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televisione, ma anche indispensabile interfaccia di altri due oggetti che hanno
rivoluzionato il nostro tempo, il computer e il cellulare.
I mezzi scelti come punto di riferimento, le televisioni digitali, il World Wide Web
e i cellulari/palmari di nuova generazione, sono attualmente al centro delle
indagini sulle prospettive future della comunicazione, in tutti suoi estesi ambiti di
applicazione.
Nel primo capitolo metterò in luce la natura di questi strumenti e le prospettive
future che sembrano caratterizzarli, strettamente legate a fenomeni quali la
convergenza digitale e il Web 2.0. Questi concetti, che verranno spiegati in
modo esaustivo in seguito, offrono alla comunicazione nuove possibilità: la
multimedialità, la multicanalità e l’interattività. La multimedialità genera
messaggi più attrattivi e persuasivi , integrando al testo materiale video e
audio; la multicanalità permette che questi messaggi siano veicolati attraverso
diversi canali e distribuiti a molteplici terminali tecnologici; infine l’interattività
scardina il consueto rapporto stabilito dalla comunicazione mass-mediale,
monodirezionale, dando luogo ad un inedito rapporto di partecipazione e
scambio fra emittente e fruitore. Le nuove evoluzioni del Web, ad esempio,
trasformano gli utenti da consumer a prosumer. Questo termine, formato dalla
contrazione della parola “producer” con la parola “consumer” indica un
cambiamento nel ruolo dell’utente, da uno passivo ad un altro decisamente
più attivo nel processo di consumo, di produzione, di creazione dei contenuti
che lui stesso fruisce. Il concetto è in realtà estendibile anche alla sfera
televisiva: le tv on demand possono offrire un grado di interattività che
permette all’utente di crearsi una sorta di palinsesto personalizzato.
Dall’analisi di queste evoluzioni tecnologiche emergono interessanti
applicazioni ad uso della comunicazione pubblica. Le ICT possiedono infatti
delle caratteristiche che permettono l’invio di messaggi più attraenti, più
persuasivi e possono dar luogo ad un rapporto bidirezionale, più paritetico e
quindi più democratico tra cittadini e PA.
La seconda parte della Tesi metterà invece a fuoco l’uso degli strumenti di
comunicazione dotati di schermi nello specifico settore delle Pubbliche
Amministrazioni. Molte sperimentazioni che coinvolgono questi strumenti sono
state avviate recentemente in questo senso. Mi riferisco in particolare alle
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politiche di e-Democracy (electronic democracy), t-Government (television
government) e m-Government (mobile government) che rientrano in un più
ampio ed esteso progetto destinato alle Pubbliche Amministrazioni a livello
nazionale ed internazionale denominato e-Government (electronic-
government). Verrà proposto un percorso attraverso le best-practices che
rientrano in queste politiche di impiego delle ICT, facendo particolare
riferimento a quelle attività di comunicazione finalizzate alla partecipazione dei
cittadini.
In un secondo momento verranno prese in considerazione le linee strategiche
contemplate dal sistema nazionale di e-Government, nell’intento di proporre
una valutazione che metta in luce le criticità e le problematiche che
attualmente presentano l’uso delle ICT nella PA. Come sottolinea il documento
del sistema appena citato, l’uso delle nuove tecnologie può favorire tre
processi che possono cambiare sensibilmente la vita del cittadino nei rapporti
con la PA:
- Migliorare l’efficienza della PA
- Costruire la cittadinanza digitale
- Misurare qualità ed efficienza dei processi della PA
Tuttavia, al di là del programmatico impegno del documento del Ministro per
le riforme e le innovazioni nella PA, la realtà attuale presenta ancora molti
deficit. Questi sono principalmente dovuti al mancato inserimento delle attività
di comunicazione che utilizzano le nuove tecnologie all’interno di precisi e
definiti processi di marketing. Il rischio che si corre è infatti quello di pianificare
la comunicazione in modo arbitrario, senza criteri e parametri che ne
garantiscano l’efficacia e quindi utilizzando le ICT esclusivamente come
contenitori “vuoti”.
