Ben pochi argomenti hanno avuto tanto successo nella letteratura europea
quanto la materia arturiana. A partire dalla Historia Regum Britanniae di Goffre-
do di Monmouth, storiografia dell’Inghilterra redatta in latino, in parte reale e in
parte fantasiosa, e dal suo rifacimento in versi francesi ad opera di Wace, il Brut,
ma soprattutto dopo l’intervento di Chrétien de Troyes, il maggior poeta in lingua
d’oїl, che inserì nuovi personaggi, nuovi episodi, e, cosa più importante, una vi-
sione completamente nuova della corte di Re Artù, le leggende sulla Tavola Ro-
tonda sono state riproposte innumerevoli volte dal Medioevo sino ai giorni nostri,
ritagliandosi vari spazi nella poesia, nella prosa, nel teatro, nella musica e nel ci-
nema.
Se le prime opere, quelle medievali e più genuine, hanno contribuito via via
ad aggiungere dettagli alla leggenda espandendola sempre di più, come nei cicli
francesi del Lancelot-Graal e del Tristan en prose, e trovando poi una forma più
concisa ed unitaria in Inghilterra con la redazione di Le Morte Darthur di Sir
Thomas Malory, le versioni successive hanno tendenzialmente cercato di modifi-
care certi aspetti della sterminata tradizione, anche fra quelli più consolidati.
È in questo quadro che si inseriscono anche gli Idylls of the King di Lord Al-
fred Tennyson, che se da un lato si ispira apertamente all’opera di Malory soprac-
citata ed alla raccolta di racconti gallesi che va sotto il nome di Mabinogion,
dall’altro opera delle profonde modifiche interne che rendono gli Idylls un’opera
originale. La particolarità delle modifiche apportate da Tennyson sta nel fatto che
queste non sono arbitrarie come in gran parte degli altri autori; Tennyson tiene in-
variati, o quasi, gli esiti sia di ogni singolo episodio sia della vicenda generale,
modificando però le cause prime da cui essi scaturiscono. In tal modo il cambia-
mento rispetto alla tradizione non risulta radicale, ma ciò che subisce la trasfor-
mazione è il motore stesso dell’azione, che di solito è la relazione amorosa di Gi-
nevra e Lancillotto, anche in quelle vicende in cui in origine questa non aveva
nessun ruolo.
E tutte le scelte principali di Tennyson possono essere ricondotte a questo
disegno, in maniera più o meno diretta: la modifica del carattere dei personaggi; la
scelta di una caratterizzazione a dispetto di un’altra per le figure che, nella tradi-
2
zione, sono state ritratte in modi discordanti; l’omissione di episodi anche cruciali
rispetto alla fonte maloriana; i cambiamenti talvolta anche sottili e limitati a pic-
coli frangenti di una scena, e, cosa forse più evidente, la rivoluzione nella disposi-
zione temporale dei fatti. Infatti, anche se la struttura dell’opera somiglia più a
una raccolta di episodi che a una narrazione continua, e anche se le varie poesie
che la compongono sono state scritte in un ordine diverso da quello dell’edizione
finale, gli Idylls vanno letti così come l’autore ha deciso di proporceli in ultima
istanza, e non tanto per rispetto della scelta autoriale, quanto perché dallo sviluppo
dei rapporti dei personaggi ricorrenti (Ginevra, Lancillotto, Artù, Viviana, ecc.),
fra loro e con i personaggi minori, risulta evidente che all’ordine strutturale corri-
sponde un chiaro ordine cronologico
3
.
“The greatest of all poetical subjects”, diceva Tennyson della materia artu-
riana, e come poteva un poeta tanto ambizioso non cimentarsi con un argomento
tanto alto? Lo stesso Tennyson affermò di aver avuto la visione della figura di Ar-
tù, così come l’ha proposta negli Idylls, quando si è avvicinato a Malory in giova-
ne età
4
. Ed è senz’altro frutto dell’elaborazione dell’idea di uno spirito giovane e
carico di passione questo Artù così epico, così perfetto, estraneo alle debolezze at-
tribuitegli da Malory, incapace di sbagliare, certo non imputabile della caduta di
un impero.
È un Artù ben lontano non solo da quello di Malory, ma anche da quello di
Goffredo di Monmouth e di Lazamon. Si potrebbe infatti credere che il mancato
incesto con la sorella, poco importa che si chiami Morgawse, Anna o Bellicent,
sia soltanto il frutto di un ritorno alle origini: in entrambe le opere citate Modred è
solo il nipote di Artù, e non il figlio concepito con la sorella per errore. Ma in re-
altà non è così. Il sovrano con cui abbiamo a che fare negli Idylls è ben altro da
quell’antico eroe che, in preda all’ira, faceva impiccare i vecchi e i bambini del
3
J. M. Gray, Thro’ the Vision of the Night: A Study of Source, Evolution and Structure in Tenny-
son’s “Idylls of the King”, Edinburgh, University Press, 1980, p. 1.
