- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 2 CIMF
che anche una non-scelta avrà delle conseguenze - hanno deciso sul loro Tfr. La scelta
operata dal Decreto 252/2005 è stata quella della libera volontà del lavoratore. Questi,
dal primo gennaio 2007, ha avuto un semestre di tempo per decidere, esplicitamente, il
versamento del Tfr maturando ad una forma pensionistica complementare di suo
gradimento ovvero, in alternativa, per deciderne il mantenimento presso il suo datore di
lavoro.
In assenza di una decisione esplicita, si è avuta (e si avrà anche per i nuovi
lavoratori che inizieranno la loro attività lavorativa in futuro), la c.d. adesione tacita
(prevista dallo stesso art. 8 del D. lgs. 252/2005), vale a dire il passaggio del Tfr maturando
del lavoratore alla forma pensionistica collettiva di riferimento, sia essa il fondo pensione
aziendale, contrattuale, territoriale, ecc., fino al Fondo residuale istituito presso l’Inps
(FondInps) per le categorie di lavoratori sprovviste di un fondo di riferimento [Cesari
2007]
2
.
La vera novità della riforma consiste nella possibilità di destinare il Tfr ai fondi
pensione, ossia ad organismi che effettuano la raccolta dei contributi dei lavoratori e/o dei
datori di lavoro, gestiscono in forma collettiva tali somme raccolte allo scopo di erogare ai
beneficiari, alla fine della loro vita lavorativa, una prestazione corrispondente al capitale
versato, sotto forma di rendita vitalizia o di pagamento in un’unica soluzione [Corigliano
2002].
Con la prima riforma previdenziale del 1993, il Tfr maturando è entrato negli
accordi contrattuali tra lavoratori e datori di lavoro, iniziando ad assumere le sembianze di
un vero e proprio risparmio previdenziale, da utilizzare – in caso di adesione del lavoratore
alla previdenza complementare – come importante fonte di finanziamento per costituire,
2
Per una disamina più approfondita sul tema del Tfr e sulle opzioni a disposizione dei lavoratori si rinvia a
R. CESARI, I fondi pensione, Il Mulino, Bologna, 2007, pp. 7-23. Per i lavoratori pubblici si consiglia M.
SARTI, La previdenza completare nel pubblico impiego, articolo tratto da “http://www.cgil.it”, 2008.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 3 CIMF
insieme ai contributi a carico del lavoratore e a quelli a carico del datore di lavoro, il
capitale o montante previdenziale per la pensione integrativa (fig. 1.1).
Nella tabella 1.1 sono indicati i contributi medi dei lavoratori dipendenti che hanno
aderito alla previdenza complementare, espressi in percentuale della retribuzione annua
media lorda. Per l’anno 2005, in media, i lavoratori dipendenti hanno destinato ai fondi
pensione, il 6,09% della loro retribuzione annua lorda. Un dipendente che percepisce, ad
esempio, 20.000 euro annui lordi, nel 2005 ha versato ad un fondo pensione 1.218 euro.
Figura 1.1 - Le tre fonti di finanziamento della pensione complementare.
Tabella 1.1 - Le fonti di finanziamento della pensione complementare in percentuale
della retribuzione annua (dati medi 2005).
Fonte Aliquota %
(1) Contributi del lavoratore 1,75%
Di cui: (a) contrattuali 1,17%
(b) volontari 0,58%
(2) Contributi del datore di lavoro 1,22%
(3) Da Tfr maturando 3,12%
Di cui: lavoratori pre 1993 2,39% (= 35% del Tfr)
lavoratori post 1993 6,91% (=100% del Tfr)
Totale 6,09%
Fonte: Covip, 2006; in Cesari, 2007.
I fondi pensione sono stati introdotti in Italia con il D. lgs. 124/1993, il quale si
proponeva di disciplinare <<le forme di previdenza per l’erogazione di trattamenti
Contributi del
datore di lavoro
FONDO
PENSIONE
Pensione
complementare
del lavoratore
Tfr maturando
Contributi del
lavoratore
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 4 CIMF
pensionistici complementari del sistema obbligatorio pubblico, al fine di assicurare più
elevati livelli di copertura previdenziale>>
3
.
