6
siano state le ragioni di diverso ordine che possano avere indotto
Wordsworth a dedicare tempo e attenzione a una realtà e a vicende
apparentemente secondarie. Nel fare ciò si è giunti a osservare come nel
corso del tempo, accanto al progressivo spostamento dei fatti tirolesi di
inizio ottocento verso posizioni marginali nell’ambito del piú ampio discorso
storiografico europeo, anche i sonetti del poeta inglese a essi ispirati non
abbiano trovato un posto di rilievo nella letteratura critica sia essa incentrata
sul periodo tra rivoluzione e romanticismo sia sulla figura stessa di
Wordsworth. Nel materiale documentario di produzione anglosassone
incontrato nel corso della ricerca, certo lungi dal voler essere un campione
sufficientemente rappresentativo della quantità di scritti prodotti intorno alla
figura del poeta inglese e alla sua epoca, non si è registrato molto piú di
occasionali menzioni, talvolta anche solo in nota, la più completa delle quali
si limita a risolvere i sonetti come “Akin to that of the octave of the sonnet
On the Subjugation of Switzerland” e “Fancifully pretty instead of sublime”.
1
Anche sul fronte della ricerca pubblicata in ambito regionale, dove l’Aufstand
ha acquisito nel corso del tempo significati che superano il semplice dato
storico, tale assenza di approfondimenti non è apparsa significativamente
attenuata, fatta eccezione per un articolo apparso nel 1999 sulla rivista storica
“Tiroler Heimat, Jahrbuch für Geschichte und Volkskunde“, nel quale
1
F.S. Boas, Wordsworth’s Patriotic Poems and their Significance Today, in “the English
Association”, 30, 1914, p. 15
7
l’autore introduce e commenta i sonetti di Wordsworth accompagnati da una
una traduzione in lingua tedesca.
2
Nel definire la metodologia di ricerca delle fonti dalle quali attingere i
riscontri documentari utili a ricostruire le circostanze di eventi i quali, come
visto, sono stati collocati ai margini della storia letteraria, ci si è trovati quindi
di fronte a problematiche di differente natura. Per quanto attiene uno dei due
focus della vicenda, William Wordsworth e il romanticismo inglese, la vastità
del materiale critico e documentario esistente ha determinato la necessità di
operare una selezione utile a non compromettere la sinteticità
dell’esposizione da un lato, ma anche idonea a contribuire alla definizione
della figura storica insieme agli aspetti relativi alla vita privata e pubblica. Si è
voluto quindi esplorare sia la letteratura pubblicata in epoche piu vicine agli
eventi, alla ricerca di particolari secondari che nel corso del tempo, proprio
per tale minore importanza, la ricerca ha tralasciato, sia quella
contemporanea, aggiornata e comprensiva dei recenti sviluppi storici e critici;
tra questa va certamente menzionato il lavoro pubblicato nel 2001 da
Kenneth Johnston, rettore del dipartimento di letteratura inglese
nell’università dell’Indiana (USA), attraverso il quale si è riusciti a ricostruire
aspetti meno noti della vita non letteraria del poeta.
2
D.H. Fischer, Die „Tiroler Sonette“ von William Wordsworth, in “Tiroler Heimat Jahrbuch für
Geschichte und Volkskunde“, 63, 1999, pp.173-234.
8
Sull’altro versante, Andreas Hofer e l’Aufstand tirolese, si è ritenuto di dover
superare la gran quantità di produzione letteraria e storica di carattere per lo
più regionale, spesso ammantata da una dimensione leggendaria che ne
diminuisce, e in certi casi compromette, l’autorevolezza, ricercando fonti che
per rigore scientifico e obiettività consentissero di cogliere in maniera
pragmatica e per quanto possibile asettica il fatto storico nella sua essenza.
Anche in questo ambito, quindi, si è scelto di seguire un metodo analogo al
precedente attingendo sia da lavori meno recenti (vale tra questi menzionare
il saggio dello storico del Tirolo Hans von Voltelini, pubblicato nel 1909 in
occasione delle celebrazioni a cento anni dall’Aufstand)
3
sia da autori a noi
contemporanei e provenienti da ambiti accademici estranei alla ristretta realtà
regionale.
