Tratto dal libro: Maurizio Pallante, Un futuro senza luce?
-Editori Riuniti, Roma, marzo 2004
«Quanto consuma la tua casa?». «Ma che domanda mi fai? Non è mica un’automobile!».
«Se lo fosse consumerebbe sicuramente di meno». «Non capisco cosa stai dicendo».
«Voglio dire che per riscaldare un giorno un appartamento di 130 metri quadrati occorre
tanta energia quanta ne occorre a un’automobile di media cilindrata per percorrere il tragitto
tra Genova e Roma». «Non lo immaginavo nemmeno». «Non sei il solo. E forse non sai
nemmeno che il riscaldamento del patrimonio edilizio italiano consuma più di tutto il sistema
dei trasporti».
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1 Introduzione al progetto di studio della casa bioclimatica di
Rosignano: "Habitat Energia"
L’idea di costruire edifici ad uso abitativo e/o lavorativo ad alta efficienza energetica risale
già a diversi decenni fa. In Germania, Austria e Scandinavia sono numerosissimi gli esempi
di applicazione delle abitazioni a basso consumo, sia per iniziativa privata che per scelta
politico istituzionale, interessando in alcuni casi anche la progettazione e l’urbanistica di
interi quartieri.
Al fine di dare concretezza al tentativo di convertire il nostro sistema energetico all’utilizzo di
fonti di energia rinnovabili il Comune di Rosignano Marittimo ha in progetto la costruzione di
un edificio biocompatibile, dimostrativo per quanto riguarda l’uso di energie rinnovabili e di
tecniche per il risparmio energetico.
Fig 1.1 Bozza del Progetto “Habitat Energia”
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1.1 Inquadramento geografico e area del sito
L’edificio oggetto del caso studio dovrà essere edificato a Rosignano Solvay, nel Comune di
Rosignano Marittimo.
Fig. 1.2 – Foto satellitare del sito
Rosignano Solvay è la frazione del Comune a più alto numero di abitanti (16.205) e dista dal
capoluogo 2 km. Delle sei frazioni del comune ( Rosignano Solvay, Vada e Castiglioncello
sono centri costieri, Nibbiana, Gabbro, Castelnuovo Misericordia, Rosignano Marittimo sono
centri collinari) è anche quella più facilmente accessibile si con mezzi pubblici che privati.
Questa zona, bonificata nel secolo XIX dal governo granducale, è diventata una vera e
propria realtà urbana nei primi decenni del ‘900 grazie alla Società Solvay che vi costruì uno
stabilimento industriale per la produzione della soda. La località fu preferita ad altre poiché
essa aveva nelle vicinanze tutti gli ingredienti che occorrevano al ciclo industriale: le cave
per l’estrazione del calcare a Rosignano Marittimo e a S. Carlo, il sale a Ponteginori, l’acqua
marina impiegata per il raffreddamento durante la produzione e la possibilità di utilizzare lo
scalo ferroviario per la commercializzazione.
Il clima è quello classico mediterraneo con inverni mediamente miti e piovosi ed estati calde
ma ventilate. E’ caratterizzata, essendo una località costiera, dall’essere battuta dai venti
quali il libeccio da Sud Ovest, il ponente da Ovest, lo scirocco da Sud Est, il maestrale da
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Nord Ovest e da venti di terra come la tramontana che spira da Nord e il grecale da Nord
Est. Quando batte la tramontana, in inverno, le giornate sono solitamente più rigide perché
si tratta di un vento freddo. Quando invece spirano i venti di mare il clima è generalmente
più mite, anche d'inverno. Mai i venti sono anche la fortuna di Rosignano dato che fanno
vivere una stagione estiva meno afosa che da altre parti, una primavera e un autunno dalle
caratteristiche quasi estive e un inverno solitamente mite dove la temperatura raramente
scende al di sotto di 0ºC.
