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I dati ottenuti in seguito ad entrambi i trattamenti analitici sono stati sottoposti ad analisi
statistica, tramite il programma Excel, determinandone così i parametri fondamentali.
In seguito, i dati analitici, ottenuti mediante trattamento con AA-EDTA, sono stati
confrontati con i rispettivi valori ottenuti mediante trattamento con AR, potendo così
determinare un valore di biodisponibilità media percentuale per ognuno degli elementi
considerati. Grazie a questo studio si è potuto notare che solo un gruppo di quattro
elementi (Cadmio, Rame, Piombo e Zinco), presenta valori di biodisponibilità percentuale
media piuttosto elevata, facendo presupporre un’origine antropica. Infatti, gli elementi
d’origine antropica nel suolo si ritrovano non inglobati nella struttura cristallina dei
minerali e allora risultano facilmente disponibili all’apparato radicale delle piante.
Con l’intento di definire un modello che mettesse in relazione i valori di concentrazione
ottenuti mediante “attacco forte” con i valori biodisponibili, sono stati sviluppati grafici
statistici a dispersione (Scatter Plot), che hanno permesso di determinare per ciascun
elemento, tramite l’applicazione del metodo dei minimi quadrati, l’equazione della retta di
regressione, rappresentante la miglior funzione di correlazione lineare tra le due tipologie
di dati. Cinque elementi (Sb, Cd, Cu, Pb, Zn) presentano elevati valori del coefficiente di
correlazione lineare (r) ed hanno permesso l’applicazione dell’equazione corrispondente ai
dati ottenuti dalle analisi mediante aqua regia dei 123 campioni originari, al fine di
determinarne i corrispondenti valori di concentrazione biodisponibile.
Per questi elementi, è stata possibile la realizzazione di carte della biodisponibilità
derivata, tramite l’utilizzo del software ArcView GIS 3.2.
Queste carte sono state descritte e comparate con le carte geochimiche interpolate dei dati
analitici ottenuti dalla solubilizzazione in aqua regia, prodotte da Albanese (2005).
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1. LA CITTÀ DI AVELLINO
In questo capitolo verranno descritte le caratteristiche territoriali della città di Avellino, tra
cui le peculiarità fisiche (morfologia, geologia, clima) dell’area oggetto di questo studio ed
inoltre verranno analizzate tutte quelle variabili socio-economiche indicatrici dello stato di
sviluppo e potenziali fonti di degrado naturale dell’ambiente cittadino.
1.1 INTRODUZIONE
Nel cuore della Campania, da un‘antica tribù d’origine nomade-sannitica, gli Hirpini
diedero vita al primo nucleo abitativo della città di Avellino, dapprima nei pressi
dell’attuale paese di Manocalzati, nell'antica "Abellinum", poi, in seguito alle incursioni da
parte di tribù rivali, questo nucleo si andò spostando verso Atripalda, per giungere nei
pressi della zona dove oggi sorge il Duomo di Avellino. La sua posizione strategica
richiamò presto l’interesse dei Romani che hanno lasciato nella città un’indelebile traccia.
Avellino già visse i primi martiri romani nel 400 d.C., con la persecuzione ed il supplizio
di Sant’Ippolisto. Nel 500 d.C., con l’affermazione del Cristianesimo, Avellino divenne
sede vescovile, poi subì le invasioni barbariche dei Vandali e dei Goti. Nel IX secolo fu
edificato il castello longobardo sito sulla collina "Terra" (Corso Umberto). La città fu parte
del Principato di Benevento fino alla sua caduta e poi dominio del Principato di Salerno.
