MARINA ABRAMOVIĆ
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ghiaccio che con il fuoco, e’ schiaffeggiata, percorre per molti giorni un
tragitto a piedi, e’ stritolata da diversi pitoni affamati, in uno stato di
disperazione mangia cipolle, sta in sella, immobile, ad un cavallo e tiene
un’asta con una bandiera per lunghe ore ed abita per dodici giorni senza
mangiare, parlare, scrivere, in uno spazio al pubblico, ecc. L’Abramović
sperimenta diversi stati psicologici, alcuni di loro in maniera naturale ed
altri sono il prodotto di alterazioni chimiche che l’artista introduce dentro
di se. Tra questi stati ci sono: l’annullamento dello stato conscio, purifica la
propria mente e scivola in uno stato di incoscienza, interpreta con il suo
partner di un tempo, Ulay, le dinamiche di un rapporto di coppia: vive la
paura e l’angoscia davanti al pericolo, alla minaccia della morte, medita la
completezza dell’uomo e della donna. Tramite uno scheletro contempla la
realtà della morte, esprime insoddisfazione verso gli stati d’animo.
Marina Abramović è un’artista con una grande forza carismatica, e sin
dall’inizio ha avuto dei «fans» che la seguono per il suo lavoro. È una
persona stimata dai grandi personaggi spirituali, tra questi il Dalai Lama
del Tibet. È riconosciuta a livello sociale e politico nel mondo europeo ed
americano. L’artista si caratterizza per la sua autenticità e originalità nelle
sue performances. La sua varietà espressiva si denota nella diversità dei
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temi trattati: l’artista in rapporto con il suo mondo corporale, con l’altro,
con il suo mondo interiore e con il mondo culturale, sociale e politico.
Secondo gli studiosi, per capire l’opera di Marina Abramović non si può
prescindere dalla sua personalità e più precisamente dalla sua persona.
L’artista è nata e cresciuta a Belgrado alla fine della seconda guerra
mondiale. In quell’epoca la città divenne la capitale dell’ex - Yugoslavia,
nonché il maggiore centro industriale. La Yugoslavia riconquistò la propria
indipendenza dopo la seconda guerra mondiale, grazie agli immensi sforzi
compiuti dai suoi partigiani, e nel 1945 salì al potere il Partito Comunista,
capeggiato da Josip Tito. Alla Bosnia-Erzegovina, al Montenegro e alla
Macedonia venne concesso lo status di repubbliche, la monarchia venne
abolita e la Yugoslavia diventò una repubblica federale. Durante la sua
presidenza, Tito adottò una buona strategia con le superpotenze, rimanendo
indipendente e non allineato né con l’Occidente né con l’Unione Sovietica
stalinista. Marina Abramović sente questa realtà politico – sociale ed
elabora alcune performances con una forte carica nazionalista, per esempio,
The Lips of Thomas, Communist Body – Capitalist Body, Balkan Baroque,
The Hero, Count on Us. Intanto negli Stati Uniti la realtà sociale e politica
era guidata da una filosofia che metteva al primo posto il corpo: si parlava
dell’uguaglianza dei sessi. Allo stesso tempo iniziava la Guerra Fredda
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come risposta all’Unione Sovietica. A livello economico, il mondo
sviluppava l’energia petrolifera, arricchendo l’industria moderna. Nel
mondo architettonico la deontologia si distingue per le diverse impostazioni
problematiche e per i diversi indirizzi, tra questi si possono distinguere: 1)
Il razionalismo formale che ha il suo centro in Francia e fa capo a Le
Corbusier; 2) Il razionalismo metodologico didattico, che ha il suo centro
in Germania nella Bauhaus, e fa capo W. Gropius; 3) Il razionalismo
ideologico, quello del Costruttivismo sovietico; 4) Il razionalismo
formalistico, quello del Neo – Plasticismo olandese; 5) Il razionalismo dei
paesi scandinavi, che ha il suo massimo esponente in A. Aalto; 6) Il
razionalismo organico americano, con la personalità dominante di F. L.
