6
che richiede avanzate e costose tecniche d’indagine per la presenza di una seconda
fase, fa si che le informazioni reperibili nella letteratura tecnico-scientifica siano spesso
incomplete o contraddittorie.
Ai metodi d’indagine sperimentali si è affiancata negli ultimi anni la fluidodinamica
computazionale (CFD), uno strumento sempre più diffuso nell’ambito della ricerca e
della progettazione industriale. Lo sviluppo di calcolatori sempre più potenti e a costi
accessibili, ha permesso l’implementazione dei metodi numerici a sistemi sempre più
complessi. L’utilizzo di unità di calcolo multiprocessore e multicore consente, infatti,
l’esecuzione di processi in parallelo riducendo enormemente i tempi necessari per
eseguire una simulazione.
La CFD ha dato ottimi risultati per lo studio di sistemi monofase, ma resta ancora in
via di sviluppo nell’applicazione ai sistemi bifase, ove i complessi fenomeni legati
all’interazione tra le fasi, e ancor più i fenomeni di coalescenza e rottura delle bolle nei
sistemi gas-liquido, complicano enormemente la modellazione fisica e numerica.
Il presente lavoro di tesi riguarda proprio la modellazione e simulazione di contattori
gas-liquido agitati meccanicamente, applicando le tecniche di fluidodinamica numerica
dapprima ad un sistema “standard” con turbina a sei pale montate su disco, del quale
si dispone di parecchi dati sperimentali ottenuti tramite Particle Image Velocimetry
(PIV) in un precedente lavoro di tesi, e successivamente ad un sistema autoaspirante,
molto più complesso e del quale si dispone solo di dati sperimentali parziali. Nel primo
caso è stato possibile confrontare i dati sperimentali con quelli ottenuti utilizzando due
diversi modelli per la simulazione del moto relativo tra la girante e il recipiente: il
multiple frame of reference e la sliding grid.
Le forze d’interazione tra fase continua e fase dispersa in un sistema in moto
turbolento presentano parecchie difficoltà nella modellazione matematica, soprattutto
per quanto riguarda la più importante di tali forze: la drag force (forza d’attrito).
Sembra infatti che essa sia legata alla turbolenza del sistema, ma non si conosce
ancora quale sia la loro relazione. In questo lavoro di tesi si è cercato di sviluppare una
espressione che leghi il coefficiente d’attrito all’energia cinetica turbolenta, ottenendo
risultati soddisfacenti. Alla forza d’attrito sono infatti legate la frazione volumetrica di
gas globale e la sua distribuzione all’interno del recipiente. Questi due parametri sono
fondamentali per la progettazione di un’apparecchiatura efficiente.
7
2 I SISTEMI AGITATI GAS-LIQUIDO
2.1 Generalità
Nei reattori gas-liquido agitati, la potenza meccanica assorbita dalla girante è
utilizzata per rompere e disperdere le bolle di gas in tutto il volume liquido, per
mantenerle in dispersione per un tempo sufficiente ad ottenere un elevato holdup, per
miscelare il liquido all’interno del recipiente e per massimizzare i coefficienti di
trasporto di calore e di materia. Un tipico sistema (fig. 2.1) utilizzato a questo scopo è
costituito da un vessel di forma cilindrica, chiuso o aperto all’aria, alla sommità del
quale è montata un’asta pendente cui è attaccata una girante. Dalle pareti del
recipiente sporgono generalmente quattro
setti (baffles) che hanno la funzione di
evitare la formazione di vortici e
l’instaurarsi di un moto rotatorio del fluido
che ne diminuirebbe l’agitazione e quindi la
miscelazione. Nei sistemi gas-liquido più
comuni è poi presente un diffusore
(sparger) per immettere il gas dentro il
sistema. La forma del diffusore influenza la
dispersione e l’holdup di gas globale in
modo trascurabile, per cui è sufficiente
anche un semplice tubo per l’immissione di
gas nel sistema (Middleton, 1985).
