Introduzione
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Il terzo capitolo è stato dedicato all’analisi della filiera aerospaziale in alcune
regioni italiane. Sono state scelte Campania, Lombardia, Piemonte e Puglia, le
regioni nelle quali si trova il cuore dell’industria aerospaziale Italiana. L’analisi ha
riguardato l’incidenza della filiera all’interno del territorio in esame, la
descrizione delle attività specifiche, l’individuazione delle principali aziende e gli
interventi previsti per il futuro.
Nel quarto capitolo sono stati analizzati i principali cluster aerospaziali
europei: Regno Unito, Francia, Germania e Polonia, nazione, quest’ultima
outsider, che pur non avendo il peso delle altre nazioni, presenta un tasso di
crescita e delle potenzialità che la fanno spiccare promettendo un futuro di rilievo
per la sua industria aerospaziale. Anche in questo capitolo, come in quello
precedente sono state rilevate le localizzazioni macroeconomiche del settore,
l’incidenza all’interno delle varie macroaree nazionali, le principali aziende leader
del settore e gli interventi previsti di sviluppo.
Il quinto capitolo è dedicato all’Alenia, impresa leader nel settore in Italia e
nel mondo. Di proprietà di Finmeccanica l’Alenia è la maggiore realtà industriale
italiana in campo aeronautico ed è tra i più avanzati complessi mondiali nel suo
settore. La società collabora attivamente con le più grandi aziende mondiali
dell’aerospazio. È presente, ovviamente, sia in Italia dove ha dato origine anche a
numerosi centri di eccellenza in vari ambiti, sia all’estero con società partecipate o
direttamente possedute. Inoltre con la collaborazione delle istituzioni è la
Introduzione
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responsabile della quasi totalità dei progetti di ricerca che si svolgono sul
territorio italiano in ambito aerospaziale.
Capitolo I
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I
ORIGINI E SVILUPPO DELL’INDUSTRIA
AEROSPAZIALE ITALIANA
1. Le origini
Le origini dell’industria aeronautica, con connotati ovviamente diversi da
quella attuale, possono essere fatte risalire al primo conflitto mondiale, ma è con
la seconda guerra mondiale o meglio con la fase di ricostruzione successiva che si
pongono le basi dell’attuale assetto del settore.
Le vicende del settore aerospaziale sono indissolubilmente legate alle vicende
della Società Finanziaria Meccanica Finmeccanica, che venne costituita il 18
marzo del 1948 dall’IRI - Istituto per la Ricostruzione Industriale - per gestire
l’insieme delle partecipazioni nell’industria meccanica e cantieristica acquisite nei
primi quindici anni di vita dell’Istituto. La fine del secondo conflitto mondiale
aveva lasciato l’industria italiana in generale – e quella IRI in particolare – in
condizioni molto critiche: gli stabilimenti erano stati distrutti dai bombardamenti e
le fabbriche, che fino a quel momento avevano prodotto su commesse belliche,
non erano in grado di riconvertirsi rapidamente per impieghi civili. Nel processo
di riconversione intrapreso, le decisioni di politica industriale lasciavano all’IRI –
Capitolo I
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e quindi alla Finmeccanica – quelle attività che per motivi tecnologici, di struttura
impiantistica o di mercato presentavano prospettive più incerte o negative.
2. La riconversione dell’industria bellica
Pochi dati aiutano a comprendere la dimensione del problema che
Finmeccanica doveva affrontare a guerra conclusa. Nel 1938 le industrie
meccaniche dell’IRI avevano 70.000 dipendenti. Dopo la guerra, grazie alle
esigenze belliche, l’occupazione era salita a 100.000 persone e nel frattempo
erano sostanzialmente scomparsi quasi tutti i mercati di sbocco. Sulla
cantieristica, che totalizzava il 70% dell’occupazione del Gruppo, nella prima
relazione di bilancio della Finmeccanica si poteva leggere: ”dal 1945 nessuna
commessa degna di nota per le nuove costruzioni si è ottenuta dall’armamento
mercantile italiano”. Gli amministratori del tempo dovevano quindi trovare nuovi
sbocchi ad aziende con un illustre passato e con nomi che sarebbero poi rimasti al
centro dell’economia italiana per i 50 anni successivi: Ansaldo, Alfa Romeo, San
Giorgio, Sant’Eustachio, Navalmeccanica, Cantieri Navali dell’Adriatico.
