2
La psicopatologia dell’alimentazione deriverebbe, dunque, da una maggiore vulnerabilità
individuale dovuta a carenze di tipo relazionale.
Sulla base di ciò, si cercherà di verificare che ci siano effettivamente possibili connessioni
tra psicopatologia dell’alimentazione e insicurezza nell’attaccamento, sulla base dei risultati
ottenuti dalla somministrazione dei questionari e delle interviste somministrate quali il PBI,
il MAQ e l’Adult Attachment Interview (AAI), finalizzati, rispettivamente, ad approfondire la
valutazione di sé e la percezione del legame parentale nei primi 16 anni di vita e gli stati di
mente attuali relativi ai legami di attaccamento sviluppati nell’infanzia con le figure di
accudimento in soggetti affetti da disturbi del comportamento alimentare (DCA).
3
CAPITOLO 1
I CRITERI DIAGNOSTICI DEI DISTURBI DEL
COMPORTAMENTO ALIMENTARE (DCA)
1.1 Cosa s’intende per Disturbi del Comportamento Alimentare (DCA)?
I disturbi dell’alimentazione possono essere definiti come persistenti disturbi del
comportamento alimentare, o come comportamenti finalizzati al controllo del peso che
danneggiano in modo significativo la salute fisica o il funzionamento psicologico, e che non
sono secondari a nessuna condizione medica o psichiatrica conosciuta. Essi sono
caratterizzati da un’alterazione del rapporto che un individuo ha nei confronti del cibo e del
proprio corpo, insorgono prevalentemente nel corso dell’adolescenza e sono diffusi
soprattutto nel sesso femminile, il 90-95% dei soggetti che ne sono affetti, infatti, sono
donne. I comportamenti tipici sono: il rifiuto del cibo ed il digiuno, le abbuffate
(l’ingestione di una gran quantità di cibo in un tempo piuttosto breve), il vomito, l’uso
improprio di lassativi o diuretici e l’intensa attività fisica allo scopo di dimagrire. Alcune
persone possono presentare solo uno di questi comportamenti, mentre altre ne presentano
più di uno in momenti diversi della loro vita o anche contemporaneamente. È comunque
bene specificare che la presenza di tali comportamenti non è di per sé indice di patologia.
I disturbi del comportamento alimentare (DCA) comprendono Anoressia Nervosa, Bulimia Nervosa,
Disturbi dell’Alimentazione Non Altrimenti Specificati (NAS) e Disturbi da Alimentazione
Incontrollata (Binge Eating Disorder, BED). La classificazione operata sul piano nosografico per
questi disturbi si sofferma essenzialmente su due sindromi, le più diffuse: l’Anoressia Nervosa
(AN) e la Bulimia Nervosa (BN), accomunate, come preannunciato, dalla presenza di
un’alterata percezione del peso e dell’immagine corporea. L’Anoressia si caratterizza per il
rifiuto e l’incapacità a mantenere il peso corporeo al di sopra del peso minimo normale,
mentre la Bulimia è caratterizzata da ricorrenti episodi di perdita del controllo
nell’ingestione di cibo, con “abbuffate”, talora seguite dall’adozione d’incongrui
comportamenti di controllo del peso corporeo (vomito auto-indotto, uso di lassativi,
diuretici, digiuno, iperattività fisica etc.). In realtà l’Anoressia - scomparsa dell’appetito - e la
4
Bulimia - fame smodata - sono due aspetti di uno stesso problema: la manifestazione di un
disagio psicologico collegato con problemi non risolti della propria identità. Si tratta di vere
e proprie patologie, che si esprimono attraverso l’alimentazione: nel primo caso, mediante
l’autoimposizione del digiuno, nel secondo, mediante crisi improvvise di ingordigia
eccessiva.
La fascia d’età più colpita da questo genere di disturbi è quella compresa tra i 12 e i 25 anni,
ma la frequenza maggiore la troviamo più precisamente fra i 14 e i 18 anni, età in cui il
corpo si trasforma ed è quindi oggetto di attenzione e, nel contempo, cominciano ad essere
particolarmente interessanti e di “feroce efficacia” i complimenti o le critiche dei coetanei.
Se Anoressia e Bulimia erano un tempo malattie tipicamente femminili - ancora oggi
colpiscono l’1,2% delle ragazze sane di età compresa tra i 15 e i 25 anni - oggi non è più
così e queste turbe alimentari si diffondono anche tra i maschi (con un incremento del
10%), segno evidente di un’insoddisfazione generalizzata.
