INTRODUZIONE
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aggiungendo la definizione a livello di progetto della sezione di diagnostica, e di un
sistema di acquisizione dati dalla rete CAN del veicolo, in modo da ottenere un
sistema remoto di monitoraggio e diagnostica a basso costo, che porti sul campo le
procedure di valutazione della sicurezza del trasporto previste dalla normativa
corrente. In particolare, oltre al telerilevamento basato su GPS della posizione e della
rotta degli automezzi, il sistema proposto intende misurare da remoto parametri
dinamici necessari alla valutazione della sicurezza del trasporto, nonché
diagnosticare precocemente posizione ed entità del malfunzionamento, sia a
livello fisico dell’automezzo sia a livello delle procedure intrinseche di sicurezza.
L’idea principale, sfruttata per far fronte a queste esigenze, consiste essenzialmente
nell’utilizzare oltre al microcontrollore Rabbit accessibile via internet e
programmabile in Dynamic C, un’interfaccia CAN-RS232 per poter leggere i dati
provenienti dal CAN-bus secondo lo standard FMS. Per la verifica sperimentale del
sistema proposto è stato utilizzato il software per la simulazione del server della
centrale, il software per la realizzazione della connessione GPRS (entrambi
opportunamente modificati rispetto al lavoro precedente).
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE
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PARTE PRIMA –
STATO DELL’ARTE
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
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TECNOLOGIE PER
L’APPLICAZIONE
1.1 La Diagnostica Predittiva
1.1.1 Categorie di Manutenzione
Le tecniche che si possono applicare alla manutenzione di macchinari sono
molteplici, tuttavia è possibile riassumerle in tre categorie:
y Ad evento
y Preventiva
y Predittiva
La manutenzione "ad evento" interviene in seguito alla segnalazione di un
malfunzionamento del macchinario o ad un evento ben più grave col conseguente
arresto dello stesso. Tale manutenzione spesso comporta dei costi molto elevati, sia
per mancata produzione che per la riparazione del macchinario stesso: classico è
l'esempio del cuscinetto che per effetto del suo bloccaggio danneggia anche albero e
supporti trasformando un intervento di minore entità in un intervento impegnativo in
termini di costi e di tempi.
La manutenzione "preventiva" o "calendariale" individua i componenti critici di un
macchinario e secondo uno scadenzario si provvede a sostituire parti o componenti
indipendentemente dalle loro condizioni. Questo tipo di manutenzione interviene su
dei componenti che sono ancora ben lontani dalla fine della loro vita operativa: non
vi è di solito un aggravio dei costi della manutenzione ma parte di questi soldi
potrebbero essere risparmiati.
Nel seguente paragrafo è definita invece la manutenzione predittiva.
CAPITOLO
1
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
15
1.1.2 Manutenzione Predittiva
Per “manutenzione predittiva” si intende una strategia di manutenzione innovativa
che, avvalendosi di tecniche di monitoraggio avanzate, acquisisce tutte le
informazioni possibili sullo stato di salute delle macchine e dei processi al fine di
individuare sul nascere i difetti, seguirne la loro evoluzione nel tempo e
programmare con congruo anticipo e flessibilità le necessarie azioni correttive da
effettuarsi solo quando strettamente necessarie in base alla valutazione di vita residua
dei componenti delle macchine. La manutenzione "predittiva" infatti permette di
riconoscere con relativo anticipo i componenti che iniziano a degradarsi o l'insorgere
di malfunzionamenti permettendo di pianificare gli interventi compatibilmente con la
produzione e dando tempo di approvvigionarsi di quanto necessario (AVSB, 2004).
Il manutentore può monitorare a distanza, in tempo reale, i parametri del motore, del
cambio, delle sospensioni e dell'elettronica di bordo al fine controllarne l'efficienza.
Può altresì accedere alla memoria del sistema, consultando anomalie e dati acquisiti,
in modo da pianificare il fermo del veicolo per gli interventi di manutenzione.