L’attenzione si concentrò su settori come la cantieristica, l’automotoristico, il
ferroviario e il macchinario industriale. Con un occhio di riguardo all’emergente
elettronica.
La crisi della metà degli anni sessanta era tuttavia in arrivo portando con sé
un aumento del costo del lavoro, una riduzione della produttività e dei margini,
una caduta degli investimenti ed un sensibile rallentamento della domanda
Capitolo I
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interna. In tale frangente Finmeccanica ritenne indispensabile ripensare le proprie
strategie e riesaminare i settori di presenza, confermando l’esigenza di maggiori
“dimensioni” per sostenere la competitività e di una più elevata
“specializzazione”, per concentrare le risorse sui soli settori chiave. Uscirono così
dall’ambito Finmeccanica le aziende ferroviarie (cedute all’EFIM) e quelle
elettroniche (cedute alla STET), vennero acquisite le aziende elettromeccaniche e
cedute alcune attività industriali marginali.
3. Gli anni ‘70
All’inizio degli anni Settanta Finmeccanica aveva profondamente cambiato
fisionomia: la struttura era ora costituita da un ridotto numero di settori industriali:
automotoristico (con l’Alfa Romeo), termo-elettromeccanico (con l’Ansaldo) e
aerospaziale (con l’Aeritalia), nei quali il Gruppo aveva raggiunto dimensioni
importanti e aveva impegnato ingenti risorse finanziarie e professionali.
L’ Aeritalia era la più giovane tra le aziende del Gruppo anche se le sue radici
affondavano nella storia stessa dell’aviazione. Alla fine degli anni Sessanta il
Governo italiano decise di lanciare un ambizioso progetto: dar vita a una grande
impresa con una funzione trainante nel settore aeronautico, con elevato contenuto
tecnologico e significative prospettive di crescita. Per concretizzare questo
disegno nel 1969 FIAT e Finmeccanica concentrarono le loro attività unendo le
loro migliori risorse nel settore e diedero vita a un complesso industriale
importante (9.000 persone occupate) pur se ancora piccolo rispetto ai grandi
Capitolo I
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operatori internazionali e forse troppo legato al settore militare (che alimentava
allora il 90% del fatturato). L'azienda nasceva dalla fusione di Aerfer – società
pubblica operante già dal 1955 nelle costruzioni aeronautiche e ferroviarie, la
Società Italiana Aviazione, fondata dalla FIAT nel 1914 e la Salmoiraghi, del
Gruppo Finmeccanica attiva già dal 1864 nel campo degli strumenti di precisione
e poi delll’avionica. L’Aeritalia, che per molti anni sarebbe stata la più importante
azienda italiana nel campo aerospaziale, era impegnata nella progettazione e
costruzione di aerei civili, militari, velivoli senza pilota, motori aeronautici,
sistemi elettronici, satelliti e altri progetti destinati all'esplorazione spaziale.
Nel 1973 esplose la crisi energetica, innescando un processo di recessione e
inflazione che avrebbe influenzato per molti anni l’intera economia mondiale.
L’aumento del costo del denaro e la crisi del mercato che investì i suoi principali
settori costrinsero Finmeccanica a una profonda revisione della politica industriale
seguita fino ad allora. Con il piano strategico del 1976 Finmeccanica codificò i
principali obiettivi di una nuova strategia: risanamento, internazionalizzazione,
dimensione competitiva. Il loro raggiungimento comportò scelte non sempre
indolori, ma coinvolse tutto il Gruppo in una serie di interventi da cui prese corpo
l’attuale realtà industriale.
Anche il settore aerospaziale fu investito dai contraccolpi della crisi del 1973
che sconvolse le prospettive di crescita e i programmi di investimento delle
aerolinee mondiali. In uno scenario dominato dall’incertezza si verificò il
disimpegno della Fiat – azionista al 50% dell’Aeritalia - e Finmeccanica dovette
Capitolo I
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affrontare il problema di assicurare un futuro a questa giovane azienda. Le
autonome capacità industriali dell’Aeritalia le consentirono di passare dal ruolo di
subfornitore a quello di partner in programmi qualificanti. Crebbe la vocazione
internazionale con la partecipazione a importanti programmi per velivoli civili e
militari. Ben presto l’azienda conquistò un ruolo di prestigio nel campo spaziale.