Sembrano maggiormente a rischio i giovani con famiglie all’interno delle quali si vivono
situazioni difficili come malattie croniche, disturbi psichici, relazioni familiari critiche, altri
casi di disturbi del comportamento alimentare all’interno della famiglia, diete in famiglia,
una particolare attenzione al peso e alle forme corporee da parte dei genitori o dei
fratelli/sorelle.
1.2 Anoressia Nervosa e Bulimia Nervosa: storia e inquadramento
nosografico.
Il termine Anoressia deriva dal greco ανορεξία anorexía, comp. di an-priv. e órexis “appetito”e
significa letteralmente mancanza di appetito o riduzione volontaria dell’appetito. Questo termine,
però, è abbastanza improprio, dato che le persone affette da Anoressia Nervosa non
smettono mai di avere fame, ma hanno così tanta paura del cibo, che negano lo stimolo
della fame, oppure tentano di ingannarlo (bevendo, ad esempio, notevoli quantità di acqua,
o mangiando grandi quantità di verdure o fibre).
L’Anoressia è un disturbo del comportamento alimentare dalle origini nosografiche molto
antiche: la prima descrizione clinica dell’anoressia nervosa risale, infatti, al 1689, quando fu
5
pubblicato a Londra ad opera del medico britannico
1
Richard Morton il primo resoconto di
due pazienti (un maschio di 16 anni ed una femmina di 18 anni), che rifiutavano di
alimentarsi in assenza di cause organiche di malattia.
Richard Morton in questo suo trattato medico ha fornito una descrizione dell’anoressia
nervosa relativamente a questi due casi, cui si riferisce come
2
“consunzione nervosa”,
caratterizzati da amenorrea, stitichezza, disturbo dell’appetito, estremo dimagrimento e
incessante attività fisica a dispetto del defedamento (o indebolimento dell’organismo in
generale). Egli notò, inoltre, il rifiuto da parte dei pazienti di qualsiasi forma di cura.
Nel 1873
3
E.C. Lasègue coniò il termine “Anoressia Isterica”, fornendo la prima descrizione
approfondita del nucleo psicopatologico centrale del disturbo. Descrisse un quadro
caratterizzato da una prima fase di disturbi digestivi ed iperattività, una seconda fase in cui
compare rifiuto di nutrirsi, associato ad una preoccupazione crescente dei familiari circa lo
stato fisico della paziente, e infine, una terza fase in cui il deperimento diviene sempre più
evidente.
Secondo Lasègue la causa di questo sviluppo morboso è da cercarsi in un’emozione, o
desiderio inconfessabile.
Nello stesso periodo
4
W.W.Gull studiando il fenomeno consuntivo, dapprima concordò
con l’ipotesi di Lasègue circa i meccanismi isterici alla base del disturbo, successivamente
propose la denominazione “Anoressia Nervosa”. L’utilizzo di un nome diverso intendeva
sottolineare una importante differenza: in quel periodo per i clinici la sofferenza isterica era
considerata appannaggio esclusivo del genere femminile; Gull, invece, incontrò nella sua
esperienza anche pazienti maschi con una sindrome sovrapponibile all’Anoressia Isterica.
La ricerca nosologica per descrivere al meglio i quadri clinici è poi proseguita sino ad
arrivare ad
5
Huchard, che nel 1883 propose il termine “Anoressia Mentale”, distinguendo una
forma con primari disturbi gastrici, espressione di una dimensione isteriforme, dall’anoressia
mentale come disturbo psichiatrico a sé stante.
All’inizio del XX secolo, precisamente nel 1914, si verificò una svolta importante nella
storia dell’anoressia grazie al ritrovamento da parte del fisiologo
6
Morris Simmonds di
1
Morton R., (1689), Opera medica distribuita in tre tomi: I. De Phthis; II. De Morbis; III. De Febribus, Editio
ultima Ermendatior, Tipis Hieronymi Albrizzi, Venetiis, 1696.
2
Deperimento di origine nervosa, causato da tristezza e preoccupazioni ansiose.
3
Lasègue E.C., (1873), De l’anorexie hysterique, in “Archivés Générales de Medicine” (Ecrits psychiatriques),
Tome XXI, vol. 1, Privat, Touluse, 1971, pp.325-403.
