4
che ne fanno parte a conferire volontariamente risorse produttive per dare una
risposta a bisogni collettivi non adeguatamene soddisfatti dal mercato e
dall’azione pubblica. Tale terzo settore si aggiunge ad altri due, quello del
mercato e quello dello Stato, della sfera economica privata e della sfera
economica pubblica. Talvolta li sfiora, ne ripercorre certe logiche, li usa,
mantenendo sempre una sua identità.
Del cosiddetto Terzo Settore non esiste una definizione normativa vincolante,
ed è per questo che si possono seguire percorsi diversi per arrivare ad una sua
definizione.
L’impresa sociale, intesa come evoluzione in senso etico del modello di
impresa tradizionale, costituisce un’interessante materia di studio per il ruolo
che tale istituzione viene a ricoprire nella riforma del nostro sistema di
welfare.
Tale impresa, caratterizzata dal forte interesse economico, è sempre più
interessata alla ricerca di un fine di carattere sociale, di un ruolo sociale che si
manifesta specialmente nei confronti della comunità di riferimento.
L’impresa sociale è espressione di una nuova esigenza di coniugare
solidarietà ed esercizio dell’attività economica, è indice del superamento
della separazione netta tra la realizzazione di finalità di interesse generale, di
competenza del settore pubblico, e il perseguimento di fini esclusivamente
lucrativi, propri dell’ambito privatistico. L’impresa sociale è un modello di
impresa innovativo che ha fatto di recente ingresso nel nostro ordinamento
5
giuridico con il Decreto Legislativo del 24 marzo 2006, n. 155 recante la
“Disciplina dell’impresa sociale, a norma della legge 13 giugno 2005, n.
118”, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del 27 aprile 2006, n. 97, ed entrato
in vigore il 12 maggio, il quale disegna l’ossatura giuridica di tale impresa e
le materie di competenza.
La legge delega sull’impresa sociale contribuisce in primo luogo a sanare il
preesistente quadro normativo confuso, talvolta contraddittorio, di difficile
applicazione e sicuramente non limpido per quello che riguarda lo
svolgimento di attività economicamente rilevanti da parte delle
organizzazioni senza scopo di lucro. Si sono così poste le basi per un corretto
inquadramento del terzo settore offrendo diverse ed ulteriori possibilità di
articolazione alle organizzazioni appartenenti al mondo del non profit.
Le varie leggi di settore - si pensi alla legge quadro sul volontariato (266/91),
alla legge sulla cooperazione sociale (381/90), alla legge
sull’associazionismo di promozione sociale (383/2000), alla legge quadro sui
servizi sociosanitari (328/2000), alla legge sulle Onlus (460/97) - hanno
contribuito non poco a modificare lo scenario delle politiche sociali,
facilitando e promuovendo la crescita di importanza del terzo settore nella
promozione dei servizi sociali.
Con l’introduzione nel nostro ordinamento di una disciplina ad hoc
sull’impresa sociale si è voluto riconoscere l’importante ruolo
dell’imprenditoria sociale all’interno del nostro sistema di welfare,
6
consapevoli della capacità di determinati soggetti del non profit di produrre
beni sociali in una logica imprenditoriale e della loro capacità di concorrere
allo sviluppo economico e sociale del Paese.
La nascita di questa nuova istituzione non profit comporta la necessità di
adottare un articolato sistema di rendicontazione – sociale e non – in grado di
rappresentare dei risultati che non sono più estranei dalla logica
imprenditoriale, come avviene nelle altre forme organizzative senza fini di
lucro, ma che, invece, sono strettamente connessi ad essa.
Su questo aspetto si articola il mio elaborato che, dopo aver delineato le fasi
salienti che segnano la nascita e lo sviluppo dell’impresa sociale, affronta il
tema della rendicontazione sociale (e non), soffermandosi sullo strumento
che maggiormente rappresenta l’identità e la mission di un’organizzazione
non profit: il bilancio sociale.
