10
Questo Istituto – un centro di eccellenza indipendente a livello europeo – incentiverà la ricerca e gli
scambi di esperienze, organizzando riunioni tra i decisori politici, i funzionari competenti e le parti
coinvolte, e focalizzerà l’attenzione sulle misure atte a favorire la parità tra uomini e donne,
attraverso l’organizzazione di eventi quali conferenze, campagne informative e seminari. Un altro
suo compito fondamentale consisterà nel mettere in opera gli strumenti necessari a facilitare
l’integrazione della parità tra uomini e donne nell’ambito di tutte le politiche comunitarie.
Nel corso di una conferenza tenutasi a Birmingham l’8 novembre 2005, Vladimir Špidla ha
sottolineato come le tematiche concernenti il divario retributivo tra uomini e donne, le donne al
potere e il fatto di conciliare vita familiare e lavorativa fossero al centro degli obiettivi europei allo
scopo di creare ulteriori posti di lavoro e favorire una crescita forte e un tessuto sociale sano
1
.
In effetti, la popolazione europea deve confrontarsi con la debole crescita economica, il basso tasso
di occupazione e la mancanza di fiducia del cittadino europeo, soprattutto di sesso femminile.
Inoltre la sfida più grande per ogni paese dell’Unione è rappresentata dall’invecchiamento della
popolazione. Gli europei mettono al mondo meno figli e vivono più a lungo. Questo comporta una
riduzione del numero di persone in età lavorativa e un aumento delle persone a carico in età molto
avanzata. In un futuro prossimo, le persone con più di settant’anni raggiungeranno i 35 milioni di
individui, contro i circa 19 milioni attuali. Nuove politiche e un cambio di mentalità saranno dunque
fondamentali per raccogliere la sfida demografica.
Secondo Vladimir Špidla, la parità tra uomini e donne è al centro delle risposte a questa sfida. Il
mezzo indispensabile per raggiungere lo scopo è la conciliazione tra vita familiare e lavorativa,
poiché non è solo creando nuove strutture per l’infanzia che si fa fronte al problema del calo del
tasso di natalità. È necessario incentivare i periodi di congedo parentale e pianificare l’orario
lavorativo. In Europa, la compartecipazione ai lavori domestici deve diventare una realtà per ogni
uomo e donna
2
.
Abbiamo scelto la Francia e l’Italia per analizzare come viene applicato nel diritto interno il
principio europeo di parità tra uomini e donne. Questa scelta non è casuale.
La Francia e l’Italia hanno lo stesso sistema giuridico, di tipo romano-germanico. Sono tra i primi
Stati a essere diventati membri delle Comunità europee, ma prima ancora della nascita di queste
Comunità, i due paesi avevano già sottoscritto alcuni trattati internazionali riguardanti la parità tra
uomini e donne nel mondo del lavoro.
L’Italia presenta tuttavia una peculiarità: se l’economia dei paesi settentrionali è piuttosto ben
sviluppata, quella del meridione è arretrata. Più ci si sposta verso sud, più diventa difficile trovare
1
Conferenza sulla parità tra uomini e donne, Birmingham, 8 novembre 2005.
2
Ibidem.
11
un’occupazione, soprattutto per le donne. Inoltre il potere della Chiesa cattolica, così come le
usanze sociali che hanno sempre riservato all’uomo un posto migliore all’interno della società,
hanno limitato in maniera notevole la libertà delle donne.
Le affinità esistenti tra Francia e Italia ci lasciano supporre che, nell’applicare il principio europeo
di parità tra uomini e donne nel mondo del lavoro, questi paesi abbiano riscontrato lo stesso tipo di
problemi. In compenso, le differenze che caratterizzano questi paesi fanno pensare che Francia e
Italia abbiano utilizzato mezzi diversi per adeguarsi alle norme comunitarie in materia. È dunque
interessante sapere quali sono le soluzioni proposte dai due paesi per garantire una corretta ed
efficace applicazione di tale principio.
Nella prima parte del nostro studio analizzeremo il contenuto del principio europeo della parità tra
uomini e donne in materia di lavoro; nella seconda parte, invece, parleremo dei problemi riscontrati
dalla Francia e dall’Italia nell’applicazione del suddetto principio.
Parte I – La nozione di principio della parità tra uomini e donne in materia di lavoro nel
diritto comunitario
Il principio della parità tra uomini e donne in materia di lavoro è comparso molto prima della
nascita delle comunità europee. È stato oggetto di una lunga evoluzione storica per tutto il corso del
XX secolo. Di conseguenza è logico che questo principio si basi su numerose fonti: internazionali,
comunitarie e nazionali. Fin dalla nascita della Comunità Economica Europea, nel 1957, il principio
della parità di trattamento tra uomini e donne è stato uno degli elementi costitutivi del Trattato CEE.