4
A. Tennyson, Idylls of the King, edited by J.M. Gray, Harmondsworth, Penguin Classics, 1983,
p. 305. Tutti i rimandi e le citazioni delle poesie che compongono l’opera fanno riferimento a que-
sto volume.
3
popolo che lo aveva tradito. Per questo nuovo Artù uccidere il proprio suddito è
come uccidere una parte di sé
5
. Il sovrano degli Idylls non rivendica antichi diritti
ereditari su Roma, non invade altre nazioni per sete di potere: questo Artù rifiuta
di sottomettersi all’impero perché lo vede inadeguato al compito di difendere i cit-
tadini dai Pagani, e se combatte gli altri sovrani non lo fa né per la gloria o per se-
te di conquiste, come nelle opere più antiche, né semplicemente perché questo è il
suo destino, come accade in Malory, ed appunto non è un caso se, in The Coming
of Arthur, non vediamo alcuna spada nella roccia a designare il prescelto. Il nuovo
Artù combatte i sovrani suoi rivali per arrivare a quella posizione che gli consenti-
rà di “make men from beasts”
6
; ciò per cui lotterà tutta la vita, fallendo. Si tratta di
un Artù talmente puro che persino il dubbio della legittimità della sua nascita è
cancellato
7
: non viene concepito da un padre sotto mentite spoglie, grazie a un in-
cantesimo, mentre il marito della madre combatte e muore altrove. Qui il conce-
pimento avviene soltanto dopo che Uther ha ucciso Gorlois e sposato Ygerne, an-
che se con la forza e senza lasciarle il tempo di portare il lutto per la morte del
primo coniuge.
Certo non mancano i richiami alle due opere più antiche: il vescovo Dubric,
ad esempio, che nasce con Goffredo di Monmouth, ed alle sue parole di incita-
mento ai soldati, “Battetevi per la patria, dunque, e se doveste morire, in suo nome
sopportate di buon grado la vostra fine”
8
, fa eco il canto dei cavalieri in The Co-
ming of Arthur, “Strife for the King and die! And if thou diest, the King is King,
and ever wills the highest”
9
. O il fatto che la sorella di Artù abbia solo due figli,
Galvano e Modred (Gareth in Tennyson è un’aggiunta successiva), o ancora la
5
A. Tennyson, The Passing of Arthur, v. 72.
6
A. Tennyson, The Last Tournament, vv. 355-358.
7
D. Staines, Tennyson’s Camelot: “The Idylls of the King” and Its Medieval Sources, Waterloo,
Ontario, Wilfrid Lauriel University Press, 1982, p. 81. Tutti i richiami a questo testo fanno riferi-
mento a questa edizione.
8
Goffredo di Monmouth, Storia dei re di Britannia, a cura di Gabriella Agrati e Maria Letizia
Magini, Parma, Guanda, 1989, cap. IX:4, p. 199.
9
A. Tennyson, The Coming of Arthur, vv. 493-494.
4
consapevolezza del re, sin dall’ascesa al trono, che sarebbe tornato dall’isola di
Avalon dopo esservi stato portato morente.
Se nell’opera di Malory la caduta del regno era da considerare principalmen-
te come una punizione divina (“Marvel not, said Merlin, for it is God’s will your
body to be punished for your foul deeds”
10
) per l’incesto di Artù, senza cui
d’altronde Modred il traditore non sarebbe neppure nato (e non dimentichiamo
che in Le Morte Darthur il sovrano tenta di ovviare all’errore col crudele provve-
dimento di dare la morte a tutti i bambini nati a calendimaggio), qui Artù, redento-
re degli uomini, viene a sua volta redento dal proprio peccato, come lo sarà rispet-
to a tutti gli altri errori e pecche ad eccezione dell’ingenuità
11
, che gli impedisce
di sospettare l’adulterio della moglie col migliore dei suoi cavalieri. Sarà lui stes-
so a smentire uno stretto legame con Modred
12
, e a confessare a Ginevra di essere
stato vergine nella carne tranne che per lei
13
, togliendo così ogni rimando sia
all’incesto, sia ad altri episodi di infedeltà delle prose francesi.