Sinteticamente si può affermare che i fondi pensione svolgono sia una funzione
sociale - così come previsto dall’art. 38 della Costituzione Italiana – sia una funzione
finanziaria – in base alla Direttiva 2003/41/CE del giugno 2003 – sia una funzione
economica.
In base all’art. 38 della Costituzione Italiana <Ogni cittadino inabile al lavoro e
sprovvisto dei mezzi necessari per vivere ha diritto al mantenimento e all’assistenza
sociale. I lavoratori hanno diritto che siano preveduti ed assicurati mezzi adeguati alle
loro esigenze di vita in caso di infortunio, malattia, invalidità e vecchiaia, disoccupazione
involontaria. Gli inabili ed i minorati hanno diritto all’educazione e all’avviamento
professionale. Ai compiti previsti in questo articolo provvedono organi ed istituti
predisposti o integrati dallo Stato. L’assistenza privata è libera>>. Dunque il diritto
all’assistenza prevede anche l’istituzione di organi ed istituti da parte dello Stato. In essi
rientrano, senz’altro, i fondi pensione. L’obbligo che, da una frettolosa lettura dell’art. 38,
comma 4, della Costituzione sembrerebbe incombere solo sullo Stato, in realtà può
concretizzarsi anche attraverso enti ed istituzioni privati. In verità lo Stato ha solo l’obbligo
di tutelare il perseguimento dei suddetti fini sociali, da realizzarsi mediante accordi di
natura privatistica [Procopio 2002].
La Direttiva 2003/41/CE disciplina le attività e la supervisione degli enti
pensionistici aziendali o professionali. Contiene, tra l’altro, norme relative alle politiche di
investimento (agli art. 12 e 18), norme relative alla gestione e al deposito (art. 19), norme
relative alle riserve tecniche (art. 15-16-17). In essa rientra la funzione finanziaria.
3
Cfr. con l’articolo 1 del D. lgs 124/1993. Per una maggiore comprensione dell’ambito di applicazione e dei
destinatari di tale Decreto introduttivo della previdenza complementare in Italia, si rinvia a M. E. SALERNO,
Fondi pensione <<negoziali>>. Costituzione, gestione e vigilanza, Giuffrè Editore, Milano, 2002, pp. 35-46.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 5 CIMF
In merito alla funzione economica si fa riferimento ai c.d. fondi pensione
territoriali (Laborfonds per le aziende e gli enti pubblici del Trentino Alto Adige,
Solidarietà Veneto per le aziende industriali del Veneto, Fopadiva per le aziende della
Valle d’Aosta). Rientrano nella funzione economica anche gli investimenti c.d. “locali”,
ossia gli investimenti da parte dei fondi pensione in strumenti finanziari legati in tutto o in
parte all’economia di un determinato territorio, per esempio la Regione Marche, piuttosto
che la Regione Toscana. Si pensi, a titolo d’esempio, agli investimenti dei fondi pensione
in BOR, BOP o BOC (ossia, Buoni Ordinari Regionali, Provinciali e Comunali) emessi da
enti territoriali, oppure ad investimenti in azioni e/o obbligazioni di società con sede nel
territorio, o, ancora, a quote di fondi chiusi investite in azioni o obbligazioni di società con
sede nel territorio oppure investimenti dei fondi pensione in immobili situati nel territorio.
In Italia, alla fine del mese di aprile del 2008, risultano operanti 198 forme
pensionistiche complementari di nuova istituzione – cioè costituite dopo l’aprile del 1993 –
“adeguate” alla nuova disciplina di settore. In particolare, si tratta di 42 fondi pensione
negoziali, 81 fondi pensione aperti e 74 PIP, oltre a FondInps.
A tali realtà si aggiungono 424 forme pensionistiche preesistenti, di cui 286
soggetti autonomi e 138 forme interne a società, prevalentemente appartenenti al mondo
bancario (tab. 1.2).
Gli iscritti a tali forme pensionistiche complementari sono circa 4 milioni.
Includendo a tale cifra i sottoscrittori di piani individuali assicurativi non adeguati al D. lgs
252/2005, e tuttora sottoposti alle disposizioni previgenti alla riforma, si raggiungono i 4,7
milioni. In particolare, i fondi pensione negoziali hanno oltre 2 milioni di iscritti, i fondi
pensione aperti circa 766 mila, i fondi pensione preesistenti 680 mila, i PIP “nuovi” 529
mila (tab. 1.3).
