2
1. L’oggetto della tutela: il concetto di personalità dello Stato.
Le fattispecie delittuose finalizzate alla prevenzione ed alla repressione del fenomeno
terroristico sono collocate nel primo titolo del libro secondo del codice penale, dedicato ai
delitti contro la personalità dello Stato.
Si tratta di denominazione non casuale, tenuto conto del periodo storico in cui il
codice vide la luce: se infatti si ammette che la scelta degli interessi da proteggere, nonché le
tecniche e le modalità di tutela adottate dal sistema penale rispecchino il complesso di valori
dominanti in un dato momento storico presso una determinata comunità
1
, è agevole
riscontrare come la classe di delitti in esame risulti profondamente influenzata, perlomeno da
un punto di vista terminologico, dall’ideologia fascista che sorreggeva il legislatore del 1930.
Il titolo si sostituisce a quello, ritenuto più angusto, dei “delitti contro la sicurezza dello
Stato”, presente nel codice Zanardelli del 1889, manifestando una concezione antropomorfica
dello Stato che tende a fare del medesimo l’oggetto stesso di ogni violazione insita nei reati in
esso previsti
2
. Chiarissima, sul punto, la relazione al progetto preliminare del codice: “non è
soltanto la sicurezza dello Stato, quella che va penalmente tutelata, ma anche tutto quel
complesso di interessi politici fondamentali, di altra indole, rispetto ai quali lo Stato intende
affermare la sua personalità. Codesti interessi, attraverso sfere gradatamente più ampie, vanno
dalla saldezza e dalla prosperità economica al migliore assetto sociale del paese, e perfino al
diritto di conseguire e consolidare quel maggior prestigio politico, che allo Stato possa
competere in un determinato momento storico”
3
.
Al di là di tale solenne enunciazione, è interessante notare come l’inquadramento
sistematico che il legislatore ha operato dei delitti in esame, nonché i singoli profili di
1
CRESPI-STELLA-ZUCCALÀ, Commentario breve al codice penale, Padova, 2003, 741.
2
MARCONI, voce Stato (delitti contro la personalità interna dello), in Digesto delle discipline penalistiche,
XIII, Torino, 1997, 583 ss.
3
Lav. Prep., Rel. Min.,7.
3
disciplina delle fattispecie, abbiano alimentato un ampio dibattito in dottrina circa la
possibilità di individuare, nel titolo di apertura della parte speciale del codice, una radicale
innovazione o, all’opposto, una sostanziale continuità rispetto al precedente regime liberale.
Alla stregua della prima interpretazione si sottolineano alcuni elementi sintomatici
della rottura col codice previgente. In particolare si segnalano:
a) la notevole frammentazione casistica delle fattispecie poste a tutela
dello Stato, più che raddoppiate rispetto al codice Zanardelli (il quale esauriva la
materia negli articoli da 104 a 138, a fronte del codice vigente che la disciplina negli
articoli da 241 a 313);
b) l’accentuato rigorismo sanzionatorio;
c) la presenza di fattispecie miranti a reprimere il mero dissenso politico,
funzionale al consolidamento di un sistema fondato sul partito unico fascista (in
particolare, per quel che in questa sede interessa, il delitto di associazione sovversiva
previsto dall’art. 270 c.p.)
4
.
Sotto questo profilo, particolare attenzione deve essere riservata all’ultimo elemento
segnalato: se infatti nel codice previgente è possibile individuare il tentativo di contemperare
le esigenze di protezione penale con la tutela giuridica delle libertà civili
5
, nel testo del 1930 il
carattere autoritario dello Stato che si intende proteggere determina una retrocessione della
soglia della punibilità a condotte la cui capacità offensiva si risolve nelle mera prospettazione
di idee, di programmi politici, di progetti operativi non ancora tradottisi in prativa effettiva.
4
GALLO-MUSCO, Delitti contro l’ordine costituzionale, Bologna, 1984, 19 ss.; si osservi anche FIANDACA-
MUSCO, Manuale di diritto penale. Parte speciale, III ed., Bologna, 2002,1 ss., ove si sottolinea, tra gli altri
elementi, la tendenza ad anticipare la soglia della punibilità attraverso il frequente ricorso alla figura
dell’attentato. Richiama il carattere innovativo dei delitti contro la personalità dello Stato, ricollegandolo alla
profonda revisione dell’idea di nazione prodottasi col fascismo anche DEAN, voce Personalità interna dello
Stato (delitti contro la), in Novissimo Digesto, Torino, 1965, 1097 ss.; individua la prevalenza di elementi di
discontinuità ROMANO, Il codice Rocco e i lineamenti di una riforma del diritto penale politico, in La
questione criminale, 1981, 149 ss.