4
Gull W.W.,(1873), Anorexia Hysterica (Apepsya Hysterica), in “British Medical Journal”, n. 2, by the British
Medical Association, London, UK, pp. 527-529.
5
Huchard H., (1883), Traitè des Névroses, Baillière et cie, Paris.
6
Fisiologo tedesco al quale si deve la scoperta dell’omonima malattia, la Malattia di Simmonds, nota anche come
Cachessia Ipofisaria, dovuta al malfunzionamento del lobo anteriore dell’ipofisi (ghiandola endocrina).
6
un’atrofia del lobo anteriore dell’ipofisi in un caso di
7
cachessia giunto al decesso, per cui
prese forza l’ipotesi di una eziologia organica dell’anoressia nervosa, ossia l’ipotesi
fisiopatologica di una insufficienza pituitaria grave (ossia uno scompenso dell’
8
ipofisi), che
era la causa fondamentale del disturbo nei pazienti che ne erano affetti.
A questa apparente evidenza seguì un periodo di confusione diagnostica e terapeutica che
portò a presumere la presenza di turbe ipofisarie, ogni qualvolta si presentasse un caso di
anoressia (
9
Fagiani, 1989;
10
Selvini Palazzoli, 1998). È a partire dal 1930, a seguito della
pubblicazione di uno studio condotto da Berkman su 117 pazienti anoressiche, che
l’interpretazione psicopatologica riacquista dignità clinica ed importanza nosologica.
Intorno al 1950 l’anoressia mentale grazie a
11
Sheehan riacquistò la sua “dignità
psicopatologica”; da allora ripresero a proliferare una serie di ipotesi circa i meccanismi
psicopatologici sottostanti alla costellazione sintomatologica propria dell’anoressia mentale e
della bulimia, che intanto si iniziavano a riconoscere.
I grandi progressi verso l’interpretazione dell’anoressia nervosa sono stati compiuti negli ultimi
trent’anni e sono da attribuirsi all’opera di
12
Hilde Bruch,
13
Arthur H. Crisp e
14
Gerald M.F. Russell, ai quali dobbiamo gran parte delle descrizioni ancora attuali sui
meccanismi psicopatologici dell’anoressia nervosa, grazie alle quali questa patologia è stata
anche inserita nel DSM (Manuale Diagnostico e Statistico dei Disturbi Mentali).
Nell’ultimo ventennio del XX secolo, infatti, la cultura psichiatrica ha fatto notevoli sforzi
per sistematizzare le descrizioni psicopatologiche e creare un linguaggio comune al di là
della formazione teorica del singolo clinico. Questo sforzo ha appunto portato
all’elaborazione di alcuni manuali diagnostici: tra questi i più adoperati sono da un canto,
l’ICD (International Classification of Disease) e dall’altro, il DSM (Manuale diagnostico e
statistico dei disturbi mentali), di cui prenderò rispettivamente in esame le ultime versioni.
All’interno di questi manuali diagnostici i disturbi del comportamento alimentare (DCA) ricevono
7
Grave forma di deperimento organico, caratterizzata da progressivo deterioramento di tutte le funzioni metaboliche.
8
L’ipòfisi o ghiandola pituitaria, è una ghiandola endocrina situata alla base del cranio, nella fossa ipofisaria della
sella turcica dell'osso sfenoide, che controlla, attraverso la secrezione di numerosi ormoni, l’attività endocrina e
metabolica di tutto l’organismo.
9
Fagiani M.B., Ravizza L., (1989) Anoressia, Minerva Medica, Torino.
10
Selvini Palazzoli M., Cirillo S., Selvini M., Sorrentino A.M., (1998), Ragazze anoressiche e bulimiche, la terapia
familiare, Raffaello Cortina, Milano.
11
Sheehan H.L., (1937), Post-partum necrosis of the anterior pituitary, in “Journal of pathology and bacteriology”,
n. 45, the official journal of the Pathological Society of Great Britain and Ireland, Oliver & Boyd (eds), London,
pp. 189-214.
12
Bruch H.M.D., (1979), La gabbia d’oro: l’enigma dell’ anoressia nervosa, Tr. it. Feltrinelli, Milano, 1983.
