4
reparti di Servizi Speciali, all’interno della Decima M.A.S., della G.N.R., delle Brigate
Nere, per la lotta contro i partigiani. Tutti, tranne Remigio Rebez. Egli, addetto all’ufficio
inquisitorio del capitano Ruggiero in Palmanova, non era il comandante, ma l’esecutore
materiale, assieme ai suoi complici, delle torture inferte ai partigiani ed ai civili catturati.
Dai carteggi consultati presso l’Archivio di Stato di Udine, inerenti al processo compiuto
contro la banda criminale, è emersa la figura del sergente della Decima M.A.S. quale
seviziatore ed assassino di decine di partigiani. Egli era il “boia di Palmanova”.
5
6
Introduzione. L’invasione dell’Italia
I. Prima dell’armistizio: dal 25 luglio all’8 settembre 1943.
e residue forze dell’Asse avevano capitolato in Tunisia il 13 maggio ’43,
lasciando vulnerabili le coste meridionali dell’Italia ad un eventuale
sbarco alleato. L’Oberkommando der Wehrmacht/
Wehrmachtführungsstab (comando supremo forze armate/comando operativo),
1
nella persona del Generaloberst (generale d’armata) Alfred Jodl, consapevole
dell’intrinseca debolezza delle armate italiane, della velata disponibilità dell’Italia
ad uscire dalla guerra e della forte disaffezione della popolazione per il conflitto,
aveva da subito elaborato i preparativi per un piano (“Fall Alarich”, piano Alarico)
operativo di: disarmo completo del Regio Esercito, occupazione del paese e difesa
dell’Italia settentrionale da possibili operazioni alleate attraverso l’occupazione e la
protezione delle vie di comunicazione stradali e ferroviarie tra l’Italia e la
Germania.
All’interno del “Fall Alarich”, furono create due operazioni, il “Fall
Kopenhagen”, pertinente la presa dei passi alpini al confine francese e la protezione
delle vie di comunicazione, il “Fall Siegfried” per l’occupazione dei territori
francesi meridionali occupati dalle truppe italiane ed il “Fall Konstantin” per il
presidio delle zone balcaniche conquistate dall'Italia.
Il piano era pronto per il 14 luglio, quattro giorni prima era iniziati gli sbarchi
Alleati in Sicilia. Nello stesso tempo i tedeschi rafforzarono la loro presenza sul
territorio, nonostante la forte opposizione di Mussolini: mentre verso maggio
esistevano solo tre “divisioni” della Wehrmacht, sopravvissute alla resa in terra
tunisina, alla fine del mese di luglio risultavano efficienti ben sette divisioni
corazzate (16., 26. ed “Hermann Göring” Panzer Division, 3.,15.,29. e 90. Panzer
Grenadieren Division), due divisioni di paracadutisti di cui la seconda in arrivo (1.,
2. Fallschirm Jäger Division), e una brigata motorizzata delle Waffen SS
(sturmbrigade “Reichsfürer- SS”), di cui alcune impegnate nei combattimenti
1
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, p. 13. Coadiuvato
dall’Arbeitsstab Rommel, gruppo di lavoro Rommel, creato da Hitler il 18 maggio per le spiccate
doti della “volpe del deserto” di operatività in situazioni particolarmente difficili.
L
7
durante lo sbarco alleato del 10 luglio in Sicilia, al comando dell’Oberbefehlshaber
Süd (comandante supremo del settore sud) Feldmarschall Albert Kesselring.
2
L’esito positivo dell’incontro avvenuto a Feltre il 19 luglio con Mussolini
tranquillizzò momentaneamente Hitler, egli, infatti, decise il temporaneo
accantonamento del piano Alarico, ma non appena venne messo al corrente della
destituzione del suo collega italiano, si affrettò a dare i primi ordini per l’attuazione
del “piano Achse”, nato dall’unione del “piano Alarico” col piano “Konstantin”,
attraverso l’inizio dei preparativi per l’invasione dell’Italia in prospettiva di un
possibile sganciamento dal conflitto del governo del generale Badoglio.
3
Il comando del gruppo d’armate B, guidato da Erwin Rommel, aveva ricevuto
l’ordine perentorio di dare il via alle manovre di avvicinamento delle truppe al
confine italiano, mobilitando divisioni al confine sud occidentale francese, al
confine nord del Brennero ed al confine orientale; nel frattempo al Sud le armate
Alleate costringevano Palermo alla resa il 22 luglio, dopo pesanti bombardamenti.
