2
secondo livello dedicati alle sezioni giovanili delle province piemontesi. La
risposta positiva degli utenti mi ha convinto della possibilità di utilizzare il web
come una grande agorà, ove i cittadini possano confrontarsi come in una polis
virtuale e avere una immagine più fluida dell’organizzazione partitica.
La stessa impostazione e la stessa idea di trasparenza sono state riprese nella
creazione delle pagine personali di Luciano Violante, allora Presidente della
Camera dei Deputati, e di Magda Negri, senatrice eletta nelle liste dei Ds. La
finalità che soggiace ad entrambi i progetti, tuttora online, è quella di superare la
barriera comunicativa tra eletti ed elettori mostrando a questi ultimi l’attività
parlamentare dei primi e attivando canali di ascolto e comunicazione diretti.
Non posso negare che queste attività abbiano spesso sottratto tempo ed energie
allo studio, ma quantomeno, giunto alla dissertazione finale, mi hanno permesso,
nella stesura di questo elaborato, di affiancare ai contenuti teorici appresi durante
il mio percorso universitario le esperienze concrete.
3
Capitolo 1
La comunicazione politica e i nuovi mezzi di comunicazione
1.1 Definizioni e scenario
Definire l'ambito d’indagine della comunicazione politica è un'operazione
complessa: molteplici sono, infatti, i contributi disciplinari che la connotano. Essa
spazia dalla sociologia all'antropologia, dalle scienze della comunicazione e
dell'opinione pubblica alla psicologia. Possiede, quindi, un forte carattere inter-
disciplinare.
La comunicazione politica può essere intuitivamente definita come lo
scambio e il confronto di contenuti d’interesse pubblico-politico prodotti dal
sistema politico, da quello dei media e dal cittadino elettore.
1
Per meglio
comprendere il significato di tale definizione è opportuno analizzare
singolarmente i concetti di cui si compone.
Definiamo “d’interesse pubblico-politico” i contenuti riguardanti la sfera
pubblica. Hannah Harendt vede nello “spazio pubblico
2
” e Jurgen Habermas nella
“sfera pubblica borghese
3
”, costituiti dall'insieme dei cittadini, i depositari delle
strutture e dei processi di evoluzione della democrazia. È quindi esplicito il
1 Gianpietro Mazzoleni, La Comunicazione Politica, Il Mulino, Bologna, 2004.
2 Hannah Harendt, Vita Activa, Bompiani, Milano, 1964.
3 Jurgen Habermas, Faktizitait und Geltung in Gianpietro Mazzoleni, La Comunicazione
Politica, Il Mulino, Bologna, 2004.
4
legame tra la comunicazione politica, il contesto e le regole della democrazia: la
comunicazione tra gruppi di interesse e di potere nella vita e nella storia degli
imperi e delle dittature antichi e moderni non si può considerare a rigore
comunicazione politica. Sia Hannah Harendt che Jurgen Habermas insistono,
inoltre, sul ruolo di un'opinione pubblica informata e critica come presupposto per
una democrazia sana in cui possa avere luogo una partecipazione consapevole dei
cittadini alla gestione della res publica. È l'interazione nella sfera pubblica del
sistema politico, di quello dei media e del cittadino elettore a generare la
comunicazione politica.
Per “sistema politico” intendiamo l'insieme delle istituzioni politiche che
costituiscono l'ossatura della vita politica di un Paese. Riconosciamo all'interno di
questa categoria l'area istituzionale (Governo, Parlamento, Magistratura) come
quella non istituzionale (soggetti politici, movimenti, gruppi di pressione).
Per “sistema dei media” intendiamo l'insieme delle istituzioni mediali che
svolgono attività di produzione e distribuzione del sapere. Appartengono a questa
categoria i mass media (televisione, radio, stampa, libro, cinema) e, sempre con
maggior rilevanza, i nuovi media (internet).
Non è possibile, invece, identificare il “cittadino elettore” in una struttura
organizzata: i cittadini possono partecipare al dibattito pubblico creando gruppi o
associazioni all'interno di una comunità. Le rappresentazioni collettive “opinione
pubblica” ed “elettorato” sono più nominalistiche che reali.
5
Analizziamo ora il peso reciproco che tali sistemi esercitano l'uno
sull'altro. Il Modello Pubblicistico Dialogico vede la comunicazione politica come
risultato di un processo d’interazione discorsiva paritaria tra i tre elementi.
La riflessione sui processi legati all'azione dei mass media nella sfera
politica contemporanea mette in luce, però, la preponderanza del sistema dei
media sui rimanenti due, portandoci a preferire al Modello Pubblicistico
Dialogico quello Mediatico, secondo cui l'azione politica pubblica avviene
all'interno dello spazio mediale. I media diventano l'arena in cui hanno luogo lo
scambio di contenuti e la determinazione dei rapporti di forza tra gli attori,
identificandosi in larga parte con lo spazio pubblico.