5
COLAO, Il diritto penale politico nel codice Zanardelli, in AA.VV., I codici preunitari e il codice Zanardelli,
Padova, 1999, 656 ss., con un riferimento alla relazione di Zanardelli del giugno 1889 in cui si afferma che i
delitti di Stato “sono stati definiti con la massima cura ed esattezza al fine di evitare illiberali persecuzioni”.
4
Non a caso si afferma che “il sistema repressivo,…, attingerà con il nuovo codice
penale un livello di compiutezza mai raggiunto nella legislazione penale anteriore”
6
,
manifestando l’esplicità volontà di neutralizzare le compagini politiche avverse al regime
nelle loro attività tipiche di associazione, di propaganda, di proselitismo.
In antitesi a queste considerazioni si pongono le tesi di chi minimizza gli elementi di
novità contenuti nel codice Rocco, inquadrando il titolo in esame nel solco della tradizione
giuridica precedente. Si afferma allora che buona parte delle fattispecie in esso contenute
costituiscano una riproposizione di ipotesi già contemplate nel titolo previgente, adombrando
il sospetto che “il legislatore fascista si sia sforzato, nel settore dei delitti contro lo Stato, di
far proliferare le norme incriminatrici soprattutto sotto l’aspetto esteriore, allo scopo di
enfatizzare con un imponente e dovizioso apparato di strumenti simbolici una rottura col
vecchio sistema liberale nei fatti meno radicale di quanto intendesse far apparire la
propaganda”
7
; o ancora si evidenzia come il codice fascista abbia più semplicemente prodotto
una “sublimazione autoritaria”
8
di tendenze già presenti nel sistema penale anteriore, senza
innovazioni sostanziali.
Premesse queste considerazioni di carattere storico-comparatistico, è ora necessario
prendere le mosse dal dato positivo costituito dal concetto di personalità dello Stato. Il codice,
al riguardo, opera una distinzione tra delitti contro la personalità internazionale dello Stato
(Capo I, artt. 241-275) e delitti contro la personalità interna dello Stato (Capo II, artt. 276-
293).
Nel primo gruppo si collocano diversi delitti oggetto di indagine nel presente lavoro:
l’associazione sovversiva (art. 270), l’associazione con finalità di terrorismo anche
internazionale o di eversione dell’ordine democratico (art. 270 bis, inserito inizialmente
6
FIORE, I reati di opinione, Padova, 1972, 38.
7
FIANDACA, Il codice Rocco e la continuità istituzionale in materia penale, in La questione criminale, 1981,
74 ss., ove l’Autore restringe il novero dei reati tipicamente “di regime” a poche significative ipotesi, tra cui il
delitto di associazione sovversiva (art. 270 c.p.).
8
L’espressione è di PADOVANI, La sopravvivenza del codice Rocco nella “età della decodificazione”, in La
questione criminale, 1981, 90.
5
dall’art. 3 d.l. 15 dicembre 1979 n. 625, convertito con modificazioni nella legge 6 febbraio
1980 n. 15, e recentemente riformato anche nella rubrica dall’art. 1 d.l. 18 ottobre 2001 n.
374, convertito con modificazioni nella legge 15 dicembre 2001 n. 438), le condotte di
assistenza agli associati (art. 270 ter, introdotto dal citato decreto 374 del 2001),
l’arruolamento con finalità di terrorismo anche internazionale (introdotto dall’art. 15 d.l. 27
luglio 2005 n. 144, convertito con modificazioni nella legge 31 luglio 2005 n. 155) e
l’addestramento ad attività con finalità di terrorismo anche internazionale (introdotta dall’art.
15 del citato d.l. 144/2005); nel secondo gruppo troviamo invece disciplinate le ipotesi di
attentato per finalità terroristiche o di eversione (art. 280, introdotto dall’art. 2 della legge 6
febbraio 1980 n. 15), di atto di terrorismo con ordigni micidiali o esplosivi (art. 280 bis,
introdotto dalla legge 14 febbraio 2003 n. 34) e di sequestro di persona a scopo di terrorismo
o di eversione (art. 289 bis, inserito dall’art. 2 d.l. 21 marzo 1978 n. 59, convertito con
modificazioni nella legge 18 maggio 1978 n. 191)
9
.
