6
ambientali, in modo da giungere ad una previsione del danno ed alla sua entit in relazione
all ecosistema preso in esame. Inoltre, capire se il degrado Ł comportato da grandi
sollecitazioni o da piccoli impercettibili impulsi protratti nel tempo Ł fondamentale, come
fondamentale Ł definire per diversi ecosistemi la sua capacit di recupero al cessare delle
cause di perturbazione.
Fine del presente lavoro di tesi risulta proprio analizzare, e mostrare, la fattibilit di un
progetto di realizzazione di un impianto energetico e di teleriscaldamento alimentato da
una piccola centrale a biomasse. Una centrale, cioŁ, che proprio mediante la combustione
diretta di materiale ligno-cellulosico di varia origine produca energia utilizzata per il
riscaldamento domestico, civile (teleriscaldamento) e industriale o per la generazione di
vapore di processo.
1.2 Difesa del Sistema ambientale
1.2.1 Il protocollo di Kyōto
La politica globale, da tempo in capo ai paesi industrializzati, si Ł prefissa di operare
una riduzione delle emissioni di elementi inquinanti (biossido di carbonio, ed altri cinque
gas serra, ovvero metano, ossido di azoto, idrofluorocarburi, perfluorocarburi, ed
esafluoruro di zolfo) in una misura non inferiore al 5,2% rispetto alle emissioni registrate
nel 1990, considerato come anno base , nel periodo 2008-2012.
Tavola 1.0 : Totale delle emissioni di biossido di carbonio delle Parti incluse all’Allegato I nel 1990, ai fini
dell’articolo 25 del Protocollo di Kyoto (limitatamente ai dati relativi alla situazione presente in Italia)
Emissioni (Gg) Percentuale
Italia 428 941 3,1
Totale 13 728 306 100,0
Fonte: Il Protocollo di Kyoto, della Convenzione s ui Cambiamenti Climatici , UNICEF 1998.
Il protocollo di Kyōto prevede il ricorso a meccanismi di mercato, i cosiddetti
7
Meccanismi Flessibili: il principale Ł il Meccanismo di Sviluppo Pulito . L’obiettivo dei
Meccanismi Flessibili Ł di ridurre le emissioni al costo minimo possibile; in altre parole, a
massimizzare le riduzioni ottenibili a parit di in vestimento.
Premesso che l’atmosfera terrestre contiene 3 milioni di megatonnellate (Mt) di CO2, il
Protocollo prevede che i paesi industrializzati riducano del 5% le proprie emissioni di
questo gas. Il mondo immette 6.000 Mt di CO2, di cui 3.000 dai paesi industrializzati e
3.000 da quelli in via di sviluppo; con il protocollo di Kyōto, se ne dovrebbero immettere
5.850 anzichØ 6.000, su un totale di 3 milioni. Al giugno 2007, 174 Paesi e
un’organizzazione di integrazione economica regionale (EEC) hanno ratificato il
Protocollo o hanno avviato le procedure per la ratifica. Questi paesi contribuiscono per il
61,6% alle emissioni globali di gas serra (fonte: Ministero dell Ambiente).
Il protocollo di Kyōto prevede inoltre, per i Paesi aderenti, la possibilit di servirsi di
un sistema di meccanismi flessibili per l’acquisizione di crediti di emissioni:
Clean Development Mechanism (CDM): consente ai paesi industrializzati e ad
economia in transizione di realizzare progetti nei paesi in via di sviluppo, che
producano benefici ambientali in termini di riduzione delle emissioni di gas-serra e
di sviluppo economico e sociale dei Paesi ospiti e nello stesso tempo generino
crediti di emissione per i Paesi che promuovono gli interventi.
Joint Implementation (JI): consente ai paesi industrializzati e ad economia in
transizione di realizzare progetti per la riduzione delle emissioni di gas-serra in un
altro paese dello stesso gruppo e di utilizzare i crediti derivanti, congiuntamente
con il paese ospite.
Emissions Trading (ET): consente lo scambio di crediti di emissione tra paesi
industrializzati e ad economia in transizione; un paese che abbia conseguito una
8
diminuzione delle proprie emissioni di gas serra superiore al proprio obiettivo pu
cos cedere (ricorrendo all ET) tali "crediti" a un paese che, al contrario, non sia
stato in grado di rispettare i propri impegni di riduzione delle emissioni di gas-
serra.