Partendo da queste premesse e forte di un’esperienza di stage vissuta
all’interno della realtà del Comune di Monza, ho potuto rilevare quella che
personalmente credo sia la criticità maggiore che impedisce alla PA di
ristabilire un rapporto, attualmente in crisi, con i suoi cittadini: la mancata
pianificazione in base all’utente di riferimento, in termini di marketing diremmo
l’attenzione verso il target, in questo caso i cittadini.
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Proprio a questo proposito mi è sembrato che la retorica potesse offrire un
valido modello di pianificazione della comunicazione pubblica, grazie alla sua
capacità di focalizzare un discorso mirato e diretto al suo specifico uditorio.
La chiave di analisi degli strumenti proposti e del loro tipo di linguaggio sarà
quindi la retorica, che in questa sede si rivela una disciplina pragmatica, non
certo puramente “ornamentale” e fine a e stessa, come in vari periodi storici è
stata erroneamente considerata. La sua applicazione risulta infatti valida
anche come strumento di analisi della moderna comunicazione, veicolata dai
mezzi ICT.
La retorica si rivela un attualissimo e prezioso contributo nell’interpretazione
delle dinamiche linguistiche soggiacenti ai processi comunicativi ma
soprattutto è un strumento capace di indirizzarsi in maniera mirata all’uditorio,
gli utenti delle nuove tecnologie, interpretandone e raccogliendone le
esigenze . L’argomento “schermi”, esteso all’ampio campo delle ICT e alla sua
applicazione allo specifico ambito delle Pubbliche Amministrazioni, verrà infatti
valutato attraverso alcuni modelli retorici, i quali fanno riferimento
principalmente a uno degli autori più significativi del passato, Aristotele e ad
altri più recenti, Perelman e Grice.
Nell’ultimo capitolo mi soffermerò sulla realtà monzese, descrivendo
innanzitutto le attività di comunicazione ICT, realizzate e in via di realizzazione,
che ho potuto conoscere da un punto di vista “interno” all’Ente. Inoltre,
rappresentando una realtà medio-grande, il Comune di Monza si adatta ad
essere un punto di riferimento utile, un caso concreto a cui applicare i criteri di
analisi e le valutazioni evidenziate nel secondo capito.
Tale approccio è convalidato a livello nazionale dal principio di sussidiarietà
verticale. Contenuto nell’art. 117 della Costituzione, questo principio attribuisce
molte funzioni a quegli organi pubblici che si presuppone godano dei migliori
requisiti di efficacia ed efficienza grazie alla loro vicinanza territoriale e
funzionale al cittadino: gli Enti Locali. Il principale livello di riferimento preso in
considerazione per le attività di comunicazione è infatti quello del Comune,
rappresentativo di buone pratiche ma soprattutto di criticità riscontrabili in altre
realtà pubbliche.
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Dall’analisi fatta, emerge effettivamente come la pianificazione delle attività di
comunicazione attraverso i nuovi strumenti ICT non segua ancora dei criteri di
marketing e soffra quindi di una scarsa efficienza. Paradossalmente manca un
approccio di progettazione delle attività di comunicazione ICT che si modelli in
base alle esigenze dei cittadini, proprio quando questi nuovi strumenti
contribuirebbero in maniera sostanziale a favorire questo obiettivo.
Tuttavia, il mio intento è stato proprio quello di capire, anche attraverso
un’intervista rilasciata dai responsabili della Comunicazione del Comune di
Monza, quali siano le difficoltà strutturali del sistema che quotidianamente e
concretamente impediscono un reale sfruttamento delle potenzialità che oggi,
e soprattutto in futuro, le nuove tecnologie ci potranno offrire.