Come si vede, all’originaria elaborazione del codice del 1930 sono seguiti numerosi
interventi normativi attraverso i quali il legislatore ha inteso adeguare gli strumenti di tutela
penale in relazione ai diversi e crescenti episodi di terrorismo che si sono prodotti, con
peculiarità anche molto eterogenee tra loro, a partire dagli anni ’70 fino ai giorni nostri. A
fronte dell’immutata scelta classificatoria che ha contraddistinto le nuove ipotesi delittuose,
tutte inserite nelle due classi di delitti indicate, si impongono alcune osservazioni da un lato
sul significato da attribuire agli aggettivi “internazionale” ed “interna” che qualificano la
personalità statuale oggetto di tutela, dall’altro sull’utilità di una tale distinzione nel quadro di
un coerente impianto normativo.
Con l’espressione personalità internazionale il legislatore ha inteso riferirsi
all’atteggiarsi della personalità dello Stato in ambito ultranazionale, ossia al suo essere un
9
Altri delitti che verranno più avanti esaminati si trovano nel Capo V del titolo, che reca disposizioni generali e
comuni ai capi precedenti: la cospirazione politica mediante accordo e associazione (artt. 304 e 305), la banda
armata (art. 306), l’assistenza ai partecipi di cospirazione o di banda armata (art. 307).
6
soggetto che gode di riconoscimento nall’ambito della comunità internazionale degli Stati
10
.
Si tratta di scelta normativa certamente in linea con le esigenze di tutela omnicomprensiva
dello Stato a cui si è fatto cenno in precedenza, in relazione alle quali un ruolo di primo piano
deve essere attribuito alla vocazione espansionista e bellicista del regime fascista, il quale non
si limita ad assicurare con lo strumento penale la propria sopravvivenza interna ma pone
anche le condizioni per un proprio sviluppo e consolidamento nell’ambito delle relazioni,
spesso conflittuali, con gli altri Stati; in tal senso depongono una serie di norme
espressamente correlate a situazioni di belligeranza con il “nemico”, come gli artt. 248 c.p.
(somministrazione al nemico di provvigioni), 250 c.p. (commercio col nemico), 251 c.p.
(inadempimento di contratti di forniture in tempo di guerra), solo per citare alcuni esempi.
Per quanto riguarda, invece, la tutela della personalità interna dello Stato, vengono in
considerazione condotte lesive della compagine statuale nel suo stesso funzionamento, nella
sua forma, nei suoi organi rappresentativi. Si osservino, in tal senso, le fattispecie di attentato
contro il Presidente della Repubblica (art. 276 c.p.), di insurrezione armata contro i poteri
dello Stato (art. 284 c.p.), di attentato contro organi costituzionali e contro le Assemblee
regionali (art. 289 c.p.), sintomatici della volontà di salvaguardare l’ordinato svolgimento
della vita pubblica attraverso la protezione dei centri nevralgici dell’organizzazione statale
11
.
Non sempre, tuttavia, risulta agevole tracciare confini precisi fra le due forme di
personalità, come parte della dottrina ha in più occasioni rilevato
12
, fondando le proprie
obiezioni sia sulla stretta interdipendenza esistente tra le due dimensioni della categoria, sia
sulla possibilità che le condotte indicate in uno dei due capi possano ragionevolmente ledere
anche gli interessi protetti dalle norme incriminatrici dell’altro. Sulla scorta di tali opinioni è
anzi diffusa, in maniera decisamente prevalente, la convinzione che tale distinzione finisca
10
MARCONI, I delitti contro la personalità dello Stato. Profili storico-sistematici, Bologna, 1984, 189.
11
Per una approfondita disamina del concetto di personalità interna dello Stato si veda MESSINA, Introduzione
allo studio dei delitti contro la personalità interna dello Stato, Milano, 1981.
12
Si vedano, ad esempio, FIANDACA-MUSCO, Manuale di diritto penale, cit., 3; ANTOLISEI, Manuale di
diritto penale. Parte speciale, XIV ed., Milano, 2000, 562.
