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realtà. Richard aveva paura degli altri bambini al punto di non
frequentare più la scuola.
La funzione della nevrosi infantile è, per Klein, “… sia di dare
sfogo alle angosce psicotiche primitive sia di elaborarle …”
(1958, trad. it. 1978, 546). Quando tali angosce vengono “…
ridotte radicalmente …” (ibidem, 481) entro i cinque anni circa,
la fase di latenza può instaurarsi, cosa che non avvenne in
Richard.
Ella riesce, attraverso un’opera di interpretazione su quanto
emerge nelle sedute, a ridurre le angosce, rivolgendo l’attenzione
alle varie paure del piccolo. Questo perché “Una caratteristica
della nevrosi infantile è costituita dalle prime fobie, che appaiono
… nel corso del primo anno di vita e, cambiando di forma e
contenuto, si presentano e ripresentano durante tutti gli anni
dell’infanzia …” (1952, trad. it. 1978, 484).
Il breve periodo di analisi non consentì una risoluzione piena
delle problematiche del bambino, che tuttavia, e per stessa
ammissione di Richard, ebbe un miglioramento rilevante: “…
less worried … less fear of children … ready to have some
schooling …” (1998, 446) (“… meno preoccupato … meno
paura dei bambini … pronto a ricevere una qualche istruzione
scolastica …).
Anna Freud segna un punto di svolta importante nello studio
della nevrosi infantile. Grazie a osservazioni effettuate su
campioni molto numerosi di bambini, ella è in grado di
affermare, a differenza del padre, che la nevrosi dell’infanzia non
necessariamente costituisce il prototipo di quella dell’adulto.
Due sono le scoperte principali al riguardo che ella evidenzia:
a) mentre in un adulto il sintomo nevrotico è solitamente parte di
una struttura di personalità di quel tipo, appunto nevrotica, in un
bambino sintomi nevrotici possono coesistere con tratti di
personalità di natura differente; è il caso di sintomi ossessivi ben
definiti, come i rituali del coricarsi o le coazioni a contare, che si
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possono riscontrare in personalità isteriche, quindi in bambini
agitati, impulsivi;
b) un determinato tipo di nevrosi infantile può non essere
precursore della stessa nevrosi nell’adulto; ad esempio, un
bambino che a quattro anni distrugge e si appropria di oggetti
altrui, è probabile che in futuro presenti una nevrosi ossessiva
piuttosto che divenire un delinquente.
La spiegazione che Anna Freud avanza di questi fatti è in linea
con il suo interesse per la psicologia dell’Io. La scelta tra due
opposte soluzioni patologiche (es., la nevrosi ossessiva o un
comportamento delinquenziale) dipenderebbe dagli atteggiamenti
dell’Io. E’implicito il ruolo delle influenze ambientali su questa
istanza.
Ella si sofferma sull’importanza dell’angoscia: la capacità di
padroneggiarla è fondamentale per la salute psichica. Anche qui
l’Io ha un compito centrale, attivando risorse come la
comprensione intellettiva, la modifica di circostanze esterne, ecc.
Nonostante l’affermazione che “… the phallic – oedipal phase …
is the true starting point for the infantile neurosis …” (1965, 154)
(“… la fase fallico – edipica … è il vero punto di partenza per la
nevrosi infantile …), l’autrice tiene in massima considerazione la
fase orale e quella anale: “… they are of the greatest import for
the formation of the infantile neurosis …” (1971, 85) (“… esse
sono della massima importanza per la formazione della nevrosi
infantile …”).
Nei primi legami va cercata la base per l’insorgenza di una
nevrosi, in quanto “… prepare the ground for conflict between
the inner agencies, i. e., for neurosis …” (1971, 84) (preparano il
terreno per il conflitto tra le istanze interne, cioè per la nevrosi
…”).