L’ultimo capitolo è, invece, dedicato alla rendicontazione sociale delle
istituzioni scolastiche, molte delle quali, in seguito ad alcune riforme
legislative, hanno assunto le “vesti” di impresa sociale con tutte le
problematiche annesse riguardanti l’obbligo (e la necessità) di utilizzare una
articolata rendicontazione sociale, fino ad ora sottovalutata.
7
CAPITOLO 1
“L’IMPRESA SOCIALE”
1.1 L’Impresa Sociale
L’attuale impostazione del Codice Civile propone una netta distinzione tra
enti ed organizzazioni imprenditoriali
1
. L’evoluzione delle dinamiche
economiche e giuridiche che negli ultimi anni hanno coinvolto il terzo settore
mettono in luce i numerosi limiti derivanti dalla netta separazione tra le due
forme giuridiche precedentemente menzionate. Proprio per questo, il
legislatore, mediante mirati interventi normativi (L. 118/2005 e D.Lgs
155/2006), ha reso possibile l’utilizzo delle forme societarie per l’esercizio di
attività commerciale anche per quei settori notoriamente mossi da fini
assistenziali, sociali e culturali, solitamente identificati come “non profit”.
Con la Legge n.118/2005 e il relativo D.Lgs n.155/2006 viene introdotta nel
nostro ordinamento la qualifica di Impresa Sociale. La nuova norma definisce
le imprese sociali come quelle “organizzazioni private senza scopo di lucro
che esercitano in via stabile e principale un’attività economica di produzione
e di scambio di beni e servizi di utilità sociale, diretta a realizzare finalità di
interesse generale” (art.1 D.Lgs.155/2006), in determinati settori di attività
1
Libro I Cod. Civ.; Libro V Cod. Civ.
8
(art.2 D.Lgs.155/2006). Si tratta di una forma imprenditoriale che può
esercitare le proprie attività sotto una molteplicità di forme giuridiche, purché
si collochino nei settori che il legislatore identifica come di utilità sociale e
siano volte a realizzare, senza scopo di lucro, finalità di interesse generale
2
.
I beni e i servizi di utilità sociale che l’impresa sociale deve produrre o
scambiare, sono relativi a settori di attività che l’articolo 2 del medesimo
decreto elenca:
a) assistenza sociale, ai sensi della legge 8 novembre ,n.328/2000, recante
“Legge quadro per la realizzazione del sistema integrato di interventi e
servizi sociali”;
b) assistenza sanitaria, per l’erogazione delle prestazioni di cui al Decreto
del Presidente del Consiglio dei Ministri in data 29 novembre 2001, recante
“Definizione dei livelli essenziali di assistenza”, e successive modificazioni,
pubblicato nel supplemento ordinario alla Gazzetta Ufficiale n.33 dell’8
febbraio 2002;
c) assistenza socio-sanitaria, ai sensi del Decreto del Presidente del
Consiglio dei Ministri in data 14 febbraio 2001, recante “Atto di indirizzo e
2
Sulla natura del provvedimento la dottrina non ha una visione unanime: alcuni sostengono che si tratti di
una qualifica giuridica, che non viene a creare una nuova categoria giuridica, altri ritengono che invece si sia
istituita di fatto una nuova tipologia di impresa, specie con riferimento alle modifiche che l’adozione di tale
normativa comporta in realtà come quelle associative, per le quali sono richiesti una serie di adempimenti
del tutto nuovi (si pensi all’obbligo di tenuta delle scritture contabili, ad esempio). Inoltre, ci si interroga se
si debba o meno escludere una coincidenza fra scopo di interesse generale e scopo non lucrativo, tant’è che
l’impresa sociale può – o, forse meglio, deve – esercitare la propria attività con metodi economici, ovverosia
mirare non soltanto al pareggio del bilancio quanto piuttosto al perseguimento di adeguato livelli di surplus
da reinvestire nell’attività produttiva.
L’impresa sociale costituisce in definitiva un esempio emblematico di ente che persegue lo scopo di
interesse generale attraverso uno scopo di “lucro”, che ne è tra l’altro un necessario presupposto.