Il 1° ed il 2 agosto fecero il loro ingresso in Italia le prime divisioni della
Wehrmacht e delle SS che andarono a dislocarsi alle frontiere, ufficialmente in
azione d’affiancamento e sostegno al Regio Esercito, oppure direttamente in
prossimità degli Appennini emiliani.
4
Questi movimenti allarmarono molto il
Comando Supremo, che vibrò feroci proteste all’alleato tedesco, il quale si limitò a
sostenere che quelle formazioni sarebbero state utilizzate per un’efficace difesa
della penisola, proteggendola da altri eventuali sbarchi.
Gli italiani dovettero accettare il fatto compiuto, ma s’insospettirono di nuovo
allorché l’arrivo di queste nuove divisioni non venne preventivamente annunciato
dal Comando delle Wehrmacht, e la loro dislocazione non era il Sud per arrestare
l’avanzata alleata, bensì le zone attigue a Roma, agli Appennini, all’Emilia. Si
instaurò così la convinzione, dopo i colloqui di Tarvisio del 6 agosto fra il ministro
degli esteri von Ribbentropp, il capo di Stato maggiore della Wehrmacht Keitel ed i
corrispettivi italiani Guariglia e Ambrosio, che ai tedeschi non interessasse
2
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, p. 14.
3
L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia. 1943-45, Torino, Bollati Boringhieri, 1996, pp.
28- 29.
4
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, pp. 15- 16. Dal
confine italo francese: 76.Inf. Div. dislocata fra Genova e Savona, seguita dalle 305. e 94. Inf. Div.
allocate rispettivamente in Liguria e Lombardia al comando del LXXXVII Armee Korps del Gen.
Inf. Gustav Adolf von Zangen; dal Brennero e Tarvisio: Kampfgruppe Feuerstein, 44. Inf. Div.; 1.
Panz. Gren. Div. “Leibstandarde SS- Adolf Hitler” in direzione Parma- Reggio, 65. Inf. Div. e 24.
Inf. Div. verso Ravenna- Rimini- Modena seguiti a metà del mese dal General Komm. II.SS Panzer
Korps che ne prese il comando. Dislocamento al 4 agosto a Villach della 71.Inf.Div.
8
difendere l’Italia, ma utilizzarla come roccaforte protettiva dei propri confini e
razziarne ogni tipo di bene, economico ed umano, per i fini del Reich. Per di più
forte era il timore di un’azione militare per rovesciare l’amministrazione Badoglio
con un golpe.
La sera stessa del 6 agosto due divisioni di Alpini, la “Tridentina” e la
“Cuneense”, si attestarono al Brennero a protezione della ferrovia, intimando il
trasferimento a sud alla 44. Inf.Div. tedesca, giunta sul posto il 1° agosto, che
comunque non eseguì l’ordine di evacuazione. Per tutta risposta, Hitler predispose
per il giorno seguente l’occupazione dei salienti sui passi del Brennero e del valico
di Tarvisio per consentirne un efficace controllo, al fine di eludere eventuali
sabotaggi o blocchi da parte italiana.
Al confine orientale in ogni valico confinario furono inviate dunque reparti della
71. Inf.Div. e della Brigade Doehla, dal nome del suo Generralleutnant (generale di
divisione), composta da elementi dell’Ersatzheer (esercito di riserva) e del
Reichsführer- SS (reparti scuola delle SS/ Polizie delle Waffen SS).
Di quest’ultima formazione faceva parte pure l’SS Karstwehr Bataillon
(battaglione di difesa carsica, primo nucleo della seguente SS- Gebirgs Karstjäger
Division), formazione molto importante in quanto rimase e operò nella nostra
regione fino al termine del conflitto. Fu creata il 10 luglio del 1942 a Dachau per
ordine del Reichsführer SS (comandante supremo delle SS) Heinrich Himmler con
l’originario nome di SS Karstwehr Kompanie, al cui comando fu posto l’SS
Sturmbannführer (maggiore) Dr. Hans Brand, geologo di fama specializzato in
speleologia. Il suo addestramento, effettuato nella zona di Pottenstein in Baviera,
permetteva il combattimento in zone carsiche e ricche di grotte, presenti sia in
Russia meridionale che nei Balcani.