A seguito della Conferenza appare evidente che il ricorso all uso sempre piø diffuso
delle fonti di energia rinnovabili si impone come scelta decisiva per la riduzione e il
contenimento dei cosiddetti gas ad effetto serra.
Il problema non Ł solo legato alla reperibilit delle risorse energetiche, quanto degli
effetti sull ambiente di un loro uso incontrollato. Gli interventi tesi alla diffusione delle
fonti di energie di tipo rinnovabile, appaiono una scelta obbligata per I Paesi ad economia
avanzata come pure quelli ad economia emergente. L Italia nell ambito della decisione del
Consiglio dei Ministri dell ambiente dell UE del 17 giugno 1998, si Ł impegnata a ridurre
del 6.5% le proprie emissioni di gas serra rispetto al 1990, corrispondenti ad una riduzione
di oltre 100 milioni di tonnellate equivalenti di CO2 .
1.2.2 Sviluppo Sostenibile
La Commissione Mondiale sull Ambiente e lo Sviluppo ha definito quello che deve
essere il processo di sviluppo futuro, lo Sviluppo Sostenibile appunto. Uno sviluppo che
risponda alle necessit del presente senza comprome ttere la capacit delle generazioni
future di soddisfare le proprie esigenze .
Il consumo mondiale Ł aumentato, portando durante il secolo appena trascorso,
l’impiego di combustibili fossili nell’ordine di cinque punti superiori all’utilizzo che se ne
faceva nel 1950, insieme al bilancio del consumo di acqua, raddoppiato, e il consumo di
legname maggiorato del 40% negli ultimi 20 anni con conseguente diminuzione nella
9
disponibilit forestale. Ci soffermiamo appena su q uesto importante aspetto ricordando che
le foreste mondiali che proteggono il suolo, prevengono le erosioni e regimano le acque e
hanno un ruolo fondamentale nella regolazione del clima, si stanno riducendo a causa dei
tagli sconsiderati e degli incendi. Dal 1970 ad oggi le aree boschive ogni mille abitanti
sono passate da 11,4 km† ad appena 7,3 (ENEA 2004), aumentando di molto la
deforestazione mondiale, e ridotto la biodiversit , per non parlare di altre inevitabili
conseguenze connesse come: effetto serra, buco dell’ozono, desertificazione,
eutrofizzazione delle acque.
Considerando il trend di aumento della popolazione, che nel 2050 sar di oltre 9
miliardi di individui di cui solo 8 nei paesi in via di sviluppo, soddisfare le esigenze di tutti
significher aumentare ulteriormente i consumi. Neg li anni ’70 si cominci a parlare del
conflitto tra crescita economica/demografica e l’ambiente, maturando la consapevolezza
della dimensione planetaria della questione ambientale con la nascita delle associazioni
ambientalistiche, e negli anni ’80 si approd a una nuova visione di sviluppo, tale da non
provocare il progressivo esaurimento delle risorse e capace di auto sostenersi.
Questa definizione risulta importante perchØ ha rappresentato la presa di coscienza, da
parte dei governi dei Paesi industrializzati, che gli attuali problemi ambientali sono la
conseguenza di un uso eccessivo e inappropriato delle risorse naturali. Si Ł definito cos la
Carring Capacity , intesa come concetto per valutare la massima capacit di popolazione
che un ambiente o ecosistema pu sopportare senza c ompromissioni.
Una migliore, dunque, qualit della vita per tutti i cittadini senza incrementare l uso
delle risorse naturali oltre la capacit che l ambi ente ha di fornirle. Nel contesto energetico
l uso sempre maggiore e massiccio di combustibili fossili ha creato molti problemi sociali
ed ambientali. Le stime mostrano che l’attuale consumo di prodotti agricoli, fibra di legno e
10
combustibili fossili comporta una impronta ecologica che eccede la quantit di Terra
ecologicamente produttiva di quasi il 30%, come se avessimo bisogno di un pianeta Terra
piø grande del 30% per sopportare gli attuali consumi senza impoverire gli ecosistemi.
Sviluppo energetico sostenibile a livello ambientale significa, dunque incrementare il
risparmio energetico, promuovendo lo sfruttamento delle energie rinnovabili di pari passo
con lo sviluppo di tecnologie di conversione piø efficienti. Su questo punto entrano di
preponderanza le energie rinnovabili, intese come quelle fonti energetiche che si
rigenerano almeno alla stessa velocit con cui le s i usano, ed hanno impatto ambientale
minore rispetto alle tecnologie tradizionali.