Wright.
Nell’arte, l’Espressionismo Astratto fu un movimento artistico
statunitense successivo alla seconda guerra mondiale. Fu il primo
fenomeno artistico tipicamente americano ad influenzare il resto del mondo
e contribuì a spostare radicalmente la capitale artistica da Parigi a New
York, e più in generale dall’Europa agli Stati Uniti d’America. Il New Deal
americano, che coincise con la diffusione delle dittature europee (il
fascismo in Italia, il nazismo in Germania e il franchismo in Spagna),
aveva favorito l’immigrazione degli artisti in fuga dall’Europa che
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portarono negli Stati Uniti cellule di ogni tendenza: Il Cubismo muralista
con Léger, il Dadaismo con Duchamp, Mondrian e Hans Hofmann,
l’Astrattismo con Albers, il Realismo con Grosz, il Razionalismo
architettonico con Mies Van der Rohe e soprattutto il Surrealismo, che
viene spesso considerato il più importante predecessore
dell’espressionismo astratto, grazie all'enfasi posta sulla creazione
spontanea, automatica o subcosciente. Il dripping (in inglese:
sgocciolatura) di Jackson Pollock, su una tela di canapa stesa sul
pavimento, è infatti una tecnica che ha le sue radici proprio nel lavoro di
Max Ernst. In aggiunta, il movimento possiede un’immagine di ribellione
anarchica, altamente ideologica e, secondo il pensiero di alcuni, piuttosto
nichilista. L’Abramović, riprende questi pensieri e, secondo gli studiosi,
fondamenta il suo pensiero filosofico mediante lo studio dell’austriaco
Ludwig Wittgenstein, che riconosce che tanto l’etica come l’estetica sono
la stessa cosa. Nelle performances dell’artista, l’estetica trova il primo
posto per quanto attraverso l’armonia, la bellezza e l’esecuzione lo
spettatore trova il senso etico, umanistico o formale, della prestazione.
Nell’Abramović, l’etica è espressa tramite l’estetica. Per esempio,
Communist Body – Capitalist Body, Pietà ed Anima Mundi, Dragon
Heads, Stromboli, 7 Easy Pieces, 8 Lessons on Emptiness with happy end.
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L’Abramović fa arte mediante la performance. Performance è un termine
della lingua inglese, a sua volta derivato dall'antico francese parformance,
che può avere diversi significati. Nel presente studio, si parla di
Performance Art, che è una corrente artistica sviluppatasi in Europa e negli
Stati Uniti d’America negli anni 1970, che presenta forti legami con altre
correnti artistiche, come la Body Art o la Land Art. La Performance
descrive uno stato di continua animazione in cui l’artista esamina il suo
ruolo profondo di produttore ed esecutore dell’arte. La Performance Art si
caratterizza di una costante provocazione allo spettatore, cercando di
suscitare in lui una sensibilità nel confronto della sua ideologia
1
. Il mio
lavoro sulla sua vita, la sua opera, la sua personalità, si articola in tre parti:
Nella prima parte, c’è un primo approccio alla biografia dell’artista; poi, il
sunto delle sue opere divise in quattro sotto gruppi: Le Origini (1965 –
1976) in cui l’artista realizza le sue prime prestazioni sfidando il proprio
corpo; Amsterdam: Marina Abramović e Ulay (1977-1989) nel quale, la
coppia, perfettamente affiatata sia sul piano ideologico sia sotto il profilo
estetico, darà vita ad una serie di performances incentrate sulla relazione
—————————
1
«Il lavoro di Marina Abramović si identifica con le performance. Per alcuni studiosi
la Performance Art è un’arte avanzata fortemente collegata con il sengno simbolico
verbale. In Marina Abramović, considerata la nonna della performance, le prestazioni
aggiungono dei suoni, delle fotografie e dei disegni che completano lo sviluppo
dell’opera». Cfr. ELFIE PAYER, Marina Abramović: Performancekunst zwischen Ritual
und Mythos, 31.