4
In merito al nucleo della ricerca, vale a dire quella che si ritiene
essere stata la motivazione alla base dell’iniziativa editoriale, la difficoltà
principale riscontrata è da ricondursi proprio alla marginalità dell’evento e
alla conseguente limitatissima disponibilità di risorse attraverso le quali
documentare i fatti. Muovendo dall’unico testo noto nel quale si tratti
approfonditamente del sussidio che la corona inglese fornì al Tirolo e al
Vorarlberg alla fine del 1809,
5
si è fatto ricorso a fonti anche antiquarie,
3
H. Von Voltelini, Forschungen und Beiträge zur Geschichte des Tiroler Aufstandes im Jahre 1809,
Innsbruck, Gotha, 1909.
4
Tra tutti si citano i lavori di G. Eyck, Loyal Rebels, Andreas Hofer and the Tyrolean Uprising of
1809, pubblicato nel 1986 a Boston, dove lo storico tedesco vive e lavora e dello storico
inglese L. Cole, Für Gott, Kaiser und Vaterland, pubblicato a Vienna del 2000.
5
J. Hirn, Englische Subsidien für Tirol und die Emigranten von 1809, Innsbruck, Gesellschaft für
neuere Geschichte Österreich, 1912
9
individuate attraverso sedi bibliotecarie o librerie storiche grazie alla
flessibilità consentita oggi dai mezzi di catalogazione e comunicazione
informatizzati, cercando così di colmare i vuoti documentari e definire, si
spera con sufficiente chiarezza, le dinamiche dei processi e delle vicende
oggetto della ricerca. Sul piano del metodo espositivo, infine, si è scelto di
procedere definendo in primo luogo il quadro storico delle guerre
napoleoniche e delle coalizioni realizzate dalle potenze europee contro
l’espansione francese, avendo cura di approfondire gli aspetti strategici del
coinvolgimento inglese e collocando quindi la rivolta tirolese nel contesto di
tali dinamiche. Nella parte dedicata al contesto letterario e culturale,
particolare attenzione è stata dedicata all’uso che il potere politico fece
dell’espressione artistica nel perseguimento dei propri obiettivi, in un
particolare momento di crisi legato alla lunga stagione di conflitti non solo
armati. La figura di Wordsworth, con un breve excursus biografico attento
anche agli aspetti non direttamente relativi alla sua opera letteraria, precede
quindi la parte centrale della ricerca, vale a dire la ricostruzione della genesi e
delle circostanze che condussero alla pubblicazione dei cinque sonetti
dedicati al Tirolo, accompagnate da considerazioni e da un tentativo
d’interpretazione del loro significato nella dimensione più ampia di quella
stagione storica e letteraria.
10
11
Parte 2
IL CONTESTO STORICO
l periodo compreso tra il 4 luglio 1789 e il congresso di Vienna del 1815
rappresentò il culmine di quel processo storico che, attraverso i secoli
precedenti, modificò progressivamente gli equilibri di potere all’interno delle
realtà nazionali, fino a determinare la rottura di strutture sociali di tradizione
millenaria a favore di una nuova organizzazione politica e sociale. Il
cambiamento traumatico, commisurato al valore della posta in gioco,
connotò i ventisei anni a cavallo dei due secoli, quando la politica e la
diplomazia lasciarono spazio quasi esclusivo al confronto militare, segnando
in questo modo in maniera irreversibile il paesaggio culturale continentale
con un’intensità che l’Europa conoscerà nuovamente solo nella prima metà
del XX secolo. Gli ideali portati dalla Rivoluzione Francese lasciarono un
segno in molte nazioni e per le monarchie europee fu difficile, laddove non
impossibile, restaurare interamente gli assetti istituzionali travolti dalla
tempesta di luglio. Il dominio napoleonico riunì manu militari la maggior parte
delle potenze europee sotto il controllo di un solo potere, nel tentativo di
creare un’entità politica capace di influenzare l’intero continente
6
e quindi il
rapporto di forze tra questo e le altre grandi potenze internazionali.
