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Possedere un metodo di studio ben strutturato Ł economico, in quanto permette di
risparmiare tempo e fatica; Ł indispensabile e gratificante in quanto si aumenta
l autostima e nasce nel soggetto il piacere di apprendere. E inoltre produttivo per la
crescita della persona, perchØ porta a realizzare traguardi formativi importanti e
spinge il soggetto verso una continua formazione, ma anche per la crescita collettiva
perchŁ permettere l innovazione e il progresso continuo.
Questa ricerca ha carattere esplorativo e ha l obiettivo di fornire alcune informazioni
sul metodo e sull approccio allo studio adottato dalle matricole. Si vogliono inoltre
studiare le caratteristiche di un metodo di studio efficace.
La ricerca nel presente lavoro di tesi si articola nel seguente modo: dopo l analisi
della letteratura presente sull argomento, vengono riportati l ambito di ricerca
generale e gli obiettivi che mi sono prefissata; Ł presente poi una breve descrizione
del campione, a cui segue la parte metodologica, in cui si descrivono gli strumenti e
le variabili prese in analisi.
Nella parte successiva dei risultati sono presentate le analisi relative ai metodi di
studio utilizzati, alle strategie efficaci e alla discontinuit nel passaggio dalla Scuola
Superiore all Universit cos come viene percepita dagli studenti. L ultima parte Ł
composta dalla discussione dei risultati e dalle conclusioni. In appendice sono
riportati le parti del questionario utilizzato, le tabelle e i dati grezzi che sono serviti
per analizzare ed elaborare in modo piø approfondito i risultati ottenuti.
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PARTE PRIMA
Introduzione Teorica
La sfida metacognitiva della transizione
all Universit
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Capitolo 1
Transizione Scuola Superiore Universit
Sulla base della letteratura il periodo di transizione Scuola Superiore-Universit pu
essere considerato un periodo critico in quanto lo studente deve far fronte a numerosi
cambiamenti che, in parte, riguardano l organizzazione dell attivit di studio e il
proprio modo di porsi di fronte ad essa. In particolare appare riconosciuto da diversi
autori (MoŁ, De Beni, Cornoldi, 2003) come, in questo passaggio, vengono messe
alla prova l efficacia delle componenti strategiche e motivazionali dello studio,
aumenti il carico di studio e ci si confronti con nuove modalit di relazione tra
insegnanti e allievi all interno delle quali gli studenti devono ri-orientarsi per poter
richiedere/ottenere il sostegno loro necessario (Bonica, Sappa, 2007b; Bonica, Sappa,
Savarino, 2007). L ingresso all Universit costitui sce inoltre una transizione
particolarmente complessa che coinvolge le matricole sia come adolescenti in
transizione verso l et adulta sia come studenti al le prese con un nuovo sistema di
apprendimento che richiede maggiore flessibilit e maggiori capacit di
autoregolazione e organizzazione autonoma dello studio.
Considerando la prospettiva teorica definita dalla Prof.ssa Bonica (responsabile del
progetto di ricerca in cui questa tesi si inserisce), la quale integra aspetti
interazionisti e socio-costruttivisti con l approccio ecologico di Bronfenbrenner
(1979), il passaggio all Universit pu essere infa tti considerato un momento di sfida
per lo studente, soprattutto in relazione alla necessit di affrontare un nuovo setting
di apprendimento (Bonica, 2000), considerato come l interrelazione di attivit piø
complesse, ruoli e relazioni che sono almeno in parte percepiti come differenti
rispetto alle Superiori. All Universit i giovani d evono crearsi nuovi equilibri con il
contesto, che sono influenzati dalla qualit del se tting percepito e dalla continuit e
discontinuit rispetto alle precedenti esperienze s colastiche.
All interno di tale complessit il mio interesse Ł quello di concentrami sugli aspetti
piø legati all attivit di studio e quindi agli asp etti piø prettamente cognitivi e
metacognitivi in essa coinvolti. Nel passaggio da un livello scolastico all altro sono
inoltre messe alla prova le competenze metacognitive generali, le conoscenze
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effettive delle strategie di studio, l impiego effettivo delle stesse e infine la capacit
di autoregolare l intero processo (Albanese, Fiorilli, 2001).