1.2.3 Rete Natura 2000
Importante forma di conservazione degli ecosistemi e per una corretta gestione
ambientale mirata alla salvaguardia dei sistemi biotici in pericolo Ł la costituzione di una
rete di siti ecologici detti di "interesse comunitario" e quindi protetti dagli Stati Membri
della Comunit Europea. Questi siti sono considerat i di grande valore1 in quanto habitat
naturali, in virtø di eccezionali esemplari di flora e fauna ospitati. Le zone protette sono
istituite nel quadro della cosiddetta "direttiva Habitat"2. La costituzione della rete ha
l’obiettivo di preservare le specie e gli habitat per i quali i siti sono stati identificati,
tenendo in considerazione le esigenze economiche, sociali e culturali regionali in una
logica di sviluppo sostenibile. Mira a garantire la sopravvivenza a lungo termine di queste
1
Rete Natura 2000, la direttiva europea Habitat Fau na Flora parla di siti naturali "d’interesse comunitario" , con
riferimento al valore patrimoniale degli habitat. Nel settore della conservazione dalla natura, si pu
distinguere gli habitat, la fauna e la flora secondo la loro rarit : gli habitat d’interesse regional e sono rari in
una regione, ma possono essere presenti altrove in abbondanza. Di stesso per gli habitat d’interesse nazionale
e d’interesse europeo . La rete Natura 2000 si applica dunque a proteggere i siti ecologici rari a livello
europeo, e rappresentativi del patrimonio naturale degli Stati membri dell’Unione europea.
2
Piø precisamente, la direttiva Habitat dalla quale Ł derivata la rete Natura 2000 mira alla protezione degli habitat
naturali, della fauna e della flora. BenchØ queste tre nozioni siano indissociabili (proteggere un habitat naturale
permette di proteggere la fauna e la flora che ci si trovano).
11
specie e habitat e mira a svolgere un ruolo chiave nella protezione della biodiversit nel
territorio dell’Unione Europea.
La costituzione della Rete Natura 2000 Ł prevista dalla Direttiva n. 92/43/CEE del
Consiglio del 21 maggio 1992 relativa alla "Conservazione degli habitat naturali e
seminaturali e della flora e della fauna selvatiche", comunemente denominata Direttiva
"Habitat". L’obiettivo della Direttiva Ł per piø vasto della sola creazione della rete,
avendo come scopo dichiarato di contribuire a salvaguardare la biodiversit mediante
attivit di conservazione non solo all’interno delle aree che costituiscono la rete Natura
2000 ma anche con misure di tutela diretta delle specie la cui conservazione Ł considerata
un interesse comune di tutta l’Unione, e dunque obiettivo comune da perseguire.
Il recepimento della Direttiva Ł avvenuto in Italia nel 1997 attraverso il Regolamento
D.P.R. 8 settembre 1997 n. 357 modificato ed integrato dal D.P.R. 120 del 12 marzo 2003.
La conservazione della bio-diversit europea viene realizzata tenendo conto delle esigenze
economiche, sociali e culturali, nonchØ delle particolarit locali. Ci costituisce una forte
innovazione nella politica del settore in Europa. In altre parole si vuole favorire
l’integrazione della tutela di habitat e specie animali e vegetali con le attivit economiche e
con le esigenze sociali e culturali delle popolazioni che vivono all’interno delle aree che
fanno parte della rete Natura 2000.
Esistono due tipi di siti nella rete Natura 2000: le zone di protezione speciale (ZPS) e
le zone speciali di conservazione (ZSC). I siti sono normalmente scelti dai singoli Stati
membri ma la Commissione pu essere all’origine di una procedura di consultazione
bilaterale se constata che un sito importante non Ł stato inserito nella rete Natura 2000
(articolo 5.1 della direttiva Habitat).
Zone di protezione speciale (ZPS). La direttiva 79/409/CEE chiedeva agli Stati
12
membri dell’Unione Europea di designare delle ZPS ossia dei territori idonei per
numero, estensione e/o localizzazione geografica alla conservazione delle specie di
uccelli minacciate, vulnerabili o rare citate nell’allegato I della direttiva. Il progetto
Important Birds Area (IBA) di BirdLife International serve come riferimento per
istituire le ZPS. Le zone scelte sono dei luoghi di riproduzione, di alimentazione o
di migrazione e sono quindi considerate particolarmente importanti per la
conservazione degli uccelli. La designazione delle ZPS Ł relativamente semplice e
si fa a livello nazionale senza dialogo con la Commissione Europea visto che le
ZPS derivano direttamente dalle IBA3.