Quello degli Idylls è un Artù che a noi italiani può ricordare piuttosto il Gof-
fredo della Gerusalemme Liberata: scelto da Dio per guidare il fiore della cavalle-
ria cristiana nella Sua missione (“the fire of God descends upon thee in the battle-
field”
14
, “the King in whom high God hath breathed a secret thing”
15
), costretto a
vedersela con un esercito di uomini prodi ma indisciplinati. Come Goffredo, Artù
riesce a mantenere saldo l’esercito per combattere gli Infedeli, e con una facilità
tale che il poeta non sente neppure il bisogno di mettere in scena le battaglie (Ma-
lory dedica loro cinque libri, Goffredo di Monmouth ne fa la parte principale della
propria opera, e Lazamon si dilunga sull’argomento per circa quattromila versi).
10
T. Malory, Le Mort Darthur, edited by Tom Griffith. Ware, Hertfordshire, Wordsworth Classics
of World Literature, 1996, I:XX, p. 32. Tutti i rimandi e le citazioni su quest’opera fanno riferi-
mento a questa edizione.
11
J. P. Eggers, King Arthur’s Laureate: A Study of Tennyson’s Idylls of the King, New York, New
York University Press, 1971, pp.11 e 31.
12
A. Tennyson, The Passing of Arthur, vv. 155-158.
13
A. Tennyson, Guinevere, v. 554.
14
A. Tennyson, The Coming of Arthur, vv. 127-128.
15
A. Tennyson, The Coming of Arthur, v. 500.
5
Al contrario del condottiero tassiano, però, Artù non è sciolto dal proprio compito
con la vittoria della guerra, e certo gestire un esercito votato alla gloria in tempo
di pace non è compito semplice. Le parole pronunciate in Goffredo e in Lazamon
da Cador, forte guerriero di Artù, secondo cui c’è bisogno di combattere per ri-
scattarsi dall’ozio e dalla pigrizia, trovano qui la conferma. I cavalieri si prendono
così il lusso di andare e venire a piacimento mentendo al sovrano, o intraprenden-
do missioni non autorizzate come quella del Graal
16
, dove peraltro Artù viene an-
cora una volta affrancato da ogni responsabilità, trovandosi assente al momento
del giuramento dei cavalieri (“Had I been here, ye had not sworn the vow”
17
), al-
lorché in Malory era presente ma incapace di imporsi.
Ma Artù non è il solo personaggio ad essere assolto da ogni pecca. Con lui
anche l’altro protagonista, il simbolo della cavalleria, il prediletto del re ed il mo-
dello per ogni altro cavaliere, Lancillotto. Lancillotto però non è fortunato quanto
il re, poiché se la colpa principale di quest’ultimo viene cancellata, lo stesso non si
può dire della sua, che diviene la causa prima di ogni male del regno di Camelot,
proprio in virtù del suo ruolo di modello da imitare.
Non sono rare tuttavia le volte che Tennyson ci mostra Lancillotto più come
una vittima di Ginevra che non come il suo complice nell’adulterio
18
. La fin’amor
dei trovatori è qui riprodotta in maniera esemplare, e se Ginevra da un lato è la
dama altera e orgogliosa, dall’altro Lancillotto si strugge non soltanto per i ca-
pricci di lei, ma anche perché lui è ben consapevole degli effetti del proprio cri-
mine. Così, mentre Ginevra se ne rende davvero conto solo quando è ormai troppo
tardi per porvi rimedio, Lancillotto si tormenta per anni, con gli effetti del dolore
ben visibili sulla sua pelle, fino ad arrivare alla pazzia durante la ricerca del Sacro
Graal.
16
J. Solimine Jr., “The Idylls of the King: The Rise, Decline, and Fall of the State”, The Personal-
ist, 50, 1969, pp. 107-109.
17
A. Tennyson, The Holy Grail, v. 277.
18
G. Rusticali, Da Enid a Guinevere: Le storie arturiane di Tennyson, Roma, Carocci editore,
2004, p.194. Tutti i richiami a questo testo fanno riferimento a questa edizione.
