II
estesa culturalmente, dando luogo ad un prolificare di letteratura dedicata al
tema dei rapporti tra arte e psicoanalisi su riviste, giornali e periodici ad
opera di critici, teorici, storici dell’arte e della letteratura.
Un certo sconcerto è arrivato ben presto, costatando che la quasi totale
bibliografia risale mediamente a trenta anni fa e in qualche caso alla metà
del nostro secolo. Mi sono allora chiesta perché sono così poco numerosi gli
studi condotti negli anni recenti e perché la psicologia dell’arte è diventato
un campo d’interesse accantonato, e se eventualmente così pochi autori,
attualmente, la ritengono una interessante materia di studio come è stato per
me.
L’occuparmi di materiale un po’ datato, in un periodo storico in
fortissima evoluzione e movimento tecnologico, mi ha portato a pensare a
varie ipotesi.
Forse i numerosi studi sull’arte fatti all’epoca dali psicoanalisti
cosiddetti “selvaggi” hanno determinato la decisione di abbandonare il
campo, prima di farsi compromettere troppo. O forse qualcuno si è reso
conto che lo studio psicoanalitico non è il più adeguato a sviscerare il
mondo artistico, se non rimanendo a livello descrittivo, e con la massima
cautela raccomandata dallo stesso Freud.
Ritengo che sia impossibile separare un uomo dalla sua arte, poiché i
due elementi sono così legati da essere inscindibili. Ogni opera d’arte
contiene una parte dell’artista, o come disse Oscar Wilde “ogni opera d’arte
è un ritratto dell’artista”.
Molti autori si sono dedicati alle ricerche psicoanalitiche sugli artisti
tentando di ricostruire i processi interiori dei personaggi rappresentati o
estraendo dei motivi simbolici dal significato nascosto.
III
Con questo lavoro è stato trovato un approccio comune a molti di loro
nel trattare l’argomento. La maggioranza di essi ha raccolto nel proprio
saggio un repertorio piuttosto classico e ricorrente, in riferimento a poche
ripetitive argomentazioni.
Molti hanno trattato i temi qui proposti ricalcandosi a vicenda o
ripercorrendo quasi parallelamente le stesse vie. Il materiale che ho avuto
modo di consultare ricordava spesso un altro testo e ciò ha condotto ad una
riflessione sulla realtà limitata che il panorama letterario, alla resa dei conti,
offre in materia.
La limitata quantità di studi rilevanti sull’argomento porta a pensare che
la psicologia non è riuscita a cogliere adeguatamente la sfida.
In Italia soprattutto, questo genere di ricerche è poco sfruttato e
scarsamente divulgato e apprezzato. Fino agli anni ’80 la psicologia
dell’arte era quasi completamente ignota nel nostro paese e fu introdotta ad
opera di Arnheim.
Rudolf Arnheim nell’introduzione a un suo libro (1966) afferma che
psicologia ed arte non appaiono facilmente relazionabili perché il contatto
tra i due campi è troppo lieve. Uno psicologo difficilmente sarà anche un
artista e troppi artisti continuano ancora a guardare con sospetto gli
psicologi, pensando che essi si occupino solo di scoprire i complessi
personali. Solo un contatto più intimo tra le due discipline, afferma l’autore,
potrà offrire utili informazioni che potranno contribuire alla comprensione
della mente umana.
Molti autori, nelle loro conclusioni, affermano che il campo d’indagine
è troppo vasto e aperto ad infinite indagini, senza sforzarsi di dare un
contributo originale e innovativo alla loro opera. Immancabilmente essi
IV
invitano il lettore interessato a prendere le redini del loro lavoro per
continuare l’opera di studio, raccomandando il massimo impegno in questo
campo non felicissimo della ricerca.
Forse è presuntuoso credere che questo rivolgersi al lettore sia un modo
per richiedere un apporto anche alla sottoscritta, comunque io ho tentato di
raccogliere l’invito con questo mio lavoro, che mi auguro riesca ad inserirsi
come utile contributo nella marea di studi pubblicati finora.
Il criterio seguito nella stesura della bibliografia è finalizzato ad una
rapida consultazione dei testi; i titoli delle opere di ogni autore sono infatti
elencati in ordine cronologico per consentire un immediato colpo d’occhio,
soprattutto nel caso degli autori più rappresentati.
Questa esposizione si prefigge di far conoscere le espolorazioni
avvenute nel mondo della psicoanalisi dell’arte, presentando il lavoro come
proposta, piuttosto che come risposta definitiva.