13
Crisp A.H., (1997), Anorexia nervosa as flight from growth: assessment and treatment based on the model, in
Garner D.M., Garfinkel P.E., (a cura di), Handbook of Treatment for Eating Disorders, Guilford Press, New York,
pp. 248-277.
14
Russell G.M.F., (1979), Bulimia Nervosa: an ominus variant of anorexia nervosa, in “Psychological Medicine”,
n. 9, Kenneth S. Kendler, Virginia Institute for Psychiatric and Behavioral Genetics, Virginia, USA
Robin M. Murray, Institute of Psychiatry, London, UK , pp. 429-448.
7
una collocazione diversa, ad esempio, nell’ICD-10 l’anoressia si trova in una sezione dedicata
ai disturbi caratterizzati da alterazioni delle funzioni fisiologiche, mentre per la prima volta
nel DSM-IV vi è una sezione appositamente dedicata ai disturbi dell’alimentazione, che in
precedenza trovavano asilo all’interno della sezione riguardante i disturbi dell’Infanzia e
dell’Adolescenza.
L’ICD-10 fornisce una descrizione dell’anoressia come di una patologia caratterizzata da un
peso corporeo che è almeno il 15% al di sotto di quello atteso, (perso o mai raggiunto), o
da un indice di massa corporea di
15
Quelet di 17,5 o meno. I pazienti in età prepuberale
possono non subire il previsto incremento ponderale durante il periodo dell’accrescimento.
La perdita di peso è auto-indotta mediante l’evitamento dei cibi che fanno ingrassare ed
uno o più dei seguenti comportamenti: vomito auto-indotto, purghe auto-indotte, esercizio
fisico eccessivo, uso di farmaci anoressizzanti e/o diuretici. È presente alla base di tale
disturbo una distorsione dell’immagine corporea sotto forma di una specifica
psicopatologia, per cui il terrore di diventare grasso, persiste come un’idea prevalente
intrusiva e il paziente s’impone un limite di peso basso. È presente, inoltre, una disfunzione
endocrina diffusa riguardante l’asse ipotalamo-ipofisi-gonadi, che si manifesta nelle donne
come amenorrea, (interruzione del ciclo mestruale), e nei maschi come perdita della
potenza, (un’eccezione apparente è la persistenza del sanguinamento vaginale in donne con
anoressia, che seguono una terapia sostitutiva ormonale in genere sotto forma di pillola
contraccettiva). Vi possono anche essere elevati livelli di ormone
16
somatotropo
(responsabile della crescita), aumentati livelli di
17
cortisolo, modificazioni nel metabolismo
periferico dell’
18
ormone tiroideo e anormalità della secrezione insulinica.
Se l’esordio è prepuberale, la sequenza degli eventi puberali è rimandata, o persino
arrestata, (l’accrescimento cessa; nelle ragazze i seni non si sviluppano e c’è amenorrea
primaria; nei ragazzi i genitali rimangono infantili). Con la guarigione la pubertà è spesso
portata a completamento in maniera normale, ma il menarca si verifica più tardi.
15
Indice della massa corporea di Quelet = Peso in Kg : Statura in metri al quadrato.
16
Ormone GH, meno comunemente STH, agisce direttamente sui tessuti ed è indipendente dall’attività delle altre
ghiandole endocrine (es. ipofisi, tiroide); stimola la deposizione del calcio nel tessuto osseo e la proliferazione delle
cellule cartilaginee; aumenta la massa dei muscoli scheletrici e facilita la sintesi proteica. È detto anche ormone della
crescita e la sua mancanza causa l’arresto dello sviluppo staturale e ponderale dell’individuo.
17
È un importantissimo ormone prodotto dalla ghiandola surrenale di tipo steroideo, derivante cioè dal colesterolo.
La sua azione principale consiste nell’indurre un aumento della glicemia.
18
Gli ormoni tiroidei sono 2: la Tiroxina (T4) e la Triiodotironina (T3) e sono prodotti dai tireociti della tiroide. Essi
stimolano i processi anabolici, ossia di crescita, sviluppo e movimento dell’organismo.