6
Tolto il tradimento verso Artù, che rimane comunque sempre accompagnato
da un profondo pentimento, fattore non trascurabile nella morale cristiana di cui
invece in Malory non c’era neanche l’ombra, Lancillotto è qui un cavaliere senza
macchia: manca la notte d’amore con la figlia di re Pelles/Pellam, in cui veniva
concepito Galahad, ed al suo posto Tennyson inserisce la vicenda di un’altra Elai-
ne, quella di Astolat, che in origine avveniva solo successivamente. È soltanto con
questa Elaine, non con l’altra, che il poeta poteva mostrare la rettitudine morale
del cavaliere, seppure nella fonte il rapporto con la madre di Galahad avvenisse
puramente a causa di un inganno perpetrato ai danni di lui
19
. E come nel caso di
Artù è apertamente smentita la paternità di Modred, così la parentela di Lancillot-
to e Galahad è esplicitamente attribuita dalle parole di Percivale ad uno dei tanti
rumours di cui risuona la corte di Artù, espediente grazie al quale sono purificati
sia Lancillotto da una seconda relazione illecita, sia Galahad dall’onta del legame
con un tale peccatore
20
. Come se non bastasse, talmente si vuol rendere innocente
Lancillotto, che persino un dettaglio come l’idea di indossare la manica di Elaine
al torneo per non essere riconosciuto, scelta che farà scattare l’ira e la gelosia di
Ginevra, non è più attribuita a lui, ma alla fanciulla, mentre il cavaliere si limita a
riconoscerne passivamente l’acutezza
21
. Infine, la pazzia di Lancillotto a cui Ten-
nyson accenna in The Holy Grail soltanto come a “his former madness, once the
talk and scandal of our Table”
22
, nel romanzo di Malory era nata nientemeno che
dal rimprovero di Ginevra in seguito alla scoperta di essere stata tradita con Elai-
ne. Ma qui Lancillotto non può avere altri nei, e la causa della sua follia viene ta-
ciuta; anzi, dati i precedenti, siamo piuttosto portati ad attribuirla al suo senso di
colpa ed a provarne compassione.
Di Lancillotto ci stupisce anche la modestia, del tutto nuova, che unita al suo
amore per Artù lo porta ad elevare il sovrano e dire che il proprio valore non è al-
tro che un pallido riflesso del suo. Ma le sue parole non bastano ad evitare il co-
19
T. Malory, Le Mort Darthur, XI:II, pp. 524-525.
20
D. Staines, Tennyson’s Camelot: “The Idylls of the King” and Its Medieval Sources, cit., p. 71.
21
A. Tennyson, Lancelot and Elaine, vv. 364-369.
22
A. Tennyson, The Holy Grail, vv. 646-647.
7
stante confronto fra i due pilastri del regno di Camelot, ed ecco che i due vengono
paragonati di continuo da vari personaggi, fra cui Ginevra, Percivale, Elaine e i
suoi familiari, nonché dai fatti, come quando in The Last Tournament li vediamo a
distanza parimenti incapaci di gestire l’ordine in un regno che è ormai prossimo al
collasso.
Dopo la morte di Tristano, quella di Elaine di Astolat e la ricerca del Graal
già avvenute, memore della leggenda il lettore sa che la morte di Artù si avvicina.
Quel lettore che, specie in ragione di questo continuo confronto indiretto, aspetta
con ansia il climax in un idillio sulla guerra fra Artù e Lancillotto, rimane poi de-
luso dal salto temporale che lo porta direttamente all’immagine di Ginevra in abi-
to religioso che si pente del proprio peccato, e se si aspetta che, come in tutti gli
altri idilli, l’analessi lo porti nel vivo dell’azione, vedrà che per il poeta l’episodio
essenziale non è la battaglia, ma il momento in cui i due amanti vengono colti in
fragrante da Modred.
Così facendo, Tennyson tralascia uno degli episodi fondamentali della mate-
ria arturiana, che sebbene fosse assente nelle opere originarie aveva assunto un
ruolo cruciale dopo, sostituendosi cronologicamente alla guerra contro Roma e
mutando i rapporti fra Modred e Ginevra. Ma omettere questo passaggio non ser-
ve soltanto a frustrare le aspettative e i desideri dei lettori: quanto accade a questo
punto della storia in Le Mort Darthur è in netto contrasto con ciò che è stato mo-
strato finora negli Idylls, poiché sia Artù che Lancillotto compiono in questo fran-
gente azioni di cui non possono andar fieri, ed Artù si dimostra privo di autorità,
succube di Galvano ed inferiore a Lancillotto sul campo di battaglia. Ma soprat-
tutto i fatti che accadono in questo frangente metterebbero in secondo piano il
ruolo giocato nel crollo del regno dal tradimento di Ginevra
23
, che Tennyson ci
vuole invece mostrare come la vera causa di ogni male.
Gli avvenimenti mancanti sono quelli del libro XX dell’opera di Malory: in
questo libro, dopo che Modred ha colto sul fatto la coppia di amanti, Lancillotto
riesce a fuggire, mentre Ginevra è condannata al rogo da re Artù. Noncurante del-
23
Phillips, Catherine. “"Charades from the Middle Ages"? Tennyson's Idylls of the King and the
Chivalric Code”, Victorian Poetry, XL, 3, 2002, p. 249.
8