Mostrando la figura dell’artista si vorrebbe ristabilire un contatto con
esso, dando rilievo alla sua essenza umana, per ricordare che ognuno di noi
è contraddistinto dagli stessi meccanismi psichici, conflitti e angosce che ci
rendono molto simili a lui; sarebbe dunque apprezzabile che questo
strumento fosse utile per riuscire a ritrovare l’artista e la dimensione estetica
e creativa che è in noi.
Rinuncio all’obiettivo di rispondere ai numerosi interrogativi della
ricerca poiché credo non arriverei mai ad una verità e nemmeno potrei
pretenderlo. La scienza si autocorregge continuamente, trasformandosi ed
evolvendo verso immagini sempre più complesse e sviluppate.
51. LA PSICOANALISI DELL’ARTE
UN PANORAMA STORICO.
La psicologia dell’arte utilizza teorie e metodi psicologici per l’analisi dei fenomeni e delle
produzioni artistiche. Il suo campo d’indagine si rivolge prevalentemente alle arti figurative ed
accomuna vari studi diretti a interpretare differenti produzioni artistiche: dalla letteratura alla pittura,
dalla scultura alle opere musicali.
La ricerca psicologica applicata all’arte include le tecniche sperimentali, gli studi comparativi
interculturali e le indagini cliniche su produzioni artistiche di pazienti. Essa comprende quattro aree di
studio: i meccanismi percettivi, visivi e motori; i processi cognitivi tra cui immaginazione,
appercezione, memoria, linguaggio e creatività; la personalità, con le sue componenti motivazionali,
emotive e attitudinali; la produzione o pratica, intesa come capacità rappresentativa, grafica e simbolica
(Harré, 1983).
La materia si sviluppa in varie direzioni: l’analisi del processo creativo, dei prodotti artistici, delle
relazioni tra l’artista e l’opera e tra l’opera e il fruitore (Galimberti, 1992).
La psicologia dell’arte risulta essere un filtro e una mediatrice dell’indagine e della conoscenza
dell’uomo. Tutte le caratteristiche del pensare e dell’agire umano e le motivazioni che le hanno
determinate si possono ritrovare in un’opera d’arte (Giani Gallino, 1990).
In origine la psicologia dell’arte si sviluppò nel contesto dei dibattiti sulla valutazione dei disegni a
memoria, sul rapporto fra genio e follia e sulla natura della percezione e dell’immaginazione.
Tra i fondatori della psicologia scientifica dell’arte si annoverano Wundt e Fechner, i quali
introdussero il metodo sperimentale in psicologia.
6Quest’ultimo, in Estetica sperimentale, riconosce le leggi generali e le costanti dell’esperienza
artistica.
Fechner distinse un’estetica filosofica dall’alto, da una empirica dal basso.
Egli condusse delle ricerche sperimentali su presunti principi di estetica visiva, come quello della
soglia estetica, dell’equilibrio o dell’incremento estetico; studiò i meccanismi della percezione e del
colore, che sebbene fossero impostati solo in senso quantitativo, ebbero il merito di aver creato le
premesse delle indagini psicometriche sull’estetica (Galimberti, 1992).
Alcune indagini empiriche condotte sui problemi estetici ispirarono molti studiosi, tra cui Eysenck,
a continuare gli esperimenti sulla sensazione e sulla discriminazione estetica.
Secondo Arnheim la psicologia dell’arte ha offerto finora scarsi risultati, perché lo psicologo che se
ne occupa non ha il senso dell’esperienza artistica e il teorico dell’arte non ha molte nozioni di
psicologia. Egli afferma che l’arte è un’attività della mente soggetta alla psicologia, utile alla
descrizione completa e alla comprensione del funzionamento della mente (1966).
Ogni settore della psicologia comporta applicazioni nel campo artistico: dallo studio della
percezione alla ricerca motivazionale, dallo studio della personalitàalla psicologia sociale.
Arnheim pensa all’arte come ad un mezzo che rende visibile la natura delle cose e che permette di
far comprendere ciò che l’artista intendeva (1966).
Nell’approccio psicologico all’arte vi sono molte scuole e correnti, e dunque diversi sono i
presupposti e le angolature da cui le teorie partono, con altrettanti diversi obiettivi (Lorenzetti, 1982).