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1. Schermi: nuove tecnologie nel
campo della comunicazione
1.1 Lo schermo e l’utente
“Nel lungo periodo è possibile che ogni oggetto diventerà
uno schermo connesso alla rete, mentre l’intero spazio
costruito verrà trasformato in un’insieme di superfici video”
Lev Manovich, teorico dei nuovi media
La citazione che introduce questo paragrafo è certamente provocatoria,
esagerata, eppure porta alle estreme conseguenze una tendenza alla
proliferazione degli schermi nelle società contemporanee che costituisce un
fatto reale. Per rendersi conto di tale dinamica basta osservare come e quanto
l’oggetto schermo abbia sempre più preso piede all’interno dei nostri spazi
pubblici urbani: le piazze, le stazioni, le università si stanno popolano di superfici
video che inviano spot pubblicitari, riportano informazioni di pubblica utilità,
orari delle lezioni…ecc.
Lo schermo si colloca all’interno della nostra quotidianità come uno spazio
virtuale, un altro mondo tridimensionale racchiuso da una cornice e situato
all’interno del nostro spazio normale. La cornice separa due spazi totalmente
diversi che in qualche modo coesistono.
L’ oggetto schermo, scelto come filo conduttore della trattazione, viene
considerato nella sua accezione più generale, svincolata dallo specifico
significato tecnico, che vuole comprendere quindi, oltre all’idea di schermo
televisivo, anche quella di monitor del computer e display del cellulare. Esso è
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un’interfaccia, un dispositivo di tipo informatico che consente la
comunicazione tra due sistemi che non utilizzano lo stesso linguaggio per
mancanza di codici e regole condivise. Si pone perciò come punto di incontro
tra l’uomo e la macchina tecnologica e rende possibile un interscambio
comunicativo.
Le interfacce contemporanee offrono delle possibilità completamente nuove
alla comunicazione. Lo schermo sta diventando rapidamente il mezzo
principale per accedere a qualunque tipo di informazione, sia essa costituita
da immagini statiche, in movimento o da testo.
Poiché la distribuzione di molte forme culturali si basa ormai sul computer, ci
stiamo sempre più “interfacciando” attraverso le modalità con cui i computer
ci presentano i dati culturali (testi, fotografie, film, musica, ambienti virtuali) e ci
consentono di interagire con essi.
Secondo Bettetini sono due le principali discipline che si occupano di studiare
le varie dinamiche che intercorrono negli scambi comunicativi che
conivogono uomo e schermo (Bettetini 2001: 208 – 256):
• HCI, acronimo di Human-Computer Interaction, studia l’interazione tra gli
utenti e il computer e la progettazione e lo sviluppo di sistemi interattivi
che siano usabili, affidabili e facilitino le attività umane.
• CMC, acronimo di Computer Mediated Comunication, si occupa di
studiare come le tecnologie a base informatica, in particolare i
computer appunto, abilitino peculiari forme di comunicazione a
distanza fra gli esseri umani.
Lo studio delle interfacce uomo-computer è multidisciplinare: riguarda aspetti
legati all’informatica, alla psicologia, all’ergonomia, al design, ma in questa
sede gli aspetti che più verranno messi in rilievo sono quelli legati alla linguistica
e alla retorica. Tale approccio è stato disciplina di studio di Rosati e Venier, che
in Rete retorica avvalorano l’idea che i dettami di classificazione e costruzione
di un discorso efficace offerti dalla retorica possano trovare applicazione
anche in ambiti innovativi come quelli legati alle nuove tecnologie della
comunicazione (Rosati, Venier 2006).
Prendendo come punto di riferimento tale filone di studio, la retorica, strategia
di persuasione e di coinvolgimento, diviene una possibile ed efficace
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alternativa di analisi e costruzione dei processi comunicativi di fronte ad un uso
sempre più diffuso di applicazioni informatiche e alla richiesta di una sempre
maggiore capacità di progettazione che tenga conto dei contesti di impiego,
degli obiettivi dell’utente e delle peculiarità della comunicazione che avviene
attraverso lo schermo.
Il rapporto comunicativo studiato dall’HCI ha subito importantissimi
cambiamenti nell’arco dall’evoluzione delle tecnologie informatiche. Risale al
1984 l’interfaccia Macintosh di Apple, che utilizzava sapientemente la
metafora della scrivania (il desktop) come spazio nel quale distribuire i file. A
consacrare il successo delle interfacce grafiche è la prima versione di
Microsoft-Windows, dell’anno successivo, 1985 (Manovich 2001: 97).