Zone speciali di conservazione (ZSC) instaurate dalla Direttiva Habitat nel 1992,
hanno come obiettivo la conservazione di questi siti ecologici, considerati a
protezione speciale.
Le specie di fauna e flora di interesse comunitario, per la rarit , il valore simbolico
o il ruolo essenziale che hanno nell’ecosistema (la cui lista Ł stabilita nell’allegato II
della Direttiva Habitat).
Habitat naturali o semi-naturali d’interesse comunitario, per la loro rarit , o per il
loro ruolo ecologico primordiale (la lista degli habitat Ł stabilita nell’allegato I della
Direttiva Habitat).
1.3 La biomassa come fonte energetica alternativa
Da piø parti l’interesse Ł rivolto verso le biomasse e, piø in generale, verso le fonti
rinnovabili di energia, perchØ il loro impiego Ł acompagnato da benefici sia dal punto di
vista energetico che dal punto di vista sociale ed ambientale.
3
IBA. Important Birds Area
13
L’interesse dell’Italia verso lo sfruttamento delle biomasse Ł legato a diversi motivi
(fonte Ministero Attivit Produttive) :
• produzione energetica fortemente deficitaria (tabella 1.3);
presenza di sottoprodotti e residui agricoli, agro-industriali da smaltire in maniera
ecologicamente corretta;
eccedenza di superficie agricola destinata a coltivazioni alimentare, da utilizzare
per coltivazioni energetiche e o industriali;
terreni agricoli abbandonati, pari a circa 3 milioni di ettari, con alto rischio di
desertificazione e dissesto idrogeologico, su cui procedere con una politica di
riforestazione;
necessit di intervento di manutenzione, con spopol amento di aree montane.
Di contro alcuni vantaggi legati proprio allo sfruttamento delle biomasse legati alla
sostenibilit e la rinnovabilit che si avvalgono d i una grande velocit di rigenerazione che
le rende praticamente inesauribili a patto di gestirle in maniera corretta, cioŁ sostenibile.
Affermare per che le biomasse siano fonti rinnovab ili a nullo impatto ambientale Ł
una grossa forzatura, quel che Ł certo Ł che le emissioni di inquinanti sono al di sotto dei
valori registrati nel caso delle tradizionali fonti di energia fossile, e inoltre sembrano avere
un ruolo fondamentale nella riduzione delle emissioni in atmosfera di zolfo e di anidride
carbonica; infatti le biomasse sono definite fonti energetiche a bilancio nullo di CO2 in
quanto la quantit di CO 2 rilasciata in atmosfera durante la decomposizione Ł uguale a
quella che viene assorbita durante la crescita della biomassa stessa.
Altro aspetto importante Ł legato all’aspetto energetico, infatti il contenuto energetico
delle biomasse pu facilmente ed efficacemente esse re convertito in calore ad alto potere
14
energetico.
A fronte di questi vantaggi, per , questi comb ustibili presentano problemi di ordine
economico e tecnologico, dovuti alle loro specifiche propriet come ad esempio l’umidit ,
ed il costo di trasporto relativamente alto considerando gli stock utilizzabili, e ad oggi non
Ł ancora ottimizzato il loro sfruttamento nei bruciatori esistenti anche per via delle
operazioni di trasporto che rendono negativo il bilancio energetico in termini di CO2. E’
necessario dunque migliorare la comprensione dei complessi fenomeni cui sono soggetti
questi combustibili durante i diversi stadi che contraddistinguono la filiera foresta-legno, e
soprattutto utilizzare un complesso sistema di analisi che riguardi tutte queste fasi.
1.3.1 Il panorama energetico internazionale
Nel 1999 il consumo mondiale di energia ammontava a 9.500 Mtep4 con una
popolazione residente nei paesi industrializzati pari solo al 25% della popolazione
mondiale. I rimanenti di tale popolazione, pratic amente tutti gli altri paesi, non
dispongono a tutt’oggi di adeguati quantitativi di energia al raggiungimento di un livello di
sviluppo in linea con le conoscenze e le tecniche conosciute. Come si prevedeva si ha un
ulteriore aumento dei consumi energetici nell’ordine di un 59% nel periodo compreso tra il
1999 ed il 2010 passando ad oltre 15.000 Mtep all’anno, con una crescita maggiore
registrata in Asia ed America.