Sin qui abbiamo privilegiato la definizione proposta da Gianpietro
Mazzoleni, poiché capace di fotografare le continue evoluzioni della
comunicazione politica, ma gli approcci teorici al tema sono molteplici. Essi
variano in base alla concezione della politica, della comunicazione e della loro
relazione.
Gli approcci comportamentisti insistono sul versante relazionale della
materia, concentrandosi sugli aspetti delle strategie e delle tecniche comunicative
utilizzate dagli attori che producono stimoli in quelli destinati a riceverli. L’uomo
e le azioni da lui svolte sono posti al centro dell’analisi. Le dinamiche della
comunicazione politica possono essere espresse attraverso l'idea di Harold Dwight
Lasswell: “Chi dice cosa, a chi, attraverso quale canale e con quali effetti
4
”.
4
Harold Dwight Lasswell, studioso di scienze politiche e teorico della comunicazione,
membro della Scuola di Chicago.
6
Al contrario, gli approcci politologici privilegiano una riflessione che
tenga conto della sfera della politica tutta e della società che la connota: lo studio
si focalizza sull'interazione tra gli elementi all'interno della sfera e tra la sfera e il
suo ambiente di riferimento.
I primi passi verso l'istituzionalizzazione della disciplina possono essere
fatti risalire all'opera di Dan Nimmo e Keith Sanders che nel 1981 riconoscono
alla comunicazione politica lo status di “area di ricerca, oggetto di distinta
pubblicistica, disciplina d’insegnamento, aventi riflessi professionali e politici, e
fenomeno di respiro internazionale”
5
. La comunicazione politica gode a tutti gli
effetti di rilevanza scientifica, ma la sua multidisciplinarietà la fa sfuggire a una
sistematizzazione onnicomprensiva.
Un’ultima definizione minimale capace di superare gli ostacoli sin qui
accennati è quella tentata da Dan Nimmo e David Swanson, che si propone di
conferire alla comunicazione politica la compattezza concettuale che le altre
scienze possiedono: “Nella sua dimensione politica la comunicazione è una forza
per entrambi il consenso e il conflitto; le campagne elettorali nelle democrazie
liberali sono per entrambi il cambiamento e la stabilità; (...) la comunicazione
politica è al tempo stesso fonte di potere ed emarginazione, prodotta e consumata
dai cittadini, attori più o meno autonomi, informati, determinati e creativi, ma
anche modellati da potenti (...) strutture”
6
.
5
Dan Nimmo, Keith Sanders, Hand Book of Political Communication, Beverly Hills,
California, Sage, 1981.
6
Dan Nimmo, David Swanson, The Field of Political Communication: beyond the voter
persuasion paradigm,Beverly Hills, California, Sage, 1990.
7
1.2 Le tre fasi della comunicazione politica
Per comprendere al meglio come i nuovi mezzi di comunicazione di massa
abbiano modificato la comunicazione politica e quali siano le linee evolutive di
quest’ultima, è utile delinearne lo sviluppo temporale allo scopo di cogliere i
momenti di mutamento salienti di questa giovane disciplina.
In quest’opera di ricostruzione sono certamente importanti i contributi di
Jay Blumer e Dennis Kavanaugh (1998)
7
e di Pippa Norris (2000)
8
. Le tre fasi
individuate nei due lavori, seppur con qualche sfumatura, possono essere descritte
come segue.
ξ Prima fase della comunicazione politica: dal
secondo dopoguerra agli anni ’50 i partiti politici fondano la
propria strategia comunicativa sul radicamento territoriale;
ξ Seconda fase della comunicazione politica: dagli
anni ’60 agli anni ’80 la strategia comunicativa dei partiti politici
subisce una prima rivoluzione in seguito all’introduzione del
mezzo televisivo;
ξ Terza fase della comunicazione politica: la strategia
comunicativa dei partiti politici nel periodo a noi contemporaneo è
caratterizzata dal ricorso sempre più massiccio alle tecniche del
7
Jay Blumer, Dennis Kavanaugh, The Third Age of Political Communication: influences
and features, in Gianpietro Mazzoleni, La Comunicazione Politica, Il Mulino, Bologna,
2004.
8
Pippa Norris, Virtuous Circle. Political Communication in post industrial societies,
Cambridge, Cambridge University Press, 2000.
8
marketing volte a produrre un messaggio sempre più
“targettizzato”.