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delle loro azioni. Oltre alle performances, Abramović ed Ulay utilizzavano
il video, ma più in senso narrativo come «terzo occhio» che indaga, sceglie,
indugia e documenta avvenimenti, situazioni, atmosfere, create
dall’accostamento di oggetti, persone, natura e tutto questo veniva
dolcemente inseguito con una sensibilità e una misura tali da determinare
quello stile che verrà classificato dalla critica come narrative art; Self -
Portrait (1990-1996) in cui l’artista realizza le sue prime prestazioni
sfidando la propria mente; Le radici (1997-2008) nel quale l’artista
indirizza le sue performance al livello sociale politico culturale ed erotico.
In una seconda parte, sintetizzo il pensiero di quattro critici dell’artista:
Doris von Drathen, Lola Bonora, Erika Fischer-Lichte, Luigi Settembrini.
Un terzo ed ultimo punto, presento in una tabella le principali esposizioni
fatte per Marina Abramović.
Come dice l’artista: «Il nostro lavoro tratta dei nostri corpi e questo ci fa
pensare alla vitalità. Per spiegare l’Arte vitale pensiamo all’idea di moto
perpetuo; al contatto diretto; ad oltrepassare i limiti; a correre rischi. Il
contatto diretto con la gente, per esempio, ci dà nuove sensazioni circa i
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10
nostri corpi e modella la nostra vita quotidiana. E ci fornisce un modo
completamente nuovo di lavorare»
2
.
—————————
2
HELENA KONTOVÁ, «Marina Abramović - Ulay», 42.
I
VITA ED OPERE DI MARINA ABRAMOVIĆ
1.1 Biografia
Marina Abramović nasce a Belgrado in Serbia nel 1946, in un periodo di
grandi mutamenti storici per la sua terra
1
. La sua famiglia, infatti, partecipa
alla resistenza durante la seconda guerra mondiale: il padre e la madre sono
entrambi partigiani, e le loro figure segnano profondamente la sua identità
culturale ed artistica. Nella produzione dell’Abramović riaffiorano sovente
i diversi aspetti di un’eredità culturale eterogenea: i genitori sono
comunisti, combattenti e rappresentano in un certo senso lo spirito
rivoluzionario e innovativo che connota la produzione artistica
dell’Abramović negli anni successivi. Per contro nella sua espressività si
percepiscono anche elementi legati alla tradizione: è forse il retaggio,
questo, della presenza del nonno dell’Artista, un ecclesiastico ortodosso
2
.
Marina Abramović riceve una formazione artistica cui sicuramente
contribuì la madre, che dopo la guerra divenne direttrice del museo della
—————————
1
In un’intervista Marina Abramović diceva: «Si, mi sento un artista nomade: sono
nata a Belgrado, ma non sento di appartenere a nessuna nazione, ho perso
completamente questo tipo di sentimento». Cfr. MARINA ABRAMOVIĆ, «La forza nuda
della mia vita», intervista di Elena del Drago.
2
Il nonno di Marina Abramović era un patriarca della chiesa ortodossa serba. Dopo
la morte fu proclamato santo e tumulato nella chiesa S. Sava a Belgrado. Suo padre
Vojo fu un comandante acclamato come eroe nazionale dopo la guerra; sua madre
MARINA ABRAMOVIĆ
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rivoluzione e dell’arte a Belgrado. Iscrittasi nel 1965 all’Accademia di
Belle Arti di Belgrado, ricevette per i cinque anni successivi la prima
istruzione in campo artistico; perfezionò successivamente i suoi studi
all’Accademia di Belle Arti di Zagabria, tra il 1970 ed il 1972, passando
poi ad insegnare all’Accademia di Belle Arti di Novi Sad tra il 1973 ed il
1975
3
.