In particolare, il microclima di Rosignano in inverno è influenzato dalle frequenti depressioni
che si formano nel Golfo Ligure o nel Golfo del Leone, che richiamano dapprima correnti da
Sud Est (Scirocco) e successivamente del fronte Sud Ovest – Ovest (Libeccio o Ponente) di
intensità rilevante (spesso si hanno in inverno burrasche con venti oltre i 90-100 Km/h). Vi
sono in inverno anche altri periodi più o meno lunghi con tempo dominato dall’anticiclone
Siberiano che porta venti secchi e forti da Est - NordEst e temperature basse.
In estate, al contrario, dominano, in regime di alta pressione (dovuta agli effetti
dell’Anticiclone delle Azzorre) i venti locali di brezza (le cosiddette “termiche”). Durante il
giorno si ha un vento da Nord Ovest (maestrale) costante, che può raggiungere nelle ore del
pomeriggio i 25-30 Km/h, per poi calare fino al tramonto quando scompare. Verso le 22 si ha
inversione e passaggio alla brezza di terra con intensità intorno ai 5-10 Km/h. Le
temperature massime medie estive si aggirano intorno ai 27-30° mentre le minime si
attestano sui 21-23°.
L’autunno e la primavera sono generalmente caratterizzate da un considerevole numero di
temporali e diversi avvistamenti di trombe marine. Rara la nebbia a parte alcuni casi di
“nebbie di origine marina” in primavera o da irraggiamento notturno in inverno per
l’eccessiva temperatura del mare e il notevole e rapido raffrescamento notturno dell’aria e
del suolo.
Rosignano Marittimo (e quindi anche Solvay) appartiene alla zona climatica D.
La classificazione in zone climatiche è stata introdotta dal D.P.R. n. 412 del 26 agosto 1993
(Regolamento recante norme per la progettazione, l'installazione, l'esercizio e la
manutenzione degli impianti termici degli edifici ai fini del contenimento dei consumi di
energia, in attuazione dell'art. 4, comma 4, della L. 9 gennaio 1991, n. 10).
Tale classificazione è indipendente dall’ubicazione geografica ma viene individuata in base
al quantitativo di gradi giorno (GG): sono un’unità di misura atta ad indicare il fabbisogno
termico di una determinata area geografica relativa alle vigenti normative sul riscaldamento
delle abitazioni. Indicano la somma, estesa a tutti i giorni di un periodo annuale
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convenzionale di riscaldamento, dei gradi che mancano alla temperatura media giornaliera
per arrivare a 20°C. Questo parametro è utile ai fini del contenimento dei consumi di energia
necessaria al funzionamento degli impianti termici di riscaldamento, poiché in base ad esso
viene stabilito il numero massimo di ore giornaliere in cui è consentita l'accensione degli
impianti di riscaldamento. Un valore basso di GG indica un breve periodo di riscaldamento e
temperature medie giornaliere prossime alla temperatura fissata per l’ambiente riscaldato (di
20°C). Al contrario, valori alti di GG indicano periodi di riscaldamento prolungati e
temperature medie giornaliere nettamente inferiori ai 20°C.
Le temperature medie mensili della zona, determinate in base alla norma UNI 10349 sono le
seguenti:
Gen Feb Mar Apr Mag Giu Lug Ago Set Ott Nov Dic
6,50 7,20 10,10 12,90 16,30 20,80 23,40 23,10 20,50 16,10 11,70 8,00
Tab. 1.1 Temperature medie mensili locali (°C )
Oltre alle condizioni climatiche del sito, riportiamo di seguito altre utili informazioni la cui
conoscenza è utile e necessaria per una corretta progettazione di una tipologia edilizia come
quella di Habitat Energia, che non deve prescindere da un’attenta analisi degli aspetti legati
al benessere termico ambientale e dai consumi di energia necessari per mantenere
prefissate condizioni ambientali in particolari situazioni climatiche esterne.
Figura 1.3 Dettaglio di Rosignano Solvay da foto satellitare: localizzazione dell’edificio.
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Nella tabella seguente sono invece indicati i valori di irradiazioni medie mensili relative al
periodo di riscaldamento determinate in base alla norma UNI 10349:
Tab. 1.2 Valori di irradiazioni medie mensili (fonte Norma UNI 10349)
Per un corretto orientamento dell’edificio, è inoltre opportuno verificare il percorso descritto
dal sole che, per la zona di Livorno, appare come quello schematizzato nella figura di
seguito riportata.