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 6 CIMF
Nel 2007 il rendimento medio aggregato dei fondi pensione negoziali è stato del
2,1%, per contro i fondi pensione aperti hanno registrato un rendimento negativo dello
0,4%. Il confronto con il tasso netto di rivalutazione del Tfr nel 2007 è stato molto
penalizzante per i fondi pensione. Considerate le pressioni inflazionistiche nel corso
dell’anno, il tasso di rivalutazione del Tfr si è infatti attestato al 3,1%, il livello più alto
raggiunto dal 2002 (tab. 1.4).
Tabella 1.2 - I fondi pensione in Italia ad aprile 2008.
Fondi pensione di nuova istituzione (successivi al D. lgs 124/1993; costituiti dopo l'aprile del 1993)
Tipologia Numero
Fondi pensione negoziali
4
42
Fondi pensione aperti
5
81
PIP
6
74
FondInps 1
Totale 198
Fondi pensione preesistenti (antecedenti alla Legge 421/1992; costituiti prima dell'aprile del 1993)
Tipologia Numero
Soggetti autonomi 286
Forme interne a società 138
Totale 424
Fondi pensione in Italia Numero
Preesistenti 424
Di nuova istituzione 198
Totale 622
Fonte: Covip, Relazione per l’anno 2007.
4
I fondi pensione negoziali o contrattuali sono in generale soggetti giuridici di natura associativa, istituiti a
beneficio: (a) di lavoratori dipendenti pubblici o privati della stessa categoria contrattuale, comparto,
raggruppamento, territorio, ente, impresa o gruppo di imprese, inclusi i lavoratori atipici; (b) di lavoratori
autonomi o liberi professionisti anche organizzati per aree professionali e territoriali; (c) di soci lavoratori di
cooperative. Il termine, a volte usato, di fondo pensione chiuso (in entrata) si riferisce alle modalità
d’accesso, in quanto riservate ai lavoratori di certi settori, imprese o aree. Per una maggiore disamina, si
rimanda a R. CESARI, op. cit., pp. 60-61; G. CAZZOLA, Guida ai fondi pensione 2005. Come e perché
investire nei fondi aperti e chiusi, BancariaEditrice, Edibank, Roma, 2005, pag. 76; M.E. SALERNO, op.
cit., pp. 48-51; F. GISMONDI, M. MICOCCI, La gestione finanziaria dei fondi pensione, Il Sole 24 Ore,
Milano, 2004, pp. 8-11.
5
I fondi pensione aperti sono, tipicamente, destinati a tutti i lavoratori o gruppi di lavoratori privi di fondi
pensione negoziali o trasferiti da fondi negoziali. Sono aperti (in entrata) a tutti i lavoratori e sono istituiti da
banche, imprese di assicurazioni, SGR, SIM [Cesari 2007; Cazzola, 2005; Salerno 2002; Gismondi e Micocci
2004]. L’adesione è ammessa sia su base collettiva, sia su base individuale [Squeglia 2002].
6
I piani individuali pensionistici di tipo assicurativo (PIP), sono forme pensionistiche ad adesione
individuale attuate mediante contratti di assicurazione sulla vita, istituiti dalle imprese di assicurazione
[Covip 2008]. Per un maggior approfondimento, si rimanda a M. LIERA, Costruire la ricchezza in famiglia.
Dal check-up finanziario alla pianificazione previdenziale. La casa, la tutela del reddito e del patrimonio,
collana “Investire nel 2007”, vol. 3, Il Sole 24 Ore, Milano, 2006, pp. 39-68.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 7 CIMF
Tabella 1.3. - La previdenza complementare in Italia. Aderenti alla fine del primo
trimestre del 2008 (dati di fine periodo).
Tipologia Marzo 2008 Var % marzo 2008/dicembre 2007
Fondi pensione negoziali 2.015.000 1,3
Fondi pensione aperti 766.000 2,5
Fondi pensione preesistenti 680.000
PIP "nuovi" 529.000 8,8
PIP "vecchi" non adeguati 703.000
Totale 4.693.000 1,9
di cui: lavoratori dipendenti del settore privato 3.470.000 2
Fonte: Covip, Relazione per l’anno 2007.