7
per essere artificiosa e fuorviante agli occhi dell’interprete; si ribadisce, a tal proposito,
l’opinione dominante che individua nella personalità giuridica dello Stato un fenomeno
essenzialmente unitario, il quale ammetterebbe unicamente una diversa considerazione dei
rapporti giuridici ad essa facenti capo, in relazione ai quali è senza dubbio ritenuta
ammissibile una differenziazione tra interni e internazionali
13
. E anche aderendo alle tesi di
chi, pur consapevole della relatività di tale distinzione, ne afferma comunque l’opportunità
sulla base della diversità di valori tutelati in un caso e nell’altro
14
, è difficile non riscontrare
una certa incongruenza, sul piano sistematico, che colpisce la collocazione delle fattispecie
operata dal legislatore: si pensi ancora al delitto di associazione sovversiva, annoverato tra i
delitti contro la personalità internazionale dello Stato benchè il fatto punito possa essere
commesso soltanto nel territorio nazionale e sia diretto alla modifica dell’ordinamento
interno
15
.
A prescindere, in ogni caso, dal giudizio che si intende dare di tale scelta
classificatoria, pare lecito affermare che il punto più interessante riguardi una tematica di
ordine generale, che acquista nel discorso sui delitti politici una sua peculiare connotazione; è
il problema di individuare, attraverso l’analisi del titolo, il bene giuridico concretamente
offendibile dalle condotte tipiche ivi considerate. Si tratta, in altre parole, di enucleare quelle
“situazioni di fatto offendibili e tutelabili”
16
che la moderna dottrina penalistica pone a
fondamento delle scelte di politica criminale riservate alla discrezionalità del legislatore, in
13
FIANDACA-MUSCO, Manuale di diritto penale, cit., 3; CRESPI-STELLA.ZUCCALÀ, Commentario, cit.,
743.; ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, cit. 561 ss., pur aderendo alla teoria unitaria della personalità
statuale, supera le difficoltà interpretative tenendo presente il significato concreto di tale distinzione, da attribuire
secondo l’Autore agli interessi politici dello Stato. Peraltro lo stesso legislatore del 1930 si mostra convinto del
carattere unitario della personalità dello Stato: “La personalità dello Stato può in conseguenza essere considerata
sotto un duplice aspetto: quello esterno, o personalità di diritto internazionale, e quello interno, o personalità di
diritto interno, senza tuttavia che codesta distinzione possa, comunque, pregiudicare quella concezione unitaria
della personalità dello Stato, che è essenziale e che anzi presuppone la distinzione medesima.”, in Lav. Prep.,
cit.,7.
14
DEAN, Personalità interna, cit., 1100.
15
Sottolineano l’anomalia, tra gli altri, PADOVANI, Bene giuridico e delitti politici. Contributo alla critica ed
alla riforma del Titolo I, Libro II c.p., in Rivista italiana di diritto e procedura penale, 1982, 9; MESSINA,
Introduzione, cit., 121.
16
MARINUCCI-DOLCINI, Corso di diritto penale, Milano, 2001, 434, ove di identifica il bene giuridico in una
situazione di fatto permeata di valore, in relazione alla quale la tutela penale è diretta ad evitarne la
modificazione.
8
aderenza al principio costituzionale di offensività il quale condiziona l’esistenza stessa del
reato alla possibilità di rinvenire, nella condotta del soggetto agente, un’offesa determinata ad
un bene giuridico. E quest’opera di individuazione, conseguentemente, deve essere svolta
prendendo a riferimento “non più un codice autoritario ed invecchiato, ma la Costituzione
repubblicana, traendo da questa le linee ricostruttive del sistema penale anche con riguardo ai
possibili (ed opportuni) obiettivi di tutela”
17
.
I due profili, quello dell’idoneità tecnica del concetto di personalità dello Stato ad
esprimere con precisione l’oggetto di tutela penale e quello della compatibilità di tale
impostazione normativa con i sopravvenuti valori della Costituzione democratica, sono
dunque fortemente intrecciati e necessitano di trattazione congiunta.