L’impulso decisivo venne dalla partecipazione al progetto Spacelab, al quale se ne
aggiunsero altri che portarono l’Aeritalia ad essere la maggiore realtà spaziale
italiana e tra le prime europee.
4. Gli anni ’80 e la nascita di Alenia
L’azione di Finmeccanica si era fino allora occupata anche del rilancio di
molte attività che non appartenevano al suo progetto industriale; ma l’obiettivo di
creare imprese in grado di misurarsi alla pari sul piano internazionale, in settori
vitali per lo sviluppo economico del Paese, richiedeva anche la rinuncia ad
impegnarsi in campi non funzionali a questa scelta strategica. In questa
prospettiva, tra il 1970 e il 1985, Finmeccanica cedette, prevalentemente a privati,
numerose società, concentrandosi progressivamente nel settore elettromeccanico e
nell’aerospazio.
Il bilancio del 1987 segnò il passaggio fondamentale dal risanamento alla fase
successiva: quella dello sviluppo a livello internazionale. Alla fine degli anni
Ottanta, l’imminente apertura dei mercati rendeva infatti improcrastinabile per le
imprese una razionalizzazione produttiva a livello internazionale, ottenuta
Capitolo I
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principalmente attraverso acquisizioni o alleanze che avrebbero ridisegnato, nel
giro di un decennio, interi settori industriali. In questa direzione e allo scopo di
raggiungere aggregazioni industriali con la massa critica necessaria per competere
sui mercati internazionali, nel 1989 l’IRI decise di riportare in ambito
Finmeccanica quelle aziende a prevalente tecnologia elettronica (Selenia, Elsag e
SGS) che venti anni prima erano state trasferite alla STET. Il significato
dell’operazione consisteva soprattutto nella costituzione di una forte base
tecnologica comune al servizio di settori di mercato che – nella loro diversità –
presentavano tuttavia contiguità e complementarietà. Questa base era
rappresentata dall’elettronica e dalle capacità di sistema: i settori di mercato in cui
Finmeccanica faceva il suo ingresso includevano ora i sistemi civili, la fabbrica
automatica, i sistemi di comando e controllo, la missilistica, le apparecchiature
biomedicali, la robotica complessa, la componentistica microelettronica, che si
affiancavano all’energia, ai trasporti, all’impiantistica industriale, all’aerospazio.
L’altro passaggio fondamentale verso l’obiettivo della competitività
internazionale fu la fusione di Aeritalia e Selenia che portò alla nascita di Alenia,
complesso industriale dotato di una base tecnologica molto ampia e avanzata,
operante nei settori dell’aerospazio e della difesa. Contemporaneamente, l’Elsag
acquisiva la Bailey ampliando a livello internazionale le sue già rilevanti presenze
nel settore dell’automazione dei processi e dei servizi. Nel 1988 il Gruppo
Ansaldo acquisiva il 100% della Union Switch & Signal, società statunitense
fondata da George Westinghouse nel 1881 e tra i principali operatori nel
Capitolo I
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segnalamento ferroviario. Nel 1989 Ansaldo Trasporti acquisiva il 49% di CSEE,
società di segnalamento francese. Alla fine degli anni Ottanta Finmeccanica si
presentava come una grande realtà tecnologica, impegnata in molte aree di punta,
con esportazioni nel 1987 per oltre tremila miliardi e una bilancia commerciale
attiva per oltre duemila. Per rispondere al processo di concentrazione in atto tra i
maggiori competitori mondiali Finmeccanica doveva seguire la strada della rapida
crescita, ottenibile solo con le acquisizioni; contemporaneamente continuava a
sviluppare la politica delle alleanze internazionali che portarono l’incidenza della
componente estera sui ricavi al 40%.