Tabella 1.4 - Rendimenti netti pluriennali dei fondi pensione e confronto con il Tfr
(anni 2003-2007, valori percentuali)
7
.
Tipologia\Anno 2003-2007 (5 anni) 2003 2004 2005 2006 2007
Fondi pensione negoziali
(1) Fondi monocomparto 24,0 4,2 4,4 8,3 3,7 1,4
Confronto con Tfr +9,7 +1,4 +1,9 +5,7 +1,3 -1,7
(2) Fondi multicomparto
(a) Obbligazionario puro 12,6 n.d. 2,2 2,1 2,6 2,2
(b) Obbligazionario misto 21,6 4,3 3,9 6,9 2,7 2,1
(c) Bilanciato 31,2 7,0 4,9 7,9 5,6 2,5
(d) Azionario 44,7 n.d. 5,9 14,9 8,2 1,3
Rendimento generale 25,0 5,0 4,6 7,5 3,8 2,1
Confronto con Tfr +10,7 +2,2 +2,1 +4,9 +1,4 -1,0
Fondi pensione aperti
(a) Comparti non garantiti 26,6 6,0 4,4 12,3 2,6 -0,6
(b) Obbligazionario puro 10,0 1,6 3,3 3,3 -0,2 1,6
(c) Obbligazionario misto 15,8 3,1 4,2 6,4 1,0 0,3
(d) Bilanciato 24,2 4,9 4,2 11,4 2,4 -0,3
(e) Azionario 34,5 8,4 4,7 16,2 3,7 -1,6
(f) Comparti garantiti
8
12,1 2,6 3,1 2,9 1,0 1,9
Rendimento generale 25,5 5,7 4,3 11,5 2,4 -0,4
Confronto con Tfr +11,2 +2,9 +1,8 +8,9 0,0 -3,5
Rivalutazione netta del Tfr
9
14,3 2,8 2,5 2,6 2,4 3,1
Fonte: Covip, Relazione per l’anno 2007.
Nel corso del 2007, si è registrato, a seguito della riforma, un ampliamento della
platea dei potenziali aderenti ai fondi pensione, cifra attestatasi a poco più di 7 milioni di
lavoratori dipendenti, di cui 6,6 milioni riferito a fondi di categoria e 500 mila a fondi
aziendali e di gruppo. Il tasso d’adesione complessivo è superiore al 26%, con un
7
Rendimenti calcolati come variazione degli indici di capitalizzazione. I rendimenti relativi ai fondi sono
rappresentativi della performance media al netto degli oneri (di gestione e fiscali) gravanti sui
fondi/comparti.
8
I rendimenti dei comparti garantiti sono calcolati come variazione degli indici di capitalizzazione costruiti
sulla base del valore della quota. Gli stessi pertanto non incorporano il valore della garanzia.
9
Tasso di rivalutazione al netto dell’imposta sostitutiva introdotta a partire dal 1° gennaio 2001.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 8 CIMF
incremento di circa 11 punti percentuali rispetto al dato di fine 2006. Il tasso d’adesione si
eleva fino al 32% qualora insieme ai fondi pensione negoziali si considerino anche i fondi
pensione preesistenti. Questi ultimi contano 660 mila lavoratori dipendenti, a fronte di un
bacino di potenziali aderenti di circa 750 mila unità (stima fondi pensione). A livello
aggregato, il tasso d’adesione stimato per gli occupati in imprese con meno di 50 addetti
risulta pari al 12%, rispetto al 42% riferito ai dipendenti di imprese con almeno 50 addetti
(tab. 1.5).
Tabella 1.5 - Fondi pensione negoziali destinati ai lavoratori dipendenti del settore
privato
10
. Tasso d’adesione per classe dimensionale delle aziende (valori percentuali
per i tassi di adesione).
Classe dimensionale delle aziende Totale
Sotto i 50 addetti Almeno 50 addetti
Iscritti 446.000 1.387.000 1.833.000
Bacino dei potenziali iscritti 3.733.000 3.322.000 7.055.000
Tasso d’adesione ai fondi negoziali 11,95 41,75 26,85
Fonte: Covip, Relazione per l’anno 2007.