La forma e la dimensione della girante (fig.
2.2) hanno un ruolo importante per il progetto di un sistema di agitazione efficiente.
Gli agitatori possono essere divisi in due classi:
a) giranti assiali, che generano un flusso parallelo all’asse dell’agitatore;
b) giranti radiali, che producono un moto in direzione radiale o tangenziale.
Le giranti radiali (spesso dette turbine) si sono dimostrate le più adatte alle dispersioni
gas-liquido per l’elevata turbolenza che esse generano, producendo sforzi di taglio che
rompono e disperdono efficacemente le bolle di gas creando elevati coefficienti di
scambio ed elevate aree interfacciali. Una girante efficiente ed ampiamente utilizzata
Figura 2.1 Sistema agitato gas-liquido.
8
per i recipienti agitati gas-liquido è la turbina a sei pale montate su disco, nota come
turbina Rushton. Talvolta per massimizzare la quantità di gas dispersa si ricorre all’uso
di giranti a più pale (12 o 18), anche concave.
Figura 2.2 Giranti per liquidi a viscosità moderata: (a)propulsore marino a tre pale; (b)turbina a pale diritte (paddle);
(c)turbina Rushton; (d)turbina a pale concave; (e)turbina a pale inclinate (pitched blade turbine, PBT).
Il parametro fondamentale per stabilire se il moto all’interno del recipiente è
turbolento è il numero di Reynolds di agitazione, definito come
�������� =
������������
2
����
(2.1)
in cui ρ e µ sono rispettivamente densità e viscosità della fase continua, ���� è la velocità
di agitazione e D il diametro della girante. Numeri di Reynolds superiori a 10.000
garantiscono un regime pienamente turbolento.
Un importante aspetto di cui tenere conto nella progettazione dei recipienti agitati è
la potenza ���� richiesta per mettere in rotazione la girante. Essa è generalmente
espressa sotto forma di un numero adimensionale detto numero di potenza e definito
dalla seguente relazione:
����
����
=
����
��������
3
����
5
(2.2)
Tramite l’analisi dimensionale si dimostra che il numero di potenza dipende, per
sistemi geometricamente simili, da altri due numeri adimensionali: il numero di
Reynolds e il numero di Froude. Quest’ultimo è definito come segue:
9
�������� =
����
2
����
����
in cui ���� è l’accelerazione di gravità; esso rappresenta il rapporto tra gli sforzi inerziali e
la forza di gravità agente sull’unità di area del fluido. È possibile dimostrare che nei
recipienti agitati con setti frangiflutti, in cui il moto ondoso sulla superficie è smorzato,
esso non ha influenza sul numero di potenza. In questo caso ����
����
dipende solo dal
numero di Reynolds. Sperimentalmente si è però visto che per moti pienamente
turbolenti non esiste più nemmeno questa dipendenza, e il numero di potenza diventa
un parametro caratteristico del sistema (fig. 2.3).
Figura 2.3 Numeri di potenza per turbine e giranti ad alta efficienza in funzione del numero di Reynolds.
Un altro numero adimensionale utilizzato nell’analisi dei sistemi agitati è il cosiddetto
numero di pompaggio definito nel seguente modo:
����
����
=
����
��������
3
in cui ���� è la portata volumetrica “pompata” dalla girante attraverso una opportuna
superficie. Per le turbine radiali per esempio tale superficie è quella ottenuta dalla
rivoluzione del bordo esterno delle pale attorno all’asse di rotazione.
L’uso di sistemi come quello di figura 2.1 è, di fatto, pienamente soddisfacente in
caso di liquidi poco viscosi come l’acqua. Per viscosità superiori a circa 20 Pa·s si deve
ricorrere ad altri tipi di agitatori, come le giranti elicoidale e ad ancora, ed operare in
regime laminare o transazionale.