Durante gli ultimi trent’anni, la legislazione europea (Capitolo I) l’ha applicato in numerosi ambiti.
La Corte di Giustizia delle Comunità Europee ha ampiamente approfondito questa legislazione nella
sua giurisprudenza (Capitolo II).
Capitolo I – L’affermazione del principio della parità tra uomini e donne da parte dei Trattati
istitutivi e del diritto comunitario derivato
Il principio della parità tra uomini e donne nel mondo del lavoro ha radici che risalgono al Trattato
di Versailles, sottoscritto nel giugno del 1919. Le convenzioni dell’Organizzazione Internazionale
del Lavoro (OIL), così come altre convenzioni internazionali, hanno contribuito ad arricchire e
approfondire tale principio (Sezione I).
12
Il Trattato di Roma ha riservato uno spazio assai modesto alla politica sociale, tra le altre politiche
della CEE. Gli Stati contraenti decidevano di «promuovere il miglioramento delle condizioni di vita
e lavorative della manodopera, permettendone la parificazione nel progresso»; essi ritenevano,
tuttavia, che questa evoluzione sarebbe stata il frutto del funzionamento stesso del mercato comune
e di un avvicinamento delle legislazioni statali basato sulla loro collaborazione
3
. Pertanto, solo
l’articolo 119 del Trattato (ora articolo 141) obbligava gli Stati a garantire, al massimo entro il
1970, «l’applicazione del principio della parità retributiva tra manodopera maschile e femminile»
4
.
Tuttavia il diritto comunitario ha subito un rapido incremento del numero di direttive in materia e
altre azioni positive atte a promuovere il principio della parità tra uomini e donne negli Stati
membri (Sezione II).
Sezione I – L’evoluzione storica del principio della parità tra uomini e donne
L’analisi dell’evoluzione storica del principio della parità tra uomini e donne in materia di lavoro
sarà strutturata in due parti. Innanzitutto parleremo del cammino percorso tra il Trattato di
Versailles e la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo (§ 1); in seguito passeremo a
esaminare la Convenzione n. 100 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro (§ 2).
§ 1 – Dal Trattato di Versailles alla Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo
La Conferenza di Pace convocata alla fine della Prima guerra mondiale è ufficialmente alla base
della fondazione dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro. Durante questa Conferenza, una
commissione era stata appositamente incaricata di formulare delle proposte sulle questioni
riguardanti il lavoro. Per la prima volta nella storia diplomatica, una conferenza di pace riuniva non
solo i delegati governativi ma anche i rappresentanti del mondo del lavoro.
La parte XIII del Trattato di Versailles, frutto di questi lavori, è diventata il testo istitutivo dell’OIL,
e la maggior parte delle sue disposizioni sono contenute nel testo della Costituzione
dell’Organizzazione
5
. Questa parte del Trattato ha anticipato soprattutto il principio della parità
salariale: «salario uguale per un lavoro uguale». L’attenzione nei confronti delle conseguenze
economiche della discriminazione tra uomini e donne ha fatto da «trait d’union» tra le leggi
antitrust e la prima norma internazionale in materia di disparità di trattamento tra uomini e donne.
Una simile clausola aveva come obiettivo ripristinare un’onesta concorrenza tra le imprese dei paesi
3
J. Pélissier, A. Supiot, A. Jeammaud, Droit du travail, 22
ma
edizione, Dalloz, 2004, p. 105.
4
Articolo 141, comma 1, del Trattato CEE.
5
J.-C. Javillier (a cura di), Les normes internationales du travail. Une approche globale, OIL, 2001, p. 1.
13
firmatari, attraverso la soppressione del fenomeno del dumping sociale determinato dall’abitudine di
sottopagare le donne
6
.
Questa disposizione del Trattato di Versailles doveva garantire parità di salario ai lavoratori che
svolgevano le stesse funzioni nello stesso settore. L’interpretazione del principio in questi termini è
rimasta inalterata fino alla Seconda guerra mondiale
7
.
Pertanto, dal punto di vista giuridico, il problema della parità retributiva tra uomini e donne ha
assunto una dimensione transnazionale immediata, e questo spiega il continuo interesse che le
organizzazioni internazionali hanno dimostrato nei suoi confronti. Interesse che ha avuto come
risultato l'introduzione di determinati standard normativi; innanzitutto nell’ambito del diritto
internazionale, e in seguito in alcuni diritti nazionali (anche se sono stati questi ultimi a mettere in
pratica per la prima volta le disposizioni in materia
8
).