Fig 1.4 Grafico del percorso solare per latitudini di 44°N
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Altri importanti informazioni da tener conto nella progettazione dell’edificio sono indicate di
seguito in tabella.
LATITUDINE 43° 24' 30" N
LONGITUDINE 10° 28' 27" E
ALTITUDINE 147 m slm
GRADI GIORNO 1640
ZONA CLIMATICA D
INSOLAZIONE MEDIA ANNUA 1466.11 kWh/m²
VELOCITA’ MEDIA DEL VENTO 2,40 m/s
Tab.1.3 – Sintesi dati climatici locali
1.2. Bioedilizia e sostenibilità
In tempi di cambiamenti climatici e ambientali, scarsità di riserve petrolifere, dipendenza
energetica ed economica da esse, il risparmio energetico è senza dubbio il mezzo più
rapido, efficace ed efficiente, in termini di costi, per ridurre le emissioni di gas a effetto serra
e migliorare la qualità dell’aria, in particolare nelle regioni densamente popolate.
L’incremento demografico e la crescita della domanda di benessere nei paesi in via di
sviluppo hanno portato a stimare che l’eco-efficienza delle tecnologie dovrebbe aumentare
di 10 volte ossia si dovrebbe vivere con solo il 10% delle risorse che attualmente utilizziamo.
Il settore edilizio è considerato uno dei maggiori responsabili degli impatti sull’ambiente, non
solo nell’atto della costruzione, ma anche lungo tutto il processo: dal reperimento delle
materie prime, loro produzione e trasporto, fino all’eventuale dismissione dell’edificio e
smaltimento delle macerie da demolizione. Quindi costruire incide considerevolmente sulla
creazione di impatti ambientali, che si manifestano sia come consumo di risorse sia come
inquinamento dell’ambiente. Nel settore edilizio il fattore maggiormente problematico è il
consumo energetico: l’ENEA ha calcolato che per l’industria, dal 1970 a oggi, si registra un
aumento di 5 milioni di tep (tonnellate equivalenti di petrolio), mentre per il
terziario/residenziale l’aumento è di 15 milioni di tep, pari ad una crescita superiore al 60% in
30 anni.
Una strategia da adottare per il risparmio dell’energia è sicuramente la realizzazione edifici
ecologici ed energeticamente efficienti, simboli di edilizia a basso consumo energetico, con
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spese contenute per il riscaldamento, maggiore benessere abitativo e contemporaneamente
tutela del clima e dell’ambiente.
Sono considerati edifici energeticamente efficienti quelli a basso consumo energetico, gli
edifici passivi e gli edifici a consumo energetico zero.
Il risparmio energetico nelle abitazioni non deve essere visto come una “privazione di
comfort”, al quali non si vuole rinunciare sia in inverno che in estate. Un modello efficiente di
casa energetica prevede per l’abitante oltre al risparmio economico, anche una garanzia di
benessere!
1.3 Benessere termoigrometrico
La maggior parte della propria vita la trascorriamo all’interno degli edifici: si comprende
quindi come il microclima interno sia di grandissima importanza per la salute dell’uomo. Che
cosa si intende per comfort ambientale, e quali sono gli elementi che determinano le
condizioni di benessere? I principali sono:
- Il rumore
- Le vibrazioni
- Le radiazioni non ionizzanti
- Il microclima
- L’illuminazione
Gli accorgimenti atti a ridurre il rumore proveniente dall’esterno dell’edificio sono gli stessi
che possono inibire anche le perdite di calore verso l’esterno d’inverno o l’entrata dello
stesso nei locali d’estate: si tratta di interventi di tipo strutturale che vengono definiti
“passivi”.