10
Per una data portata di gas, nei sistemi gas-liquido agitati si possono individuare
diversi regimi di funzionamento fluidodinamici al variare della velocità di agitazione.
Per le turbine a disco a sei pale possono essere individuati cinque regimi
fluidodinamici, come mostrato in figura 2.4 (Nienow, Wisdom, & Middleton, 1977a):
a) Allagamento: a basse velocità di agitazione il gas attraversa sotto forma di grosse
bolle che risalgono verso la superficie senza essere distribuite nel liquido;
b) Regime di carico iniziale: la fase gassosa inizia ad essere dispersa in bolle più
piccole che occupano buona parte dello spazio sopra la girante, ma il moto del
gas può essere considerato come “flusso a pistone”;
c) Regime di carico: il gas è disperso in bolle sempre più piccole che occupano tutta
la parte superiore del recipiente. Solo alcune di esse sono trascinate nella parte
sotto la girante (aerazione semplice);
d) Aerazione completa: tutto il recipiente è invaso dal gas, le ricircolazioni sono
pienamente sviluppate, e avviene la rottura delle bolle nel flusso di scarico della
girante. È la zona di pratico interesse industriale anche dal punto di vista del
consumo energetico.
e) Regime di ricircolazione: la velocità di rotazione della girante è talmente elevata
che si creano zone di ricircolazione alla sommità del recipiente con considerevole
ingestione indesiderata dal cielo del reattore.
Figura 2.4 Regimi fluidodinamici.
La più importante transizione tra questi regimi di funzionamento è quella che porta
alla completa aerazione. La velocità di transizione può essere stimata con la relazione
11
�������� = 0,2 �
����
����
�
0,5
��������
0,5
(2.1)
in cui Fl è il flow number (detto anche aeration number, numero di aerazione) definito
come
�������� =
����
����
��������
3
in cui ����
����
è la portata volumetrica di gas. Il criterio di passaggio da un regime all’altro è
puramente visivo e quindi influenzato dalla soggettività dello sperimentatore. Inoltre
le condizioni variano per sistemi coalescenti e non coalescenti, in modo pressoché
imprevedibile e difficilmente modellabile.
Figura 2.5 Tipiche curve di potenza per sistemi gas-liquido.
Un parametro fondamentale per la progettazione di un sistema di miscelazione gas-
liquido è la potenza meccanica ����
����
impiegata per mantenere l’agitazione. Essa è
chiamata “potenza gassata” per distinguerla dalla potenza in assenza di gas P (sistema
monofase). Il rapporto tra le due potenze, ���� = ����
����
����⁄ , è sempre minore di 1. Come si
vede dalla figura 2.5, la riduzione di potenza può essere superiore al 70%, e non è
giustificabile soltanto con la riduzione di densità media del sistema in condizioni
gassate poiché gli holdup globali, cioè la frazione volumetrica di fase gassosa all’interno
del recipiente, sono dell’ordine del 5% e dello stesso ordine è la riduzione di densità e,
teoricamente, quella di potenza (si ricordi che il numero di potenza è costante per
sistemi turbolenti). Il fenomeno si spiega, infatti, con la formazione di cavità gassose
dietro le pale della girante, cioè zone completamente piene di gas che hanno un
12
effetto aerodinamico sulle pale abbassando notevolmente la resistenza opposta dal
fluido alla rotazione delle pale. Esistono tre tipi principali di cavità gassose (Middleton,
1985): vortex cavity, clinging cavity e large cavity (fig. 2.6). Quest’ultimo tipo di
struttura sembra essere la causa principale della riduzione di ����
����
.
Per un sistema gas-liquido agitato con girante di tipo Rushton a sei pale è possibile
individuare sei strutture gassose, ciascuna corrispondente ad una diversa
combinazione dei tre tipi di cavità sopra indicate (Bombač, Žun, Filipič, & Žumer, 1997):
VC (vortex clinging) con cavità a vortice; 1L con una sola larga cavità; 2L con due cavità
larghe; S33 (small 3-3 structure) con tre cavità piccole e tre larghe; L33 (large 3-3
structure) con sei cavità larghe; RC (ragged cavities) costituita da grosse cavità vibranti.