8
La Bulimia, invece, può essere considerata un nuovo modello psicopatologico distinto da
quello dell’anoressia mentale. Il termine “bulimia nervosa” fu introdotto da
19
Russell nel 1979
per descrivere una situazione clinica caratterizzata da abbuffate ricorrenti, seguite di solito
da manovre compensatorie costituite prevalentemente da vomito auto-indotto (
20
Gordon,
1991). Come descritto dallo stesso autore, l’introduzione del termine “bulimia nervosa”
derivava dalla necessità di descrivere e comprendere meglio le modificazioni
sintomatologiche, che si riscontravano nelle pazienti con le forme più gravi e croniche di
anoressia nervosa. D’altro canto altri studi hanno rilevato che la bulimia può presentarsi senza
che si siano verificati necessariamente dei precedenti anoressici (
21
Halmi, 1985).
Questo disturbo del comportamento alimentare è considerato dal DSM-I nel 1980 come un’entità
clinica nosograficamente separata dall’anoressia mentale e caratterizzata essenzialmente da
ricorrenti episodi di eccessi alimentari. Nel 1987 il DSM-III l’ha ribattezzata “bulimia
nervosa”, specificandone meglio i criteri diagnostici quali: ricorrenti episodi di eccessi
alimentari, frequente ricorso a purghe e sensibile restrizione alimentare tra gli episodi
bulimici, persistente ed esagerata preoccupazione per il peso e la forma del corpo.
Dopodichè nel 1993 il DSM-IV ha riservato un apposito capitolo ai disturbi
dell’alimentazione, inizialmente inseriti nei disturbi dell’infanzia e della fanciullezza,
individuando ulteriori criteri diagnostici come la sensazione di mancanza di controllo sul
comportamento alimentare, l’eventuale riscontro di una intensa attività fisica tendente ad
evitare l’aumento di peso, (come alternativa all’uso di purganti o al vomito auto-indotto), ed
un criterio “quantitativo” codificato in una media di due episodi di orgia alimentare alla
settimana per un periodo di almeno tre mesi.
Prendendo in considerazione anche per la bulimia l’ICD-10, tale disturbo sarebbe secondo
tale manuale caratterizzato da una persistente preoccupazione per l’alimentazione,
un’irresistibile desiderio di cibo e il paziente manifesta episodi di iperalimentazione, nei
quali vengono consumati grossi quantitativi di cibo in brevi periodi di tempo (abbuffate). Il
paziente tenta di mitigare gli effetti ingrassanti del cibo mediante una o più delle seguenti
procedure: vomito auto-indotto, abuso di purganti, periodi alternati di digiuno, uso di
farmaci come gli anoressizzanti, gli estratti di tiroide o i diuretici. Quando la bulimia si
19
Russell G.M.F., (1979), Bulimia nervosa: an ominus variant of anorexia nervosa, in “Psychological Medicine”,
n. 9, Cambridge University Press, Cambridge, UK, pp. 429-448.
20
Gordon R.A., (1991), Anoressia e Bulimia: anatomia di un’epidemia sociale, Raffaello Cortina, Milano.
21
Halmi K.A., (1985), Relationship of eating disorders to depression: Biological similarities and differences, in
“Journal of Eating Disorders”, n. 4, official publication of the Academy for Eating Disorders, Jhon Wiley & Sons,
New York, pp. 667-680.
9
verifica in pazienti diabetici, essi possono decidere di tralasciare il loro trattamento
insulinico.
La psicopatologia consiste in un terrore morboso della pinguedine, (grassezza, adiposità). Il
paziente fissa per se stesso un limite ben definito di peso molto al di sotto di quello che
costituisce il peso ottimale secondo l’opinione del medico. È spesso, ma non sempre,
presente una storia di un precedente episodio di anoressia nervosa con un intervallo variabile
da pochi mesi a diversi anni. L’episodio in questione può essersi manifestato in maniera
chiara, oppure in forma ridotta, criptica con una moderata perdita di peso e/o una fase
transitoria di amenorrea.