I principi che regolano l’uso delle interfacce grafiche sono ormai consolidati e
le convenzioni su cui si basano risultano naturali nell’operatività del computer.
Da questo tipo di interfacce attualmente si tende a passare a interfacce
multimediali, in cui alla grafica si aggiungono immagini in movimento e suoni,
ridistribuiti sullo schermo.
Immagini in movimento, parola stampata e loro integrazione sul monitor del
computer hanno sviluppato un loro modo di organizzare le informazioni, di
presentarle all’utente, di mettere in correlazione spazio e tempo e di strutturare
l’esperienza umana nell’accesso alle informazioni attraverso un linguaggio
nuovo. Il testo e l’immagine in movimento si sono integrati e inseriti nello
schermo del computer plasmando uno spazio ricco di metafore, modalità
proprie di navigazione attraverso i contenuti, modalità di accesso e
conservazione dei dati di forte impatto visivo e psicologico.
Uno degli obiettivi principali che si prefigge l’HCI è l’usabilità, caratteristica di
fondamentale importanza per ogni tipo di applicazione informatica, poiché ne
implica la capacità di essere utilizzata dagli utenti.
L’usabilità è stata definita dallo standard ISO 9241 (organizzazione
internazionale degli standard) in questo modo:
l’efficacia, efficienza e soddisfazione con cui determinati utenti
possono raggiungere determinati obiettivi in un determinato contesto
d’uso (ISO 9241).
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Secondo Polillo (2004: 215) il significato di tale definizione potrebbe essere
spiegato tramite la seguente tabella:
Caratteristica Metrica Descrizione
Efficacia
Tasso di
successo
La percentuale di compiti portati a termine
con successo da un campione di utenti
Efficienza Tempo medio
Il tempo medio impiegato dal campione di
utenti per effettuare i compiti portati a termine
con successo
Soddisfazione
Gradimento
medio
Il gradimento medio espresso dal campione di
utenti nello svolgimento dei compiti assegnati,
espresso con un voto numerico.
Ufficialmente i due fondatori della prima società che si occupa di Web Usability
sono due ingegneri, Donald Norman e Jacob Nielsen3. Nata in ambito Web,
l’usabilità ha progressivamente esteso il suo ambito di applicazione ed è
divenuta una disciplina di studio applicabile ad altri strumenti informatici,
anche a causa della continua introduzione di nuovi dispositivi interattivi nelle
nostre case, uffici, auto, luoghi di commercio e turismo. Lo sviluppo della
tecnologia UMTS4, ad esempio, ha trasformato i cellulari in veri e propri piccoli
computer in grado di visualizzare e trasmettere dati audiovideo e, per la prima
volta a costi contenuti, di accedere al World Wide Web di Internet, navigando
ad una velocità pari a un ADSL di casa grazie alla tecnologia HSDPA5.
Le costanti innovazioni implicano quindi la necessità di progettare una usabilità
pervasiva nei vari contesti di utilizzo.
Il modello della CMC, invece, partendo da premesse completamente diverse
rispetto all’HCI, si sviluppa a partire dall’analisi di un fenomeno specifico e
molto attuale del Web: l’uso della rete come strumento di comunicazione
3 Cfr. il sito ufficiale di Nielsen: http://www.useit.com.
4 Acronimo di Universal Mobile Telephone System, indica uno standard tecnologico che
ha permesso la nascita dei cellulari definiti di “terza generazione”.
5 Acronimo di High Speed Downlink Packet Access.
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interpersonale. L’interazione ha come presupposto il coinvolgimento di molti
soggetti non residenti nello stesso luogo. In questo caso l’interfaccia di dialogo
ha la funzione di definire un contesto condiviso in cui si possono intrecciare le
azioni degli interlocutori. L’interazione è finalizzata quindi ad attuare relazioni e
scambi comunicativi da cui può derivare la costruzione di saperi condivisi.