Bombač, Žun, Filipič, & Žumer (1997) hanno cercato di mettere in correlazione le
strutture gassose con i vari regimi di funzionamento ottenendo la mappa riportata in
figura 2.7 e fornendo delle equazioni per calcolare il passaggio da una struttura
all’altra. Per esempio, la struttura VC si ha per 0 < �������� < ��������
����33
, in cui
��������
����33
= 3,8 ∙ 10
−3
�
��������
2
��������
�
0,07
�
����
����
�
0,5
,
essendo T il diametro del recipiente.
Figura 2.6 Formazione di cavità dietro le pale.
13
Figura 2.7 Mappa dei regimi di funzionamento dei recipienti agitati.
È possibile correlare la riduzione di potenza ����
����
����⁄ ai vari regimi fluidodinamici,
rappresentando β in funzione del flow number ����
����
��������
3
⁄
al variare di ���� e mantenendo
la portata di gas costante. Nienow, Wisdom, & Middleton (1977b) hanno riportato il
grafico di figura 2.8. A bassi valori di ���� il gas passa attraverso l’agitatore senza essere
disperso e il liquido si muove nella parte esterna alle pale indisturbato dal gas. In
questo caso la potenza gassata ����
����
è di poco inferiore a quella per il sistema monofase.
All’aumentare di ����, il gas viene catturato dai vortici dietro le pale e ����
����
inizialmente
diminuisce poiché le sacche di gas così formatesi rendono “aerodinamiche” le pale,
formando larghe cavità.
Aumentando ulteriormente ����, le cavità diminuiscono, cambiando la loro forma in
vortex cavities. La curva passa da un minimo in corrispondenza della velocità minima di
dispersione completa ����
��������
e risale quando iniziano a manifestarsi fenomeni di
ricircolazione. Il massimo corrisponde alla velocità ����
����
alla quale si ha ricircolazione
totale. L’ultimo tratto in diminuzione oltre ����
����
si spiega con l’aspirazione di gas dal cielo
del reattore e la conseguente notevole diminuzione di densità che ne risulta.
14
Figura 2.8 Riduzione di potenza in un sistema gassato in funzione del numero di aerazione.
2.2 Il “sistema standard”
2.2.1 Introduzione
Il progettista di un recipiente agitato ha una grande varietà di scelta riguardo il tipo e
la posizione dell’agitatore, le proporzioni del recipiente, il numero e le proporzioni dei
setti, ecc. Ciascuna di queste decisioni determina il tempo di ricircolazione, il campo di
moto, la potenza consumata, i coefficienti di scambio. In figura 2.9 è rappresentata la
geometria che è ormai divenuta standard nel campo della miscelazione in recipienti
agitati perché la più studiata e perché tutte le varianti pubblicate in letteratura fanno,
in qualche modo, riferimento ad essa.
Questa configurazione ha il vantaggio di rappresentare un ottimo compromesso tra
tutte le esigenze ingegneristiche che l’apparecchiatura deve soddisfare: efficienza,
facilità di costruzione e impiego, bassi costi di costruzione e operativi. I valori dei
rapporti geometrici della geometria standard si sono affermati nel corso degli anni in
base all’esperienza. Il numero dei diaframmi è generalmente 4; il numero delle pale
varia da 4 a 16, ma è generalmente 6 o 8. Particolari situazioni possono, ovviamente,
suggerire proporzioni differenti da quelle riportate in figura 2.9; può essere
vantaggioso, per esempio, abbassare o alzare la girante, oppure può essere necessario
utilizzare un recipiente più alto per raggiungere i risultati desiderati. Le proporzioni
“standard” elencate sono tuttavia ampiamente accettate e sono la base di molte
correlazioni pubblicate in letteratura.