6
Cfr. Vittorio Criscuolo, Napoleone, Bologna, Il Mulino, 1997, p. 109: “Il regime
napoleonico nacque dall’esigenza di assicurare la pace civile, la coesione nazionale e
l’ordine sociale garantendo nel contempo le conquiste del periodo rivoluzionario […] tra
I
12
Tra le nuove ideologie che si affacciarono – o riaffacciarono – sulla scena
culturale si fece strada quell’idea di nazionalismo che informò di sé buona
parte del corso futuro della storia europea, movendo la formazione di alcune
nazioni e la fine di altre.
Nei cento anni che seguirono l’epoca napoleonica, poi, la mappa del
continente cambiò radicalmente e su nuove basi, fino a esprimere un
concetto affatto nuovo: l’idea di unità europea. Un progetto che Napoleone
vedeva realizzato sotto il segno del suo dominio e che a distanza di un secolo
e mezzo, all’indomani della tragedia dei conflitti d’inizio XX secolo, si
concretizzò attraverso percorsi finalmente condivisi e pacifici.
2.1 Le guerre napoleoniche
Gli anni dal 1792 al 1815 furono segnati da una serie di conflitti che
coinvolsero, in diverse fasi e in una dimensione fino allora mai raggiunta,
tutte le maggiori entità nazionali in Europa.
Inaugurato dagli eventi francesi del luglio 1789, il processo che ebbe nel
condottiero còrso il protagonista, impresse all’Europa cambiamenti radicali e
lasciò dietro di sé una società profondamente e irreversibilmente mutata.
L’espansione della potenza francese fu rapidissima e altrettanto rapido il suo
collasso, dopo la disastrosa campagna di Russia del 1812 e la sconfitta
il 1805 e il 1808 egli mirò, più che a estendere i confini della Francia, a edificare intorno
ad essa una federazione di stati subordinati”.
13
militare definitiva a Waterloo nel 1815, cui seguirono i termini del secondo
trattato di Parigi con la restaurazione in Francia del potere monarchico.
2.1.1 Le coalizioni antifrancesi
La minaccia rappresentata dal nuovo assetto istituzionale introdotto in
Francia indusse le monarchie europee a stringere di volta in volta alleanze
dirette a contrastarne il potenziale destabilizzante.
7
Il primo tentativo si ebbe nel 1793, quando Austria e Inghilterra, insieme a
Prussia e Spagna, si aggregarono in quella Prima Coalizione che s’infranse
contro la tecnica della “guerra totale” adottata da Napoleone il quale aveva
introdotto importanti riforme nell’organizzazione dell’esercito, inclusa la
famigerata, ma alquanto efficace levée en masse, la coscrizione generale e
obbligatoria.
8
7
Cfr. Geoffrey Bruun, L’equilibrio politico dal 1793 al 1814, in Storia del mondo moderno, pp.
298-327, IX. Le guerre napoleoniche e la Restaurazione, 1793-1830, Milano, Garzanti, 1969, p.
298: “Le successive coalizioni formate durante il periodo della rivoluzione e dell’impero
per arginare l’espansione francese rientrano in uno schema politico generali che aveva
saldi e antichi precedenti nella diplomazia europea […] nei periodi in qui tra gli stati
europei esisteva un certo equilibrio, sia pure instabile, il problema non era
particolarmente sentito […] soltanto quando uno stato, divenuto potente e aggressivo,
turbava in modo evidente il sistema europeo […] gli altri stati componevano le loro
divergenze per collaborare alla restaurazione dell’equilibrio”.
8
Cfr. Georges Lefebvre, Napoleone, trad. it., Roma, Bari, 2003 (1960), p. 218: “Dopo il
trattato di Lunéville, Bonaparte aveva cominciato a epurare l’esercito dei suoi elementi
stanchi o sospetti. Riformò molti ufficiali e congedò i soldati che avevano fatto almeno
quattro campagne, un ottavo dell’effettivo. Dal 1801 al 1805 ebbe a sua disposizione più
di quattro anni per riorganizzare le sue truppe e riflettere sul suo sistema di guerra, di cui
avrebbe dato nel 1805 e nel 1806 le applicazioni più impressionanti”.