Di grande importanza sono i fattori che incidono sul microclima, termine che si riferisce alla
natura del clima riscontrabile nello strato di atmosfera posto nell’immediata vicinanza del
suolo (fino a circa 2 m di altezza) e al complesso di parametri ambientali che
condizionavano lo scambio termico tra la persona e l’ambiente circostante. Sono
principalmente essi che incidono direttamente su ciò che viene comunemente definito
“comfort ambientale”. Il microclima interno delle abitazioni è influenzato dalla qualità
dell’ambiente esterno circostante (aria inquinata, rumori, ecc.) e quindi non c’è una divisione
netta tra i due ambienti, a causa della loro contiguità. Inoltre l’esigenza di fruire in modo
confortevole gli ambienti di un edificio comporta delle considerazioni che si riferiscono alla
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temperatura dell’aria rilevabile nella stanza, all’irraggiamento freddo o caldo delle pareti,
della presenza dell’umidità per condensazione sulle pareti e dell’umidità dell’ambiente
stesso.
Il corpo umano reagisce agli stimoli termici in modo da mantenere costante la sua
temperatura media (≈ 37°C) che dipende da una situazione di equilibrio che viene
dinamicamente ricercata tra la quantità di calore prodotto dall’organismo e quella scambiata
con l’ambiente circostante, nella fattispecie l’abitazione. Il calore prodotto dal corpo umano
dipende dalla quantità e tipo di cibo ingerito e metabolizzato, dalle caratteristiche termiche
degli indumenti che indossiamo e dall’attività fisica svolta (dal dormire al fare ginnastica).
Quando la temperatura esterna è molto elevata, oppure vi è un alto tasso di umidità (peggio
se queste due situazioni si verificano insieme), il corpo tende a smaltire calore in eccesso
sudando per riportarsi alla sua temperatura ideale. In inverno, viceversa, se l’ambiente non è
adeguatamente riscaldato, per limitare o scambio (e quindi la cessione) di calore con
l’esterno, il corpo reagisce chiudendo i pori della pelle (la cosiddetta pelle d’oca) e con
movimenti involontari dei muscoli per accelerare la circolazione del sangue che dà calore al
corpo (brividi di freddo).
Conseguendo la situazione di equilibrio si ottiene il benessere termico cioè quella
condizione psicologica in cui la persona si ritiene soddisfatta delle condizioni
termoigrometriche dell’ambiente circostante.
Dentro a spazi circoscritti il comfort è influenzato anche da un altro fattore, la temperatura
media radiante (TMR) che fa riferimento al valore di temperatura rilevata sulle pareti
perimetrali e sulle superfici vetrate, posto in relazione con quello medio dell’aria interna.
Quando quest’ultimo, pur confortevole in termini numerici sia, si discosta sensibilmente dal
valore della TMR, la persona percepisce una sensazione spiacevole. Infatti, assieme alla
temperatura dell’aria, la TMR è il fattore che influenza maggiormente la sensazione di calore
perché la radiazione che cade sulla cute ne attiva gli stessi organi sensori. Se il corpo è
esposto a superfici fredde (come ad esempio i vetri o le pareti esterne in inverno), una
quantità sensibile di calore è emessa sotto forma di radiazione verso queste superfici,
producendo una sensazione di freddo. La variazione di 1 °C nella temperatura dell’aria può
essere compensata da una variazione contraria da 0.5 a 0.8 °C nella TMR: la condizione più
confortevole è stata considerata quella corrispondente ad una TMR di 2 °C più alta della
temperatura dell’aria.
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Una TMR più bassa di 2 °C è pure tollerabile se la radiazione emessa dal corpo è quasi la
stessa in tutte le direzioni e ciò avviene solo se le temperature superficiali dell’ambiente
circostante sono praticamente uniformi.
Quindi per identificare la condizione per l’optimum di benessere si utilizza come parametro
la temperatura effettiva o equivalente che tiene conto anche dell’umidità relativa
dell’ambiente in cui viene rilevata. Il suo valore deve essere compreso tra circa 17 e 22 °C.
