e sul valore dei testi costantiniani
13
In generale si veda C.N. Cochrane, Christianity and classical Culture, Oxford, 1940, passim.
14
Sulla persecuzione del paganesimo mediante l’adozione di disposizioni che preannunciano le misure teodosiane del
391, v. A. Piganiol, L’empire chretien, Paris, 1972, pag. 108.
15
In argomento cfr. A. Di Mauro Todini, Divinazione e magia nelle costituzioni imperiali del IV secolo, Roma, 1983;
F. Lucrezi, Costantino e gli aruspici, pag. 184 e segg.; L. Desanti, Sileat divinandi curiositas. Indovini e sanzioni nel
diritto romano, Milano, 1990, pag. 146 e segg. Costanzo II riprende, ma con uno spirito diverso, i precedenti
rappresentati dalle disposizioni di Costantino in tema di riti divinatori, vietati se compiuti di nascosto, in privato, leciti
se eseguiti in pubblico (pag. 137 e segg.). A tale proposito si veda linteressante contributo -che presenta unattenta
valutazione dellordinamento legislativo costantiniano nel quadro della cultura del tempo- in tema di riti divinatori, con
ampia citazione di fonti e letteratura, di L. De Giovanni, Costantino e il mondo pagano, Napoli, 1977, passim.
16
Cfr. P. Athanassiadi Fowden, Julian and Hellenism. An intellectual Biography, Oxford, 1981 (trad. it., Limperatore
Giuliano, Milano, 1984).
6
facendo rivivere i valori della cultura classica, riportando i culti ellenistici
al loro antico splendore
17
. Vanno ricordati alcuni dei provvedimenti da lui
adottati in materia religiosa. Innanzitutto appena salito al trono, promulgò una
legge che accordava la tolleranza a tutti i culti, con la quale si decretò la
restituzione dei beni espropriati ai templi pagani; sulle monete riapparvero le
immagini delle divinità pagane; funzionari cristiani furono allontanati il più
possibile dai servizi pubblici; verso il 362 Giuliano proibì ai cristiani ogni
attività nell’insegnamento con due editti: il primo ordinava che tutte le città
che fino a quel momento nominavano liberamente i loro professori, sottoponessero
la scelta al giudizio dell’imperatore (C.Th. XIII. 3.5); il secondo proibiva
l’insegnamento ai cristiani.
Assistiamo con Giuliano ad un tentativo di restaurazione del mondo pagano, che
egli non riuscì ad attuare completamente a causa della morte prematura.
18
Gioviano durante il suo breve regno, legiferando in materia religiosa, tentò di
ripristinare la situazione di privilegio di cui godeva la Chiesa, prima
dell’avvento dell’Apostata.
Infatti egli emanò una serie di provvedimenti che proibivano la magia,
ristabilendo i sussidi che Costantino aveva accordato alle chiese. Nel 364 emanò
un altro provvedimento che ristabilì la libertà dinsegnamento (C.Th. XII. 3.6),
e il 4 febbraio confiscò di nuovo i beni che erano stati resi ai templi (C.Th.
X. 11.8). Le sue ultime leggi decretavano la pena di morte contro chi osasse
domandare in matrimonio le vergini consacrate (C.Th. IX. 25.2).
Valentiniano, a sua volta, seguì una linea politica di non intervento, rimase
imparziale, rifiutò di intervenire nelle questioni religiose. Ma il fiorire del
paganesimo ed i numerosi casi di apostasia (dovuti sia a ragioni di opportunità
sia a convinzione) resero necessario, dopo il periodo giulianeo, un mutamento
d’indirizzo. Furono, pertanto, adottate misure rigorose e radicali, a partire da
Graziano e Teodosio, come illustreranno le pagine successive.
17
Sull’imperatore Giuliano si vedano i contributi di R. Browning, The Emperor Julian, London 1975; G.W.
Bowersock, Julian the Apostate, London, 1978; P. Athanassiadi Fowden, Julian and Hellenism, cit., passim.
18
Sull’opera di Giuliano in ambito religioso vedi in generale A. Piganiol, LEmpire chretien, cit., pag. 151 e segg.
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