5
Le unità del Regio Esercito presenti nello stesso momento al confine orientale
comprendevano l’8.^ Armata del generale Italo Gariboldi con sede a Padova, e la
2.^ Armata del gen. Mario Robotti con sede a Susak (sobborgo di Fiume) a guardia
di una fascia di territorio che da Tarvisio defluiva sino alla costa dalmata. Il 15
agosto si tenne a Bologna un ulteriore incontro fra due delegazioni militari: i
tedeschi presentavano il gen. Jodl e il Feldmarschall Rommel, gli italiani
presenziavano con il generale Roatta, capo di Stato Maggiore dell’Esercito, ed il
gen. Rossi. Dai colloqui non emerse nulla di rilevante riguardo alla difesa congiunta
5
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, pp. 24- 25.
9
delle vie di comunicazione e dei presidi vitali, a parte le spiegazioni reciproche
riguardanti le strategie per la salvaguardia della penisola e le difficoltà di
dislocamento delle truppe nelle zone operative. La discussione servì comunque ai
tedeschi per confermare i loro sospetti sulla dubbia lealtà dei loro alleati e sulla
tangibile possibilità di un loro patto con le forze angloamericane.
Il giorno seguente Hitler ordinò all’Heersgruppe B di Rommel di trasferirsi in
Italia (a Garda) ed assumere il controllo su tutte le unità tedesche dell’esercito e
delle Waffen SS nel Nord. L’entrata in Italia delle truppe teutoniche era ormai
imminente, anche perché i rapporti fra i due eserciti stavano diventando
particolarmente tesi.
Fra il 23 ed il 24 agosto un attacco partigiano a Bazovica, nei pressi di Lubiana,
causò il deragliamento di un treno che dislocava reparti della 24. Panzer Division.
Questo incidente servì a Berlino come pretesto per poter rinforzare dal 26 agosto le
linee di comunicazione in territorio italiano con la 71. Inf. Div. d’istanza al confine
carinziano. Il 26 stesso all’alba l’ordine fu eseguito oltrepassando i valichi di
Tarvisio, Piedicolle, Lubiana.
6
Le operazioni riuscirono non senza registrare le proteste del Comando Supremo
italiano. I tedeschi definivano “nervosi” i loro alleati, poiché non avevano ricevuto
nessun ordine in merito alle suddette iniziative, giungendo alla minaccia di
utilizzare la forza per fermare l’avanzata. Intervenne Badoglio, il giorno seguente,
ordinando di lasciar transitare liberamente i tedeschi, ma di fermarli con
sbarramenti a Camporosso, Postumia, val Baccia. Nonostante ciò l’infiltrazione
tedesca continuò senza sosta, arrivando a presidiare una linea che da Gemona
scendeva fino a Gorizia e Villa Opicina.
L’arrendevolezza del Comando Supremo italiano fu dovuta alle erronee
interpretazioni delle intercettazioni dei messaggi tedeschi, ma fu in parte scusata dal
fatto che quest’ultimi misero in moto un abile piano di disinformazione che asseriva
il dislocamento ai confini di ingenti divisioni dell’esercito germanico, operato che
intimidì notevolmente i comandi del Regio Esercito.
La tensione italiana era palpabile: reparti della divisione “Julia”, reduci dalla
Russia, il 30 ed il 31 agosto spararono contro avanguardie tedesche in
perlustrazione ad Amaro.
7
Entro la fine d’agosto le truppe germaniche in Italia
settentrionale ammontavano a quattro Corpi d’Armata con otto divisioni e una
6
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, pp. 32- 33.
7
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, p. 37.
10
brigata. Ignorando che gli italiani stessero tessendo forti contatti con le Nazioni
Unite, i tedeschi con brutale egoismo ne occuparono il territorio, evacuando
sostanzialmente il Sud dagli armamenti e dai macchinari.
8
I comandi, consapevoli del gran pericolo che rappresentava la presenza tedesca
sul nostro territorio e della possibilità di un colpo di mano per destituire il governo
Badoglio, emanarono diverse direttive per rinforzare la protezione delle
infrastrutture, per la vigilanza onde scongiurare eventuali sorprese da parte tedesca
effettuando controlli sulle truppe “nemiche”, al fine di organizzare eventuali azioni
contro di esse. Un’ulteriore prescrizione di ordine pubblico predisponeva inoltre
piani per impedire alle truppe di Berlino di impadronirsi di postazioni tenute dagli
italiani e la distruzione di truppe isolate come la 71.Inf.Div (Memoria 44/O.P.).
