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Segue un excursus nelle varie epoche storiche per capire quali aspetti assuma 
di volta in volta l’iconografia del magico e dell’occulto. 
Ho voluto accennare brevemente anche a una figura centrale in questo tipo di 
rappresentazioni: la strega, la cui immagine nelle rappresentazioni artistiche 
subisce delle variazioni a seconda dell’ambiente storico- culturale. 
Nel 3° capitolo l’argomento trattato è il simbolo; si dà una breve definizione di 
simbolo, evidenziandone la differenza con l’allegoria. 
Seguono alcuni cenni relativi alle teorie dei simboli (soprattutto in riferimento al 
rapporto tra simbolo e arte) in varie discipline legate sia alla psicologia che 
all’arte. 
Uno spazio a parte meritano le discipline che più hanno dato un contributo alla 
descrizione e interpretazione della simbologia artistica: l’iconografia, con la 
descrizione e classificazione delle immagini e l’iconologia, con l’interpretazione 
a più livelli delle immagini simboliche. 
A questo punto è d’obbligo una precisazione: data l’enorme quantità di simboli e 
immagini simboliche esistenti al mondo, ho dovuto operare un’inevitabile 
restrizione prendendo in esame, ove possibile, i simboli magici più noti nella 
nostra cultura europea, con una predilezione per quelli più rappresentati a 
livello artistico. 
La seconda parte è dedicata all’analisi dei simboli magici raffigurati in 70 dipinti 
e incisioni in un periodo che va dal 1400 ai primi anni del 1900. 
Vengono esposte le motivazioni legate all’aver preso in considerazione alcune 
tipologie di simboli piuttosto che altre e alcuni dipinti piuttosto che altri; lo scopo 
è quello di ottenere un’analisi delle frequenze il più possibile completa e 
accurata. 
Ho redatto un piccolo glossario con i simboli considerati e il loro significato; 
questi simboli sono poi stati raggruppati in 14 categorie. 
Il calcolo delle frequenze dei simboli magici presenti nei dipinti, delle frequenze 
percentuali dei simboli sia in relazione al totale degli stessi simboli presenti che 
al totale dei dipinti considerati è esposto nelle tabelle in appendice. 
Sono presenti anche le riproduzioni delle opere analizzate. 
Consapevole del fatto che ogni singolo capitolo della prima parte avrebbe 
potuto costituire da solo argomento di tesi, mi auguro ad ogni modo che 
l’inevitabile sintesi operata non abbia penalizzato la validità degli argomenti 
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trattati, e di aver dato un contributo valido alla comprensione di come tre mondi 
affascinanti (la magia, l’arte, il simbolo) possano creare un tutt’uno suscitando 
emozioni sempre nuove. 
  
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Prima parte 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
 
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Capitolo 1 
 
MAGIA  E  CONDOTTE  MAGICHE 
 
 
Parlare di magia nel XXI° secolo potrebbe sembrare assurdo o, quantomeno, 
anacronistico.  
Eppure questa disciplina è ben lungi dal risultare un argomento obsoleto: riviste 
e televisione pubblicizzano e ospitano maghi e cartomanti; dedicano ad essa 
articoli e trasmissioni televisive, caratterizzati spesso da un taglio 
sensazionalistico e dalla totale assenza di spirito critico; nelle librerie non 
manca un reparto dove si può spaziare tra magia, esoterismo, new-age: alcuni 
libri sono dedicati a veri e propri rituali magici di tutti i tipi, altri si rivolgono a un 
pubblico adolescente con la promessa di fare di loro degli autentici maghi o 
streghe; non ultimo, Internet è ricco di innumerevoli siti e portali per soddisfare 
qualunque curiosità a riguardo. 
Stabilire le motivazioni di questo “ritorno del magico” (ammesso che sia mai 
caduto nel dimenticatoio…) esula dagli scopi di questo lavoro; tuttavia potrebbe 
essere interessante capire come funziona la magia, come è strutturato il 
pensiero magico, attraverso quali processi si attuano le condotte magiche. 
 