Nella tabella 1.1 Ł riportato il consumo mondiale di energia primaria5 nell’anno 2002
per fonti energetiche, con equivalente energetico riferito al petrolio, dato non disaggregato
nelle sue componenti: petrolio, carbone e gas.
4
tep : tonnellate di petrolio equivalente. Una t di petrolio fornisce 10 elevato 7 kcal = 41,86 GJ, in funzione delle kcal
fornite dagli altri combustibili, espressi in quantit equivalenti di petrolio
5
Energia che non Ł stata sottoposta a nessuna trasformazione (conversione o trasposizione)
15
Tabella 1.1 Consumo mondiale di energia primaria nel 2002
Fonte energetica primaria Energia prodotta nel
2002
Energia equivalente
al petrolio (Mtep)
Percentuale
%
Combustibili fossili 8261 Mtep 8261 77.9
Nucleare 2660 TWh6 585 5.5
Idro geotermoelettrico 2676 TWh 589 5.5
Biomasse&Rifiuti 1119 Mtep 1119 10.5
NFER 251 TWh 55 0.52
Totale rinnovabili 1763 16.6
TOTALE ENERGIA 10609 100
Fonte: IEA rapporto Energy Outlook 2004.
A parte le rinnovabili tradizionali Ł estremamente significativo che le NFER (nuove
fonti energetiche rinnovabili), rappresentate da: eolico, fotovoltaico, biomasse da
coltivazioni energetiche e biocombustibili, contribuiscano al bilancio energetico mondiale
con lo 0,52%. Ci significa che pure ammettendo una notevole accelerazione nello
sviluppo di queste nuove fonti dovremmo ancora attendere alcuni decenni perchØ possano
rappresentare seriamente una valida alternativa alle fonti tradizionali.
Secondo uno scenario evolutivo ci si aspetta che il petrolio continui a mantenere la
stessa posizione fino a tutto il 2020, con un aumento del consumo annuo mondiale del
2,3%, ovvero passando da 75 a 120 milioni di barili al giorno.
1.3.2 Conversione energetica delle biomasse
L’utilizzo a fini energetici delle biomasse pu essere vantaggioso quando queste si
presentano concentrate nello spazio e disponibili con sufficiente continuit nell’arco
dell’anno, mentre un’eccessiva dispersione sul territorio ed una troppo concentrata
stagionalit dei raccolti rendono difficili ed oner osi la raccolta, il trasporto e lo stoccaggio.
La produzione di energia attraverso l’uso di biomasse Ł comunemente detta
biopower . Le tecnologie biopower convertono i combustibili rinnovabili della biomassa
6
1TWh = 10 elevato 6 Mwh; (fattore di conversione 1 Twh = 0,22 Mtep)
16
in calore ed elettricit , utilizzando apparecchiatu re analoghe a quelle usate
tradizionalmente con i combustibili fossili.
I processi di conversione possono suddividersi in biochimici e termochimici.
I primi permettono di ottenere energia per reazione chimica, dovuta al contributo di
enzimi, funghi e microrganismi che si formano nella biomassa sotto particolari condizioni.
Questi processi sono adatti a quelle biomasse in cui il rapporto C N־„ < 30 < N C e
l’umidit alla raccolta superiore al 30%. Risultano, dunque, idonei a questa tipologia di
processo le colture acquatiche, alcuni sottoprodotti colturali, i reflui zootecnici e la
biomassa eterogenea immagazzinata nelle discariche controllate.
I processi di conversione termochimica sono basati, invece, sull’azione del calore che
permette le reazioni chimiche necessarie a trasformare la materia in energia e sono
utilizzabili per i prodotti ed i residui cellulosici e legnosi in cui il rapporto C N־„ abbia
valori superiori a 30 ed il contenuto d’umidit non superi il 30% . Le biomasse piø adatte a
subire questi processi sono la legna, i suoi derivati, i piø comuni sottoprodotti colturali di
tipo ligno-cellulosico e gli scarti agricoli.