Sul primo punto risulta superato l’indirizzo dottrinale che, assimilando la personalità
giuridica dello Stato al concetto stesso di persona, identifica tout court il soggetto passivo del
reato con il suo oggetto, “in quanto il delitto lede o espone a pericolo la personalità dello Stato
in sé stessa considerata”
18
; al riguardo si è efficacemente ribattuto che l’ordinamento giuridico
non tutela mai le persone in se stesse, ma i beni o gli interessi ad esse pertinenti, allo stesso
modo in cui nel delitto di omicidio non è tutelata la persona umana in sé, ma il suo diritto
all’esistenza
19
. All’opposto, è diffusa in dottrina l’opinione secondo cui la categoria utilizzata
dal legislatore ben difficilmente possa rappresentare un bene giuridico meritevole di
protezione penale; anzi si ritiene che essa “occulti più di quanto non indichi i reali e più
specifici interessi di volta in volta lesi dalle diverse figure di reato”
20
. In maniera assai più
netta vi è chi ha parlato di normativa “francamente e scopertamente svincolata dal principio di
offensività”
21
. E’ opportuno precisare che, per il momento, non ci si riferisce all’aspetto
strutturale delle ipotesi criminose presenti nel titolo, in relazione alle quali la questione si è
17
PULITANÒ, La teoria del bene giuridico fra codice e Costituzione, in La questione criminale, 1981, 113.
18
MANZINI, Trattato di diritto penale, IV ed., Torino, 1981, 15.
19
ANTOLISEI, Manuale di diritto penale, cit., 560 ss.
20
FIANDACA-MUSCO, Manuale di diritto penale, cit., 3.
21
PADOVANI, Bene giuridico, cit., 3.
9
posta ma da una angolazione diversa: considerando, cioè, l’evidente anticipazione della soglia
della punibilità, ottenuta sia attraverso le molteplici figure di attentato delineate dal
legislatore, sia con l’inserimento di nuove fattispecie a carattere associativo, in merito alle
quali si pongono i consueti problemi relativi all’attitudine offensiva delle condotte descritte e
ai presupposti necessari a fondare l’incriminazione penale. Ciò che si intende verificare è
innanzitutto il requisito dell’ “offendibilità” che dovrebbe caratterizzare la personalità dello
Stato come legittimo oggetto giuridico di categoria; sotto tale aspetto, le censure appaiono
ragionevoli e fondate.
Si sostiene, in primo luogo, che la personalità dello Stato costituisce un dato
tendenzialmente insopprimibile, vale a dire non riducibile in conseguenza di condotte che
pure si pongano obiettivi di straordinaria importanza politica, forieri di gravi sconvolgimenti
nell’assetto istituzionale della nazione: l’attentato al Presidente della Repubblica, contro gli
organi costituzionali o contro le Assemblee regionali rappresentano indubbiamente fatti
delittuosi di eccezionale gravità, ma sotto il profilo della capacità lesiva appaiono inidonei a
menomare la persona giuridica che lo Stato incarna, la cui continuità appare fuori
discussione
22
. Sembra ragionevole ipotizzare che, proprio a causa dell’assenza di correlazione
offensiva fra le condotte incriminate e la categoria assunta a riferimento, la redazione
dell’intitolato risenta in maniera significativa delle convinzioni ideologiche del legislatore,
che nel rendere operante, in materia penale, il “disegno di identificazione quasi
antropomorfica dello stato etico e di caratterizzazione della dimensione totalizzante che gli è
propria”
23
, ha inevitabilmente trascurato le esigenze di corretta identificazione del bene
tutelato. Questa impostazione della materia potrebbe essere ricostruita in termini di offesa ad
una volontà politica superiore, come tale non censurabile, in virtù della quale l’attività di
22
PADOVANI, Bene giuridico, cit., 10 ss. ; l’Autore riconosce tale capacità lesiva alle sole ipotesi di attentato
contro l’integrità, l’indipendenza o l’unità dello Stato (art. 241) e di associazione sovversiva (art. 270),
rinvenendo nel primo caso l’aggressione a momenti essenziali della sovranità, nel secondo la possibilità di
sconvolgimento dell’assetto stesso della soggettività statuale o di un suo annullamento radicale; si vd. anche
MARCONI, I delitti, cit., 187 ss.
23
ROMANO, Il codice Rocco, cit., 150
10
repressione dei comportamenti integranti figure di reato si fondi sostanzialmente su sintomi di
disobbedienza all’autorità sovrana, a prescindere da un’effettiva lesione al bene protetto: “la
formula giuridica, cosi’ concepita, rispecchia, insomma, pienamente le esigenze della
ideologia fascista la quale desiderava estendere la personalità dello Stato a tutti quei campi in
cui potesse apparire pericoloso per il regime il libero attuarsi degli interessi individuali e
sociali”
24
.