 
1.1                                     L’esperienza del magico 
 
L’esperienza del magico è indubbiamente nota a tutti. 
Chi non ha mai avuto la sensazione di poter risolvere con estrema facilità alcuni 
problemi in apparenza insormontabili, nonostante l’impiego di mezzi “banali” o 
comunque troppo semplici rispetto all’entità del problema? 
Il senso del magico nasce infatti da una sproporzione tra mezzi irrisori impiegati 
e risultato ottenuto; quando si ottiene qualcosa che  era ritenuto fuori dalla 
propria portata o, al contrario, quando non si riesce ad ottenere qualcosa di 
estremamente semplice. 
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Possiamo inserire in quest’ambito anche tutte quelle esperienze che derivano 
da intuizioni improvvise e presentimenti. 
La magia è la tecnica più facile per ottenere ciò che si vuole (Mauss, ed. it. 
1965): lo sforzo è pressoché nullo ma in compenso fa credere che tutto (o 
quasi) sia attuabile . 
Essa contribuisce a dare forma ai gesti con cui gli individui tentano di esprimere 
i loro bisogni, trasformandoli in riti. 
Il potere magico o l’atto di magia spiegherebbe dunque sia i cambiamenti 
ottenuti che le resistenze apparentemente non spiegabili in altro modo; tali stati 
d’animo legati alla nostra percezione del magico sembrano allontanarsi dai 
nostri consueti schemi di conoscenza razionali per favorire la comparsa di 
credenze infantili rimosse, portandoci così a definire la situazione che stiamo 
vivendo come “perturbante” (S. Freud, 1919, ed. it. 1966). 
Gli oggetti, le persone, gli ambienti familiari non sembrano percettivamente gli 
stessi ma li vediamo trasformati e modificati in maniera allucinatoria. 
Malgrado il loro involucro esterno possa apparire uguale a sempre, le qualità 
essenziali (quelle cioè che ne definiscono la natura), permeate di magismo, 
vengono percepite come inconsuete. 
 
 
1.2                                         Il pensiero magico 
 
E’ facile compiere l’errore di considerare il pensiero magico come legato al 
mondo primitivo, a una fase evolutiva pre-logica e, in quanto tale, da 
contrapporre al pensiero logico, o di confinarlo al mondo della creazione 
artistica. 
Il pensiero magico appare simile nel tempo (dall’antichità ai giorni nostri) e in 
popolazioni diverse. 
Esso è presente anche nell’adattamento quotidiano al reale, nella 
comunicazione, nella consapevolezza di sé. 
Magia e logica non sono contrapposte, ma possono essere considerate due 
componenti che interagiscono fra loro per trovare soluzioni adattive. 
Per Jung (Jung, ed. it. 1972) la magia è un’identificazione della coscienza con 
aspetti inconsci archetipici, soprattutto quegli aspetti del Sé in rapporto con la 
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propria energia vitale; in questo senso l’azione magica è un tentativo di 
identificarsi con queste forze inconsce a scopi propiziativi o distruttivi: allearsi 
quindi ad esse o neutralizzarle!  
Lo stato di coscienza relativo alla credenza nel magico è una condizione che 
parte da un iperinvestimento delle rappresentazioni fantasmatiche del mondo 
interiore; esse posseggono una forza intrinseca che, una volta riversata 
all’esterno, verrà convogliata in pensieri e atti caricati di un’energia che, 
essendo in grado di determinare una sorta di coincidenza tra realtà e illusione, 
viene percepita come “magica”. 
Il mondo magico (A. Fonzi, E. Negro Sancipriano, 1979) segue delle leggi 
diverse da quello logico. 
Le azioni compiute in quest’ambito sono legate a “quel” contesto in cui si opera; 
in un altro contesto perderebbero di significato. 
Tutto è importante e nulla può essere trascurato, pena il sovvertimento 
dell’ordine dell’universo! 
A differenza del pensiero logico, il pensiero magico non sembra individuare una 
legge che accomuna diversi fenomeni, ma tenta di spiegare ogni evento nella 
sua particolarità. 
Nel pensiero magico è presente il sincretismo Io- Non Io: questo implica una 
indifferenziazione tra realtà soggettiva e realtà oggettiva; l’oggetto considerato 
muta di significato a seconda della situazione e dello stato emotivo del 
soggetto. 
Anche il dato psichico interno e il dato della realtà esterna risultano 
indifferenziati: L’uno “partecipa” dell’altro e viceversa, poiché partecipare 
significa ignorare i propri confini e quelli altrui. 
Da questo principio deriva anche quello di trasposizione, attraverso cui la 
proprietà di un oggetto viene trasferita per contiguità ad altri oggetti; le 
caratteristiche trasferite non sono solo fisiche: si tratta anche di caratteristiche 
mentali trasposte a dati fisici. 
In questo modo un oggetto può essere caricato di “efficacia”, di valenza magica. 
L’operazione magica è basata anche sulla commutabilità dei termini: oggetti o 
fenomeni, pur non legati da un rapporto significante- significato, risultano 
essere intercambiabili tra loro: operare sull’uno equivarrà dunque ad operare 
sull’altro. 
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Accostando degli oggetti o eventi, nonostante l’assenza di una relazione 
oggettiva tra di loro, si opera una giustapposizione: il loro legame seguirà le 
leggi partecipazionistiche. 
Molto importante ai fini dell’operare magico è anche la ripetizione: un’azione o 
una frase ripetute più volte vengono caricate di potere magico e assumono il 
significato di formula. 
 