Grande importanza assume l’umidità relativa (U.R.), la quale indica il livello percentuale di
vapore acqueo nell’aria, confrontato con il massimo possibile (100%) immagazzinabile in un
dato volume d’aria, riferito ad una data temperatura. Dovrebbe avere valori compresi tra un
minimo del 45% e un massimo del 65%. Al di sotto del 45% l’aria è troppo secca e crea una
sensazione sgradevole, e quando è minore del 20% le membrane mucose si seccano ed
aumentano le possibilità di infezione. A basse temperature l’aria molto secca accresce la
sensazione di freddo in quanto l’umidità che raggiunge la superficie dell’epidermide
evaporando provoca una spiacevole sensazione di freddo. Al di sopra del 65% l’aria diviene
troppo umida e tende ad esaurire la sua capacità a trattenere altra quantità d’acqua. L’U.R.,
correlata alla temperatura, può portare ad una alterazione della sensazione di comfort. Il
senso di afa, dovuto all’eccessiva umidità dell’aria, fa percepire come elevata anche una
moderata temperatura dell’aria. Per temperature dell’aria superiori ai 32 °C con l’umidità
relativa oltre il 70 % si accentua la sensazione di caldo in quanto il sudore prodotto non può
evaporare. In regime stazionario un aumento dell’umidità relativa del 10 % ha lo stesso
effetto di un aumento di temperatura di 0,3 °C. L’influenza dell’UR aumenta se ci si sposta
fra ambienti con diverse quantità della stessa (cioè in regime dinamico) aumentando
l’incidenza sulla sensazione di benessere fino a 2 o 3 volte.
La fisica ci insegna che per abbassare il livello di umidità si può, oltre che diminuire la
quantità di vapore acqueo per kg di aria a parità di temperatura, anche alzare la temperatura
dell’ambiente mantenendo inalterata la quantità di vapore.
I condizionatori sono apparecchiature non solo in grado di abbassare la temperatura
dell’ambiente chiuso ma, deumidificandolo, di ridurne anche il contenuto di acqua. In inverno
invece, per umidificare l’aria troppo secca in un locale abitato, si ricorre all’uso di
umidificatori.
La velocità di movimentazione dell’aria interna è un altro importante parametro del
benessere ambientale. L’aria in movimento favorisce lo scambio termico tra il corpo umano
e l’ambiente. Tutti gli ambienti sono soggetti a movimenti anche impercettibili dell’aria. La
velocità minima è di 0,075 m/s ma si inizia a percepire il movimento dell’aria a 0,3 m/s. Alle
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temperature più alte anche 1 m/s è considerato piacevole, ed una velocità sino a 1.5 m/s è
tollerabile. Pur non agendo sulla diminuzione della temperatura media dell’aria interna, il
rimescolamento della stessa dà luogo ad una più rapida dissipazione del calore prodotto in
eccesso dal corpo. Nella stagione fredda si avrà l’effetto contrario allorché, a causa del
vento, la persona avverte la sensazione di una temperatura dell’aria inferiore al suo valore
reale. All’interno di un locale riscaldato la velocità dell’aria non dovrebbe superare i 0.25 m/s.
Ovviamente, la ventilazione influisce anche sulla qualità dell’aria interna e quindi sulla salute
degli occupanti.
Per quanto riguarda la purezza dell’aria interna, va evidenziato che l’organismo umano
partecipa ad alterarne la composizione (aumentando il tasso di CO, emettendo odori,
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aumentando la concentrazione di batteri patogeni, ecc.). Questi sono i motivi principali per
cui vi è la necessità di un adeguato ricambio dell’aria interna con quella esterna, purtroppo
anch’essa inquinata e che dovrà quindi essere depurata con specifici apparecchi domestici o
filtri.
ESTATE INVERNO
TEMPERATURA EFFETTIVA 24-26 °C 19-22 °C
UMIDITA’ RELATIVA 50% < UR < 60% 40% < UR < 50%
VELOCITA’ DELL’ARIA 0,1- 0,2 m/s 0,05-0,1 m/s
Tab 1.4 Valori indicativi del benessere microclimatico
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1.4 I MODI TIPICI DI COSTRUIRE IN TOSCANA
Come sempre è successo nel corso della storia edilizia, i materiali usati e le fonti
energetiche derivano certamente dal luogo in cui si edifica. I processi costruttivi nascevano
come memoria di tecniche tramandate nel corso dei secoli e quindi sperimentate, adattate e
migliorate sempre e comunque in rispetto del clima del luogo. Le architetture locali
coniugavano necessità climatiche a culture locali ed esigenze di tipo economico e
funzionale: corretto orientamento, aperture dimensionate secondo esposizione, sistemi di
ventilazione naturale, muri ad alta inerzia termica, riscaldamento e raffrescamento naturale,
utilizzo del verde come elemento di mitigazione del vento e del caldo, conoscenza del suolo
e sottosuolo, conoscenza del percorso solare, dei venti, delle brezze e dell’umidità.