1.2 Obiettivi della discussione.
Uno degli aspetti più affascinanti, ma, al contempo stesso, molto delicato dei fondi
pensione è la gestione finanziaria. In essa convergono moltissimi argomenti, che toccano
vari temi e richiedono moltissime conoscenze e abilità. Si va dall’analisi dei rischi alla
volatilità, dal benchmark alla diversificazione, dall’asset allocation strategica all’asset
allocation tattica, dall’analisi dei vari comparti in cui si può investire (azionario,
bilanciato, obbligazionario, monetario, flessibile, garantito, fondi multicomparto…)
all’analisi dei vantaggi finanziari dei fondi pensione, fino a giungere all’aspetto forse più
importante per l’investitore, ossia la performance e il rendimento del fondo pensione.
10
Sono esclusi i fondi autorizzati all’esercizio nel corso del 2007 e le estensioni dei bacini derivanti dai nuovi
contratti collettivi stipulati nell’ultima parte del 2007.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 9 CIMF
L’elaborato non ha la presunzione di compiere una disamina dell’intera gestione
finanziaria di un fondo pensione, sia perché sarebbe un argomento troppo ampio, sia
perché richiederebbe la conoscenza di competenze tecniche che solo soggetti che
quotidianamente si trovano ad operare in tale ambiente possiedono.
L’obiettivo è quello di esaminare il DM 703/1996, emanato dal Ministero del
Tesoro, che in base all’articolo 6, comma 11 del D. lgs 252/2005
11
, definisce i criteri di
gestione delle risorse da parte dei fondi pensione negoziali e aperti, fissa i limiti agli
investimenti, disciplina le operazioni consentite e detta le regole in materia di conflitti
d’interesse.
Le disposizioni vigenti in materia di limiti agli investimenti e conflitti d’interesse
per i fondi pensione contenute nel DM 703/1996 saranno, anzi sono tuttora, oggetto di
modifica, sia per effetto d’esplicita previsione normativa, sia per tenere conto delle novità
che hanno caratterizzato l’evoluzione dei mercati [Candian, Forte, Paci, Vallacqua 2008].
La procedura di riforma del Decreto 703/1996 ha preso il via in concomitanza con
le festività natalizie del 2007, dopo l’introduzione della Direttiva Europea 2003/41 e della
stessa 252/2005, ossia della riforma del Tfr [lo Conte 2007].
Una prima nuova versione del Decreto 703/1996 era attesa per lo scorso aprile, in
parallelo alle elezioni politiche. Almeno questo era l’obiettivo del Ministero dell’Economia
e delle Finanze, il cui direttore generale, Giovanni Sabatini, ha avviato il lavoro per
definire il nuovo testo, al termine della consultazione pubblica, i cui contributi sono stati
pubblicati sul sito Internet del MEF
12
.
11
Comma abrogato dall’articolo 7, comma 1, del D. lgs n. 28/2007. Il D. lgs n. 28/2007 disciplina
l’attuazione della Direttiva 2003/41/CE in tema di attività di supervisione degli enti pensionistici aziendali o
professionali. Si occupa, tra l’altro, degli investimenti delle risorse dei fondi pensione, dell’erogazione delle
rendite, della banca depositaria, dei mezzi patrimoniali, dell’attività transfrontaliera e delle sanzioni penali e
amministrative.
12
Vedi MINISTERO DELL’ECONOMIA E DELLE FINANZE (MEF) – DIPARTIMENTO DEL TESORO,
Documento di consultazione. Disciplina dei limiti agli investimenti e dei conflitti d’interesse per i fondi
pensione, articolo tratto da “http://www.dt.tesoro.it/Aree-Docum/Regolament/Consultazi5/index.htm”,
Roma, 31 gennaio 2008.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 10 CIMF
L’esigenza di aggiornare le regole d’investimento dei fondi pensione nasce a 12
anni dal varo del testo originario ed è dovuto sia al novero degli strumenti finanziari
utilizzabili nelle gestioni previdenziali, sia agli strumenti di controllo delle gestioni stesse.