Le tre principali scuole di pensiero che operano in questo campo rappresentano tre poli opposti tra
loro. Esse sono la scuola psicoanalitica, quella storica-sociale e quella della Gestalt (Giani Gallino,
1990).
L’esistenza di diverse tendenze e diversi approcci è utile alla comprensione della materia. Per
esempio, attraverso la psicologia della Gestalt si ha una base per le ricerche sulla percezione artistica,
7mentre con altre forme di psicologia dinamica si tenta più adeguatamente l’interpretazione dell’opera
d’arte.
8IL CONTRIBUTO PSICOANALITICO ALLO STUDIO DELL’ARTE
La psicoanalisi dà il suo contributo alla critica d’arte e alla conoscenza del processo creativo,
offrendo una lettura analitica delle opere artistiche.
In origine l’approccio analitico all’estetica ha riguardato l’analisi delle opere d’arte, considerate
creazioni artistiche individuali, come se si trattesse di sogni. Questa applicazione ha portato alla
scoperta delle fantasie edipiche represse e alla loro espressione mascherata in forma artistica,
sublimata.
Successivamente l’analista considerò gli artisti come se fossero pazienti nevrotici, usando la storia
della loro vita e le loro opere per analizzare il significato della loro produzione artistica (Grotjahn,
1957).
Le ricerche compiute dalla psicoanalisi riguardano tre tematiche essenziali: l’indagine di
un’opera d’arte, estesa allo studio degli atteggiamenti e comportamenti dell’autore e all’eventuale
messaggio trasmesso; l’analisi centrata sulla personalità dell’artista, con riferimento a una o più opere;
l’interpretazione di opere eseguite da pazienti in analisi, in cui si fondono il personaggio e la sua
attivitàartistica, mentre vengono esaminati contemporaneamente i sogni, i comportamenti e le credenze
(Giani Gallino, 1990).
L’incontro tra arte e psicoanalisi si esprime attraverso lo studio dei meccanismi dell’immaginario,
attraverso l’interpretazione dell’opera e del suo linguaggio, e attraverso l’associazione creativa col
sogno (Caroli, 1984).
La teoria psicoanalitica ha centrato gli studi artistici sugli impulsi creativi e le motivazioni
profonde, tentando di svelare gli elementi irrazionali e intuitivi della produzione artistica e il loro
9contenuto latente. Essa ha colto le relazioni tra le impressioni della vita dell’artista, le sue esperienze e
la sua opera e ha permesso di vedere l’influenza degli avvenimenti infantili sulla creazione artistica.
Freud afferma più volte nella sua opera la straordinaria importanza rivestita dalle impressioni
infantili; queste primissime esperienze “non capitano all’individuo solo per caso, ma corrispondono
anche alle prime attivitàdelle disposizioni pulsionali costituzionalmente insite in lui”. (1913d, p. 266).
Melanie Klein si inserisce in questo dibattito con i suoi studi e le analisi condotti sui bambini,
venendo a identificare nelle primissime fasi di sviluppo infantile la base di gran parte dell’evoluzione
dell’uomo adulto. L’autrice riconosce nella posizione depressiva l’origine della creatività artistica e
nelle prime esperienze del neonato il desiderio di ricostruire l’oggetto perduto.
La psicoanalisi ha dedicato ampio spazio all’interpretazione artistica e alla creatività, forse perché
questo campo offre un accesso diretto alle zone oscure della psiche umana. Il fascino esercitato dalle
personalità creative e dalle loro opere induce a pensare che l’arte costituisca una seconda via maestra
verso la conoscenza dell’inconscio.
Le creazioni artistiche o letterarie diventano così gli oggetti privilegiati per l’investigazione
psicoanalitica (Chasseguet-Smirgel, 1971).
Freud ha tentato di far luce sia sull’opera in se stessa, per poterne decifrare il messaggio, sia sui
rapporti tra essa e la vita dell’artista. In questo ambito si collocano i saggi sulla Gradiva di Jensen, sul
Mosè di Michelangelo e su Leonardo da Vinci; quest’ultimo lavoro fu considerato la prima biografia
psicoanalitica, dove si tenta di superare la barriera tra il normale e il patologico (Galimberti, 1992).
Con questi studi Freud non cercava le caratteristiche della creatività artistica in quanto tale, ma
tentava di applicare gli strumenti usati nell’analisi dei nevrotici ai prodotti di uomini famosi,
dimostrando che i meccanismi scoperti dalla psicoanalisi agiscono anche negli uomini normali (Pagnin,
1977).