1.3.3 La situazione in Europa
Nel 2003 il 18,7% della domanda mondiale di energia primaria spetta all’Europa
occidentale, con particolare rilevanza dei 15 Paesi dell’UE con il 15,4%. L’analisi della
composizione per fonti mette in evidenza la grande importanza che il petrolio riveste nella
copertura del fabbisogno energetico dell’UE con il 42,7% seguito dal Gas naturale con il
24,3% e dal carbone a cui spetta un 14,9%. La parte restante del fabbisogno Ł coperta
dagli apporti dell’energia nucleare e delle fonti rinnovabili sia tradizionali che nuove.
La tabella 1.2 riporta, in base al monitoraggio effettuato nell’ambito del progetto
17
EurObser’ER finanziato dal programma Altener, come le fonti rinnovabili abbiano
rappresentato nel 2000 il 5,57% del consumo interno lordo di energia primaria, con una
crescita rispetto al 1995 di soli 0.25 punti percentuali. Incrementi interessanti sono stati
rilevati per l’eolico e fotovoltaico che per in valore assoluto rappresentano una quota
molto limitata; globalmente il Trend di crescita appare largamente insufficiente per il
raggiungimento degli obiettivi posti dal Libro Bianco per le Fonti Rinnovabili dell’Unione
Europea.
Tabella 1.2 Consumi energetici da fonti rinnovabili nell’UE (Mtep/anno)
Fonte 1995 2000 20107
Biomasse 44,80 48,65 135,00
Idroelettrico 24,80 27,00 28,80
Geotermia 2,50 3,42 5,20
Eolico 0,35 1,83 6,89
Solare termico 0,26 0,38 4,00
Solare PV 0,002 0,011 0,260
TOTALE 72,71 81,29 180,15
Consumo interno lordo 1.366 1.460 1.581
QUOTA RINNOVABILI (%) 5,32 5,57 11,39
Fonte: progetto EurObserv’ER, programma ALTENER
Tali obiettivi, riportati nell’ultima colonna della Tabella 1.2, mirano in sintesi ad un
raddoppiamento del contributo delle fonti rinnovabili alla produzione totale di energia
primaria entro l’anno 2010.
L’importanza che l’UE attribuisce alle fonti energetiche rinnovabili Ł ben evidente nel
testo della Direttiva 2001/77/CE del Parlamento Europeo e del Consiglio sulla
promozione dell’energia elettrica prodotta da fonti energetiche rinnovabili nel mercato
interno dell’elettricit , fissando anche le regole ai Paesi membri per il monitoraggio del
raggiungimento degli obiettivi posti dalla stessa. Il potenziale di sfruttamento delle fonti
energetiche rinnovabili, dice la direttiva, Ł attualmente sotto-utilizzato nella Comunit e
7
Obiettivi Libro Bianco dell’Unione
18
che quest’ultima riconosce la necessit di promuovere in via prioritaria le fonti energetiche
rinnovabili, poichØ queste contribuiscono alla protezione dell’ambiente e allo sviluppo
sostenibile e danno la possibilit di creare occupa zione locale con effetti positivi sulla
coesione sociale, sulla maggiore sicurezza degli approvvigionamenti energetici,
riscontrabile attraverso una fiorente produzione interna, e alla possibilit di raggiungere
con maggiore facilit gli obiettivi del protocollo di Kyōto (riduzione delle emissioni
dell’8% nel periodo 2008 2012 rispetto ai valori de l 1990).
Gli stati membri dell’Unione sono stati esplicitamente invitati a recepire la direttiva
dandosi obiettivi vincolanti e ambiziosi a livello nazionale perchØ possano essere raggiunti
quelli comunitari. A tal fine la Commissione europea, ai sensi dell’articolo 3 della direttiva
2001/77/CE, Quota dell’energia rinnovabile nell’Ue ha ratificato nel 26 maggio 2004 il
Trattato.
1.3.4 La situazione in Italia
L’analisi del fabbisogno di energia primaria per fonti, riferita al periodo 2001-2003 fa
registrare una riduzione nei consumi di petrolio pari all’1,4% con una tendenza parallela
all’aumento dei consumi di carbone e gas naturale, che crescono rispettivamente all’8% e
del 9,4%, forse grazie proprio alla loro convenienza, soprattutto per il gas naturale, rispetto
alla prima fonte. Il settore termoelettrico, infatti, ha assistito ad un Trend di riconversione
di centrali a olio combustibile, all’entrata in funzione di centrali a ciclo combinato e
all’adeguamento di diverse centrali a carbone agli standard ambientali richiesti, che impone
ulteriori riduzioni all’uso del petrolio come fonte energetica.