6
quella tra: Memoria a breve termine (MBT) e memoria a lungo
termine (MLT). Miller (1956) riteneva che fossero 7 gli item che
possono essere trattenuti nella memoria a breve termine(con una
oscillazione di più o meno 2) egli basò questa affermazione sui
risultati dei suoi studi per misurarne l’ampiezza (Span), in cui i
partecipanti dovevano ripetere una serie di item proposti in
precedenza. Una persona adulta è in grado di ripetere circa sette
chunks, ovvero raggruppamenti di informazioni dotate di significato
senza commettere errori, ma trova molto difficile o addirittura
impossibile superare questa soglia. Questa ipotesi è stata testata
successivamente da Simon (1974), il quale studiò lo span di memoria
per lettere e frasi. I suoi risultati mostrarono che il numero di
raggruppamenti che è possibile trattenere nella memoria a breve
termine dipende dalla dimensione dell’unità. L’ informazione
contenuta nella memoria a breve termine viene persa molto
rapidamente (Peterson, & Peterson, 1959). Glanzer e Cunitz nello
studio della memoria a breve termine, evidenziarono gli effetti noti
come Effetto priorità ed Effetto recenza, per i quali venivano
rispettivamente ricordati più facilmente i primi e gli ultimi item di una
lista di parole stimolo. Essi collocarono l’informazione coinvolta
nell’effetto priorità nella memoria a lungo termine, mentre quella
coinvolta nell’effetto recenza in quella a breve termine. Uno dei
modelli più importanti per quanto riguarda la struttura della memoria è
stato quello proposto negli anni 60 da Atkinson e Shiffrin (1971,
7
1977). Il loro modello è stato definito “multi magazzino” o “multi
processo” secondo questa teoria, esistono tre tipi diversi di
“magazzini” della memoria: il primo è costituito dal magazzino
“sensoriale” che conserva l’informazione per brevissimo tempo, in
base alla modalità sensoriale con cui è stata percepita; il secondo è
costituito dal magazzino della memoria a “breve termine”, anche
questo di capacità limitata, che conserva l’informazione attraverso la
reiterazione, e infine il magazzino della memoria a “lungo termine”,
che ha una capacità molto ampia, e conserva l’informazione per
periodi molto lunghi. L’informazione esterna viene raccolta prima nei
magazzini sensoriali, successivamente nella memoria a breve termine
e infine in quella a lungo termine. Generalmente si ritiene che vi sia
una relazione tra l’intensità della reiterazione della informazione nella
memoria a breve termine, e la stabilità della sua rappresentazione
nella memoria a lungo termine. I magazzini sensoriali sono: la
Memoria iconica, che riguarda le immagini, ed è in grado di
trattenerle per circa 500 millisecondi, e la Memoria ecoica, che
riguarda le informazioni acustiche. Lo studio di Treisman (1964)
stima la capacità di trattenere l’informazione acustica in circa due
secondi. Secondo Atkinson e Shiffrin (1968) una delle principali
distinzioni fra memoria a lungo termine e memoria a breve termine,
riguarda la modalità con cui avviene la perdita delle informazioni in
ciascuna di esse: nel primo caso si tratterebbe di un deficit di
accessibilità, nel secondo di interferenze dovute ad altre informazioni
8
in entrata (Reiman 1974). Uno dei limiti principali del modello fin
qui descritto è la sua eccessiva semplificazione, sia delle strutture di
memoria, e contemporaneamente dei processi legati al mantenimento
delle informazioni. La memoria a breve termine ad esempio risulta
essere molto più articolata rispetto a quella descritta da Atkinson e
Shiffrin nel 1968. Baddeley e Hitch (1974) definirono la memoria a
breve termine come “memoria di lavoro”
4
e la articolarono in un
sistema complesso costituito da tre componenti: l’esecutivo Centrale
definito come un sistema attentivo; Il taccuino visivo-Spaziale che
trattiene le informazioni spaziali e visive; Il circuito articolatorio
utilizzato per la reiterazione verbale, che contiene informazioni di
natura verbale. Baddeley e Hitch (1976) testarono con successo questa
distinzione. Nella definizione di memoria a breve termine di Baddeley
e Hitch, un ruolo importante lo riveste l’Esecutivo Centrale, esso si
presenta più come un sistema attentivo che un sistema di memoria
vero e proprio, risulta coinvolto nei processi di pianificazione e presa
di decisione, seleziona stategie, integra informazioni provenienti da