In particolare l impegno maggiore degli studenti Ł rivolto al passaggio da un attivit
di studio eteroregolata, che a scuola Ł responsabilit dell insegnante guidare
regolandone tempi e processi, a uno studio universitario in cui si tende a consegnare
nelle mani dello studente l autoregolazione. Spesso l origine dei problemi sta nel
fatto che l istituzione assume a priori che lo studente possieda tale competenza. Con
l ingresso all Universit si pone per lo studente l a necessit di ristrutturare
l organizzazione dell intera attivit di studio. Al l Universit l organizzazione di
tempi, spazi e contenuti cambia in maniera sostanziale: non tutti i corsi devono
essere seguiti, si deve trovare un metodo di raccordo tra quanto ascoltato a lezione e i
testi di studio; inoltre i tempi sono organizzati diversamente in quanto le lezioni si
susseguono con continuit e lo studente deve essere in grado di organizzare il tempo
da dedicare alle lezioni e il tempo di studio a casa.
Anche il rapporto con gli spazi cambia: le aule sono grandi, consentono l anonimato
e il rapporto con il docente Ł piø impersonale. Quindi il contesto di apprendimento-
insegnamento muta radicalmente e chi giunge dalla Scuola Superiore deve riassestare
i metodi di studio per trovare nuovi equilibri (Albanese, Fiorilli, 2001).
Non sempre il passaggio Ł semplice: spesso si tratta di una vera spaccatura che pu
manifestarsi in disagi, ansie, fallimenti, delusioni, un cattivo rapporto tempi/qualit
di studio, fino ad arrivare al rischio dell abbandono scolastico.
Da una ricerca dell Istat del 2001 sui diplomati e lo studio emerge che tra i diplomati
del 2001, che nei tre anni successivi al diploma si sono iscritti all Universit , appena il
4% ha gi conseguito un titolo nel 2004 (provengono in maggioranza dai licei e tre su
quattro continuano a studiare, prevalentemente in corsi di laurea specialistici), mentre
l 84,5% deve ancora concludere il ciclo di studi universitari intrapreso e l 11,5% ha
interrotto gli studi senza conseguire alcun titolo. La motivazione piø frequente per
l abbandono degli studi universitari Ł l elevato impegno che essi richiedono (35,4%),
seguito dalla difficolt di conciliare gli studi co n gli impegni lavorativi (30,5%). Il
16,9% degli studenti attribuisce l abbandono scolastico a motivi personali e l 11,4%
parla di altri motivi, ma non ne specifica la natura. Poco meno del 4% addebita ai costi
elevati la decisione di interrompere gli studi e il restante 1,9% attribuisce l abbandono
agli scarsi sbocchi professionali del corso intrapreso.
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La percentuale piø consistente di abbandoni universitari, superiore di 17 punti
percentuali alla media del collettivo, si registra tra i diplomati degli istituti professionali,
che interrompono nel 28% dei casi. Al contrario, i diplomati dei licei si dimostrano i piø
determinati nel voler portare a termine gli studi universitari (meno del 5% la percentuale
di interruzioni).
L andamento della carriera scolastica nel ciclo secondario superiore sembra avere una
certa influenza sulle performance universitarie: dai dati Istat emerge che gli studenti che
non hanno avuto percorsi brillanti, in particolare quelli che hanno ripetuto uno o piø anni
scolastici, hanno una probabilit piø alta di abban donare l Universit (quasi il 23%
rispetto al 10% dei non ripetenti).
Si riscontrano evidenti differenze di genere: la quota di diplomate che hanno interrotto
gli studi universitari si attesta intorno al 9% mentre per i diplomati maschi sale quasi al
15%. Analizzando le interruzioni in relazione al tipo di corso seguito, si rilevano le
percentuali piø elevate nei corsi del gruppo scientifico (oltre il 16%), mentre in quelli
dell area medica, psicologica, dell educazione fisi ca e di architettura le interruzioni di
frequenza si aggirano attorno al 7%, soprattutto nel primo anno di studio.
Per limitare l abbandono scolastico Ł quindi estremamente importante capire e indagare
come gli studenti affrontano i cambiamenti che l Universit propone e quali sono gli
strumenti che hanno a disposizione per trovare quell equilibrio che permetter loro di
adottare strategie di studio e approccio allo studio efficaci per riuscire nella sfida
universitaria.