L’architettura rurale rispecchia le vicende storiche che hanno interessato l’agricoltura
toscana.
Manifestazioni di architettura primitiva sono rappresentate da case di terra costruite con
argilla gettata entro armature fatte da tavole di legno fissate a pali piantati nel terreno. Il tetto
era a capanna con due spioventi e la copertura constava in uno scheletro di legno e cannicci
rivestiti da tegole e coppi di fornace. Questi edifici primitivi vennero poi usati nel medioevo
come dimore per i contadini.
L’iniziativa colonizzatrice vera e propria della campagna toscana avviene tra il Trecento e
Quattrocento, principalmente per opera dei cittadini ricchi, i quali acquistano i terreni e
costruiscono ville, sistemando anche il paesaggio circostante. Predominano i vecchi castelli
e le case nuove con loggiati, corti chiuse e a volte residui di torri.
A metà del Cinquecento è Cosimo de Medici a introdurre un nuovo approccio all’agricoltura:
egli fece bonificare ampie aree nella pianura di Pisa da dedicare alla coltivazione del grano
e costruire le prime case coloniche con un’architettura di pochi e semplici volumi, chiusi da
involucri di intonaco bianco e con poche e piccole finestre.
Il Buontalenti fu il primo architetto a progettare costruzioni minori caratterizzate da una
semplicità che voleva appositamente distinguere la ruralità dall’urbanità. Si trattava di
costruzioni con tre elementi principali che diventeranno le costanti dell’architettura colonica:
impianto planivolumetrico a parallelepipedo orizzontale con rivestimento murario molto
accurato (bozze di pietra ben scalpelliate disposte a “filaretti”), sovrastato da una o due torri
colombaie al centro e aperto nella facciata a meridione in una o due sequenze di loggiati.
Questi ultimi erano molto usati nelle facciate interne per creare correnti d’aria fresca
d‘estate. Nella corte interna era spesso presente un pozzo, al centro della casa per
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convogliare l’acqua e non disperderla. Inoltre era utile anche per la proprietà dell’acqua di
mantenere calore di notte e far passare aria calda al resto della casa.
Tra il Seicento e l’Ottocento la Toscana si avvia alla sua colonizzazione definitiva rendendo
la campagna un paesaggio intensamente umanizzato, non solo nel fiorentino, ma anche
nelle zone di Siena, Pisa, Lucca, Arezzo. Soprattutto durante la seconda metà del
Settecento, sotto il governo di Pietro Leopoldo, si hanno casi di interi tratti di paesaggio
rurale formatisi grazie ad opere di bonifica e riorganizzazione di vaste fattorie. Si diffonde il
senso del dovere del proprietario di fornire i propri contadini di case dignitose, mentre in
precedenza queste venivano costruite senza piano e con strutture asimmetriche. Il modello
a cui ci si rivolse nel costruire le case dei lavoratori venne offerto dalle case dei signori due-
trecentesche declassate. L’architettura rimane quindi la tipica del tipo a torre e loggiato, con
blocco preferibilmente quadrato (a meno che non sia un riadattamento di un edificato
preesistente a parallelepipedo) a due piani. Nel piano terreno trovano posto la stalla, la
cantina, i magazzini ed altri locali. Nel piano superiore le stanze dell’abitazione con
generalmente la cucina nel mezzo e le camere tutt’intorno.