Nel 1100 divenne contea di Riccardo dell’Aquila. Con la fine della dominazione
normanna, fu incorporata nel regio demanio e Carlo d’Angiò l’assegnò al Casato dei
Montfort e, in seguito, ai Del Balzo. Dopo una serie di reggenze ad opera delle famiglie
più influenti alla Corte napoletana, passò dalla Famiglia Filangieri ai Caracciolo, eccetto
un breve periodo durante la dominazione spagnola. Tornati gli Angioini a Napoli, Avellino
nel 1581 ritornò feudo di Marino Caracciolo. Fino al 1806 grazie a questa Casata, la città
riuscì ad acquistare notevole importanza, nonostante il capoluogo fosse stato trasferito a
Montefusco, più centrale rispetto al feudo. La città cominciò ad arricchirsi d’opere
artistiche pubbliche, tra cui la Fontana di Bellerofonte e la Torre dell’Orologio, ad opera
del Fanzago. La città fu teatro dei moti rivoluzionari del 1820, segno di una fiorente
capacità d’autodeterminazione e della ricerca di libertà. Contrariamente a quanto auspicato,
l’unità d’Italia non giovò allo sviluppo economico e sociale. Infatti, tagliata fuori dalla
costruzione della linea ferroviaria Napoli – Benevento – Foggia, la città, fuori dai due
mari, fu fuori dai flussi turistici; ecco perché alcuni centri vivono ancora oggi ai margini.
Poco interessata dagli eventi bellici del secolo scorso, la città ha subito le gravi
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devastazioni dell’evento sismico del 23 Novembre 1980. Nell’ultimo ventennio un’intensa
ripresa economica ed una ferma volontà hanno fatto sì che la città recuperasse una positiva
flessione dello sviluppo socio-economico, con tutti, però, gli aspetti deleteri del caso.
1.2 INQUADRAMENTO TERRITORIALE
1.2.1 Posizione geografica, idrografia e caratteri climatici
Il territorio comunale della città di Avellino si estende su una superficie territoriale pari a
circa 30 Kmq ed è posta in una posizione eccentrica rispetto all’intero territorio provinciale
(Fig. 1.2.1), e allo stesso tempo si trova ad essere un punto centrale nell'incrocio
d’importanti vie di comunicazione (Fig. 1.2.2) che congiungono l'Adriatico al Tirreno,
oltre a collegare l'area beneventana e quella salernitana.
La città sorge al centro di una conca formata dai massicci del Partenio (Fig. 1.2.3) e dai
monti Picentini, lungo la valle del Sabato. La città resta circondata a nord-est dalla cima
del Montevergine (m. 1.493) che, pur non essendo il più alto, è certamente il più noto dei
monti del Partenio, caratterizzato com'è dall'omonimo santuario benedettino del XII
secolo, posto a 1.270 m..
I principali corsi d'acqua che attraversano la città, oggi in verità estremamente impoveriti,
sono il S. Francesco, ormai quasi del tutto coperto nel suo percorso urbano, e il Rigatore. Il
fondovalle Fenestrelle, percorso da quest'ultimo, ricco di vegetazione, è stato sede naturale
di numerose industrie: grazie allo sfruttamento dell'energia idrica del fiume, lungo il suo
cammino nei secoli passati erano fiorenti i processi della lavorazione dei panni e delle lane,
delle ferriere, dei mulini e delle cartiere. Il territorio gode di una naturale risorsa idrica
grazie anche alla presenza prossima del fiume Calore, che, alimentando l’acquedotto
dell'Alto Calore, fornisce acqua non solo alla città ma anche a numerosissimi Comuni della
provincia ed extraprovinciali.
La campagna circostante è ricca di vegetazione con prevalenza di noccioleti (Fig. 1.2.4)
che producono le pregiate nocciole “avellane”. La fertilità della terra, ricca soprattutto
d’ortaggi e frutta, si deve alla salubrità del clima e all'abbondanza delle precipitazioni che
avvengono nel corso dell'anno.
Il clima di Avellino partecipa dei caratteri generali del clima continentale: rigido in
inverno, presenta anche nella stagione calda notevoli escursioni nella temperatura
quotidiana per i sensibili abbassamenti della stessa nelle ore notturne. L'umido è costante e
sono frequenti le nebbie; geli e brinate caratterizzano la primavera e l'inizio dell'autunno;
da luglio a settembre predomina la siccità, raramente interrotta da brevi piovaschi.