fonti differenti. Secondo Baddeley tale sistema potrebbe essere situato
nei lobi frontali, anche se esistono evidenze empiriche per cui tale
sistema a sua volta non sarebbe unitario ma si suddivida in diverse
componenti, localizzate in aree cerebrali diverse (Eslinger e Damasio
1985). Una alternativa alla teoria Multiprocesso è costituita dal
modello della “Profondità della Elaborazione” introdotta da Craik e
4
Si tratta di un sistema gerarchico, deputato al mantenimento e all’elaborazione dell’informazione durante
l’esecuzione di compiti cognitivi( Baddeley, 1986, 1992, 1993, 2002; Baddeley, Hitch, 1974)
9
Lockhart (1972), secondo cui gran parte delle informazioni che
pervengono attraverso la percezione, vengono trascurate, ed è
altamente improbabile che vengano ricordate. Esclusivamente le
informazioni che raggiungono una determinata profondità di
elaborazione vengono poi immagazzinate e ricordate. Per profondità
di elaborazione si intende il grado di integrazione con l’insieme delle
conoscenze possedute, e inoltre la qualità e la complessità della
codifica dell’informazione. Craik e Tulving (1975) hanno verificato
sperimentalmente questa concezione con buoni risultati. Nella teoria
di Atkinson e Shiffrin si individuava un sistema di memoria a lungo
termine unitario. Questa concezione è stata contestata da diversi
psicologi. Tulving (1972) ha distinto la memoria a lungo termine in
due diverse tipologie: La memoria episodica, La memoria semantica.
La memoria episodica è fondamentalmente autobiografica in quanto si
riferisce ad esperienze personali avvenute in luoghi e tempi precisi. La
memoria semantica invece riguarda la conoscenza relativa al mondo
che ci circonda, ed è priva del carattere personale che caratterizza la
memoria autobiografica. Questi due sistemi pur essendo separati
interagiscono fra loro. Ricordare l’ultima vacanza, ad esempio,
chiama in causa la memoria episodica, tuttavia se si pensa alle
modalità del viaggio, alle azioni intraprese, si chiama in causa la
memoria semantica in quanto conoscenza di schemi e concetti. I primi
ricercatori a proporre una teoria sistematica, e quindi un modello
organizzato della memoria semantica furono Collins e Quillian
10
(1969), secondo questi autori il principio organizzativo della memoria
semantica è di tipo gerarchico. Si tratta di una rete organizzata
attraverso dei nodi principali, ai quali sono collegati altri concetti.
Secondo tale prospettiva il tempo impiegato per decidere
l’appartenenza di un oggetto ad una categoria, dovrebbe essere lo
stesso per tutti gli elementi della medesima categoria, ma ad esempio,
è molto più facile ricordare degli elementi tipici di una categoria,
piuttosto che elementi, pur appartenenti alla stessa categoria, ma meno
tipici (Conrad 1972). In effetti la struttura della memoria semantica è
decisamente più complessa di quanto ipotizzato da Collins e Quillians
(1969). In alternativa alla teoria delle reti gerarchiche, Collins e Loftus
(1975) proposero la Teoria della Propagazione dell’attivazione,
secondo la quale la memoria semantica è organizzata attraverso
connessioni di natura semantica: ogni volta che pensiamo ad un
concetto viene attivato il nodo corrispondente nel sistema di memoria,
tale attivazione si propaga poi ad altri concetti connessi
semanticamente, e questo facilita i processi cognitivi. Si tratta
sicuramente di una rappresentazione più adeguata di quella delle reti
gerarchiche, ma anche essa di portata limitata, in quanto identifica un
solo sistema di relazione, in un insieme che è sicuramente più
complesso. Una ulteriore specificazione della memoria a lungo
termine è costituita dalla conoscenza procedurale, la quale riguarda i
modi con cui si eseguono molte attività, basandosi su precise abilità
motorie e percettive (Keele e Summers 1976). La conoscenza
11
procedurale può essere spiegata attraverso degli Script (Schank e
Abelson 1949), ovvero degli schemi generali che descrivono come
fare qualcosa o come e se è possibile adattare uno schema ad una
azione particolare. Una ulteriore distinzione all’interno dei sistemi di
memoria è quella fra Memoria esplicita e Memoria Implicita
5
.
Secondo questa distinzione i ricordi possono essere suddivisi in
ricordi coscienti, che sono compresi nella memoria esplicita, e ricordi
nei quali la consapevolezza non è necessaria (Graft, & Scafter, 1985).