Sempre secondo Bettetini, attualmente HCI e CMC sembrano seguire percorsi
sempre più convergenti: il moltiplicarsi dei siti Web che ospitano spazi di
interazione e dialogo aperti a tutto il pubblico della rete, secondo l’emergente
paradigma del Web 2.0, di cui parleremo in seguito, ha rivolto l’attenzione
dell’HCI all’usabilità attraverso cui gli utenti entrano in relazione fra loro,
studiando l’interazione in ambienti multi-utente e più specificatamente in spazi
di CMC.
1.2 Panorama, prospettive, tendenze
Un contributo per capire in cosa consista la natura linguistica dei nuovi media
ci viene offerto da Franca Orletti, la quale posiziona il linguaggio dei nuovi
media a metà strada fra dimensione orale e dimensione scritta:
La lingua che si scrive su Internet può essere considerata una varietà
di pidgin, giacchè è il risultato del contatto fra dimensione orale e
dimensione scritta. (Orletti 2004: 45-46)
Sempre Orletti attribuisce alla comunicazione innovativa un’inclinazione
dialogica, come specificità inscritta nella natura tecnica della rete.
Sono proprio il principio di condivisione e la presenza di una
conoscenza dialogica gli elementi che contraddistinguono la rete.
(Orletti 2004: 45)
Ma per meglio capire come si collochino i nuovi media nel panorama di
riflessioni appena descritto e in cosa differiscono dai loro antesignani media di
massa è necessario descrivere le loro principali caratteristiche, le possibilità
nuove che offrono alla comunicazione, le tendenze e prospettive future. La
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tabella che ho elaborato esemplifica, a mio parere, i principali elementi di
differenziazione fra nuovi media e media di massa.
Il passaggio da analogico a digitale ad esempio offre delle nuove capacità ai
media: rende possibile che tutti i contenuti digitalizzati, sia testuali che audio e
video, siano compatibili per essere immessi nella rete: per Internet infatti ciò
che è analogico non esiste. Questa possibilità rappresenta un fenomeno in
atto, dalle molteplici prospettive: la convergenza. Questa caratteristica,
insieme all’interattività, altra peculiarità dei nuovi media, verrà affrontata nei
paragrafi successivi.
1.2.1 Convergenza, multimedialità e multicanalità
Il termine convergenza descrive il processo di confluenza dei diversi media
(radio, televisione, cinema, giornali, libri, rete) in un unico sistema distributivo e
produttivo. Il termine si è affermato agli inizi degli anni ’70 per esprimere un
crescente rapporto fra la tecnologia digitale dei computer e le
telecomunicazioni. A partire dagli anni ’90 si riferisce anche alla possibilità di far
confluire in nuovi prodotti e nuove forme distributive (via rete, via cavo e via
satellite) i contenuti costituiti da immagini, dati, suoni, testi prima veicolati da
media separati. Questa tendenza, che di fatto significa l’integrazione delle
MASS MEDIA TRADIZIONALI
NUOVI MEDIA DIGITALI
Codice analogico
Codice digitale
Unico canale di trasmissione
Convergenza mediale digitale
Comunicazione broadcasting
Comunicazione interattiva
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telecomunicazioni con l’industria degli audiovisivi attraverso la tecnologia
digitale, si sta consolidando a partire da tre livelli (Wikipedia 2008)6:
• quello tecnologico che si afferma grazie all’ideazione di piattaforme
digitali capaci di supportare e far dialogare i diversi contenuti;
• quello di prodotto, per cui anche la percezione dei consumatori tende a
unificare quanto viene fruito dai diversi canali ( ad es. il cinema o
l’informazione distribuita via televisione o via rete) contribuendo a
modificare i contenuti simbolici scambiati (linguaggi e modelli di
scambio comunicativo);
• quello imprenditoriale, che vede le aziende dei diversi settori
(telecomunicazioni, editoria, informazione, rete) integrarsi e allargare la
propria area di business per sviluppare economie di scala.