15
Figura 2.9 Il “sistema standard”.
2.2.2 Lavori sperimentali
I recipienti agitati gas-liquido sono generalmente utilizzati come reattori, per cui
numerose sono le informazioni necessarie per la loro progettazione. Oltre alla
conoscenza del campo di moto puntuale, importante per stabilire l’efficacia di una
determinata geometria del recipiente e della girante, è fondamentale poter
determinare la distribuzione della fase gassosa e l’holdup globale, il diametro medio
delle bolle, il coefficiente di trasporto di materia e l’area interfacciale per unità di
volume, la potenza necessaria e la sua riduzione rispetto ad un analogo sistema
monofase.
Le tecniche sperimentali per la determinazione del campo di moto in un recipiente
agitato sono molteplici. Una delle più utilizzate è sicuramente la Particle Image
Velocimetry (PIV), basata sulle immagini catturate da una videocamera. Essa è una
tecnica d’indagine idonea sia alla visualizzazione qualitativa sia alla misurazione
quantitativa del campo di moto istantaneo di un fluido in movimento. Inoltre, come già
16
detto, è una tecnica ottica non intrusiva, che dà cioè informazioni sulla velocità
dell’elemento di fluido senza alterare sensibilmente il campo di moto, misurando le
velocità di opportune particelle solide traccianti, che vengono aggiunte al fluido prima
dell’inizio dell’esperimento. La velocità delle particelle traccianti è definita dalla nota
equazione:
�����⃗ =
∆�����⃗
∆����
in cui ∆�����⃗ è lo spostamento della particella tra l’istante ���� e l’istante ���� + ∆����, essendo ∆����
l’intervallo di tempo che separa le due osservazioni della stessa particella.
Sovrapponendo due immagini scattate ad un intervallo temporale ∆����, si ottiene lo
spostamento ∆�����⃗ di ciascuna particella per effetto del moto del fluido e quindi la
velocità di ciascuna di esse. Le immagini così ottenute vengono poi opportunamente
elaborate per ottenere delle mappe di velocità. Montante, Paglianti & Magelli (2007)
hanno fatto uso di tecniche PIV con doppia camera di acquisizione immagini per la
determinazione di un campo di moto in un recipiente standard; l’uso di due camere,
ciascuna munita di un filtro, ha consentito di distinguere la luce riflessa dalle particelle
traccianti (per la fase liquida) da quella riflessa dalle bolle gassose. Torré, Fletcher,
Lasuye & Xuereb (2007) hanno utilizzato tale tecnica per determinare la forma del
vortice formatosi in un recipiente con pochi setti frangiflutti. Sudiyo & Andersson
(2007) hanno investigato il moto turbolento e la coalescenza di bolle di gas in acqua sul
lato stretto dei setti frangivortice mediante PIV, trovando un’elevatissima probabilità
di coalescenza nella zona adiacente i setti a causa dei vortici turbolenti presenti.
Laakkonen, Honkanen, Saarenrinne & Aittamaa (2005) hanno invece condotto indagini
sperimentali PIV per la determinazione non solo del campo di moto, ma anche della
distribuzione delle dimensioni delle bolle, delle aree interfacciali gas-liquido e degli
holdup locali.
Per certi versi simile alla PIV è la tecnica CARPT (Computer Automated Radioactive
Particle Tracking), basata sul tracciamento del segnale di particelle radioattive in
equilibrio indifferente nel liquido in quiete tramite l’utilizzo di recettori allo ioduro di
sodio. L’intensità della radiazione serve a ricostruire il moto della particella che può
essere approssimato con il moto del fluido in quel punto. L’approccio utilizzato è di
tipo lagrangiano e si dimostra valido per ricostruire tutte le strutture turbolente del
17
campo di moto tridimensionale all’interno del sistema. Tale tecnica è stata utilizzata da
Khopkar, Rammohan, Ranade & Dudukovic (2005) per analizzare il regime di
allagamento e quello di carico in un recipiente standard.