 
 
1.3                                   Condotte magiche 
 
La magia, ovviamente, non si esplica solo attraverso il pensiero; l’atto magico è 
caratterizzato anche da azioni, manipolazioni di materiali, processi emotivi, 
locomozione. 
Gli uomini hanno sempre creduto in una forza misteriosa non spiegabile con la 
razionalità; essi hanno messo in scena questa forza attraverso rituali magici e 
credenze mitologiche, poiché erano convinti che ci fosse una corrispondenza 
tra l’animo umano e le leggi dell’universo. 
Attraverso le condotte magiche (Freud, 1913, ed. it. 1966) si vorrebbe poter 
controllare il mondo, i fenomeni naturali, potersi difendere dai nemici o recar 
loro danno. 
Il termine “magia” nasce nel mondo classico : in origine definiva l’arte dei maghi 
“mazdei”, estendendosi in seguito a designare coloro i quali svolgono le loro 
pratiche ai margini delle religioni ufficiali. 
Proprio per questa contrapposizione tra religione e magia, quest’ultima ha avuto 
una connotazione negativa, è stata etichettata come “primitiva” assieme a tutti 
quei culti religiosi  in cui il magico ne era espressione principale o comunque è 
stata a lungo considerata come pre-religione, dunque un gradino più in basso 
delle religioni sia politeistiche che monoteistiche, anche perché nella magia non 
è presente quell’atteggiamento di sottomissione e  fiducia nella divinità tipico 
delle religioni. 
La credenza nella magia ha senso soltanto ipotizzando l’esistenza di un cosmo 
animato, in cui nella realtà coesistono, senza essere contrapposti come accade 
nel pensiero comune, materia e spirito. 
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E’ possibile dunque effettuare un’operazione di magia a patto di credere che la 
volontà umana possa avere la capacità di intervenire sul corso dei fenomeni 
naturali normalmente regolati da forze divine. 
Secondo Mauss (Mauss, 1965) la definizione di magia è indissolubilmente 
legata alla presenza, in ogni società, di una nozione che può essere chiamata 
in modi diversi (molto frequente il termine “mana”, spirito che permea il cosmo) 
e che va a rappresentare il potere magico, sia in senso fisico che spirituale; può 
essere considerata come una sorta di sfera sovrapposta alla realtà quotidiana, 
che giustifica il potere del mago e gli atti magici; essa motiva la credenza nella 
magia e ne legittima l’esistenza. 
Può essere definita una categoria del pensiero collettivo poiché si trova nella 
coscienza di tutti gli uomini. 
Mauss sostiene che le pratiche venivano definite magiche solo se ritenute tali 
da un’intera società e non solo da una parte di essa; i riti magici fanno dunque 
parte della tradizione e sono trasmissibili, mentre i riti individuali non vengono 
considerati magici, bensì superstiziosi. 
La magia è composta da agenti, atti e rappresentazioni; l’agente della magia è il 
mago, colui cioè che, da professionista o meno, compie atti magici. 
Egli ha il compito di comprendere quali sono i legami che collegano le diverse 
parti della realtà, in modo tale da poter intervenire attivamente su di essi, 
esercitando sul mondo attorno a sé un influsso che non può essere spiegato 