9
coordinamento in materia di prestazioni socio-sanitarie”,pubblicato nella
Gazzetta Ufficiale n. 129 del 6 giugno 2001;
d) educazione, istruzione e formazione, ai sensi della legge 28 marzo,
n.53/2003, recante “Delega al Governo per la definizione delle norme
generali sull’istruzione e dei livelli essenziali delle prestazioni in materia di
istruzione e formazione professionale”;
e) tutela dell’ambiente e dell’ecosistema, ai sensi della legge 15 dicembre,
n.308/2004, recante “Delega al Governo per il riordino, il coordinamento e
l’integrazione della legislazione in materia ambientale e misure di diretta
applicazione, con esclusione delle attività, esercitate abitualmente, di raccolta
e riciclaggio dei rifiuti urbani, speciali e pericolosi”;
f) valorizzazione del patrimonio culturale, ai sensi del Codice dei beni
culturali e del paesaggio, di cui al D.Lgs. 22 gennaio, n.42/2004;
g) turismo sociale, di cui all’articolo 7, comma 10, della legge 29 marzo,
n.135/2001, recante “Riforma della legislazione nazionale del turismo”;
h) formazione universitaria e post-universitaria;
i) ricerca ed erogazione di servizi culturali;
l) formazione extra-scolastica, finalizzata alla prevenzione della dispersione
scolastica ed al successo scolastico e formativo;
m) servizi strumentali alle imprese sociali, resi da enti composti in misura
superiore al 70% da organizzazioni che esercitano un’impresa sociale.
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Per il raggiungimento di tali finalità, al pari delle altre forme imprenditoriali,
le imprese sociali pongono in essere una struttura organizzativa atta a
consentire lo svolgimento in maniera stabile e continuativa di attività
economiche volte alla produzione e/o allo scambio di beni o di servizi di
utilità sociale.
La preminenza dell'attività svolta viene collegata dal legislatore delegato ad
un parametro oggettivamente determinabile: è infatti attività principale quella
che genera ricavi superiori al settanta per cento dei ricavi complessivi
dell'organizzazione che esercita l'impresa sociale. Ovviamente, per ottenere la
qualifica di impresa sociale, l'attività principale deve rientrare in uno o più
settori suddetti.
Ulteriore parametro per conseguire la qualifica di impresa sociale è l'impiego
presso la propria organizzazione di soggetti svantaggiati o diversamente abili
in misura non inferiore al trenta per cento dei lavoratori complessivamente
impiegati
3
.
Altro aspetto caratterizzante l'oggetto sociale deve essere l'assenza di scopo
di lucro, in particolare, utili e avanzi di gestione devono essere destinati allo
svolgimento dell'attività statutaria o ad incremento del patrimonio
dell'impresa sociale medesima. Il legislatore delegato provvede a rendere
espliciti gli obblighi riguardo l'assenza dello scopo di lucro, affermando che
3
Come rileva Borzaga, con riferimento alla preesistente normativa sulle cooperative sociali, il D.lgs.
155/2006 considera di interesse collettivo un insieme di attività finora non considerate, ma in gran parte
prossime o affini a quelle già contemplate dalle leggi speciali, offrendo in questo modo alle cooperative
sociali la possibilità di allargare la loro sfera di azione, dunque una possibilità di una ulteriore crescita
imprenditoriale.
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“a tale fine é vietata la distribuzione, anche in forma indiretta, di utili e
avanzi di gestione, comunque denominati, nonché fondi e riserve in favore di
amministratori, soci, partecipanti, lavoratori o collaboratori.
Si considera distribuzione indiretta di utili:
a) la corresponsione agli amministratori di compensi superiori a quelli
previsti nelle imprese che operano nei medesimi o analoghi settori e
condizioni, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di acquisire
specifiche competenze, ed in ogni caso con un incremento massimo del venti
per cento;
b) la corresponsione ai lavoratori subordinati o autonomi di retribuzioni o
compensi superiori a quelli previsti dai contratti o accordi collettivi per le
medesime qualifiche, salvo comprovate esigenze attinenti alla necessità di
acquisire specifiche professionalità;
c) la remunerazione degli strumenti finanziari diversi dalle azioni o quote, a
soggetti diverse dalle banche e dagli intermediari finanziari autorizzati,
superiori di cinque punti percentuali al tasso ufficiale di riferimento.