14
Con l’imposizione dei termini del trattato di Campoformio,
9
Bonaparte riuscì
a neutralizzare la minaccia militare continentale almeno fino al 1798, anno
della Seconda Coalizione stretta da Austria, Gran Bretagna, Russia,
Portogallo, Impero Ottomano, Regno di Napoli, Stato Vaticano.
Per la Francia era il periodo del cosiddetto Direttorio, indebolito da divisioni
interne e da un alto grado di corruzione. Privato della competenza del
dimesso ministro della guerra Lazare Carnot e con Bonaparte impegnato
nella campagna d’Egitto (entrambi protagonisti della vittoria di sei anni
prima), l’esercito francese uscì battuto da una serie di battaglie sostenute
contro quelle medesime nazioni che dopo la sconfitta del 1792, grazie al
supporto finanziario britannico, erano riuscite a ricostruire il loro potenziale
bellico.
10
Tornato in Francia nell’Agosto del 1799 e preso in mano il potere
nel coup de Brumaire,
11
Napoleone riorganizzò l’esercito e condusse un’azione
controffensiva che nel 1800 determinò la sconfitta degli Austriaci a Marengo
e a Hohenlinden: due disfatte che indussero gli avversari a lasciare la
coalizione e accettare i termini del trattato di Lunéville.
12
9
Firmato il 17 ottobre 1797, il trattato di Campoformio rappresentò il collasso della prima
coalizione antifrancese. Cfr. Bruun, L’equilibrio politico dal 1793 al 1814, cit., p. 304.
10
Cfr. infra, cap. 2.4.1. La strategia inglese nelle guerre napoleoniche.
11
Il diciotto brumaio dell’anno VIII è la data in cui avvenne il colpo di stato con cui
Napoleone rovesciò il Direttorio e si impadronì del potere in Francia (il 9 novembre
1799 secondo il calendario gregoriano). Cfr. Bruun, L’equilibrio politico dal 1793 al 1814,
cit., p. 306.
12
L'esercito austriaco fu sconfitto da Napoleone Bonaparte nella Battaglia di Marengo il
14 giugno 1800 e quindi da Moreau nella Battaglia di Hohenlinden il 3 dicembre. Con il
principale fautore della coalizione, l'Austria, in grosse difficoltà, i coalizzati furono
costretti alla pace. Il Trattato di Lunéville segnò la fine della Seconda coalizione; Cfr.
Bruun, L’equilibrio politico dal 1793 al 1814, cit., p. 309.
15
Come già accadde nel 1792, tra tutte le nazioni europee rimase solo l’impero
britannico a sostenere la politica antifrancese, al punto da convincere
Bonaparte della necessità di neutralizzare la potenza inglese. In questa
prospettiva si colloca il tentativo di Napoleone, che nel 1805, ammassato un
esercito numericamente importante sulle coste settentrionali della Francia,
pianificò l’invasione delle isole britanniche.
13
L’esito vittorioso dello scontro
sulle acque di Trafalgar nell’ottobre 1805
14
sancì definitivamente la
superiorità della flotta militare inglese e convinse Bonaparte
dell’impraticabilità di un’azione militare diretta contro l’avversario
d’oltremanica, spingendolo a ridefinire i piani strategici. Nell’aprile di quello
stesso anno, intanto, la Gran Bretagna e la Russia avevano sottoscritto un
nuovo trattato di alleanza, la Terza Coalizione, a cui si unì l’Austria che dopo
la proclamazione di Napoleone a re d’Italia
15
vedeva seriamente minacciata la
propria integrità territoriale.
13
Cfr. Lefebvre, Napoleone, cit., p. 192: “L’esercito fu ammassato nel campo di Boulogne e
il 2 dicembre 1803 ricevette il nome di armata d’Inghilterra […] non c’è dubbio che egli
fu a più riprese seriamente deciso ad attraversare il canale, e si comprende che codesta
idea lo seducesse quando si considera la situazione militare nel Regno Unito”.