Un’altra tecnica utilizzata per la determinazione del campo di moto è la Laser Doppler
Anemometry (LDA). Anch’essa è basata su tracciatori riflettenti come la PIV ma sfrutta,
piuttosto che le immagini, la diversa frequenza a cui viene riflesso un fascio di luce
laser rispetto alla frequenza con cui esso incide su una particella. Trascurando tutti i
fenomeni ottici diversi dalla riflessione (rifrazione e diffrazione), il campo di velocità
locale è direttamente proporzionale alla differenza di frequenza. Le tecniche PIV e LDA,
meno costose della CARPT, sono non invasive ma possono essere utilizzate solo in
mezzi trasparenti alla luce laser che si utilizza, quindi in caso di holdup superiori al 5%
perdono efficacia (Khopkar, Rammohan, Ranade, & Dudukovic, 2005; Chen, Kemoun,
Al-Dahhan, Dudukovic, Lee, & Fan, 1999) al contrario della CARPT che si basa su
radiazioni non visibili.
I metodi attualmente disponibili per la misura dell’holdup locale sono: metodo a
capillare fotoelettrico (Greaves & Kobbacy, 1984), anemometria a film riscaldato (Lu &
Ju, 1987), metodo a capacità elettrica (Nienow, Wisdom, & Middleton, 1977b), metodo
della conduttanza elettrica (Bombač, Žun, Filipič, & Žumer, 1997; Bombač & Žun, 2000;
Sun, Mao, & Yu, 2006), metodo basato su sonda a fibra ottica (Wang, Mao, & Yang,
2006) e computed tomography (CT) (Khopkar, Rammohan, Ranade, & Dudukovic,
2005). Quest’ultima ha il vantaggio rispetto alle altre di non essere invasiva e di poter
essere usata per lo studio di sistemi opachi, cioè con holdup globali piuttosto elevati,
ma è molto più costosa. Per quanto riguarda l’holdup globale, Bombač, Žun, Filipič &
Žumer (1997) hanno utilizzato l’ispezione visiva del livello di liquido, calcolandone la
variazione ∆���� e quindi la frazione volumetrica di gas globale come:
���� =
∆����
���� + ∆����
Calderbank (1958) ha proposto la seguente correlazione per l’holdup globale in un
sistema con turbina Rushton:
���� = �
����
����
����
����
∞
�
0,5
+ 2,16 ∙ 10
−4
�
�����
����
����
����
⁄
�
0,4
����
����
0,2
����
0,6
��
����
����
����
∞
�
0,5
18
dove ����
∞
è la velocità terminale di risalita delle bolle, ����
����
è la velocità superficiale del
gas, ����
����
è il volume totale di liquido nel recipiente, ����
����
la densità del liquido, ���� la
tensione interfacciale, ����
����
la potenza gassata. Hughmark (1980) ha invece ottenuto la
seguente correlazione:
���� = 0,74 ∙ �
����
����
��������
����
�
0,5
�
����
2
����
4
������������
����
0,67
�
0,5
�
����
2
����
4
����
32
��������
����
0,67
�
0,25
,
nella quale ���� è l’altezza delle pale e ����
32
il diametro medio di Sauter
1
Oltre alla distribuzione di gas all’interno del recipiente è di notevole interesse
industriale lo studio del coefficiente di trasporto di materia ����
����
, dell’area interfacciale
per unità di volume ���� o del loro prodotto di più semplice determinazione sperimentale
perché calcolabile direttamente dall’equazione di bilancio di materia. Il prodotto ����
����
����
può essere determinato con metodi chimici (Van't Riet, 1979; Metha & Sharma, 1971;
Joshi & Sharma, 1977) o fisici (Van't Riet, 1979; Linek, Benes, Vacek, & Hovorka, 1982).