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Capitolo 2
Aspetti metacognitivi del processo di apprendimento
2.1 Conoscenza metacognitiva e processi metacognitivi di
controllo
Per comprendere i fattori specifici della sfida da affrontare nel passaggio dalla
Scuola Superiore all Universit Ł necessario analizzare piø nello specifico le
componenti cognitive e metacognitive che permettono di capire come avviene nello
studente il processo di apprendimento.
Negli ultimi 20 anni gli psicologi hanno fatto largo uso di riferimenti al concetto di
metacognizione e molti di essi sono stati riluttanti ad accordargli la dignit di
concetto psicologico basilare, preferendo ricorrere a termini come teoria della mente,
credenze ingenue, folk psychology, rappresentazioni mentali, processi di controllo
(Cornoldi, 1995).
Lo stesso autore divide l ambito di studio della metacognizione in due ampi settori
rappresentati dalla conoscenza metacognitiva e dai processi di controllo.
La conoscenza metacognitiva si riferisce alle idee che un individuo ha sviluppato sul
funzionamento mentale, che includono impressioni, intuizioni, nozioni, sentimenti,
autopercezioni, ecc. ovvero anche elementi di contenuto per i quali abbiamo
difficolt generalmente a usare il termine conosce nze . L oggetto della conoscenza
metacognitiva Ł dunque il funzionamento mentale ed essa si acquisisce, si sviluppa e
si esplicita in interrelazione con il comportamento cognitivo.
A un grado maggiore di conoscenza metacognitiva corrispondono processi cognitivi
piø sviluppati, mentre non si assume che a una maggiore conoscenza dei processi
cognitivi corrisponda una superiore efficienza cognitiva (Cornoldi, 1995), l autore in
questo senso fa riferimento ai suoi studi su alcuni suoi studenti della facolt di
Psicologia dell Universit di Padova.
Le prime ricerche sulla conoscenza metacognitiva sono state focalizzate sulla
memoria e svolte con un intento ricognitivo. In seguito l interesse dei ricercatori Ł
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stato guidato da obiettivi piø precisi e dall intento di mostrare il significato
funzionale fondamentale delle idee sulla mente.
Questo filone di ricerca Ł stato territorio di ricerca soprattutto degli psicologi dello
sviluppo, che hanno avuto l interesse primario di esaminare le relazioni che si
possono stabilire tra i diversi elementi di metaconoscenza. Il fuoco dell interesse si Ł
accentrato sempre di piø sulle teorie organizzate della mente che l individuo
sviluppa, dalle forme piø semplici di teorizzazione metacognitiva come la teoria
della mente, alla teoria metacognitiva della memoria di un anziano (Cornoldi e De
Beni, 1989).
Cornoldi sostiene che nella conoscenza metacognitiva esista una specie di nocciolo
duro di particolare importanza funzionale. L ipotes i di questa componente
fondamentale nasce dall esigenza di spiegare perchØ in condizioni apparentemente
simili due individui sono differentemente portati a sviluppare una riflessione
adeguata sul funzionamento mentale o perchØ due soggetti che ugualmente
conoscono una strategia la applicano in modo differente. Per tale ragione varie
analisi teoriche della conoscenza metacognitiva hanno descritto una componente
basilare e, facendo riferimento a quadri teorici ma anche a fasce d et diverse, questa
componente Ł stata specificata in modo diverso.
Cornoldi illustra quindi quattro teorie relative a quattro forme di concettualizzazione
di una conoscenza metacognitiva sovraordinata.
a) Flavell considerava il caso di bambini piccoli e lo sviluppo del riconoscimento
delle caratteristiche peculiari di una richiesta del compito (Flavell, 1976). La sua
definizione di Sensitivity riporta alla nascita della consapevolezza legata all uso di
processi controllati volontari.
Flavell spiega cos questo concetto: Il bambino sv iluppa una sensibilit o un senso
relativo a quando la situazione richiede da parte sua sforzi volontari, intenzionali di
ricordare. Solo gli adulti o i bambini piø grandi hanno appreso che Ł appropriato e
adattivo in certe situazioni dare avvio deliberatamente a certe attivit cognitive
specializzate che noi chiamiamo strategie di memoria C Ł ragione di pensare che
questo tipo di sensibilit deve essere appreso (Fl avell, 1976 in Cornoldi 1995, pag.