14
Combattuta il 21 ottobre 1805 dalla flotta francese di Napoleone, assieme a quella
dell'alleata Spagna, comandate dall'ammiraglio Pierre - Charles Villeneuve, contro la
flotta britannica comandata dall'ammiraglio Horatio Nelson (che morì nel corso della
battaglia al comando della leggendaria H.M.S.Victory), la battaglia di Trafalgar chiuse
definitivamente il duello secolare anglo-francese per il controllo degli oceani: Napoleone
dovette rinunciare all'invasione e fu eliminata “ogni minaccia alla supremazia marittima
inglese per molti anni a venire”. Cfr. Bruun, L’equilibrio politico dal 1793 al 1814, cit., p.
309.
15
Il 18 maggio 1805 in Milano, alla presenza del papa Pio VII Napoleone s'incoronò Re
d'Italia e insediò Eugenio di Beauharnais nel ruolo di viceré. Cfr. Criscuolo, Napoleone,
cit., p. 86.
16
Le truppe napoleoniche, che lasciarono il fronte inglese nel luglio 1805,
affrontarono e neutralizzarono nel settembre successivo le forze austriache,
lanciate in un’azione militare contro la Baviera.
16
Anche la terza alleanza si
infranse contro la supremazia della Grande Armata francese e la superiorità
del genio militare di Bonaparte che nel dicembre 1805, ad Austerlitz in
Moravia, inflisse un numero elevato di perdite all’esercito austro-russo, pur
numericamente superiore, in quella che sarà considerata come la sua più
grande vittoria. Con l’accettazione dei termini della pace di Presburgo, il
Sacro Romano Impero concluse la sua storia millenaria e il suo Imperatore
Francesco II abdicò, acquisendo il titolo di Imperatore d’Austria e Ungheria.
Tra le condizioni imposte all’Austria assume qui rilevanza il passaggio del
controllo di Venezia sotto il Regno d’Italia e l’annessione del Tirolo alla
Baviera.
17
Agli inizi del 1806, pochi mesi dopo il collasso della terza
coalizione, Prussia, Russia, Sassonia, Svezia e Gran Bretagna riunirono
nuovamente le loro forze nella Quarta Coalizione. Con risposta alla nuova
intesa, Napoleone istituì, nel luglio dello stesso anno, la cosiddetta
Confederazione Renana, un agglomerato di microentità nazionali
germaniche, in certi casi amalgamate a formare più ampi elettorati, ducati e
regni, elevando poi al rango di regno due stati confederati come la Sassonia e
16
Cfr. Bruun, L’equilibrio politico dal 1793 al 1814, cit., p. 309: “L’Austria, legata alla Russia
da un patto difensivo segreto fin dal novembre precedente, si unì alla coalizione che
veniva formandosi. […] Napoleone, dal canto suo, avrebbe voluto rinviare fino
all’autunno la rottura con l’Austria […] il 20 ottobre, a Ulm, costrinse alla resa l’esercito
austriaco e il 13 novembre i francesi entrarono a Vienna”.
17
Cfr. infra, cap. 2.3. Il conflitto austro-francese: il caso del Tirolo e l’Aufstand del 1809.
17
la Baviera.
18
Nell’agosto dello stesso anno, per iniziativa del re Federico
Guglielmo III, Prussia e Russia decisero un’azione isolata contro le forze
francesi. La possibilità di mettere in campo gli eserciti della confederazione
renana favorì la macchina bellica francese, che anche in quest’occasione, il 14
ottobre 1806 nelle battaglie di Jena
e Auerstadt, bloccò le forze alleate e
giunse in breve tempo a occupare Berlino.
19
Neutralizzata la minaccia
prussiana, Bonaparte costrinse militarmente lo Zar Alessandro ad accettare i
termini della pace di Tilsit.
20
La pace franco-russa segnò la fine della quarta
coalizione e sancì la divisione dell'Europa orientale in due sfere d’influenza
tra le due potenze firmatarie, ora non più belligeranti ma alleate. I due regni
siglarono inoltre un patto segreto di mutua assistenza in chiave
antibritannica. Le conseguenze per la Prussia furono sfavorevoli, poiché
dovette rinunciare ad ampie porzioni del proprio territorio a favore dei neo
costituiti stati vassalli di Napoleone e fu spinta ad accettare di far parte del
cosiddetto "Blocco Continentale" .