Secondo Roediger (1990) questa distinzione sarebbe fondata su due
processi distinti: processi guidati dai dati (data driven processes), e
processi guidati dai concetti (conceptually driven processes). I primi
sono quelli guidati da stimoli esterni, mentre i secondi hanno origine
dall’individuo. Nel primo caso questi processi sono coinvolti nella
memoria implicita, nel secondo in quella esplicita. Tutti i sistemi di
memoria dei quali si è parlato nelle varie prospettive teoriche hanno in
comune un aspetto fondamentale: sono soggetti al deterioramento del
loro contenuto, come aveva già mostrato Ebbinghaus (1885) nei suoi
studi pioneristici sulla memoria. Per quanto riguarda il decadimento
dei ricordi, il primo fattore rilevante è il trascorrere del tempo, per il
quale, più è lungo l’intervallo di tempo fra il momento in cui si
verifica l’apprendimento e la rievocazione, minore è la percentuale di
materiale rievocato (Peterson e Peterson 1959) Un altro fattore che
favorisce l’oblio è la Distrazione: in questo caso il termine distrazione
5
Per misurare la memoria implicita si è fatto ricorso ad una serie di compiti nuovi, definiti indiretti o incidentali, che
non comportano alcun riferimento alla vita personale del soggetto, ma hanno un effetto sul comportamento.
12
è inteso come il focalizzare la capacità attentiva su elementi differenti
rispetto alle informazioni che devono essere apprese, e
successivamente recuperate. Tulving (1974) ha proposto una
distinzione fra due diverse tipologie di oblio, a seconda della causa
coinvolta: una informazione può essere dimenticata perché essa è
scomparsa dal sistema di memoria in cui era immagazzinata, e in
questo casa si tratta di oblio dipendente dalla traccia, oppure
semplicemente l’informazione è semplicemente inaccessibile, e in
questo caso si tratta di oblio dipendente dal segnale. Gli psicologi
cognitivi hanno proposto più di un modello per cercare di tenere conto
della complessità dei sistemi di memoria. La posizione prevalente è
che esistano sistemi di memoria multipli e distribuiti. La suddivisione
delle funzioni cerebrali da un lato, e delle funzioni mentali dall’altro,
permette di distinguere l’analisi del cervello da quella della mente e
allo stesso tempo di collegarle. La gran parte delle funzioni cognitive
avviene con il contributo di più parti del cervello in maniera
distribuita , ogni parte da un contributo specifico (Treves 1998).Ciò
che è certo è che differenti strutture svolgono ruoli diversi (Caramazza
1992). Sebbene gli studi sulle disfunzioni, forniscano ancora
importanti informazioni sulla memoria, un notevole balzo in avanti è
stato fatto grazie alle recenti indagini di neuro immagine funzionale,
che utilizzano la PET
6
, oppure la risonanza magnetica funzionale
7
, e
6
Si tratta di una particolare tecnica di neuro immagine funzionale, la sigla PET sta ad indicare la tomografia ad
emissione di positroni, è una misura del flusso ematico cerebrale che funziona attraverso la rilevazione di un
tracciante radioattivo che viene inalato o iniettato e che si lega al glucosio del sangue del soggetto.
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permettono di visualizzare l’attività di un cervello non lesionato,
durante l’esecuzione di un compito di memoria. L’ipotesi dei sistemi
multipli di memoria già avanzata dagli psicologi cognitivi, trova
sempre più numerose conferme negli studi sulla memoria a lungo
termine, attraverso la neuro immagine funzionale (Gabrieli, 1998;
Poldrack & Packard,2003) . Una prima distinzione nella memoria a
lungo termine viene fatta in base al coinvolgimento o meno delle
strutture medio temporali. Memoria dichiarativa e procedurale
sembrano dipendere da sistemi neuronali anatomicamente distinti:
Strutture medio temporali e diencefaliche la prima, gangli alla base
del cervelletto la seconda. Questa distinzione è ampiamente
documentata in ambito neuropsicologico (Schacter, Tulving, 1994;
Squire, Knowlton, 2000; Squire, Paller, 2000). Anche i sistemi
neocorticali rivestono un ruolo fondamentale nei processi di memoria
dichiarativa. Si ritiene infatti che proprio nella neo corteccia siano
depositati i ricordi della memoria a lungo termine. Tale assunzione è
stata inferita dal fatto che le lesioni delle regioni medio temporali e
diencefaliche lasciano i ricordi già consolidati relativamente intatti. Le
regioni neocorticali svolgono un ruolo anche nei processi di codifica e
tale ruolo è diverso a seconda degli aspetti della informazione
codificata: sono infatti diverse le regioni della neocorteccia che
codificano rispettivamente l’esperienza percettiva e quella cognitiva
7
La risonanza magnetica funzionale è una tecnica di neuro immagine funzionale, che misura i cambiamenti
emodinamici, attraverso i cambiamenti delle proprietà elettromagnetiche del sangue, che dipendono dal livello di
ossigenazione.