L'obiettivo di questa funzione è quella di ridurre i costi di esercizio, tenendo sotto
controllo costante i parametri che sono indici di malfunzionamenti o deterioramenti,
in modo da evitare i guasti in esercizio o un utilizzo prolungato del veicolo in
condizioni non ottimali e di pianificare la manutenzione in funzione
dell'affaticamento reale del veicolo, evitando interventi inutili.
Uno dei limiti tecnologici riguardanti la possibilità di garantire con continuità la
qualità del servizio di monitoraggio e telecontrollo dipende soprattutto dalla
possibilità di rilevare in tempo reale, o meglio con anticipo, gli eventi di allarme, i
trend di funzionamento ed i sintomi che spesso precedono il manifestarsi di eventi
critici di processo e/o di esercizio. A tale scopo, è opportuno focalizzare le
metodologie di indagine più appropriate, sia rispetto alla effettiva realtà impiantistica
e di processo esistente, sia rispetto alla possibilità di prevenire possibili disfunzioni
di processo. Possono essere prese in considerazione metodologie di indagine on-line
come l’applicazione di sistemi di controllo "basati sulla conoscenza", integrati alla
tradizionale sensoristica di processo.
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
16
Ciò premesso, in generale un sistema di telecontrollo davvero efficace, deve sempre
avere la caratteristica di sfruttare in pieno il contenuto informativo residente nei dati
acquisiti dai pochi sensori on-line che oggi è possibile reperire a costi accettabili sul
mercato (ANOVA, 2004).
1.2 Tecniche per la Diagnostica
1.2.1 Generalità
In tutti i sistemi possono sopraggiungere malfunzionamenti di varia natura, nei
sensori, negli attuatori, nei controllori, nel software e nelle stesse strutture portanti.
Di solito, i malfunzionamenti più comuni sono dovuti a:
1. Malfunzionamento di componenti fisici dovuto a danneggiamento fisico;
2. Mancanza di energia, dovuto ad esempio ad interruzione di alimentazione per
rottura di impianti elettrici;
3. Disturbi ambientali ed interferenze esterne;
4. Errore umano dovuto ad inesperienza o sbadataggine dell’operatore;
5. Errori di manutenzione dovuti a cattive riparazioni;
6. Malfunzionamento del sistema di controllo.
In letteratura si trovano spesso i termini fault e failure per identificare:
ξ fault (malfunzionamento): il sistema in esame opera in modo continuo
o intermittente in una situazione non corretta di funzionamento;
ξ failure (rottura): il sistema risulta completamente non funzionante.
E’ ovvio che una condizione di malfunzionamento non determina istantaneamente
una situazione di rottura, ma il sistema può rimanere per un certo tempo funzionante,
benché non in modo ottimale, prima dell’eventuale rottura. Si rende quindi
necessario identificare, tramite monitoraggio costante, il sopraggiungere del
malfunzionamento per evitare la rottura intervenendo tempestivamente.
Un sistema di monitoraggio per la diagnostica deve quindi possedere le seguenti
caratteristiche:
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
17
ξ deve identificare ed isolare il malfunzionamento (fault detection and
isolation);
ξ deve effettuare la diagnosi della causa, dell’effetto e della gravità del
malfunzionamento;
ξ riconfigurazione o ristrutturazione del controllo del sistema per
ovviare alla situazione di malfunzionamento prima della rottura, se
possibile, o spegnimento del sistema.
Inoltre, il sistema di monitoraggio deve soddisfare alcune regole di carattere
generale:
1. Per quanto possibile, devono essere identificati solo veri malfunzionamenti
filtrando i falsi allarmi;
2. Il ritardo tra l’apparizione del malfunzionamento e la sua identificazione deve
essere minimo;
3. L’accuratezza dei parametri del malfunzionamento (luogo, dimensione, etc.) deve
essere elevata;
4. Il metodo impiegato deve essere robusto rispetto alle inaccuratezze del modello,
se si usa un modello matematico, così come rispetto agli errori di semplificazione
dovuti a linearizzazione o a variabili non modellate (frizione, usura, rumore,
variazione di carico, etc.)
Un tipico sistema automatico di diagnostica utilizza le relazioni, note, tra ingresso ed
uscita di un sistema, tramite un modello matematico del sistema da controllare.