1.2.1 La prima fase: il dopoguerra e gli anni 50
Fino all’avvento sconvolgente della televisione, gli unici canali attraverso i
quali diffondere i messaggi politici erano la stampa di partito e la militanza
volontaria e organizzata. I partiti potevano contare non solo su un profondo
radicamento territoriale, ma anche sul voto di appartenenza: le scelte elettorali
erano quindi molto meno volatili di quanto non lo siano oggi. Tali appartenenze
politiche rispecchiavano identità sociali basate su classi, gruppi, associazioni ed
erano trasmesse di generazione in generazione attraverso un processo di
socializzazione poco mobile.
Quest’approccio teorico appare chiaro nell’analisi di Paul Lazarsfeld
9
: egli
mostrò l’importanza acquisita dalle persone più istruite nella formazione
dell’opinione di voto a discapito dei messaggi provenienti dai mass media.
Secondo il sociologo statunitense questa era una fase in cui i media avevano
ancora “effetti limitati” sulla formazione delle opinioni.
Il contenuto dei messaggi era fortemente ideologico e spesso non
pienamente compreso dall’elettore che, attraverso la scelta elettorale, esprimeva
più il legame con il proprio gruppo sociale che il consenso per le proposte
politiche formulate in campagna elettorale. L’obiettivo finale di ogni campagna
elettorale, a queste condizioni, non poteva che essere quello di mobilitare i propri
9
Paul Lazarsfed, The People Choice, New York, Columbia University Press, 1944.
9
sostenitori, anche perché la percentuale degli indecisi era decisamente minoritaria.
Coloro che avevano un contatto debole con la politica spesso non erano
raggiunti dai messaggi delle campagne elettorali. Gli strumenti di comunicazione
erano selettivi e “per evitare di conoscere le posizioni di un partito era sufficiente
non andare ai suoi comizi, non comprare il suo giornale, non rispondere alle
sollecitazioni dei volontari”
10
. D’altro canto anche i militanti, figure fondamentali
in questa prima fase, tendevano a rivolgersi soprattutto a persone che facevano
parte del loro gruppo, disposte dunque ad accettare la loro attività di propaganda.
1.2.2 La seconda fase: dagli anni ‘60 agli anni ‘80
Il mezzo televisivo si diffonde velocemente e la modernizzazione rende
via via meno rilevanti le fratture sociali basate sui vincoli di appartenenza,
spingendo i partiti a modificare la composizione della propria base elettorale. La
comunicazione politica si fa meno selettiva poiché tra i telespettatori vi sono
anche coloro che precedentemente erano stati lontani dalla politica.
L’obiettivo di questa fase non può più essere quello di elaborare una
comunicazione ideologica, ma di individuare simboli capaci di parlare al nuovo
grande pubblico, che si può raggiungere sempre più facilmente. I formati e i
linguaggi della televisione iniziano a esercitare un vasto impatto sia sui tempi
della politica che sui linguaggi. L’organizzazione e la costruzione dei messaggi
diventa più scientifica e il ricorso al sondaggio è frequente; la campagna elettorale
allunga i suoi tempi e nascono figure professionali capaci di gestirla al meglio.
La figura del militante non è più la figura centrale della macchina
10
Cristian Vaccari, La comunicazione politica negli Usa, Carocci, Roma, 2007.
10
organizzativa. Si affermano le figure del pollster e del media adviser che hanno il
compito di costruire, rispettivamente, il momento di verifica dei temi proposti e
gli eventi che la caratterizzano. Sara Bentivegna sottolinea come l’utilizzo
sistematico del sondaggio si afferma “in conseguenza del venir meno di altre
occasioni in grado di dare informazioni sui problemi, sulle esigenze e sulle
posizioni degli elettori
11
”. I dati che un tempo erano raccolti dalle sezioni
disseminate sul territorio nazionale, sono ora prodotti dai professionisti
responsabili delle campagne elettorali.
L’offerta politica veicolata dal medium televisione tipica della fase
“moderna” è incapace di recuperare un rapporto diretto con l’elettorato, raggiunto
con messaggi generici e difficilmente capaci di rispondere alle esigenze
specifiche. Il senso di disagio generato da tale incapacità è il presupposto per
l’avvento della terza fase della comunicazione politica.
1.2.3 La terza fase: dagli anni ‘90 ad oggi
Le caratteristiche di questa nuova fase prendono forma giorno dopo
giorno. Non esiste, anche in questo caso, una data precisa da prendere come
riferimento. Questo modello inizia a fotografare la società con il moltiplicarsi dei
canali grazie alla tv satellitare o via cavo e con la diffusione sistematica di
internet. Si riscontra la definitiva predominanza della professionalizzazione della
comunicazione, non solo attraverso tecniche sempre più sofisticate per sondare,
ma anche per raggiungere l’opinione pubblica.
11
Sara Bentivegna, Politica e nuove tecnologie della comunicazione, Laterza, Roma-Bari,
2005.