Le prime applicazioni concrete del principio sono riscontrabili nel New Deal roosveltiano degli anni
’30. L’obiettivo di parità retributiva si era trasformato in un’opzione di politica economica espressa
dal governo. La parità retributiva era vista allo stesso tempo come strumento di controllo pubblico
del mercato del lavoro e come sistema di ridistribuzione del reddito, il tutto in conformità delle
caratteristiche principali della politica roosveltiana
9
. Queste politiche hanno però avuto risultati
negativi: il meccanismo della parità salariale ha causato la riduzione dei salari.
Allo stesso tempo, la Grande Depressione che ha colpito l’Europa non ha permesso di attuare nel
continente strategie paritarie. È con l’inizio della Seconda guerra mondiale che si è riaperto il
dibattito sulla questione della parità retributiva tra uomini e donne, poiché i posti di lavoro lasciati
vacanti dagli uomini al fronte venivano occupati dalle donne.
Dopo la Seconda guerra mondiale, più di cinquanta Stati hanno firmato la Carta delle Nazioni
Unite
10
, durante la Conferenza di San Francisco. Nel preambolo della Carta, l’organizzazione
esprime la volontà di promuovere e incoraggiare il rispetto dei diritti umani e le libertà
fondamentali per tutti, senza distinzione di sesso, razza o religione. Partendo da questi presupposti,
il Consiglio Economico e Sociale ONU ha fondato nel 1946 la Commissione per lo status delle
6
M. Barbera, Discriminazioni ed uguaglianza nel rapporto di lavoro, Giuffrè, Milano, 1991, pp. 85-87.
7
Ibidem.
8
Dal punto di vista storico, i primi interventi legislativi a livello nazionale sono avvenuti in Australia, nel 1916, tramite
l’approvazione della legge dello Stato del Queensland, riguardante la parità retributiva tra uomini e donne (M.
Bahnisch, «Pay Equity Inquiry», Queensland Industrial Relations Commission, n° B1568 del 2000, dicembre 2000, p.
16); in Messico, la Costituzione Federale ha approvato, nel 1917, il principio «para trabajo igual debe corresponder
salario igual, sin tener en cuenta sexo ni nacionalidad» - «per un lavoro uguale – salario uguale, senza distinzione di
sesso né nazionalità» (articolo 123, A, VII, della Costituzione federale del Messico del 1917); negli Stati Uniti, due
leggi del 1919 («equal pay laws») degli Stati del Montana e del Michigan hanno vietato le discriminazioni fondate sul
sesso, in materia retributiva. Tuttavia queste leggi avevano una portata piuttosto limitata, poiché si preoccupavano solo
degli aspetti del salario minimo reale (Jo Freeman, «A Feminist Perspective», in Women, Mountain View, Calif:
Mayfield, 5th edition, 1995, p. 383).
9
M. Barbera, L’evoluzione storica e normativa della parità retributiva tra uomo e donna, LD, 1989, p. 603.
10
Il 24 ottobre 1945.
14
donne, il cui scopo è studiare e proporre una serie di misure atte a migliorare la condizione della
donna, anche nel mondo del lavoro.
Infine, con l’obiettivo di avvalorare i principi della Carta delle Nazioni Unite, alcune norme sono
state adottate attraverso la Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo, nel 1948. Questo
documento è formato da 30 articoli, contenenti i diritti fondamentali garantiti a ogni individuo. I
primi due articoli definiscono il principio del documento: tutti gli esseri umani condividono
l’uguaglianza universale, e questa uguaglianza si basa sulla dignità fondamentale concessa
all’umanità. La pari dignità umana si manifesta con l’universalità dei diritti dell’uomo. Pertanto,
questi diritti sono automaticamente concessi a tutti e non possono essere negati per qualsivoglia
ragione né a causa di un atto compiuto da un individuo. L’articolo 23 della Dichiarazione definisce
il principio secondo il quale ognuno ha diritto a «un salario uguale per un lavoro uguale»
11
e a «una
retribuzione equa e soddisfacente»
12
. Tuttavia la Dichiarazione non ha valore giuridicamente
vincolante…
§ 2 - La Convenzione n. 100 dell’Organizzazione Internazionale del Lavoro
La Convenzione n. 100 dell’OIL, sulla parità retributiva, è stata approvata il 29 giugno 1951 ed è
entrata in vigore il 23 maggio 1953.
Il testo della Convenzione stabilisce che ogni Stato Membro ha il dovere di incentivare e garantire,
nei confronti di tutti i lavoratori, l’applicazione del «principio della parità retributiva tra
manodopera maschile e femminile, per un lavoro di uguale valore»
13
. Inoltre, l’articolo 1 precisa
innanzitutto che «il termine retribuzione include il salario o trattamento ordinario, di base o
minimo, e ogni altro incentivo, pagato in forma diretta o indiretta, in contanti o in natura, dal datore
di lavoro al lavoratore in considerazione dell’impiego di quest’ultimo»; e in secondo luogo che
«l’espressione parità retributiva tra manodopera maschile e femminile per un lavoro di uguale
valore si riferisce ai tassi retributivi, stabiliti senza discriminazione legata al sesso».