Questa interpretazione è peraltro suffragata da un’ulteriore considerazione, che investe
direttamente l’assetto dei rapporti Stato-individuo desumibile dal titolo di apertura della parte
speciale del codice. In esso spicca una considerazione della criminalità politica come
sostanzialmente separata rispetto ai vertici del potere statale, come se il legislatore si fosse
esclusivamente preoccupato di neutralizzare le aggressioni al regime provenienti dall’esterno,
in sintonia con le accentuate esigenze di conservazione dello status quo politico-istituzionale
tipiche di uno stato autoritario, ma con scarsa considerazione di rivolgimenti politici interni
allo stesso apparato di potere. E infatti si è avuto modo di notare che gran parte delle condotte
criminose dirette contro la stabilità politica dello Stato
25
, delineate sotto forma di fattispecie a
carattere monosoggettivo, richiedono per la loro concreta operatività una adeguata
considerazione del ruolo istituzionale ricoperto dal soggetto agente, unica circostanza in grado
di consentire la perpetrazione del fatto delittuoso in assenza di un organismo associativo
costituito ad hoc, o quanto meno del concorso nel reato di altri soggetti; tale circostanza non è
espressamente prevista, finendo per assumere rilevanza ai soli sensi dell’art. 61 n. 9 c.p.,
scarsamente significativo in quanto genericamente riferibile a fatti commessi con “abuso dei
poteri, o con violazione dei doveri inerenti a una pubblica funzione o a un pubblico
24
PANAGIA, Il delitto politico nel sistema penale italiano, Padova, 1980, 79; l’Autore esclude al proposito che
la categoria “personalità dello Stato” possa avere un’effettiva capacità individuante.
25
Ad esempio l’insurrezione armata contro i poteri dello Stato (art. 284 c.p.), la guerra civile (art. 286 c.p.),
l’usurpazione di potere politico o di comando militare (art. 287 c.p.).
11
servizio”
26
. Risulta in tal modo delineata una figura di Stato in cui la valorizzazione della
leadership politica svolge una funzione preminente rispetto alla protezione di diversi e
ulteriori interessi facenti capo allo Stato-comunità nel suo complesso, i quali se pure non sono
del tutto ignorati (si consideri il delitto di attentati contro i diritti politici del cittadino previsto
dall’art. 294 c.p.), vengono tuttavia assorbiti dalla tutela di uno Stato “forte”, sovraordinato
alle istanze dei singoli e dei gruppi sociali e centro regolatore della vita associata in ogni sua
manifestazione.
Tale prospettiva non solo appare del tutto insoddisfacente sul piano giuridico, poiché
implica un sostanziale disconoscimento di un importante elemento costitutivo del concetto
stesso di Stato, cioè del popolo e delle prerogative ad esso attribuite, ma pone anche delicati
problemi di coordinamento con il sistema politico-costituzionale succeduto al regime fascista.
Il richiamo alla Costituzione del 1948 rappresenta in questo contesto un passaggio obbligato,
non solo per evidenziare, da un punto di vista sistematico, gli elementi di rottura col sistema
precedente, ma anche per individuare, in prospettiva de iure condendo, le linee evolutive
dell’intera area del diritto penale politico.
In primo luogo deve essere menzionata l’attribuzione diretta della sovranità al popolo
(art. 1), il cui esercizio trova disciplina nello stesso testo costituzionale.
Significativo è inoltre il riconoscimento di diritti fondamentali della persona umana in
ogni sua possibile esplicazione (art. 2). Il principio ha carattere decisivo poiché produce un
radicale ribaltamento dei rapporti tra il cittadino e l’apparato statale in cui la collettività è
organizzata; secondo questa prospettiva lo Stato da protetto diviene protettore, non più sintesi
ultima delle istanze sociali, ma soggetto promotore del libero affermarsi della personalità di
26
Per questi rilievi si veda PADOVANI, Bene giuridico, cit., 13 ss, il quale conclude affermando che “la
prospettazione della criminalità politica come essenzialmente “esterna” ai meccanismi di potere non si
spiegherebbe se la normativa fosse stata animata dall’identificazione di beni giuridici e delle loro esigenze di
tutela: queste avrebbero infatti suggerito automaticamente la valorizzazione delle posizioni funzionali
significative rispetto agli interessi politici”.
12
ognuno, la cui efficienza si misura anche in base alla capacità di assolvere i compiti (doveri)
ad esso costituzionalmente demandati
27
.