L’idea è di allargare i limiti d’investimento dei fondi pensione a strumenti finanziari
alternativi, come gli hedge fund
13
, o in grado di offrire coperture rispetto al rischio
valutario, come i derivati
14
. Nel 1996, infatti, gli hedge fund stavano solo affacciandosi nel
mercato italiano e i primi investimenti dei fondi pensione inducevano alla cautela più
estrema. La possibilità di allargare le gestioni anche ad altre tipologie di fondi è uno degli
obiettivi della riforma del DM 703/1996. Assogestioni, che rappresenta le Sgr che già oggi
gestiscono i fondi pensione, punta ad una crescita qualitativa, oltre che quantitativa, degli
asset nel portafoglio degli strumenti di previdenza complementare. Tuttavia c’è chi
sostiene, come Massimo Greco, Italy Country Manager di J. P. Morgan Asset
Management, che per utilizzare gli hedge funds, i fondi pensione dovrebbero disporre della
necessaria competenza tecnica, di un’esperienza e di una certa scaltrezza per districarsi
in un ambiente particolare quale quello degli hedge funds, requisiti che al momento i fondi
pensione italiani sembrano non possedere. I fondi negoziali – a differenza dei preesistenti,
che dispongono di maggiori conoscenze tecniche, dovute al maggior asso temporale di vita
13
Non esiste una definizione univoca di hedge fund. Il termine hedge (in italiano “copertura”) è alquanto
fuorviante. Non necessariamente un fondo hedge, per essere definito tale, deve attuare solo ed
esclusivamente una strategia di copertura. In realtà, all’interno della categoria degli hedge rientrano fondi tra
loro estremamente differenti per strategia, obiettivi d’investimento perseguiti e profilo di rischio/rendimento
prescelto. Per un maggiore approfondimento della categoria si rimanda a M. LIERA, Tutti gli strumenti del
risparmio. Dai titoli di Stato agli hedge fund, dalle azioni agli ETF, collana “Investire nel 2007”, vol. 1, Il
Sole 24 Ore, Milano, 2006, pp. 71-86. Sull’argomento si veda anche J. C. HULL, Opzioni, futures e altri
derivati, Pearson Prentice Hall, 2006 (sesta edizione), edizione italiana (a cura di) E. Barone, Luiss – Guido
Carli, Bruno Mondadori, Milano, 2007, pp. 9-10, secondo cui gli hedge fund utilizzano gli strumenti derivati
sia per finalità di copertura, sia per fare speculazione, sia per sfruttare opportunità di arbitraggio. Gli hedge
fund utilizzano i forwards, i futures e le opzioni sia per ridurre i rischi che derivano dalle loro esposizioni nei
confronti delle variabili di mercato (tasso di cambio, tasso d’interesse, livello del mercato azionario…), sia
per scommettere sull’evoluzione di tali variabili di mercato (gli speculatori desiderano assumere una
posizione sui mercati: scommettono che il prezzo salirà o scommettono che scenderà), sia, infine, per
assumere <<posizioni di segno opposto>> (offsetting positions) su due o più contratti per <<bloccare>> (lock
in) un profitto (c.d. arbitraggisti).
14
Per una migliore comprensione della struttura dei derivati, del funzionamento dei rispettivi mercati e delle
strategie di investimento si consiglia la lettura di J. C. HULL, op. cit., in particolare i cap. 1-2-3-5-6-8-9-10-
11-12-13-14-15.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 11 CIMF
– sono ancora troppo giovani. Si potrebbe creare un problema d’illiquidabilità delle
posizioni in caso di richiesta di anticipazioni per spese mediche o per l’acquisto della
prima casa. Utilizzando strumenti alternativi, la cui valutazione mark-to-market non è
sempre possibile, ciò potrebbe risultare problematico. Secondo lo stesso Greco, per
migliorare la gestione dei fondi pensione italiani, in un sistema a contribuzione definita
come il nostro, la strada da seguire consisterebbe nell’investire in azioni che nell’arco di
vent’anni, o forse anche meno, offrono sufficienti garanzie di rivalutare in modo adeguato i
contributi dei lavoratori. Gli “investimenti di moda”, come gli absolute return, sarebbero,
invece, da evitare
15
.