46).
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b) Cornoldi parla di atteggiamento strategico, definendo specifici aspetti
(Cornoldi, 1987):
1. il fatto di comportarsi in modo specifico nei compiti intenzionali;
2. l abilit di usare strategie, seguendo istruzioni a llo scopo;
3. la comprensione del rapporto fra l uso di strategie e il successo in
compiti di memoria;
4. la conoscenza delle strategie;
5. la propensione ad usare spontaneamente le strategie;
6. la propensione ad ispezionare le caratteristiche dei compiti proposti al
fine di individuare le strategie appropriate per affrontarli.
In Psicologia cognitiva il concetto di strategia ha assunto particolare rilevanza nello
studio del pensiero e nello studio di aspetti evolutivi della memoria. Bruner e
colleghi definivano la strategia come una sequenza di decisioni relative
all acquisizione, al mantenimento e all utilizzazio ne dell informazione al fine di
conseguire determinati scopi (Bruner, J.S., Goodnow J.J. e Austin G.A., 1956).
Cornoldi fornisce un altra definizione di strategia e differenzia le strategie dai
processi di controllo, riferendo le prime al percorso che il soggetto decide di seguire
per affrontare un compito cognitivo e i secondi alle operazioni che sovraintendono
all effettuazione del compito cognitivo.
c) Borkowski et al. distingue tra la conoscenza delle relazioni tra strategie,
esemplificazione di una teoria organizzata della mente, e conoscenza generale
strategica, di cui il nucleo critico Ł costituito dal ruolo positivo assegnato alle
strategie (Borkowsky, J.G., Weyhing R.S. e Carr, M., 1988).
la conoscenza delle relazioni tra strategie permette di classificare le varie strategie
riconoscendone i rapporti e gli usi appropriati in riferimento a compiti diversi;
la conoscenza generale strategica si riferisce alla comprensione che Ł necessario un
certo sforzo cognitivo per ottenere dei buoni risultati in compiti cognitivi e che in
particolare si ha successo quando lo sforzo Ł associato all uso di strategie opportune.
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Fig. 1 Relazione tra conoscenza di strategie specifiche, conoscenza delle relazioni tra strategie e
conoscenza generale strategica nel modello di Borkowski et al. (1988) relativo a un possesso
maturo della metacognizione (De Beni 1991).
La conoscenza generale strategica influenza lo stile attributivo e in modo circolare
l uso di determinate strategie e quindi la prestazione, di cui si crea un feedback che
porta a modificare o consolidare la conoscenza di strategie specifiche ed efficaci
(ripetizione, organizzazione, elaborazione verbale, ecc.) e in ultima fase porta alla
conoscenza delle relazioni esistenti tra le strategie.
Per Cornoldi la caratterizzazione di Borkowski Ł molto importante e non si discosta
molto da quella che ha fornito lui nel 1987 di att eggiamento strategico , Ł solo una
differenza terminologica irrilevante nell uso della parola conoscenza invece di
atteggiamento .
Cornoldi, anche nella quarta teorizzazione proposta insieme a Caponi ha riutilizzato
il termine atteggiamento proprio per sottolineare come questo nucleo basilare di
conoscenza metacognitiva Ł piø di un semplice insieme di conoscenze, perchØ
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l aspetto cognitivo Ł legato in maniera stretta con quello emotivo e ha forti
conseguenze sul comportamento di un individuo.
d) Cornoldi e Caponi quindi introducono il concetto di atteggiamento
metacognitivo, la generale propensione del soggetto a riflettere sulla natura della
propria attivit cognitiva e riconoscere la possibi lit di utilizzarla ed estenderla
(Cornoldi, Caponi, 1991).
Un elemento particolarmente significativo dell atteggiamento cognitivo Ł costituito
dal riconoscimento del contributo che il proprio impegno d al successo di un azione
cognitiva.