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1.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO
1.3.1 Premessa
La città d’Avellino presenta una geologia alquanto complessa per l’accostamento di terreni
appartenenti a diversi domini paleogeografici. Essa, infatti, è localizzata al margine esterno
delle falde calcaree della catena appenninica, in una profonda depressione strutturale nella
quale sono conservati depositi bacinali, torbiditici e d’avanfossa, ricoperti da terreni
quaternari di diversa natura. La cartografia geologica ufficiale (Fig. 1.3.1) riporta la diffusa
presenza di depositi piroclastici indistinti al di sotto dei quali, invece, è presente un
substrato articolato caratterizzato da formazioni geologiche con differenti caratteristiche
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litologiche.
Fig. 1.3.1 – Stralcio della Carta Geologica d’Italia (scala 1: 100.000). Foglio 185
“Salerno”.
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1.3.2 Geologia e geomorfologia della conca di Avellino
La conca di Avellino si estende in una depressione strutturale di circa 20 Kmq allungata in
direzione ovest-est, che interrompe trasversalmente la continuità fisica delle contigue
dorsali carbonatiche della catena appenninica. Questa depressione è limitata dai rilievi
calcarei dei Monti Picentini ad est, dei Monti d’Avella e dei Monti di Sarno ad ovest e
sud, dai rilievi collinari a prevalente componente argillosa, attribuibili alle Unità Irpine ed
ai cicli trasgressivo-regressivi pliocenici, a nord. Il ribassamento di quest’area ha
permesso la conservazione di potenti successioni clastiche marine e continentali
depositatesi durante l’intervallo Miocene-Quaternario, che costituiscono, di fatto, il
substrato della città. In particolare, il substrato di natura calcarea è costituito da potenti
successioni di piattaforma carbonatica, d’età prevalentemente giurassico-cretacica, di
ambiente di retroscogliera, riferibili all’unità stratigrafico-strutturale dei Monti Picentini,
derivante dalla deformazione della piattaforma Campano-Lucana (Bonardi, D’Argenio et
Perrone, 1988). Sui terreni calcarei poggiano, in contatto stratigrafico discordante,
successioni arenacee, conglomeratiche e pelitiche riferibili ai flysch prossimali delle Unità
Irpine (flysch di Castelvetere e flysch di Gorgoglione), dovute alla deformazione della
parte prossimale del bacino Irpino (Patacca, Sartori et Scandone, 1990). Tali terreni, d’età
Serravalliano-Tortoniana, si ritrovano solo in piccoli lembi sulle sommità dei rilievi
carbonatici (M. Vergine, M. Tuoro e M. Terminio) e testimoniano che i primi grandi
sollevamenti che hanno portato in definitiva continentalità le strutture calcaree sono stati
attivi a partire almeno dal Tortoniano.
Nel settore orientale della conca di Avellino, tra i terreni di piattaforma carbonatica e quelli
in facies di flysch delle Unità Irpine, si interpongono, con rapporti non del tutto chiari,
alcune formazioni bacinali riferibili all’Unità Sannitica d’età mesozoico-terziaria, dovuta
alla deformazione delle zone più distali del bacino Irpino (Patacca, Sartori et Scandone,
1990). Si tratta di calcari marnosi selciferi, i cui affioramenti più significativi si possono
osservare in alcune cave presenti tra Atripalda e Aiello del Sabato.
Le argille azzurre messiniane si conservano soprattutto nei pressi di Atripalda e sono
costituite da sottili alternanze di argille laminate, poco deformate, aventi intercalazioni di
sottili livelli arenacei. Sulle argille solo localmente si conservano pochi metri di gessi
messiniani.
Fasi tettoniche tardo-plioceniche hanno poi sollevato l’area innescando intensi processi
d’erosione - accumulo. Si sono così depositati i “Conglomerati di Avellino”, una
formazione costituita da puddinghe poligeniche legate prevalentemente allo