I filtri per l’individuazione degli errori fanno parte di una classe più ampia di metodi
di diagnostica basati su modello, i quali utilizzano la ridondanza analitica in un
sistema dinamico per paragonare le misure effettuate con quelle predette da un
modello analitico. Il sistema, quindi, anticipa l’uscita, dato l’ingresso. Ogni
malfunzionamento nel sistema genererà una discrepanza tra l’uscita corrente del
sistema e quella predetta. Tale differenza costituisce la base del metodo di FDI (Fault
Detection and Isolation).
Un sistema di monitoraggio dei malfunzionamenti, incorporato in un processo
industriale, permette di migliorare:
1. L’abilità di completare un task in modo soddisfacente ed in un periodo di tempo
accettabile;
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2. La manutenzione dell’impianto;
3. La sicurezza dell’impianto senza danno per le persone anche se il task non è
completato.
1.2.2 Architetture multi-agente
Un agente è un sistema hardware/software capace di prendere automaticamente delle
decisioni autonome per raggiungere gli obiettivi che gli sono stati impartiti.
Trattandosi di un sistema di automazione industriale, la definizione di “decisione
autonoma” è delicata: in tal caso, si intende una decisione presa senza l’intervento
diretto degli esseri umani (o di altri agenti).
In diagnostica, un agente ha il compito di identificare particolari condizioni di
malfunzionamento e di informare il livello gerarchico superiore dell’insorgere di tali
condizioni. Si delinea in questo modo una struttura gerarchica multi-livello.
Gli agenti hanno varie forme e vari comportamenti. In genere, essi vengono
catalogati in base al grado di intelligenza dei loro algoritmi, da semplici regole scritte
dall’utente a tecniche più complesse di Intelligenza Artificiale. Le tre categorie più
utilizzate per catalogare gli agenti sono:
1 – Agenti basati su alcune regole;
2 – Agenti Adattativi;
3 – Agenti Intelligenti.
Gli agenti hanno varie utilità: assistenti, guide, filtri, memorie, intrattenimento,
decisionali etc. In generale essi sono dotati delle funzionalità di osservazione,
riconoscimento, planning o organizzazione, azione. In figura 1.1, a titolo di esempio,
viene mostrata un’applicazione pratica della filosofia di diagnostica per agenti in un
modulo di gestione di un autoveicolo (Crossman, 2003).
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
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Figura 1.1 Sistema di gestione e diagnosi ad agenti, centralizzata, di un motore per
automezzo
Al Powertrain Control Module (PCM), il principale centro di controllo del sistema
diagnostico, confluiscono i segnali dai sensori (blocchi quadrati); i blocchi circolari
schematizzano gli attuatori che agiscono per modificare il funzionamento del sistema
in base alle direttive del PCM. Il sistema ad agenti è implementato all’interno del
blocco PCM, come nella figura 1.2.
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
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Figura 1.2 Esempio di sistema ad agenti interno al modulo PCM
Da questo esempio, si può notare che la struttura hardware/software di tipo
decisionale si regge:
1. sulla capacità dei singoli agenti di primo livello di ragionare in modo
intelligente;
2. sull’affidabilità dei dati misurati e trasmessi dai sensori;
3. sulla fiducia che il “Device Agent” deve riporre nelle segnalazioni
provenienti dai propri agenti;
4. sulla capacità del “Device Agent” di prendere decisioni intelligenti;
5. sulla capacità di attuare le azioni necessarie per mettere in pratica tali
decisioni.
Gli agenti possono essere del tipo segnale-singolo (un solo segnale d’ingresso) o
multi-segnale. A volte l’impiego di agenti multi-segnale è molto importante nel
riconoscimento dei malfunzionamenti. Infatti, può capitare che il segmento di
segnale analizzato risponda correttamente allo standard previsto del funzionamento
corretto, ma, congiuntamente con il confronto degli altri segmenti degli altri segnali,
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
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il segmento in esame risulti fuori norma. Nella definizione dei segnali affluenti agli
agenti conviene esplicitare:
1. il tipo di segnale (analogico o digitale);
2. segnale di input o output;
3. il suo range normale di operatività;
4. il segnale utilizzato per la segmentazione degli altri segnali (priorità
d’importanza dei segnali);
5. i segnali che sono influenzati dalle variazioni del segnale in esame.