La questione principale che in seguito causò lo sfacelo delle milizie fu la
mancata comunicazione dell’imminente notizia dell’armistizio con gli Alleati, allo
scopo di impedire eventuali fughe di notizie. Tutto ciò ebbe un effetto deleterio
sulle forze armate italiane, duramente provate sul piano morale dalle continue
sconfitte, congiuntamente al ritardo dell’emanazione delle direttive sopra citate e
alla dissoluzione dei comandi nelle ore susseguenti all’annuncio. Per spiegare cosa
accadde è giusto soffermarsi su questo fatto: il generale Gambara, comandante
dell’XI.° Corpo d’Armata, fu convocato a Roma dove ricevette da Roatta il 5
settembre ordini (che per essere attuati richiedevano diversi giorni) per la
costituzione di un raggruppamento mobile formato da 10 divisioni, schierato fra
l’Isonzo e Lubiana a difesa di un’eventuale aggressione dell’alleato tedesco.
Gambara dovette attendere fino al pomeriggio dell’8 settembre per ottenere ordini
scritti dal generale Ambrosio, partendo così alla volta di Susak per informare
Gariboldi e Robotti. La notizia dell’armistizio lo colse quando era ancora in viaggio
fra Roma e Padova.
9
8
L. Klinkhammer, L’occupazione tedesca in Italia.1943-45, Torino, Bollati Boringhieri, 1996, p. 32.
9
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, p. 39.
11
II. Dopo l’8 settembre nell’Italia Nord Orientale.
l 30 agosto un nuovo ordine operativo tedesco dava all’interno del “piano
Achse”, priorità assoluta al disarmo dell’Esercito Regio, al rafforzamento
difensivo dei passi alpini e appenninici, alla pacificazione dell’Italia
settentrionale con l’ausilio delle organizzazioni fasciste, all’occupazione delle
regioni nord orientali e delle città portuali di Genova, La Spezia, Livorno, Trieste,
Fiume, Pola (il terzo porto militare all’epoca).
I primi scontri si ebbero la sera stessa dell’8 settembre, non appena le truppe
germaniche iniziarono ad attaccare e disarmare le passive forze italiane. Badoglio
ed Ambrosio, al fine di evitare spargimenti di sangue, decisero di non provocare
l’esercito di Berlino sperando che si ritirasse oltre confine. Ma non fu così.
A Tarvisio all’alba del 9 settembre si ebbero i primi morti italiani nel momento
in cui, all’ordine della resa alla caserma “Italia”, si generò uno scontro armato fra
l’SS Karstwehr Btl. ed i soldati del generale Giovanni Jon, che causò 29 morti fra
gli italiani e 16 fra i germanici.
Verso il 10 settembre le truppe tedesche avanzarono inesorabilmente fino a
lambire gli abitati periferici di Gorizia, qui fermati da regolari truppe italiane a
Salcano al comando del gen. Malaguti, e di Udine, mentre Trieste era pressoché in
mano tedesca: il comandante Ferrero aveva abbandonato la città senza dare
disposizioni ed il suo posto fu preso dal generale Giovanni Esposito della difesa
territoriale, al fine momentaneo di mantenere l’ordine in città.
I partigiani, in piena fase organizzativa, iniziarono tempestivamente le loro
opere di sabotaggio ferroviario, infiltrazione e occupazione di centri abitati
(Gorizia). L’11 settembre Monfalcone fu occupata dalla Wehrmacht, il 12 fu la
volta di Pola e Gorizia, quest’ultima conquistata in principio dai patrioti ed in
seguito recuperata da truppe tedesche coadiuvate da reparti italiani,
10
mentre le
prime avanguardie germaniche raggiunsero Udine nella notte fra l’11 ed il 12
settembre. A Fiume, unica città in cui esistevano ancora dei reparti italiani
efficienti, le forze tedesche riuscirono ad entrare solo il 14 a causa della resistenza
concretizzata dai partigiani jugoslavi.
10
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, p. 53: “…i
combattimenti in città erano cessati ed i partigiani si erano ritirati sulle alture circostanti […] da dove
continuavano ad impegnare le forze tedesche ed italiane […] Il giorno stesso si registrarono scontri
ad est e sud est della città, nonché numerose interruzioni stradali e ferroviarie e distruzioni di ponti.