Nagera propone una suddivisione degli eventi legati
all’instaurarsi della nevrosi:
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- interferenze evolutive, ossia tutto ciò che interviene ad alterare
il normale corso dello sviluppo, come, ad esempio, la richiesta di
un controllo sfinterico precoce; solitamente, i sintomi
scompaiono al venir meno della pressione ambientale;
- conflitti evolutivi: si presentano quando una determinata
richiesta viene fatta al bambino nella fase evolutiva appropriata;
è il caso dell’educazione sfinterica di cui prima, però proposta
nel rispetto dei tempi di maturazione; sono quindi tipici,
“fisiologici” di uno stadio particolare, e di natura transitoria;
possono anche aver luogo in assenza di richieste esterne, quando
il bambino raggiunge un livello evolutivo in cui si creano
determinati conflitti, come nella fase fallico – edipica;
- conflitti nevrotici: si hanno quando il conflitto (tra la tendenza
alla gratificazione di una pulsione e l’opposizione a tale
gratificazione) è interiorizzato, cioè quando avviene tra le
differenti strutture psichiche, Es, Io e Super – io;
- nevrosi infantile: caratterizzata da conflitti di natura complessa,
perché a quelli di fasi precedenti si aggiungono i conflitti della
fase fallico – edipica.
Marian Tolpin centra il proprio contributo sull’importanza
dell’esatta attribuzione del termine “nevrosi infantile”. Tale
termine dovrebbe essere usato esclusivamente per riferirsi al
conflitto edipico rimosso potenzialmente patogeno, collegato alla
fase fallico – edipica. Ciò è in linea con la visione di Freud, di
cui pure ella evidenzia le imprecisioni terminologiche sul tema,
secondo cui il termine era praticamente sinonimo di conflitto
edipico.
Pertanto, Tolpin vede la nevrosi infantile non come un’entità
clinica manifesta (ad es., la nevrosi fobica o la nevrosi ossessiva),
evidenziabile dall’osservazione di sintomi, ma come una
“configurazione inconscia nelle profondità psichiche” legata ad
“un conflitto edipico rimosso, non padroneggiato”. L’autrice è
quindi in accordo con Anna Freud, la quale suggerisce di essere
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cauti nell’utilizzare sintomi manifesti come base per assunti sulla
struttura del mondo interno (in Tyson, 1996, 145).
Ritvo definisce il conflitto tra desideri pulsionali e agenti esterni
che vi si contrappongono una “capacità mentale”, e sembra così
porsi anticipatore del movimento che parla di “mental
operations” (Auld et al, 2005, 7; in codesto scritto a p. 131)
(“operazioni mentali”) che sottendono la nevrosi infantile.
Il conflitto tra elementi pulsionali e mondo esterno è per Loewald
responsabile dei problemi dell’Io. Essendo istanza mediatrice,
l’Io si trova a dover gestire la complicata interazione tra
organismo e ambiente. Le difficoltà ad ottemperare a tale
compito sono causa di ritardi e deficit nello sviluppo.
Phyllis Tyson interviene nella questione terminologica,
sostenendo che la dizione “nevrosi infantile” ha ancora ragion
d’essere, in quanto indicativa di una realtà clinica significativa.
Ciononostante, lo studio della problematica non va limitato ai
primi anni di vita, ma deve essere esteso fino a comprendere
l’adolescenza.
L’autore parla di “neurotic character structure” (146; 119 in
codesta tesi) (“ struttura nevrotica del carattere”), invitando a
considerare la nevrosi in termini di forma nevrotica (“neurotic
form”, 147; p. 120 di codesta tesi) che la struttura psichica può
assumere. Sembra qui di potersi collegare alla posizione di
Shapiro, secondo cui “… the neurotic problem is not a matter of
a specific repressed conflict or memory but a distortion of the
personality” (1999, 116) (“… il problema nevrotico non è una
questione di uno specifico conflitto o ricordo rimosso, ma una
distorsione della personalità”).