Cornoldi ha poi indagato il concetto di processo metacognitivo di controllo, gi
precedentemente studiato da Brown e dai suoi collaboratori in numerosi lavori sul
rapporto tra sviluppo cognitivo, lettura e studio (Brown, 1980), e le relazioni tra
metacognizione, processi esecutivi e autoregolazione (Brown, 1987) per citarne
alcuni. In queste ricerche vengono evidenziati specialmente i seguenti processi: 1)
rendersi conto dell esistenza di un problema; 2) essere in grado di predire la propria
prestazione, 3) pianificare l attivit cognitiva; 4 ) registrare e guidare l attivit
cognitiva in relazione all obiettivo posto.
Cornoldi fornisce a sua volta un elenco dei principali processi metacognitivi di
controllo, che possono essere considerati per la funzione di controllare altre
operazioni mentali (Cornoldi, 1990): 1) orientamento generale; 2)
problematizzazione; 3) comprensione e definizione del problema-compito; 4)
collegamento del compito ad altri compiti simili; 5) attivazione di conoscenze
implicate; 6) integrazione delle informazioni provenienti da fonti diverse; 7)
generazione delle alternative per la soluzione del problema; 8) automonitoraggio,
tenere sotto controllo i processi; 9) valutazione delle difficolt del compito; 10)
definizione del livello di performance attesa; 11) previsione; 12) esame delle
alternative e decisione; 13) implementazione del piano strategico scelto; 14)
inibizione delle alternative; 15) coordinamento dei processi; 16) raccogliere e
valutare i feedback; 17) valutare la distanza dalla soluzione; 18) aggiustamenti del
piano implementato; 19) stabilire quando Ł opportuno sospendere l esecuzione; 20)
valutare i risultati finali; 21) autovalutarsi e autorinforzarsi; 22) spiegare un
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eventuale insuccesso; 23) decidere di riprovare o predisporre un piano strategico
alternativo.
Che la metacognizione sia essenzialmente un meccanismo di controllo Ł stato
sostenuto anche da chi ha focalizzato la propria attenzione sul riconoscimento degli
errori nel corso della comprensione (Markman, 1977; 1979; Glenberg, Wilkinson e
Epstein 1982; Cornoldi 1990), esaminando le condizioni in cui un individuo Ł in
grado di rendersi conto che non capisce, e rilevando che il mancato riconoscimento
di errori di comprensione Ł assai piø frequente del previsto.
Analogamente vengono enfatizzati gli aspetti di controllo della metacognizione da
coloro che studiano la capacit degli individui di predire la prestazione futura in
compiti cognitivi (Nelson e Narens 1990; Leonesio e Nelson 1990; Begg 1989).
Svolgendo una simile funzione non Ł necessario che tutto il contenuto della
metaconoscenza sia consapevole, anzi se la consapevolezza ha una natura
sequenziale e sottrae una notevole quantit di riso rse cognitive al sistema, un
controllo a livello consapevole costituirebbe un grosso impedimento per l attivit
cognitiva. I processi di controllo sono in parte innescati dalle situazioni, in parte
oggetto di elaborazione mentale. Previsione e valutazione relativamente al compito si
intrecciano in maniera stretta coi processi di controllo, di decisione e pianificazione.
Numerosi modelli, in particolare modelli ad organizzazione gerarchica, hanno
evidenziato come i meccanismi di controllo avrebbero il compito di attivare,
mantenere o interrompere un attivit in corso (Corn oldi, 1995). Con lo stesso scopo
numerosi altri modelli hanno descritto i processi esecutivi o di controllo, utilizzando
termini quali routine esecutive, o monitor, anche se la vaghezza nel definire i
referenti dei termini utilizzati testimonia la difficolt di sviluppare modelli cognitivi
che studino in modo adeguato il problema del controllo cognitivo (Schumaker,
1987).
Il secondo modello di Flavell ad esempio spiega come l individuo controlla e regola
un certo numero di compiti cognitivi, tra i quali Flavell comprende la
comunicazione.
Il modello propone quattro componenti che interagiscono totalmente tra di loro: 1) le
mete cognitive, ossia gli obiettivi impliciti o espliciti dell individuo; 2) la conoscenza
metacognitiva, in cui rientrano le variabili proposte nel primo modello relative alla
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conoscenza dichiarativa e procedurale (Flavell e Wellman, 1977); 3) le esperienze
metacognitive, ossia le sensazioni, le emozioni attivate nel corso dell esperienza
cognitiva; 4) gli atti cognitivi intrapresi per raggiungere la meta.