I primi utilizzano una concentrazione costante di un gas (O
2
, ozono, CO
2
, ecc.) nella
fase liquida sopra o sotto la saturazione; assumendo che il sistema sia perfettamente
miscelato, il bilancio di massa si può scrivere come:
����
����
����(����
����
����⁄ − ����
����
) + ����
����
= 0
. Più
recentemente (Gao, Smith, & Müller-Steinegen, 2001; Moucha, Linek, & Prokopová,
2003) invece sono state proposte correlazioni che assumono la seguente forma:
���� = ����
1
�
����
����
����
����
�
����
2
����
����
����
3
.
in cui ����
����
è la velocità con cui si consuma il reagente, ����
����
e ����
����
le concentrazioni nella
fase gassosa e nella fase liquida rispettivamente, ���� la pendenza della curva di
equilibrio; da quest’ultima equazione si può ricavare ����
����
����. Nei metodi fisici, si utilizza
un’istantanea variazione nella concentrazione di ossigeno della fase gassosa, e si segue
la variazione della sua concentrazione nel liquido tramite un rilevatore; per un sistema
perfettamente miscelato, si può scrivere:
��������
����
��������
= ����
����
����(����
����
∗
− ����
����
)
,
1
Il diametro di Sauter, cioè il diametro medio pesato sui volumi, è così definito:
����
32
=
∑ ����
����
����
����
3
����
∑ ����
����
����
����
2
����
19
in cui ����
����
∗
è la concentrazione di ossigeno all’equilibrio; integrando si ottiene:
�������� �
����
����
∗
− ����
����
����
����
∗
− ����
0
� = −����
����
����(���� − ����
0
)
;
diagrammando ��������(����
����
∗
− ����
����
)
in funzione di ���� si ottengono delle rette la cui pendenza è
pari a (−����
����
����). I metodi che usano il primo approccio sono anche detti metodi statici
(��������
����
��������⁄ = 0), mentre i secondi sono detti dinamici (��������
����
��������⁄ ≠ 0).
Per la determinazione del prodotto ����
����
���� esistono in letteratura delle equazioni
empiriche di uso generale, in funzione di parametri tipici della geometria del sistema.
Un esempio è la seguente (Van't Riet, 1979):
����
����
���� = ���� ∙ �
����
����
����
����
�
����
∙ ����
����
����
.
L’indeterminatezza dei coefficienti ����, ���� e ���� rende questa espressione troppo
dipendente dal sistema in particolare e, inevitabilmente, la validità della procedura di
scale-up dalla scala di laboratorio è poco verificabile e soggetta ad errori, anche in caso
di sistemi geometricamente simili.
Un altro parametro importante nei sistemi gas-liquido è la dimensione delle bolle. La
distribuzione locale delle dimensioni delle bolle (bubble size distribution, BSD) viene
comunemente determinata tramite fotografia (Takahashi, McManamey, & Nienow,
1992; Takahashi & Nienow, 1993; Machon, Pacek, & Nienow, 1997), phase Doppler
anemometry (PDA) (Shäffer, Wächter, & Durst, 2000) e aspirazione con sonda capillare
(capillary suction probe, CSP) (Greaves & Kobbacy, 1984; Barigou & Greaves, 1992a/b;
Alves, Maia, Vasconcelos, & Serralheiro, 2002; Laakkonen, Moilanen, & Aittamaa,
2005). Calderbank (1958) ha fornito un’equazione valida in prima approssimazione per
la determinazione del diametro medio in tutto il volume in caso di recipiente standard,
ma assunta anche come riferimento per il caso dei reattori self-inducing (Forrester,
Rielly, & Carpenter, Gas-inducing impeller design and performance characteristics,
1998):
����
32
= 4,15�
����
0,6
�����
����
����
����
⁄
�
0,4
����
����
0,2
�����
0,5
+ 9 ∙ 10
−4
(����)
Fondamentale da un punto di vista ingegneristico, in un sistema gassato, è la
riduzione di potenza per unità di volume ����.