Un treno blindato italiano […] riutilizzato dalla 71. Inf. Div. venne fatto deragliare…”
I
12
Nel frattempo il generale Licurgo Zannini, comandante del XXIV.° Corpo
d’Armata di Udine, preoccupato per la precaria situazione di Gorizia, grazie ad un
accordo con l’Oberst (colonnello) Krancke voluto perché ristabilisse il controllo
sulla città isontina,
11
impegnandosi ad inviare rinforzi italiani (che alla fine
dell’operazione furono puntualmente disarmati e inviati alla prigionia), aveva
permesso il passaggio di reparti tedeschi provenienti da Gemona attraverso il blocco
di Magnano in Riviera, mentre per quanto concerne il capoluogo friulano concordò
che i reparti italiani presenti in città non fossero disarmati ma che continuassero a
garantire l’ordine e la protezione delle infrastrutture industriali principali e delle
opere pubbliche.
Durante la giornata del 12 settembre sopraggiunse sempre a Udine la 44. Inf.
Div. motorizzata, comandata dal Rittmeister (capitano di cavalleria) Kwisda, il
quale prese contatto con la 71. Inf. Div. già presente sul posto. Nonostante gli
accordi precedentemente stipulati tra il generale Zannini e il colonnello Krancke, il
capitano dichiarò prigioniero tutto il comando del XXIV.° Corpo d’Armata e
procedette al disarmo delle truppe della zona, nonché dei presidi di Casarsa, Rivolto
e Codroipo, mentre nei giorni susseguenti le truppe tedesche avanzarono verso la
bassa friulana, entrando a Palmanova il 16 settembre 1943.
Reparti di irregolari partigiani presidiavano già in quei giorni le aree, come già
menzionato, del Goriziano e dei colli limitrofi mentre truppe di cittadini, operai e
sbandati resistevano nella città di Monfalcone ancora al 20 settembre. A Udine il
cap. Kwisda divise la provincia in due zone di competenza: la zona di Cividale,
Tolmezzo, Pontebba, Tarvisio, Plezzo al comando del maggiore Bredenförder
alloggiato a Moggio Udinese, il resto della provincia sotto il suo stretto controllo,
rimanendo d’istanza nel capoluogo friulano.
Da quel momento il comando tedesco iniziò l’ammasso delle forze nella zona,
per iniziare dal 25 settembre i rastrellamenti, dopo che vaste aree nelle regioni
dell’alto Isonzo erano cadute sotto il controllo dei partigiani le cui fila si andavano
lentamente ad ingrossare grazie ai militari scampati all’internamento o a nuclei di
cittadini di forti sentimenti antitedeschi ed antifascisti.
12
Già il 19 settembre
11
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, p. 49. Krancke fu
ferito durante i combattimenti, lasciò il posto al major Bredenförder. Il comando della zona venne in
seguito preso dall’Oberst Scharenberg.
12
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, p. 105
13
l’OKW, in un comunicato, affermava che “contro i componenti delle bande si deve
agire senza pietà”.
Le prime tre operazioni antipartigiane del 25 settembre-10 ottobre ’43 nelle
zone di Gorizia- Selva di Tarnova- Fiume- Istria, secondo fonti tedesche, causarono
la morte di 4.893 persone e la cattura di altre 6.877. Le altre si protrassero fino alla
fine del 1943, toccando tutte le zone che da Tarvisio scendevano verso le valli del
Natisone (Unternehmen Felix, con la 162. Turkestanisches Infantrie Division e
l’Infantrie Regiment 314 fino al Monte Matajur), Tolmino, Plezzo, Caporetto, Saga,
Gorizia, Lubiana, Sezana.
Nella relazione finale della 162. Turk. Inf. Div., sostituita nella zona dalla 188.
Gebirgs Division, si poteva leggere: “…nella zona a nord est di Udine […] era in
via di costituzione un vero e proprio territorio di bande sotto comando unitario.”.
13
Gli Alleati nel frattempo venivano bloccati sul fronte di Cassino fino al maggio ’44,
abbandonando così l’intera Italia Settentrionale in potere dell’alleato occupatore che
vi creò un apparato amministrativo militare a somiglianza del Reich.
13
S. Di Giusto, Operationszone Adriatisches Küstenland, Udine, IFSML, 2005, p. 115