Considerando primariamente l’aspetto tecnologico, il concetto di
convergenza si realizza nell’unione, resa possibile dalla tecnologia digitale, di
molteplici strumenti atti ad erogare informazione. Il punto cruciale
dell’ibridazione tecnologica è rappresentata da Internet, dalle televisioni
digitali e dalla telefonia cellulare nella sua ultima declinazione, l’UTMS.
Utilizzando una sola interfaccia, lo schermo, è possibile infatti combinare più
mezzi elementari (testi, immagini, suono) per trasmettere un messaggio. La
piena attuazione delle potenzialità di questo nuovo formato implica l’utilizzo di
tecnologie di trasmissione a banda larga7.
Per spiegare questa peculiarità dei nuovi media viene utilizzato anche il
termine multimedialità8, che veicola l’idea di una “integrazione di più media”,
quindi di diverse modalità di comunicazione che producono un medium nuovo
e più complesso. La convergenza è la base della multimedialità ed elimina la
distinzione fra i mezzi di comunicazione. L’adozione delle tecniche digitali
applicate ai terminali e alle reti, ha reso possibile gestire analogamente
6 Wikipedia, Convergenza, http://it.wikipedia.org/wiki/Convergenza (02/03/2008).
7 Banda larga (Broadband) si dice di un sistema di comunicazione o di una rete in
grado di trasmettere contemporaneamente diversi segnali con un unico mezzo. L’ADSL
(Asymmetrical Digital Subscriber Line) è una tecnologia di compressione di segnali che
consente la trasmissione di dati ad alta velocità e in banda larga sul tradizionale
doppino telefonico.
8 Wikipedia, Multimediale, http://it.wikipedia.org/wiki/Multimediale (02/03/2007).
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molteplici forme di informazione utilizzandone la comune natura binaria. La
multimedialità è un linguaggio applicato all’uso complementare di vari mezzi,
dal telefono cellulare alla televisione.
Accanto al concetto di multimedialità emerge anche quello di multicanalità
che indica la capacità di utilizzare un unico strumento come vettore di servizi
che nel passato erano forniti per vie differenti, supportati da canali che erano
distintivi tra i diversi media.
La mutimedialità è stata resa possibile da un’insieme di soluzioni tecnologiche
che riguardano: gli standard di rappresentazione, i sistemi di trasmissione e
immagazzinamento, i protocolli di trasporto.
Per Mastroianni il presupposto fondamentale per realizzare una comunicazione
che combini i diversi media è la definizione di standard di rappresentazione dei
diversi tipi di informazione (visuale, testuale, sonora) e delle relazioni tra di essi
(Mastroianni 2000: 90 - 95) Esempi di standard sono il linguaggio HTML (Hypertex
Markup Language)9 per le pagine Web, il formato GIF per le immagini grafiche
e lo standard JPEG10 per quelle fotografiche, il formato MPEG11 per il video e
così via.
Per quanto concerne il secondo aspetto, quello legato al prodotto
multimediale, come abbiamo detto questo è il risultato della reciproca e
complementare integrazione dei diversi media; è il frutto di una
sovrapposizione a finestre di contenuti che hanno origini diverse ed è l’effetto
del passaggio di contenuti del Web alla televisione interattiva e di contenuti
televisivi su Internet, per esempio. Gli spazi concreti della visione (lo schermo, il
monitor, il display) si scompongono in spazi pluridimensionali (ciascuno
riconducibile a una diversa finestra) ciascuno dei quali contiene immagini,
testo, audio. In questo modo l’atto della rappresentazione si moltiplica
proponendosi alla percezione proprio nella sua molteplicità.
9 “Linguaggio di marcatura”, basato su una serie di caratteri racchiusi
convenzionalmente tra i segni di maggiore e minore, chiamati etichette (tag), che
istruiscono il computer su come visualizzare le varie parti del documento.
10 Formato di compressione utilizzato all’interno del Web per la gestione di file grafici
Assieme al GIF rappresenta il formato più diffuso in rete.
11 Acronimo di Motion Picture Experts Group, standard di compressione per le immagini
in movimento.