1.2.3 Tecniche di elaborazione numerica del segnale
1.2.3.1 Trasformate Wavelet
Negli ultimi anni, le trasformate wavelet hanno di fatto sostituito l’analisi basata su
FFT
1
che fino agli anni 90 è stato uno standard nell’analisi di segnale. L’analisi
wavelet è già stata utilizzata con successo in numerosissimi progetti in vari settori
quali ad esempio, pattern recognition, compressione di immagini e in generale,
riconoscimento dei segnali. L’analisi wavelet può essere vista, in prima
approssimazione, come una tecnica di finestratura numerica con regioni a
dimensione variabile: essa permette l’uso di intervalli temporali ampi dove si
vogliono informazioni a bassa frequenza più precise, e intervalli più brevi dove si
vogliono informazioni ad alta frequenza. Inoltre, essa impiega forme d’onda di
durata limitata aventi valore medio nullo (wavelet). Se le wavelets vengono
comparate con le sinusoidi, che sono alla base dell’analisi di Fourier, queste ultime
non hanno durata limitata, ma si estendono da - ∞ a + ∞, e sono graduali e
predicibili, mentre le wavelets sono irregolari e asimmetriche. Come l’analisi di
Fourier divide il segnale in una somma di sinusoidi a varie frequenze, così l’analisi
wavelet divide il segnale in una somma di versioni scalate e shiftate della wavelet
originaria (o madre) (vedi figura 1.3).
1
Fast Fourier Trasform: trasformata di Fourier veloce
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
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Figura 1.3 Risultato della trasformata wavelet di un segnale
Una trasformata discreta wavelet ha generalmente la forma matematica seguente:
dove:
ξ s(n) è il segnale in esame;
ξ a è chiamato fattore di scala;
ξ b è il fattore di spostamento o shift;
ξ C(a,b) sono coefficienti dipendenti da a e b;
ξ g(n) è il filtro wavelet del tipo Harr, Daubechies, etc (detto madre).
1.2.4 Tecniche di Intelligenza Artificiale
1.2.4.1 Classificatori Bayesiani
Il ragionamento bayesiano si basa sull'idea che i dati d'interesse sono governati da
distribuzioni probabilistiche e che decisioni ottime possono essere prese ragionando
sulle probabilità e le osservazioni (Mitchell, 1997).
L' apprendimento Bayesiano si basa su questa stessa intuizione: si fa il
condizionamento sui dati appresi e si deriva la probabilità a posteriori usando il
teorema di Bayes:
DatiP
ModelloPModelloDatiP
DatiModelloP
|
|
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
23
Dove P(Dati|Modello) e' la probabilità che il modello ovvero l'ipotesi o spiegazione
scelta, avrebbe prodotto quei dati. Dunque abbiamo una relazione
induzione/predizione: il grado di confidenza
2
che l'apprendista ha nel modello (o
ipotesi) è proporzionale al prodotto dei suoi belief iniziali nel modello e alla
probabilità condizionata di osservare i dati, dato il modello. In particolare
P(Modello) è il BIAS dell'apprendista e P(Dati) è una costante di normalizzazione
così che la somma finale delle probabilità sia 1. Nello stesso modo il teorema di
Bayes può essere visto con ipotesi e dati:
DP
hPhDP
DhP
|
|
ξ P(h) = probabilità a priori di h
ξ P(D) = probabilità a priori dei dati di addestramento D
ξ P(h|D) = probabilità di una ipotesi h quando i dati di addestramento sono D, è la
probabilità a posteriori di h, perché riflette la nostra confidenza che h vale dopo
che abbiamo visto i dati di addestramento.
ξ P(D|h) = la probabilità di osservare D in un mondo che soddisfa h.