2.2 Strategie specifiche di studio: il ruolo attivo del soggetto
che apprende
Secondo MoŁ, Cornoldi e De Beni apprendere significa comprendere e mantenere
nel tempo le conoscenze (memoria) e saperle utilizzare in altri contesti
(trasferimento). Lo studio Ł un tipo di apprendimento e un classico schema della
Psicologia distingue fra apprendimento incidentale e apprendimento intenzionale
(Cornoldi, De Beni, Gruppo MT, 1993).
Si verifica un apprendimento incidentale quando si Ł esposti a determinate
esperienze il cui scopo primario non Ł quello di generare un apprendimento e tuttavia
ci si trova ad aver imparato cose nuove. Si ha invece un apprendimento
intenzionale quando ci si impegna per imparare cose che non si conoscono.
L apprendimento incidentale Ł fondamentale ma non Ł sufficiente perchØ dipende da
fattori parzialmente casuali e difficilmente Ł in grado di produrre conoscenze
puntuali e altamente organizzate. Se Ł vero che in alcuni casi l apprendimento
incidentale porta a risultati migliori dell apprendimento intenzionale, normalmente
l apprendimento intenzionale produce effetti piø rapidi e solidi e una maggiore
competenza dello studente nelle materie oggetto di studio.
Esiste un corpus ampio di indagini sui processi metacognitivi di studio, che hanno
affrontato tematiche quali il rapporto fra studio e contesto sociale, differenze di
genere, relazione con gli stili cognitivi, implicazioni del contesto, abitudini di studio,
idee che lo studente sviluppa sullo studio, ruolo di specifiche strategie (Cornoldi,
1995).
Dal punto di vista sperimentale la ricerca meglio controllata ha riguardato l uso di
specifiche strategie. Si pu suddividere in quattro gruppi sulla base dei processi che
vengono studiati (Cornoldi, De Beni, Gruppo MT, 2001):
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1. Strategie di elaborazione dell informazione e di memorizzazione: un
esempio celebre di studi di questo tipo ha portato alla distinzione tra
elaborazione profonda e superficiale del materiale di elaborazione (Craik e
Lockhart, 1972).
2. Mnemotecniche: specifiche tecniche mnemoniche che possono essere
apprese e utilizzate per specifici contesti o per organizzare sequenzialmente
le informazioni (Higbee, 1999).
3. Strategie utilizzate nell attivit scolastica per seguire le lezione, affrontare
un testo, scrivere una relazione, ripassare, ecc..
4. Metodi strutturati di studio (ad esempio il metodo di studio SQ4R, il
metodo Murder, il metodo Reap, il metodo DRTA, il metodo ReQuest).
Dalla ricerca psicopedagogica (Hartley, 1998; Cornoldi, 1986) sono stati analizzati
alcuni aspetti dell organizzazione dell attivit de llo studente, tra cui la preparazione
di una relazione scritta e la preparazione dell esame: secondo gli autori meno del
15% degli studenti universitari si fa una scaletta dei tempi per la preparazione di una
relazione scritta, ma la maggioranza di essi traccia uno schema di pianificazione
prima della stesura. Il ripasso inclusivo di autoesame Ł critico per il consolidamento
degli apprendimenti, la predisposizione di piani di recupero, l identificazione dei
punti non ben appresi; inoltre l anticipazione mentale del contesto d esame e la
conoscenza delle modalit in cui esso avr luogo ne facilitano il superamento. Anche
per quanto riguarda l esposizione orale Ł stato rilevato che l anticipazione delle
possibili domande, la predisposizione di piani di risposta, la disponibilit di punti
fermi e strategie per affrontare i momenti di difficolt possono salvare lo studente
durante un esame orale.
Sul tema dell ascolto della lezione hanno rilevato che porsi nelle condizioni per
trarre il massimo profitto dalla lezione permette di avviare il processo di
apprendimento in un contesto comunicativo, attivando aree idonee di conoscenza e
riconoscendo i temi stimati dal docente maggiormente rilevanti; in alcuni casi si pu
ridurre di piø del 50% il tempo di lavoro personale.