14
(Gabrieli, 1998). Nei lobi frontali invece vi è la sede di tutti i processi
di ragionamento e dei processi relativi alla memoria episodica
(Tulving 2002). L’attività della corteccia prefrontale nella codifica e
nel recupero dei ricordi è ben descritta nel modello HERA
(hemispheric Encoding/Retrieval Asimmetry): L’asimmetria
emisferica nella codifica e nel recupero delle tracce mnestiche,
secondo cui la corteccia prefrontale sinistra è maggiormente coinvolta
negli aspetti relativi alla codifica delle informazioni nella memoria
episodica, mentre la corteccia prefrontale destra è maggiormente
coinvolta negli aspetti relativi al recupero delle tracce mnestiche.
L’attivazione frontale si osserva anche nei compiti relativi alla
memoria di lavoro. Anche la memoria procedurale, grazie agli studi di
neuro immagine funzionale è stata associata a precise aree cerebrali
(Gabrieli 1998, Paller 2001). Le abilità senso motorie, intatte nei
pazienti amnesici, sono spesso deteriorate in presenza di danni al
cervelletto. In sintesi, i sistemi della memoria dichiarativa e di quella
non dichiarativa, sono situati in zone del cervello diverse e possono
funzionare separatamente. Questo però non significa che siano assenti
aspetti interattivi fra questi due sistemi. Queste interazioni avvengono
in termini di Facilitazione e Competizione (Poldrack et al., 2001;
Poldrack, Packard, 2003). In alcuni casi i due sistemi cooperano, come
nel caso dell’apprendimento di sequenze motorie, che notoriamente
possono essere apprese sia in termini espliciti e coscienti che impliciti;
in altri casi entrano in competizione, potendo fornire entrambi una
15
soluzione adeguata ad un compito. Recentemente una nuova
suddivisione si è aggiunta a quelle fin qui descritte, la memoria può
essere ulteriormente suddivisa in memoria Retrospettiva e memoria
Prospettica
8
, si tratta della distinzione fra ricordi passati, e memoria
degli eventi futuri. Sono state trovate somiglianze e differenze fra
questi due tipi di memoria: infatti quasi ogni compito di memoria
prospettica ha componenti retrospettive. Generalmente il contenuto
dell’azione rappresenta la componente retrospettiva del compito
prospettico, e molti fallimenti del compito prospettico
9
avvengono a
causa del mancato recupero della componente retrospettiva (
McDaniel,Einstein, 2000). Più che di due sistemi contrapposti e
distinti si tratta di componenti diverse del ricordo di precise
intenzioni. In questo caso si ritiene che le aree coinvolte nella
possibilità di ricordare e quindi realizzare delle intenzioni siano
localizzate nei lobi frontali (Burgess, Quayle, Frith, 2001).
8
Per memoria prospettica si intende quell’insieme di meccanismi che permettono il recupero di una azione
intenzionale,pianificata precedentemente per essere svolta nel momento opportuno (Brandimonte, 2004)
9
Un compito di memoria prospettica deve avere tre caratteristiche: 1) Un intervallo tra formazione dell’intenzione e
opportunità di eseguirla. 2) Assenza di un promemoria per eseguire un intenzione.(Brandimonte, 2004) 3) Necessità di
interrompere l’attività corrente per poter realizzare l’intenzione (Ellis, Kvavilashvshvili, 2000).