Ma il punto che più degli altri sta animando il dibattito riguarda il monitoraggio
del rischio, a carico dei fondi pensione. L’obiettivo del Ministero è includere altri
strumenti d’analisi del rischio, oltre al benchmark. Per esempio il Value at Risk,
conosciuto meglio con il termine di VaR
16
, già utilizzato da alcuni fondi pensione e dai
gestioni patrimoniali. Ipotesi che ha destato la perplessità della Covip (Commissione di
Vigilanza sui Fondi Pensione) e di Assofondipensione, che rappresenta i fondi pensione
negoziali e le parti istitutive. Una perplessità che rischia di ostacolare la specificità del
risparmio previdenziale, che punta al lungo termine e mal si concilia con uno strumento
come il VaR, efficiente nel breve periodo. Altro dubbio riguarda l’onere della gestione del
rischio. Toccherebbe alla direzione del fondo, che si occupa però dell’asset allocation
strategica e demanda quella tattica ai gestori esterni cui affida un mandato. Non sarà
semplice, ma sarà indispensabile giungere ad una soluzione che concili gli interessi e le
posizioni delle varie parti coinvolte.
15
Intervista rilasciata da Massimo Greco a <<Plus24>>, supplemento de <<Il Sole 24 Ore>>, in data 26
aprile 2008.
16
Si discute se il VaR possa affiancare, se non, addirittura, sostituire del tutto l’uso del benchmark.
Sembrerebbero propendere per una soluzione positiva i gestori - che potranno così competere anche sulle
performance (invece che solo o quasi sul più basso livello commissionale da chiedere) -, Mefop e l’ex
sottosegretario del Welfare Alberto Brambilla. Viceversa la Covip propenderebbe per una soluzione negativa.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 12 CIMF
Altro tema scottante da risolvere riguarda il conflitto d’interessi tra fondi
pensione e banca depositaria
17
, ovvero l’istituto che vigila sulle società che gestiscono
l’attivo del fondo. La questione si è accesa dalla recente cessione ad Intesa Sanpaolo delle
attività di banca depositaria in precedenza svolte dalla Banca Monte dei Paschi di Siena
(Mps). Dopo questa operazione la quota del gruppo guidato da Corrado Passera (Intesa
SanPaolo) nel mercato delle banche depositarie è balzata al 57%, per un totale di 14 fondi
di categoria “controllati”, otto dei quali ereditati da Mps. Di questi, in otto casi si ravvisava
un conflitto d’interessi. Si tratta di fondi pensione che hanno selezionato una società di
gestione facente capo a Intesa SanPaolo e presso i quali lo stesso istituto svolge anche la
funzione di controllo. Nel lotto erano compresi i fondi Byblos, Fonte, Laborfonds, Prevedi,
Quadri e Capi Fiat, Previmoda, Previambiente e Priamo, che hanno dovuto risolvere la
scomoda situazione del conflitto d’interessi. E’ anche il caso di sottolineare che l’attuale
versione del DM 703/1996 non prevede l’obbligo di revoca automatica del mandato di
gestione in caso di sussistenza di rapporti di controllo tra il gestore e la banca depositaria.
Tuttavia, ai fondi pensione resta la facoltà di revocare il mandato di gestione, qualora si
ritenga che il conflitto possa compromettere una sana e prudente gestione dello stesso.
17
Per un maggior approfondimento sull’argomento si rinvia a A. MARINELLI, La “Banca Depositaria” e le
regole a tutela del risparmio nella previdenza complementare, articolo tratto da “http://www.cisl.it”, Roma,
11 settembre 2000, secondo cui le somme raccolte dai fondi pensione rimangono in deposito presso la banca
depositaria, che provvede ad effettuare le operazioni di compravendita relative all’attività di investimento del
fondo pensione, seguendo le disposizioni dei gestori finanziari. La banca depositaria, inoltre, verifica che le
operazioni effettuate siano conformi alla normativa vigente, ovvero al DM 703/1996 del Tesoro, e ad ogni
altra indicazione del fondo. Anche la scelta della banca depositaria deve basarsi su criteri di trasparenza,
avendo riguardo, in particolare, alla limitazione di eventuali conflitti di interessi. La banca depositaria non
deve, per esempio, appartenere alla società o al gruppo societario che fa capo ai gestori finanziari.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 13 CIMF
1.3 Le ragioni della riforma.
Le disposizioni vigenti in materia di limiti agli investimenti e conflitti d’interesse
per i fondi pensione sono contenute nel Decreto del Ministero del Tesoro del 21 novembre
1996, n. 703.