Se abbiamo più di una ipotesi, consistente con i dati di apprendimento, quale
dobbiamo scegliere? Altri metodi o tipi di apprendimento scelgono l’ipotesi più
generale o quella che ha minore entropia (o maggiore contenuto informativo), in
particolare le reti neurali scelgono quella che minimizza l'errore (il quadrato della
differenza), nell'apprendimento Bayesiano ci sono due risposte (due tipi di scelte):
1. ML maximum likelihood. Sceglie l'ipotesi P(D|h), che più verosimilmente
spiega le osservazioni (anche dette gli ESEMPI).
2. MAP maximum a posteriori. Sceglie l'ipotesi che ha la più alta probabilità
finale P(h|D), formata dai dati di addestramento.
Dati i dati di addestramento qual’è l'ipotesi più probabile? Cioè qual’è la
classificazione più probabile di una nuova osservazione, dati i dati? Data una nuova
istanza x qual’è la classificazione più probabile?
Consideriamo l'esempio:
Abbiamo uno spazio delle ipotesi costituito da tre ipotesi h
1
, h
2
e h
3
e le seguenti
probabilità a posteriori:
2
Detto anche di belief
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
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P(h
1
|D) = .4; P(h
2
|D) = .3; P(h
3
|D) = .3
Sia x una nuova istanza, h
1
(x) = +; h
2
(x) = −; h
3
(x) = −
Qual’è la classificazione più probabile per x?
La classificazione più probabile è ottenuta combinando le predizioni di tutte le
ipotesi (come l'ipotesi classificherà il nuovo dato) pesate con la loro probabilità a
posteriori.
Classificazione Bayesiana:
Esempio:
quindi
e
1.2.4.2 Algoritmi Genetici
Molti problemi computazionali riguardano la ricerca di una soluzione tra un numero
tanto elevato di possibili alternative (spesso non tutte determinabili a priori) che non
è proponibile l'idea di valutarle una per una. Alcuni ricercatori hanno osservato che
l'evoluzione biologica può essere un'ottima fonte d'ispirazione per chi si propone di
risolvere questo genere di problemi. L'evoluzione, infatti, può essere vista come un
metodo di ricerca in un insieme di innumerevoli soluzioni possibili: le soluzioni
candidate sono tutte le possibili sequenze genetiche, mentre le soluzioni desiderate
sono quelle sequenze che danno luogo ad organismi particolarmente adatti al loro
PARTE PRIMA: LO STATO DELL’ARTE CAPITOLO 1 – Tecnologie per l’applicazione
25
ambiente, cioè organismi con una forte capacità di sopravvivere e di riprodursi. Gli
algoritmi di tal tipo sono stati introdotti dal gruppo di ricerca di John Holland
dell'Università del Michigan (Holland, 1975). Ma cos'è, dunque, un algoritmo
cosiddetto genetico (GA)? Non esiste una definizione rigorosa, accettata da tutta la
comunità scientifica, tuttavia possiamo dire che un GA è un algoritmo che genera la
soluzione di un problema facendo evolvere (in senso genetico) un insieme di
soluzioni candidate scelte casualmente.
La prima cosa da fare per implementare un GA è quella di trovare una codifica in
grado di rappresentare tutte le possibili soluzioni sotto forma di una stringa di bit o di
simboli con cardinalità maggiore di 2. Ciascuna stringa viene chiamata cromosoma
ed è rappresentativa di un "individuo" (dotato, appunto, di un solo cromosoma). Due
individui possono accoppiarsi per creare dei discendenti il cui cromosoma deriva da
un incrocio dei cromosomi dei genitori (figura 1.7).
Sono stati proposti diversi tipi di incrocio, ma il più comune è quello a punto
singolo: i cromosomi dei due genitori vengono spezzati entrambi in uno stesso punto,
scelto a caso, poi il primo pezzo del primo cromosoma viene collegato al secondo
pezzo del secondo, lo stesso viene fatto con i due pezzi rimanenti. Si ottengono così
due nuovi individui, entrambi in possesso di una parte del cromosoma di ciascun
genitore (figura 1.4).
Figura 1.4 Esempio di crossover ad un punto