1.3 Sintomatologia: caratteristiche cliniche generali.
L’Anoressia Nervosa è una patologia che ha come nucleo caratteristico un’estrema paura di
aumentare di peso, una profonda sensazione di essere sovrappeso o francamente grassi, (pur
essendo spesso già molto magri o normopeso), e il continuo timore di perdere il controllo sul
proprio peso, sul cibo e sul corpo. La caratteristica più tipica dell’anoressia nervosa è la severa
perdita di peso ed il raggiungimento di un peso corporeo molto basso, che può determinare
dei gravi rischi per la salute. La perdita di peso è principalmente dovuta ad una dieta ferrea
e fortemente ipocalorica, molto spesso accompagnata da iperattività fisica. Alcuni pazienti,
infatti, per perdere peso, eseguono un’attività fisica strenua ed eccessiva, portata avanti per
molte ore al giorno; altri per dimagrire, si auto-inducono il vomito, o usano altre forme non
salutari di controllo del peso, come ad esempio, l’uso inappropriato di lassativi o di
diuretici. Un sottogruppo di pazienti perde il controllo dell’alimentazione e va incontro a
delle abbuffate. Sintomi comuni che peggiorano con la perdita di peso e spesso compaiono
con la normalizzazione ponderale, sono: la depressione, il deficit di concentrazione, la
perdita dell’interesse sessuale, l’ossessività e l’isolamento sociale.
La Bulimia Nervosa è un grave disturbo del comportamento alimentare, caratterizzato da una
tendenza autolesionista per mezzo di un’alimentazione smodata, unita ad una ricorrente
ossessione di tenere sotto controllo il proprio peso. Si può manifestare in concomitanza
con altre patologie psichiatriche come “disturbo bipolare”, “autolesionismo”, “disturbo
ossessivo”, “disturbi dissociativi dell’identità”. L’alimentazione smodata si può definire
come la tendenza ad assumere grandi quantità di cibo in breve tempo. Si tende spesso a
prediligere i dolci, i cibi ipercalorici e con una consistenza che ne faciliti l’ingestione in
10
breve tempo. Lo “sconveniente comportamento compensativo” a controllarsi
continuamente il peso si accompagna, a volte, a pratiche “liberatorie”, (vomito procurato,
abuso di lassativi, diuretici, clisteri), o a pratiche “non liberatorie” (come eccessive pratiche
ginniche). Per coloro che praticano un’alimentazione smodata, a volte, qualsiasi quantità di
cibo, anche mezza mela o un’insalata, viene percepita come smodata e dunque vomitata.
Le persone affette da bulimia nervosa, spesso, mancano di autocontrollo quando mangiano in
modo smodato. Quasi sempre assumono i pasti in segreto, trangugiandoli e con poca
masticazione, dopodichè al termine dell’abbuffata si manifestano spesso dolori di ventre. Al
termine del pasto i bulimici provano un senso di colpa e si liberano dall’eccesso di calorie.
Si può ipotizzare la presenza della bulimia, quando una persona assume almeno due pasti
smodati alla settimana per almeno tre mesi.
Le maggiori problematiche che caratterizzano i disturbi del comportamento alimentare in
questione sono l’importanza assegnata al cibo e al proprio peso con priorità su tutti gli altri
problemi personali. Nella bulimia nervosa i tentativi di perdita di peso sono interrotti da
frequenti episodi di abbuffate e ciò spiega perché il peso rimanga generalmente nella
norma, o lievemente al di sopra, o al di sotto della norma. I livelli di autostima sono
indebitamente influenzati dalla forma e dal peso corporei. Nella maggior parte dei casi le
abbuffate sono seguite da comportamenti eliminativi, come ad esempio, il vomito
auto-indotto, l’uso inappropriato di lassativi e l’uso inappropriato di diuretici, ma un
sottogruppo compensa le abbuffate con comportamenti non eliminativi, come ad esempio,
il digiuno o l’esercizio fisico eccessivo. Le abbuffate e le condotte compensatorie si
verificano entrambe in media almeno due volte a settimana per tre mesi. Nei casi tipici
sono spesso presenti sintomi di depressione ed ansia e come nell’anoressia nervosa, un
sottogruppo di pazienti abusa di sostanze ed ha comportamenti autolesionistici.
La Bulimia Nervosa si manifesta in genere nell’adolescenza. Come per l’anoressia nervosa,
colpisce principalmente il sesso femminile. Solo dal 10 al 15 % della popolazione affetta è
di sesso maschile.
I disturbi dell’alimentazione atipici, in genere, ricalcano le caratteristiche cliniche o
dell’anoressia nervosa, o della bulimia nervosa, ma non soddisfano tutti i criteri diagnostici
richiesti.
In tutti i disturbi dell’alimentazione sopra elencati sono presenti alcuni comportamenti
specifici, come ad esempio, il body checking (controllare di continuo il peso e le forme
corporei), gli evitamenti dell’esposizione del corpo e la sensazione di essere grassi.