16
1.2 Cos’è la Memoria Autobiografica
I primi studi empirici sulla Memoria Autobiografica risalgono a
Galton, il quale alla fine dell’800, indagò i processi di memoria
attraverso la tecnica delle parole stimolo
10
, che permettevano di
rievocare eventi vissuti (Galton 1883). La stessa tecnica venne ripresa
molti anni dopo dal lavoro di Robinson (1976), su di un gruppo di
soggetti non clinici e, sempre negli stessi anni da Crovitz con pazienti
con deficit di memoria (Crovitz & Schiffman, 1974). Lloyd e
Lishman (1975), per esplorare i ricordi personali usarono una lista di
parole-stimolo (cues) neutre, cioè senza una particolare valenza ne
negativa, ne positiva, in un gruppo di pazienti depressi, che dovevano
riferire eventuali ricordi spiacevoli o piacevoli elicitati. I risultati
mostrarono che più il paziente mostrava una depressione grave più
facilmente il ricordo elicitato era di natura spiacevole. Le prime
indagini riguardarono anche il tempo di latenza necessario per la
rievocazione, mostrando come il tempo per rievocare un ricordo
positivo o negativo è influenzato dallo stato d’animo (Teasdale &
Fogarty, 1979). Risultati simili furono trovati da Isen et al, (1978)
Daubman & Norwicki, (1987) Isen, (1987), mostrando come stati
10
Il compito tipico comporta la presentazione di una lista di parole concrete, familiari, e la rievocazione immediata di
un ricordo personale associato allo stimolo. Questa tecnica è usata in larga misura ancora oggi per indagare la
memoria autobiografica.
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d’animo positivi facilitano l’elicitazione di ricordi piacevoli. Per un
certo periodo lo stesso termine “Memoria Autobiografica” non ha
avuto una ben chiara definizione a livello teorico. Baddeley (1993)
suggerisce che il termine “memoria autobiografica” viene utilizzato in
riferimento a tre aspetti diversi: il primo si riferisce ad uno specifico
sistema di memoria con una base neurologica separata e definita; il
secondo descrive la conoscenza e gli schemi che formano la base del
Sè; il terzo si riferisce allo studio dei processi e dei meccanismi che
permettono agli individui di rievocare e riconoscere gli eventi che
hanno vissuto nella loro vita. Come abbiamo, visto la Memoria può
essere considerata come un sistema composto da più sottosistemi.
Tulving (1972) ha proposto la nota distinzione fra Memoria Semantica
e Memoria Episodica: la prima si riferisce alla conoscenza che
ciascuno ha del mondo e del linguaggio, e la seconda all’insieme degli
eventi personali vissuti. Il secondo tipo di memoria come ammesso
dallo stesso Tulving può anche essere indicato come Memoria
Autobiografica. Esistono delle evidenze sostanziali per quanto
riguarda la distinzione fra conoscenza Procedurale e conoscenza
Dichiarativa (Cohen & Squire,1982) o tra Memoria Implicita e
Memoria Esplicita (Richardson-Klavehn & Bjork, 1988). La memoria
episodica solitamente viene ricondotta alla conoscenza dichiarativa o
esplicita. Il termine Memoria Autobiografica si riferisce all’abilità di
mantenere un costante registro di eventi salienti, sia pubblici che
privati, disponibili alla memoria con la possibilità di modificarlo
18
(McCharty & Warrington, 1990). Usato in questo senso, il termine si
riferisce ad un particolare scopo per cui la memoria viene usata. Da un
punto di vista evolutivo, possedere un sistema che ci permetta di
apprendere dall’esperienza è un notevole vantaggio. La modalità più
evidente attraverso cui questo avviene è quella di registrare la
frequenza del verificarsi o co-occorrere di stimoli diversi, usando
queste informazioni per costruire un modello dell’ambiente
circostante. Questo modello può essere utile per prevedere un
accadimento futuro sulla base del passato. Un sistema di memoria
episodica permette inoltre di trarre delle informazioni da specifici
eventi, di scegliere come reagire ad un determinato evento e di
valutarne gli aspetti più importanti. Queste possibilità dipendono dalla
capacità che la memoria di lavoro ha di creare un modello plausibile
del mondo circostante (Johnson-Laird 1983). Esistono numerose
evidenze a favore della separazione del sistema di memoria
autobiografica dai restanti sistemi di memoria. Tra queste si possono
citare gli studi su pazienti amnesici in seguito ad Encefalite virale (De
Renzi, Liotti e Nichelli 1987). Tuttavia una ipotesi concorrente è che
la Memoria semantica a sua volta non sia unitaria, ma in realtà
comprenda una serie di settori sovrapposti, ognuno dei quali può
essere danneggiato, mentre gli altri sono intatti. Una delle
caratteristiche fondamentali della memoria autobiografica è il fatto
che essa contiene al suo interno sia informazioni di natura specifica,
che informazioni di natura categoriale.