18
Cfr. Bruun, L’equilibrio politico dal 1793 al 1814, p. 319: “La Baviera, il Württemberg e il
Baden divennero stati sovrani alleati della Francia: insieme a una dozzina di altri stati
tedeschi minori, essi rinunciarono a tutti i legami che li avevano uniti alla casa Asburgo e
al Sacro Romano Impero e vennero organizzati nella Confederazione Renana, di cui
Napoleone si nominò protettore”.
19
Cfr. Bruun, L’equilibrio politico dal 1793 al 1814, cit., p. 319: “Nell’agosto 1806 la corte di
Berlino apprese dall’ambasciatore a Parigi che Napoleone aveva offerto segretamente a
Giorgio III di restituirgli l’Hannover; perciò, senza neppure attendere l’appoggio militare
russo, nel settembre del 1806 i prussiani inviarono un ultimatum a Napoleone. Questi
reagì con incredibile rapidità […] la resistenza prussiana crollò e due settimane dopo
Napoleone entrò a Berlino”.
20
A Tilsit furono siglati due trattati di pace nel 1807 da Napoleone, rispettivamente il 7
luglio con lo zar Alessandro I di Russia e il 9 luglio con il re Federico Guglielmo III di
Prussia. “La Francia e la Russia da nemiche divennero alleate e si suddivisero l’Europa”.
Dopo Tilsit Napoleone riprese l’idea di perseguire l’isolamento commerciale
dell’Inghilterra e iniziò a progettare il blocco continentale. Cfr. Bruun, L’equilibrio politico
dal 1793 al 1814, cit., p. 320.
18
2.1.2 Il blocco continentale
Tra il 1807 e il 1810 solo la Russia e la Gran Bretagna erano rimaste fuori
del controllo francese. La seconda nazione in particolare rappresentava per la
Francia un obiettivo primario, a causa della sua capacità di mantenere in vita
le coalizioni, attraverso i finanziamenti concessi alle monarchie europee,
affinché queste potessero sostenere attività militari ostili alla Francia.
21
Napoleone decise quindi di attaccare l’Inghilterra mirando a tagliare i
rifornimenti di liquidità e distruggere i commerci britannici particolarmente
floridi nell’esportazione di prodotti coloniali verso l’Europa. Nel novembre
1806 furono varati i cosiddetti decreti di Berlino, con i quali Napoleone
dichiarò bandite dal continente tutte le merci di origine inglese o provenienti
dalle colonie inglesi.
22
Dopo che gli accordi di Tilsit, cooptando Russia e
Prussia nel contesto del blocco continentale, chiusero anche i porti del
Baltico e dell’Adriatico, fino a quel momento rimasti accessibili ai mercantili
inglesi, Londra replicò all’iniziativa Francese; da un lato attaccò militarmente
ogni trasporto commerciale battente bandiera francese, dall’altro introdusse
misure dirette a obbligare le navi mercantili provenienti da paesi neutrali a
21
Sulla questione cfr. S.Bainbridge, British Poetry and the Revolutionary and Napoleonic Wars.
Visions of Conflict, Oxford, University Press, 2003, cap. I, Manpower and Money.
22
Cfr. K.H. O’Rourke, The Worldwide Economic Impact of the Revolutionary and Napoleonic Wars,
Dublin, Trinity College Department of Economics, 2005, p. 6: “Nel novembre del 1806
con i decreti di Berlino le isole britanniche furono dichiarate sotto embargo […] la
proibizione di tutti i commerci di merci britanniche e che ogni nave proveniente
direttamente dalla Gran Bretagna o dalle sue colonie doveva essere allontanata dai porti
francesi. Napoleone applicò queste restrizioni non solo in Francia, ma in tutti gli stati
vassalli come la Spagna, il regno di Napoli e l’Olanda [e dopo Tilsit] anche la Russia, la
Danimarca, il Portogallo e la Prussia”.
19
raggiungere l’Europa solo passando attraverso porti inglesi. Con i decreti di
Milano Napoleone minacciò allora la confisca di ogni nave che avrebbe
navigato in acque territoriali francesi dopo essere salpata da porti inglesi.