5. Gli anni ’90 e la globalizzazione
I grandi cambiamenti a livello internazionale degli anni ‘90 incisero
profondamente sulle strategie del Gruppo Finmeccanica, che vedeva ridursi i
mercati di riferimento e gli sbocchi a livello internazionale. La fine della guerra
fredda aveva causato una riduzione dei budget di spesa per la difesa, a livello
mondiale, del 30%; la crisi del trasporto aereo aveva pesantemente coinvolto il
settore aeronautico, fin dai primi anni Novanta; il settore spazio aveva registrato
un calo significativo delle commesse militari e scientifiche; nell’energia c’era
stata una drastica riduzione del mercato nazionale di impianti per la produzione di
energia convenzionale; infine, la liberalizzazione del settore aveva portato alla
ribalta produttori indipendenti e ciò determinava condizioni di mercato sempre più
Capitolo I
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competitive con prezzi decrescenti a fronte di un eccesso di capacità produttiva
che si era verificato in tutto il mondo occidentale.
Nel 1994 – dopo oltre un anno di gestione in affitto – fecero il loro ingresso
in Finmeccanica le società della Difesa che facevano capo all’Efim, in fase di
liquidazione. Nel Gruppo si concentrarono così oltre il 70% delle capacità
industriali nazionali per l’aerospazio e la difesa; la scelta di Finmeccanica, da
parte del governo, come il Gruppo più adatto a rappresentare il “polo” nazionale
del settore, era evidentemente motivata dall’alta qualificazione tecnologica, dalla
sua già rilevante presenza nel settore e dalla sua esperienza nel gestire accordi con
partner internazionali. Le società che entravano a far parte del Gruppo erano
ricche di storia e di tradizione. L’attività di Agusta risale agli albori della storia
dell’aviazione, quando il suo fondatore, Giovanni Agusta, decollò con il suo
primo velivolo nel 1909; in seguito, nel 1952, dopo un accordo con l’americana
Bell, Agusta aveva iniziato a costruire elicotteri su licenza.
La crisi strutturale del settore a livello internazionale apertasi negli anni
Novanta imponeva però al Gruppo Finmeccanica un profondo ripensamento del
proprio assetto e delle proprie strategie per mantenersi competitivo a livello
globale. L’accentuata competitività internazionale e la discesa dei prezzi poneva
ora al primo posto nella scala delle priorità la ricerca di livelli sempre più elevati
di efficienza economica e di eccellenza tecnologica e la necessità strategica di
stabilire alleanze. Già da alcuni anni l’industria aerospaziale internazionale aveva
avviato un processo di concentrazione al termine del quale sarebbero rimasti sulla
Capitolo I
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scena mondiale solo pochi grandi operatori. Ben presto la tendenza si manifestò
anche in Europa dove le industrie del settore avviarono alleanze e joint ventures
per far fronte alla competizione proveniente da oltreoceano. Lo scenario era reso
ancor più complesso dalla strategia adottata da tutti i maggiori concorrenti basata
su una specializzazione e globalizzazione accentuata alla quale il Gruppo
Finmeccanica non poteva rimanere estraneo.
In tale contesto Finmeccanica, pur disponendo di un patrimonio tecnologico
di altissimo livello, non poteva contare su quote di mercato sufficientemente
rappresentative al confronto con altri player internazionali, essendo il suo
portafoglio di attività eccessivamente diversificato. Inoltre, nel generale processo
di concentrazione globale del settore, scontava la minore dimensione del mercato
nazionale e presentava dimensioni decisamente inferiori rispetto agli altri
operatori. Pur essendo presente in tutti i settori, rischiava quindi di essere
assorbita dai competitori più grandi, senza voce in capitolo sugli indirizzi
strategici e scomparire dal quadro internazionale. Questa situazione si
ripercuoteva negativamente sui conti della Società che, a partire dal 1997, avviò
una decisa azione di risanamento economico e finanziario, la focalizzazione sul
core business e la dismissione di attività non strategiche, al fine di assicurarsi una
posizione competitiva autorevole in settori industrialmente rilevanti. Il
risanamento finanziario – sancito dal ritorno all’utile già nel 1999 – consentì
l’avvio di una politica di accordi a livello internazionale che ha permesso a
Finmeccanica di cogliere le migliori opportunità offerte dal riassetto dell’industria