Sul piano politico, poi, deve essere considerata la fondamentale instaurazione di un
regime democratico e parlamentare, unico metodo idoneo a garantire, da un lato, la libera
attività di partiti a connotazione ideologica differenziata, dall’altro la possibilità di
un’alternanza ai vertici del potere sulla base della volontà espressa dal corpo elettorale.
Tramontata, dunque, la dottrina fascista ispiratrice del codice Rocco, si sono
sviluppati indirizzi dottrinali volti ad adeguare la categoria dei delitti contro la personalità
dello Stato al sistema di valori espressi nel testo costituzionale, seguendo peraltro linee
ricostruttive tra loro diverse.
Una parte della dottrina, pur ritenendo valida l’attuale formulazione dell’intitolato, ha
proposto una interpretazione adeguatrice che, in via di rifunzionalizzazione dell’istituto, ne
consentisse la sopravvivenza all’interno del nuovo panorama politico istituzionale. Si è cosi
individuato l’oggetto della tutela negli “interessi che concernono la vita dello Stato nella sua
essenza unitaria”
28
; oppure si è cercato di ricollegare il concetto di Stato contenuto nel codice
del 1930 ad una visione moderna del medesimo, quale risultante dalla Carta costituzionale, la
quale conserverebbe in capo ad esso quell’autonomia di attributi e di funzioni che già
possedeva durante il fascismo
29
; in senso analogo, valorizzando l’”utile sociale” che emerge
dalla Costituzione come denominatore comune delle attività statuali, in relazione al quale la
protezione degli organi di vertice ha carattere strumentale, si è proposta una concezione della
personalità dello Stato in cui oggetto di tutela sia l’insieme degli elementi che la
costituiscono, ossia territorio, popolo e governo
30
.
27
MESSINA, Introduzione, cit., 115 ss.
28
ANTOLISEI, Manuale, cit., 561.
29
DEAN, Personalità interna, cit., 1099 ss., ove si legge: “L’indagine sugli art. 276-293 C. Pen. si arricchisce
così di approfondimenti contenutistici che evidenziano il legame tra il contenuto di tali disposizioni ed una
concezione dello Stato che, bandendo le antiche sollecitazioni nazionalistiche e valutando la funzione moderna
dello Stato democratico in una visione europea della nazionalità, chiaramente prevale oggi nel paese.”
30
MESSINA, Introduzione, cit., 123 ss. Per una critica ai tentativi di “salvataggio” della categoria si veda
PELISSERO, Reato politico e flessibilità delle categorie dommatiche, Napoli, 2000, 58 ss.
13
Altra parte della dottrina si è spinta oltre, fino a contestare la stessa esattezza
terminologica della categoria di riferimento, cosi’ intimamente connessa al periodo autoritario
da non potere svolgere alcuna plausibile funzione di raccordo. Sono state cosi’ formulate
denominazioni più convincenti sotto il profilo sistematico: “delitti contro l’ordine
costituzionale”
31
, “delitti contro la Repubblica”
32
, “delitti contro la comunità politica
internazionale e statuale”
33
. A prescindere dalle preferenze lessicali dei vari Autori, interessa
ora evidenziare la portata sostanziale di tali interventi. In essi vi è un dato comune costituito
dal riferimento all’ordinamento politico-istituzionale come legittimo ed effettivo oggetto
giuridico di categoria, idoneo ad esprimere, in tutta la sua incisiva valenza, la vasta gamma di
interessi alla cui protezione si rivolge la delicata area dei delitti contro lo Stato; “il metodo
democratico viene ad essere, cioè, non semplice limite esterno all’intervento penale, ma
l’oggetto stesso della tutela, nel quale riassumere la funzione (l’unica legittima) del diritto
penale politico”
34
. Il risultato in tal modo raggiunto è considerevole: si supera l’effetto
mistificante proprio dell’espressione “personalità dello Stato” e si considera il settore dei
delitti politici non più come strumento repressivo in mano alla classe di governo
35
, ma come
mezzo di salvaguardia delle libertà politiche sulle quali si fonda uno stato di diritto.
31
GALLO-MUSCO, Delitti, cit.,;gli Autori, in modo significativo, adottano tale denominazione già nel titolo
dell’opera.
32
PADOVANI, Bene giuridico, cit., 24.
33
ROMANO, Il codice Rocco, cit., 161.
34
PULITANÒ, voce Delitto politico, in Digesto delle discipline penalistiche, III, Torino, 1989, 359.
35
PANAGIA, Il delitto politico, cit., 189.