La sua espressione artistica è per il momento del tutto tradizionale:
comincia, infatti, come pittrice, ma amplia successivamente la sua
espressione, puntando su forme di manifestazione concettuale, elaborazioni
sonore e performances
4
. Proprio nel periodo di Novi Sad l’artista realizza
diverse performances intitolate Rhytm. Tese a sperimentare i limiti del suo
corpo e della sua mente: già nelle prime opere l’Abramović, con
l’affrontare il dolore, lo sfinimento in senso fisico e il pericolo. Usa il suo
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Danica fu maggiore nell’esercito e alla metà degli anni sessanta fu direttrice del Museo
della Rivoluzione e Arte in Belgrado.
3
Dall’inizio degli anni 70 Marina Abramović ha cominciato ad usare l’arte
performance come parte dell’arte visuale. Il suo corpo è il suo oggetto e soggetto delle
sue performances, diventando così tra i primi nella categoria del body art. Importante
nel suo lavoro è il connubio con l’artista tedesco Ulay con il quale realizzerà
performance forti e struggenti. I due chiamano la loro attività Art Vital.
4
In un’intervista Marina Abramović diceva: «Ho iniziato come pittrice e, quando ho
fatto la mia prima performance, ho scoperto due cose: l’energia che si produceva
nell’azione, e il fatto che il tempo è parte del lavoro. Nell’opera che non si crea davanti
al pubblico – una scultura, una fotografia, un quadro – la comunicazione è morta,
perché cattura un momento diverso da quello della visione». Cfr. MARINA ABRAMOVIĆ,
Intervista sul quotidiano Vecernje Novosti.
MARINA ABRAMOVIĆ
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stesso corpo come strumento per esprimere la sua arte: il fisico in sé è solo
il punto di partenza per l’analisi della trasformazione emotiva e spirituale.
In Rhytm 10, che risale al 1973, presenta tutti gli elementi essenziali
della sua arte, dal dolore alla carnalità, alla prova fisica estrema, alla
complessità di riflessione: qui, infatti, riprendendo il gioco della roulette
russa, l’artista colpisce con un coltello lo spazio tra le dita di una delle due
mani che è poggiata su un foglio di carta bianco posto sul pavimento,
l’azione è veloce, appena si ferisce, cambia il coltello e ricomincia, per
venti volte, poi ascolta la registrazione che ha fatto e ripete in modo
identico l’azione della prima parte, tagliandosi nei medesimi punti, infine si
alza e va via. In questa performance, dice l’Abramović, si ripete, nel
presente, gli errori del passato
5
.
Nei lavori successivi, il corpo è portato allo sfinimento, soggetto ad ogni
eccesso: in Freeing the Body (1975), si muove per otto ore consecutive al
ritmo di un tamburo africano fino a cadere per terra
6
. Mentre in The Lips of
Thomas (1975), dopo aver mangiato un chilo di miele (con un cucchiaio
d’argento) e bevuto un litro di vino in un bicchiere di cristallo, incide sul
suo stomaco una stella a cinque punte con una lametta, poi si sdraia su una
—————————
5
Cfr. MARINA ABRAMOVIĆ, The Biography of Biographies, 90.
6
«Mi avvolgo la testa in una sciarpa nera. Mi muovo al ritmo di un tamburo
africano. Mi muovo fino a quando sono completamente esausta. Cado». MARINA
ABRAMOVIĆ, The Biography of Biographies, 90.
MARINA ABRAMOVIĆ
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croce di ghiaccio, mentre il calore di una stufetta all’altezza dello stomaco
fa sanguinare la stella, rimane così fino a quando il pubblico non rimuove i
cubi di ghiaccio
7
.