Va ricordato che le convenzioni dell’OIL sono norme internazionali del lavoro. Queste norme sono
strumenti giuridici predisposti dai mandanti dell’OIL (governi, datori di lavoro e lavoratori), che
determinano i principi e i diritti minimi al lavoro. Le convenzioni hanno lo stesso valore dei trattati
11
Articolo 23, comma 2, della Dichiarazione Universale dei Diritti dell’Uomo: «Tutti hanno diritto, senza
discriminazioni di alcun tipo, a un salario uguale per un lavoro uguale».
12
Articolo 23, comma 3: «Chiunque lavori ha diritto a una retribuzione equa e soddisfacente, in grado di garantire a lui
e alla sua famiglia un’esistenza conforme alla dignità umana e integrata, se necessario, da tutti gli ulteriori mezzi di
protezione sociale».
13
Articolo 2, comma 1, della Convenzione n. 100.
15
internazionali giuridicamente vincolanti, poiché possono essere ratificate dagli Stati Membri; a
differenza delle raccomandazioni che, non avendo carattere vincolante, fungono da linee guida.
Le norme internazionali del lavoro vengono adottate durante la Conferenza internazionale del
Lavoro, tenuta dall’Organizzazione. Una volta adottate le norme, gli Stati Membri dell’OIL devono,
in conformità della Costituzione dell’OIL, sottoporle all’autorità nazionale competente. Qualora un
paese decida di ratificare una convenzione, di solito quest’ultima entra per lui in vigore l’anno
seguente la data della ratifica. I paesi che hanno ratificato una convenzione hanno l’obbligo di
applicarla dal punto di vista giuridico, nonché di fare periodicamente rapporto sulla sua
applicazione. Si possono invocare le disposizioni contenute nelle convenzioni internazionali solo
nei confronti di uno Stato la cui legislazione non è conforme all’accordo da lui ratificato. In base al
principio enunciato nell’articolo 27 della Convenzione di Vienna, riguardante il rispetto dei trattati:
«una delle parti non può invocare le disposizioni del suo diritto interno per giustificare la mancata
esecuzione del trattato». In altri termini gli Stati devono modificare, all’occorrenza, il loro
ordinamento giuridico per dare esecuzione agli obblighi previsti dalla convenzione.
Le norme internazionali definite dall’OIL sono strumenti giuridici che determinano i principi e i
diritti minimi al lavoro. Tra le convenzioni dell’OIL si possono distinguere le convenzioni
fondamentali e le convenzioni prioritarie, in questo caso la Convenzione n. 100 è una convenzione
fondamentale
14
. L’interesse da parte del diritto internazionale, nei confronti del problema della
parità retributiva per i lavoratori di ambo i sessi, assume così un carattere esplicito
15
.
La Francia ha ratificato senza esitare la Convenzione n. 100 il 10 marzo 1953
16
; non è questo il caso
dell’Italia. Le interpretazioni di cui è stata oggetto questa norma internazionale sostenevano che
l’esistenza del principio di cui all’articolo 37
17
della Costituzione italiana rendeva superflua la
trasposizione della Convenzione nel diritto interno
18
. Di conseguenza, l’Italia ha ratificato la
Convenzione solo l’8 giugno 1956
19
.
14
Il Consiglio di amministrazione dell’Ufficio Internazionale del Lavoro (ILO) ha definito “fondamentali” otto
convenzioni aventi per oggetto argomenti considerati alla stregua di principi e diritti fondamentali al lavoro: libertà
sindacale e riconoscimento effettivo del diritto di contrattazione sindacale, soppressione di qualsiasi forma di lavoro
forzato e obbligatorio, effettiva abolizione del lavoro minorile e soppressione della discriminazione in materia
occupazionale e professionale.
15
Il principio di parità retributiva era già contenuto nella Costituzione dell’OIL adottata nel 1919. Tuttavia è stata
proprio la Convenzione n°100, del 1951, a definire i criteri di valutazione della nozione di «lavoro di uguale valore».
16
Legge n°52-1309 del 10 dicembre 1952 – autorizzazione alla ratifica della Convenzione internazionale di Ginevra
n°100, del 29 giugno 1951.
17
Articolo 37, comma 1, della Costituzione italiana: «La donna lavoratrice ha gli stessi diritti e, a parità di lavoro, le
stesse retribuzioni che spettano al lavoratore».
18
U. Natoli, «Sulla rilevanza della Convenzione concernente l’eguaglianza della retribuzione tra manodopera maschile
e manodopera femminile per un lavoro di uguale valore», RGL, 1957, I, p. 177 ss.
19
Legge n°741 del 22 maggio 1956.