23
La prima conseguenza di queste schermaglie fu che il paese terzo più
importante, l’America, pose un embargo su entrambe le nazioni europee che
si rivelò deleterio soprattutto per l’Inghilterra, principale e, dopo Trafalgar,
unica potenza navale. Il danno complessivo causato all’economia britannica
fu indubbiamente sensibile, con perdite significative per la bilancia
commerciale che indussero di riflesso una crisi economica per l’industria
manifatturiera, con conseguenti effetti negativi sull’occupazione, i salari e la
stabilità sociale.
24
Sotto questo profilo, è stato sottolineato l’interessante
legame di reciproca interdipendenza esistente tra lo scoppio della rivoluzione
americana, provocata anche dall’incremento della pressione fiscale attuato dal
governo di Londra per fronteggiare la crisi di quel periodo, e la rivoluzione
francese, che ebbe luogo in un momento di crisi economica aggravata dalle
23
Cfr. Lefebvre, Napoleone, cit., p. 290: “Sanciti a Milano il 23 novembre e il 17 dicembre
1807, i decreti rafforzarono le disposizioni di quello di Berlino, dichiarando inglesi, per
loro stessa natura, le derrate coloniali e una quantità di merci […] e soprattutto
precisando che qualsiasi nave che avesse fatto scalo in Inghilterra doveva essere
confiscata e che ogni nave neutrale che si fosse sottomessa alle imposizioni inglesi
sarebbe stata considerata come “snazionalizzata” e divenuta di proprietà britannica, di
conseguenza soggetta a cattura”.
24
Cfr. O’Rourke, The Worldwide Economic Impact, cit., pp. 25-29. Secondo alcuni storici il
blocco continentale produsse danni all’economia inglese, e nonostante il fallimento
finale esso non fu in astratto un piano inattuabile. “Esso fallì non perché il modo in cui
era stato concepito fosse errato, ma perché non fu mai applicato abbastanza a lungo e
con sufficiente coerenza per essere davvero efficace”. Cfr. Bruun, L’equilibrio politico dal
1793 al 1814, cit., p. 320.
20
spese sostenute a Parigi per fornire aiuto ai rivoltosi americani.
25
Nonostante
tutto Napoleone non fu capace di trarre vantaggio dalla congiuntura
favorevole, poiché per quanti effetti negativi il suo sistema poteva avere
prodotto in territorio inglese, alla fine si dimostrò funesto in primo luogo per
la Francia. Il risultato paradossale fu infatti l’autoesclusione del continente
europeo dai benefici derivanti dai rapporti commerciali con la potenza
industriale straordinariamente più grande del suo tempo. Non solo le classi
sociali più elevate si ritrovarono private di tutti quei beni d’importazione
coloniale, dai tessuti pregiati al caffè, dal cacao al tabacco, impossibili da
sostituire con prodotti analoghi di produzione locale, ma la scarsità di risorse
primarie e le necessità finanziarie più in generale furono tali da spingere
Napoleone ad allentare per un certo periodo la compattezza del blocco.
26
Questo clima di crisi generalizzata favorì e in parte giustificò le diffuse
attività di contrabbando le quali, insieme alla corruzione dilagante in molti
strati dell’apparato amministrativo francese, minarono in larga misura
l’efficacia del sistema. Un altro aspetto della vicenda riguarda l’errata analisi
francese circa la realtà economica inglese, dove le dinamiche di un mercato
finanziario basato su un sistema creditizio avanzato e appoggiato da un
25
Cfr. Ò’Rourke , The Worldwide Economic Impact, cit., p. 5.
26
Cfr. Lefebvre, Napoleone, cit., p. 289: “Avendo urgente bisogno di denaro, Napoleone
restituiva [le merci inglesi confiscate] dietro riscatto ed esse rientravano in circolazione,
di modo che il sequestro si riduceva a un espediente fiscale. D’altra parte gli uomini
d’affari in Francia si allarmarono […] desideravano che si lasciasse piena libertà alle navi
neutrali”. Fino alla stretta del 1807, poi, con un’interpretazione estensiva del decreto di
Berlino, laddove si imponevano restrizioni alle navi provenienti “direttamente”
dall’Inghilterra, “esse potevano sostenere di avervi solo fatto scalo […] in tal caso il
decreto di Berlino perdeva ogni significato”.