I materiali e i colori dell’architettura di campagna potevano variare radicalmente da parte a
parte della Toscana. Una differenza stava nel rivestimento esterno che rispecchiava le
disponibilità: uso di pietra a vista nelle vallate appenniniche, con conseguente cromatismo
prevalentemente grigio, ed uso di intonaci nelle altre case classiche con ragione pratica di
protezione della muratura in pietrame greggio contro l’azione degli agenti atmosferici. In tutta
la campagna fiorentina ed aretina l’intonaco sembra lasciato ad ammuffire, per cui il colore
predominante è il bianco-grigio con sottotoni verdastri che ben si mimetizzano con la terra. A
pochi chilometri da Firenze fino alle zone collinari si ha invece una ricerca cromatica che
rispecchia la Toscana colorata del territorio pisano lucchese. Il colore è qui più evidente ed
affascinante, quasi per voler supplire alla semplicità dell’architettura, con un risultato spesso
bellissimo.
In quelle parti degli edifici dove era necessario l’uso di materiali da costruzione dalla
volumetria regolare verrà adoperato il laterizio, mentre per gli architravi di eventuali loggiati
si ricorrerà al legname. L’uso del laterizio sia nella muratura che nei dettagli tecnico-
decorativi risulterà maggiore nelle zone prive di materiali lapidei o che presentavano ricchi
depositi di argilla (aree senesi e Valdarno inferiore).
Nell’Ottocento e nei primi decenni del Novecento viene continuata l’opera sistematica di
colonizzazione della campagna e le opere di costruzione e restauro delle case coloniche. I
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tipi di architettura rimangono fedeli a quelli settecenteschi, facendo perdurare una certa
tradizione edilizia.
Il crollo della civiltà rurale toscana è venuto rapido dopo la seconda guerra mondiale, a
causa dell’avvento di una civiltà tecnologica, industriale e radicalmente urbana. Si arriva alla
urbanizzazione quasi completa della campagna, specie in regioni dense di popolazione e
limitate nel territorio come la Toscana.
1.4.1 EDILIZIA TIPICA DI LIVORNO
Nel livornese sono rare le cave utili a fornire materiale adatto alla costruzione di edifici civili
di una certa volumetria. Il materiale viene prelevato generalmente dalle colline e dalle cave
circostanti: si tratta di argille affioranti e arenarie della costa. Il materiale principalmente
estratto è il “macigno di Calafuria”, usato anche per la costruzione del faro di Livorno nel XII
secolo, ed anche un altro tipo di pietra detta “crusca” molto simile alla pietra serena ma di
colore rosato o giallastro e di grana molto grossa e ruvida. A causa della poca resistenza di
queste rocce, quando veniva commissionata la costruzione di edifici di una certa rilevanza i
costruttori erano costretti ad usare altri materiali provenienti da cave della zona pisana-
lucchese. Questo comportava però problemi di onerosità, date le scarse condizioni di strade
e mezzi di trasporto. Per questo motivo le abitazioni comuni della città venivano costruite
con materiale di facile reperimento: oltre alle rocce e arenarie sopra menzionate, si ipotizza
che in epoca tarda medioevale fosse molto usato il legno, abbondante in quel periodo. Tra i
più utilizzati quercia e castagno, oltre ad altri tipi più economici e recuperabili, anche se
maggiormente deperibili a scapito della sicurezza.
A partire dal XVI secolo, a causa dell’avvento delle grandi banche e quindi dei loro
investimenti nell’edilizia, si modifica il modo di costruire nella città livornese. Gli appartamenti
vengono sviluppati e ampliati senza criteri o regole precise, creando una situazione caotica.
I materiali da costruzione sono il legno combinato al tufo o alla muratura, mentre le case dei
cittadini più facoltosi avevano mura d’arenaria e mattoni debitamente intonacati, con colonne
portanti di pietra.
Dopo il terremoto del 1742 viene introdotto l’uso del ferro battuto, come giunzione delle parti
lignee e lapidee.
Gli edifici ottocenteschi livornesi sono costruiti di muratura prevalentemente di arenaria,
scelta secondo la destinazione d’uso e il tipo di fabbricato. Per le costruzioni più importanti
invece le mura sono quelle di tipo a “ cassa o sacco “ (due strati esterni di pietra o mattoni
riempiti da materiale di scarto).
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