Poiché sono trascorsi quasi dodici anni dall’entrata in vigore di tale normativa,
appare doveroso procedere ad una sua revisione, per almeno tre ordini di ragione.
In primo luogo, il D. lgs del 6 febbraio 2007, n. 28, nel dare attuazione alla
Direttiva 2003/41/CE relativa alle attività e alla supervisione degli enti pensionistici
aziendali o professionali (c.d. direttiva Epap), ha modificato il D. lgs del 5 dicembre
2005, n. 252, ridefinendo i principi guida che il regolatore secondario deve seguire nella
definizione dei limiti agli investimenti e dei conflitti d’interesse. In particolare, l’art. 6,
comma 5-bis
18
, del D. lgs 252/2005 – denominato <<Regime delle prestazioni e modelli
gestionali>> - prevede ora che:
<<Con Decreto del Ministero dell’Economia e delle Finanze, di concerto con il Ministero
del Lavoro e della Previdenza Sociale, sentita la Covip, sono individuati:
(a) le attività nelle quali i fondi pensione possono investire le proprie disponibilità,
avendo presente il perseguimento dell’interesse degli iscritti, eventualmente
fissando limiti massimali di investimento qualora siano giustificati da un punto di
vista prudenziale;
(b) i criteri di investimento nelle varie categorie di valori mobiliari;
(c) le regole da osservare in materia di conflitti d’interesse tenendo conto delle
specificità dei fondi pensione e dei principi di cui alla Direttiva 2004/39/CE, alla
normativa comunitaria di esecuzione e a quella nazionale di recepimento>>.
18
Comma introdotto dall’articolo 1, comma 1, dello stesso D. lgs n. 28/2007.
- CAPITOLO 1- INTRODUZIONE, OBIETTIVI E STRUTTURA DELL’ELABORATO -
Simone Serafini Pagina 14 CIMF
Occorre quindi rivedere la disciplina del DM 703/1996 al fine di adeguarla a tali nuovi
principi e alle previsioni della direttiva Epap [Brambilla 2007; MEF 2008].
In secondo luogo, la più che decennale esperienza maturata nell’applicazione del
DM 703/1996 ha permesso di evidenziarne gli aspetti della normativa che potrebbero
essere migliorati.
In terzo luogo, la disciplina del DM 703/1996 richiede di un aggiornamento
dovuto al troppo tempo trascorso dalla sua emanazione, in modo da seguire l’evoluzione
dei mercati. Ad esempio, i limiti agli investimenti attualmente in vigore impediscono ai
fondi pensione di effettuare investimenti in alcune tipologie di strumenti finanziari
introdotti nel nostro ordinamento successivamente all’emanazione del DM in questione. Le
norme sui conflitti d’interesse, inoltre, potrebbero avvalersi delle nuove soluzioni adottate
nell’ambito della riforma del diritto societario e della Direttiva 39/2004/CE (c.d. MiFID) e
delle relative norme di attuazione. Il tutto tenendo presenti le migliori esperienze a livello
comunitario, al fine di fornire al nostro ordinamento un adeguato livello di competitività e
di protezione degli aderenti alle forme di previdenza complementare [MEF 2008].
In sintesi, possiamo affermare che l’impulso principale alla revisione della
normativa in vigore l’ha fornito il recepimento nel nostro ordinamento della Direttiva
2003/41/CE, nel cui ambito sono stati ridefiniti i principi a cui la regolamentazione
secondaria deve uniformarsi per disciplinare la materia in questione. L’evoluzione dei
mercati finanziari, l’ampliamento, mediante il passaggio ai fondi pluricomparto, del
ventaglio di scelte d’investimento per gli aderenti, la maggiore integrazione e maturazione
del settore della previdenza complementare alla quale, a seguito della riforma recata dal
Decreto 252/2005, sono destinati flussi sempre più consistenti di risorse, sono ulteriori
fattori che inducono a un ripensamento complessivo delle regole in essere [Covip 2008].