tramite le note leggi fisiche. 
Il mago possiede (o ritiene di possedere) una grande forza spirituale che può 
agire da sola o per mezzo dell’intermediazione di spiriti più o meno benigni. 
 Quando l’operatore di magia ricorre all’intervento di un’entità soprannaturale 
entriamo nell’ambito della negromanzia, dello spiritismo, della demonologia. 
Gli atti magici si basano sulla simpatia universale, concetto di origine 
rinascimentale secondo cui esiste una corrispondenza tra l’uomo e il mondo in 
virtù del fatto che l’universo è circondato da ”pneuma”, un corpo sottilissimo che 
metterebbe in contatto la  dimensione materiale della realtà con quella 
spirituale. 
I mezzi usati per controllare l’influsso dello spirito sulla materia sono le 
invocazioni e i  talismani. 
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Le rappresentazioni magiche comprendono tutte le idee e le credenze inerenti 
agli atti magici i quali, a loro volta, non sono altro che i riti. 
I riti devono essere svolti in periodi particolari (solo determinati giorni o ore, 
ecc.) e in luoghi adatti allo scopo; in mancanza di questi si possono tracciare 
cerchi o quadrati magici. 
La materia e gli strumenti utilizzati per i riti non vengono scelti a caso, ma 
preparati accuratamente; tutto ciò ha il significato di distinguere in maniera 
chiara l’ambiente in cui si svolge il rito dagli altri ambienti. 
Per lo stesso motivo assume un’estrema importanza la recitazione esatta delle 
formule, il tono di voce, i gesti compiuti; le formule devono essere pronunciate 
correttamente e ripetute senza tradurle perché il rituale magico possa essere 
efficace. 
Detto questo, risulta evidente la staticità dell’azione magica; nelle sue 
reiterazioni continue e sempre rigorosamente uguali, essa non accetta 
innovazioni che potrebbero inficiare la validità del rituale. 
Se la scienza basa i suoi progressi sulla ricerca e la sperimentazione continua, 
la magia, al contrario, trae sicurezza dall’invariabilità delle sue pratiche. 
La suggestione gioca sicuramente un ruolo di primo piano nella presunta 
efficacia delle pratiche magiche; è perciò di grande interesse per gli studiosi 
analizzare le condizioni soggettive e gli stati di coscienza che favoriscono la 
comparsa di queste illusioni. 
J. G. Frazer, (Frazer,1922; ed. it.  1950) fu il primo a operare una distinzione tra 
due tipi di magia: 
Magia imitativa o omeopatica, secondo cui “Il simile genera il simile”. 
Magia contagiosa o per contiguità secondo cui se due cose o persone sono 
venute a contatto una volta, anche quando quest’ultimo viene interrotto, esse 
continueranno a interagire a distanza. 
La parte è totalmente identificata col tutto, poiché la personalità di un essere è 
indivisa e si trova in ciascuna delle sue parti; tutto ciò che è venuto a contatto 
con la persona sarà permeato di essa (Mauss, ibid.). 
Questi principi sono per Frazer frutto di un’erronea applicazione di associazioni 
di idee: la magia omeopatica, che agisce per il principio di similarità, parte dal 
presupposto che le cose simili fra loro siano anche uguali; la magia contagiosa