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L’analisi della Gradiva, primo esempio di interpretazione psicoanalitica di un’opera letteraria, ha
dato l’avvio alla psicoanalisi dell’arte. Essa convinse Freud che una fantasia letteraria è analizzabile
come un sogno, una fantasticheria o un lapsus.
Con l’interpretazione dell’Amleto in chiave edipica, Freud correlò l’opera letteraria con i motivi
inconsci e la personalitàdell’autore, chiarendo le fonti della sua ispirazione.
Lo studio dell’arte contribuisce ad accrescere la nostra conoscenza dell’uomo, in quanto permette
di ottenere verifiche extracliniche su vari aspetti: la vita fantastica dell’individuo, il rapporto tra la
biografia dell’artista con la sua opera e la relazione tra attività creativa e processi ideativi, rilevati in
ambito clinico.
Dai verbali della Società del mercoledì emerge un dibattito intorno alle problematiche estetiche, in
cui Freud partecipò molto attivamente.
Durante un incontro del mercoledì sera (11 dicembre 1907) Max Graf condivise con Freud la
metodologia per affrontare la psicologia degli artisti, basando la ricerca sui motivi tipici che si ripetono
nelle loro opere, ma asserì che la forza produttiva dei grandi artisti dava vita ad opere sane e non
sintomatiche (Russo, 1983).
Graf pensava che fosse illusorio tentare di penetrare l’animo del poeta attraverso la sua biografia.
L’artista supera le sue inibizioni attraverso la creazione ed esprime la sua psiche attraverso i motivi
centrali della sua poesia, mentre per Freud sono i suoi desideri inconsci che vengono soddisfatti
nell’immaginario dell’opera d’arte. Quest’ultima è un sintomo e dunque un tentativo di guarigione che
fa da compromesso tra le differenti forze pulsionali, allo scopo di evitare un conflitto con la rimozione.
Freud nutriva un’ammirazione per gli artisti di tutti i generi, con una sfumatura di invidia per le
loro doti superiori (Jones, 1962a).
Attribuiva ai poeti un sapere intuitivo dei fenomeni della vita psichica e la consapevolezza delle
leggi del sogno; essi descrivono la vita interiore dell’uomo, precorrendo la psicologia scientifica.
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Freud riconosceva il rapporto tra istinto scientifico e artistico e meditava sui loro eventuali conflitti
e contrasti. Nelle intuizioni degli artisti, diceva, spesso si trova conferma a idee e scoperte degli
analisti. Egli sottolinea la somiglianza fra costruzione poetica e ricostruzione analitica, pensando che
l’artista e lo scienziato seguono vie parallele per acquisire le stesse verità, anche se con metodo diverso
(Pagnini, 1973).
Lo scienziato formula le leggi generali del funzionamento psichico attraverso l’osservazione dei
processi psichici coscienti dei suoi pazienti; il poeta, invece, scava intuitivamente nei propri processi
psichici inconsci ed esprime artisticamente la sua scoperta.
Il lavoro dell’analisi è equiparabile a quello dell’artista, afferma Freud, che “toglie e aggiunge”
finché non riesce a conseguire “un soddisfacente grado di somiglianza con l’oggetto veduto o
immaginato” (1932).
La coincidenza dei risultati, afferma Freud, garantisce il corretto lavoro di entrambi o decreta il
fraintendimento dell’inconscio da entrambe le parti (1906).
Secondo Jones, Freud apprezzava l’arte in questo ordine: poesia, scultura, architettura, pittura e
musica. Egli aveva un senso della bellezza semplice, quasi primitivo, e un interesse per le collezioni
artistiche. Amava la bellezza assoluta tanto da essere scosso e commosso da alcune opere d’arte
(1962a).
L’interesse per le opere d’arte è vivo fin dall’adolescenza, testimoniato anche dal suo primo scritto
in assoluto, una lettera all’amico Fluss, appena diciassettenne, dove parla del fascino degli oggetti
d’arte da cui era stato avvinto dopo una visita all’Esposizione Universale di Vienna nel 1873 (Russo,
1983).
Freud aveva due diversi atteggiamenti nei confronti dell’arte: uno critico, che cercava delle
conferme alla psicoanalisi fuori dal suo ambito; l’altro scientifico, poneva l’attenzione sulla creazione
in rapporto ai fatti psichici o all’effetto catartico (ibidem).