Auld, Hyman e Rudzinski, come accennato poco prima in Ritvo,
portano l’attenzione su un livello mentale. Affermando che ogni
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adulto con una nevrosi ha sofferto da bambino di una nevrosi
infantile, essi proseguono sostenendo che esistono delle barriere,
identificate in determinate operazioni mentali (“mental
operations”) che costringono il soggetto ad un ventaglio limitato
e ripetuto di comportamenti, impedendo “l’uscita” dalla coazione
a ripetere.
Sviluppando il loro punto di vista, essi rilevano che la rimozione
è la causa del blocco del sistema secondario di pensiero,
responsabile della verbalizzazione, e capace di lungimiranza e
flessibilità. Di conseguenza, il blocco di questo sistema di
pensiero è blocco della flessibilità di azione.
Per Margaret Rustin, la nevrosi infantile è un fenomeno che va
esaminato considerando non solo i primi anni di vita ma, come
prima visto in Tyson, spingendosi fino all’adolescenza.
Ruolo fondamentale rivestono le varie forme d’angoscia che
affliggono un bambino, a causa di fattori prevalentemente
ambientali. Pertanto, risulta chiave la funzione di tutti coloro i
quali hanno responsabilità di cura (“caretaking responsibility”,
p.134 di codesta tesi).
Rimane importante la problematica edipica, che ha ripercussioni
anche sulla vita extrafamiliare, quindi nell’ambito scolastico.
Effetti negativi sono anche prodotti da aspetti tipici della vita
moderna: “… too much television … too many mechanical toys
… much less physical outdoor freedom …” (p. 137 di codesto
scritto) (“… troppa televisione … troppi giocattoli meccanici …
molta meno libertà fuori casa …”).
A proposito degli autori statunitensi appena sopra citati, va posto
in rilievo che per essi la nevrosi è causata primariamente da una
“struttura nevrotica del carattere” (Tyson), da una “distorsione
della personalità” (Shapiro); la realtà intrapsichica, fantasmatica,
di cui siamo profondamente debitori a Freud, sembra cedere il
passo ad una visione che pone in primo piano una organizzazione
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nevrotica della personalità, in cui i conflitti e le dinamiche
interiori ad essi conseguenti assumono un ruolo marginale.
Ricordiamo brevemente che Freud, a più riprese, fece riferimento
alle Urphantasien, fantasmi originari, “configurazioni originarie
inconsce … una sorta di categorie preformative della mente,
presenti in tutti gli esseri viventi e trasmesse a livello
filogenetico. Si tratta della scena primitiva, della seduzione, della
castrazione” (Aparo et. al., 1999, 104); nelle parole di Freud
(1910, 165) “Io chiamo queste fantasie - osservazione del coito
dei genitori, la fantasia di seduzione, di evirazione e altre –
fantasie primarie …”. Laplanche e Pontalis (1967, in Harré et al.,
1992, 386) rilevano che nella lingua italiana il termine fantasma è
stato usato ad indicare “… più il contenuto che … l’attività della
fantasia”. Tener presente le Urphantasien si rende necessario,
nota Semi (1997, 442), perché si tratta di “… fantasmi inconsci
… [che agiscono come] … schema anteriore capace di operare
come organizzatore contestuale …”.
Anche Auld et al., enfatizzando i processi di pensiero, sembrano
discostarsi da considerazioni che sottolineino le configurazioni
inconsci sottostanti la nevrosi.
Può essere qui utile richiamare la distinzione operata da Lebovici
(in Marcelli, 341 e 343) tra “nevrosi del bambino” e “nevrosi
infantile”. Mentre la prima indica una realtà clinica, ciò che
osserviamo, con la seconda si fa riferimento ad un modello
psicopatologico, ad una dimensione sottostante le evidenze
cliniche. Si tratta di una dimensione i cui tentavi di comprensione
devono fare appello alle dinamiche conflittuali, e a quanto esse,
una volta rimosse, influenzino il pensare e l’agire.
Quando si concordò l’argomento della tesi, il titolo assegnato fu
“Attualità nella nevrosi infantile”. Questo perché pensai ad essa
come qualcosa che potesse essere in parte superata, ma di cui
rimanessero molti concetti validi, quindi “attuali”.