Dei suoi primi lavori esistono esclusivamente scatti fotografici: solo
successivamente l’Abramović filmerà le sue performances per cogliere a
fondo la sua forza espressiva. Nel 1975, il Museo d’Arte Moderna di
Parigi, respinge la proposta della performance Warm/Cold per la presenza
dell’acqua nell’installazione, che prevedeva un letto di blocchi di ghiaccio
con sospese sopra cinque stufe per scaldare la testa, il petto, lo stomaco, il
pube e i piedi dell’artista distesa nuda
8
. Poco tempo prima la Galleria
Doma Omladine, in Yugoslavia, aveva sospeso un’esibizione in cui al
pubblico, man mano che entrava, gli era chiesto di togliersi gli abiti che
erano lavati, asciugati e stirati per poi essere riconsegnati all’uscita.
Nel 1975, Marina Abramović lascia la Yugoslavia e si trasferisce in
Olanda, ad Amsterdam, dove trova terreno fertile da un punto di vista
artistico: in questo periodo nasce il sodalizio con l’artista tedesco Uwe
—————————
7
«I miei primi lavori erano molto fisici, e nel tempo sono diventati sempre più
mentali. Mi interessa il lavoro che una durata, e le radici di questa ricerca risalgono agli
anni 70. Molti lo dimenticano perché oggi tutto è veloce, e anche l’arte corre
inseguendo il mondo. Nessuno ha tempo per nulla, e noi – in quanto artisti – dobbiamo
cogliere la mancanza di concentrazione e pensare in che modo produrre opere che
abbiano un tempo diverso, per portare al pubblico in questo tempo». Cfr. MARINA
ABRAMOVIĆ, Intervista sul quotidiano Vecernje Novisti.
MARINA ABRAMOVIĆ
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Laysiepen (noto come Ulay), che durerà per tutti gli anni ’80. Al 1977
risalgono Relation in Time, della durata di diciassette ore nello Studio G7
di Bologna, e Imponderalia. Lo stesso anno l’Abramović introduce
l’elemento animale in Three e progetta di mimare un suicidio
9
. I due
intraprendono una serie di viaggi nel Sahara, in Australia, nel deserto di
Gobi, e vivono con uno stile di vita che segue la loro visione
10
.
L’Abramović e Ulay affermano che la vera liberazione mentale e spirituale
può essere conseguita solo attraverso la deprivazione fisica e la
contemplazione: un’espressione di questa visione delle cose si ritrova in
un’opera dei due artisti, risalente alla metà degli anni 80: Nightsea
Crossing, in cui la coppia siede silenziosamente e senza espressione
facciale per un tempo lunghissimo. Arrivano fino a sedici giorni di questa
reciproca contemplazione.
—————————
8
La performance si identificava non solo col corpo dell’artista, col viso, colla sua
carne viva, ma diveniva un tratto della sua esistenza. Interminatamente protesta verso il
suo termine oltre il suo termine.
9
La performance con Ulay, il suo compagno, introduce rischio e l’imprevedibile. Il
processo energetico si fa dunque ancora più mobile. La similarità, lo specchio, lo
schermo, presuppongono l’ostacolo, il limite fisico e il limite imposto al fisico.
Presuppongono l’imponderabilità del messaggio virtuale. Cfr. MARKO ANTIC, Marina
Abramović, un mito occidentale, 15.
10
In un’intervista Marina Abramović diceva: «Viaggiare sin dall’inizio per me è
stato essenziale, certamente non sono l’unica, anzi oggi c’è un gran numero di artisti che
lavora viaggiando, che trae ispirazione dai viaggi. Però in questo mi sento una pioniera:
nell’83, per esempio, con Ulay realizzammo il primo lavoro “multiculturale”, ora così di
moda, facendo incontrare un medico aborigeno dell’Australia centrale e un lama
tibetano. Già allora tentavamo di trovare un punto di incontro tra oriente e occidente».
Cfr. MARINA ABRAMOVIĆ, «La forza nuda della mia vita», intervista di Elena del Drago.