Per completare la descrizione dell’impresa sociale, tratterò brevemente gli
aspetti della costituzione, dell’amministrazione, del controllo e l’aspetto
riguardante le trasformazioni, scissioni, fusioni e cessioni d’azienda.
Per la costituzione dell'organizzazione che eserciterà con la qualifica di
impresa sociale è necessario ricorrere all'atto pubblico, nel rispetto dei
contenuti e dei requisiti richiesti per la forma giuridica prescelta, ma
12
prestando attenzione alla formulazione dell'articolato che deve esplicitamente
prevedere l'oggetto sociale e l'assenza di scopo di lucro. Nella denominazione
deve essere contenuta la locuzione “impresa sociale”.
L'atto costitutivo dovrà essere iscritto presso una sezione apposita del
Registro delle Imprese competente per territorio della sede legale. Nel caso
degli enti ecclesiastici e delle confessioni religiose che abbiano stipulato
intese con lo Stato Italiano, deve essere depositato presso il Registro delle
Imprese il regolamento per l'esercizio dell'impresa sociale, riferito al ramo di
attività cui si intende dare detta qualifica giuridica. A seguito della
costituzione saranno applicabili tutte le prescrizioni contenute nel Codice
Civile in base alla forma giuridica prescelta. In generale si dovrà fare ricorso
ai contenuti del Codice Civile per quanto riguarda l'amministrazione, l'attività
assembleare, il controllo legale e contabile, la disciplina in materia di
direzione e coordinamento di gruppi di imprese.
L'ammissione e l'esclusione di soggetti dalla compagine sociale è soggetta a
particolari cautele orientate al principio di non discriminazione e deve essere
prevista la facoltà per l'aspirante socio di investire l'assemblea dei soci del
giudizio sulla sua richiesta di ammissione o sulla sua esclusione, in seguito
alla decisione presa da eventuali soggetti muniti di deleghe in materia.
Continuando con l'argomento delle cariche sociali, l'atto costitutivo può
prevedere specifici requisiti di onorabilità, professionalità ed indipendenza,
13
tenendo conto che la maggioranza degli eletti deve essere stabilita dalla
compagine sociale.
Il Collegio Sindacale è obbligatoriamente previsto, ove non diversamente
stabilito dalla legge, applicando l'art. 2435 bis Cod. Civ., tenendo in
considerazione tali parametri
4
e dimezzandone l'ammontare. Il compito del
Collegio Sindacale sarà quello di vigilare sull'osservanza della legge e dello
statuto e sul rispetto dei principi di corretta amministrazione, sull'adeguatezza
dell'assetto organizzativo, amministrativo e contabile nonché monitorare
l'osservanza delle finalità sociali da parte dell'impresa. Nel caso in cui invece,
per due esercizi consecutivi, si superino i limiti di cui all'art. 2435 bis Cod.
Civ., dovrà essere esercitato il controllo contabile da uno o più revisori
contabili esterni.
In tema di responsabilità patrimoniale dell'impresa sociale, il Decreto
Legislativo fa un generico richiamo a quanto stabilito dal Codice Civile per le
forme giuridiche ivi previste, istituendo la responsabilità limitata al
patrimonio dell'impresa sociale, per le obbligazioni da questa assunte, a due
precise condizioni: che il suo patrimonio sia non inferiore a ventimila euro e
che l'impresa sia iscritta nell'apposita sezione del Registro delle Imprese. La
responsabilità invece diventa solidale e personale per coloro che hanno agito
in nome e per conto dell'impresa solo quando il patrimonio sociale sia sceso
al di sotto del terzo dell'importo di ventimila euro.
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1)totale dell'attivo dello stato patrimoniale: 3.125.000 euro; 2) ricavi delle vendite e delle prestazioni:
6.250.000 euro; 3) dipendenti occupati in media durante l'esercizio: 50 unità.