D’altra parte è innegabile come queste espressioni riconducibili ad
una religiosità popolare, a cui si contrappone una religiosità alta,
ovvero canonica, siano in realtà gli elementi costitutivi e
caratterizzanti la religione cristiana di fede cattolica.
La dicotomia cultura egemonica/cultura subalterna, proposta da
Gramsci, esprimeva “una contrapposizione fra le concezioni del
mondo e della vita degli strati subalterni della società e le
concezioni del mondo “ufficiali”, espressione delle classi
dominanti
2
”. Tale contrapposizione non è comunque così netta e le
parti così distinte, volendola riproporre all’interno della religione, i
piani e i confini diventano quanto di più indefinibile, le incursioni
reciproche dell’una nell’altra pressoché continue. Si possono citare
infiniti esempi di espressioni di religiosità popolare accolte e
inserite in ambiti liturgici ufficiali, ci si riferisce ad esempio alla
benedizione del cavallo da parte del sacerdote della contrada a
Siena, alla benedizione delle rose in occasione della festa di santa
Rita, a vari momenti della corsa dei ceri di Gubbio, solo per citare i
più eclatanti.
La lunga tradizione della ricerca demologica italiana, che
inizia con Giuseppe Pitrè, ipotizza che la cultura ufficiale e la
cultura popolare, rappresentino due livelli diversi, con basi comuni
e distinte modalità di espressione.
2
Voce: Cultura egemonica/cultura subalterna, in Dizionario di Antropologia, a
c.d. Fabietti U. e Remotti F., Zanichelli Bologna 1997
2
E a confermare la direzione presa da questo filone di studi è forse
sufficiente citare il titolo della seconda parte del testo “Sud e
Magia
3
” di De Martino: “Magia, cattolicesimo e alta cultura”.
Si può quindi considerare come accertata l’esistenza di modalità
diverse di esperire il vissuto religioso e di esprimerlo, modalità a
volte difficilmente classificabili e definibili nella loro
appartenenza, spesso in conflitto in quanto l’espressione ufficiale
non rinuncia al suo ruolo normativo e a considerarsi comunque ad
un livello superiore.
La scelta dell’oggetto della ricerca presentata in queste
pagine è stata in realtà casuale. Infatti, poco più di due anni fa,
stavo orientandomi per scegliere l’argomento della mia tesi e la
prima idea era stata di partecipare alla “ruta jacobea” per
approfondire i vari aspetti della crescente e rinnovata
partecipazione al “cammino di Santiago di Compostela”. Stavo
quindi studiando le apparizioni mariane e i luoghi di
pellegrinaggio, quando mi sono imbattuta in un articolo in cui si
parlava di Montevergine e del particolare patronato attribuito a
Mamma Schiavona dalle persone omosessuali e transessuali di
Napoli. La notizia era sufficientemente curiosa, ne feci partecipe la
professoressa Fiorella Giacalone che immediatamente mi propose
di farne l’argomento della mia tesi. Riposti quindi la bisaccia, il
bastone, la conchiglia e le credenziali del pellegrino, iniziai a
percorrere un itinerario assolutamente imprevisto, al termine del
quale percepisco quanto sia stato importante, e quale ricchezza
interiore ne sia derivata.
3
De Martino E., Sud e Magia, Feltrinelli Milano 1959
3
L’incontro con modalità devozionali assolutamente altre da
quello che è il mio patrimonio culturale e spirituale, è stato
sicuramente l’aspetto più coinvolgente, la commozione profonda
che mi ha invaso, nonostante le mie resistenze, ascoltando in
particolare “Regina de lu cielo”, è stata la sorpresa più
inaspettata…
Inevitabilmente le osservazioni partecipanti si sono alternate alle
fasi di studio e di scrittura, di orientamento della ricerca, di
approfondimento e di crescita personale.
Il capitolo più sofferto è stato senz’altro “L’Abate”,
ovviamente per la parte in cui si sono analizzati i documenti del
Magistero della Chiesa Cattolica. Come cattolica, ritengo certe
posizioni della Congregazione per la Dottrina della Fede non
condivisibili. E proprio prendendo coscienza che il Magistero in
realtà non sa di chi parli quando si pronuncia su questi argomenti,
ho iniziato ostinatamente a non sostantivare più gli attributi
omosessuale e transessuale, anche a costo di appesantire il testo.
Per cui nella tesi non si trovano “gli omosessuali” e “i
transessuali”, ma solo persone omosessuali e transessuali, convinta
che tali attributi definiscano solo una parte della ricchezza di una
persona, non la sua intera sostanza.
L’incontro con le persone del gruppo “Nuova Proposta” di
Roma è stato una ulteriore conferma di quanto stavo percependo, la
sintonia con la loro spiritualità è stata assoluta. Il capitolo
“L’Abate” si conclude ponendo una domanda sull’amore, che il
Magistero nei suoi documenti non prende mai in considerazione,
mentre “Nuova Proposta” ha pubblicato un opuscolo intitolato
4
“Omosessualità: un altro nome dell’amore”; e il loro slogan
riprodotto nel loro sito e nelle loro T-shirt è “prima di tutto
persone”.
Questa ricerca non è un testo militante, non era mia
intenzione sostenere una tesi, un principio o il riconoscimento di
diritti. I testi del Magistero sono stati presi in esame per capire in
base a quali informazioni poteva accadere che un vescovo si
arrogasse il diritto di cacciare alcune persone da una chiesa, ovvero
capire se queste persone erano già state cacciate dalla Chiesa.
La religione cristiana di fede cattolica sembra secolarizzarsi
sempre di più, il bisogno di affermarsi in una società secolarizzata
porta a temere e a guardare con sospetto quelle espressioni di fede
che non rientrano del tutto nei canoni previsti. Ma se è vero, come
scrive William Shakespeare nell’Amleto, che ci sono più cose in
cielo e in terra di quante possa averne sognate la filosofia di
Orazio, probabilmente è anche vero che ci sono più cose del cielo
in terra di quante possano prevederne i nostri teologi.
5
I PARTE
6
Capitolo Primo METODOLOGIA DELLA
RICERCA
La scelta dell’oggetto della ricerca di cui si riferisce in
questa tesi è scaturita a margine di uno studio sulle apparizioni
mariane e sui santuari ad esse collegate. Casualmente, come può
essere casuale un risultato di un motore di ricerca in internet, si è
venuti a conoscenza di un articolo di giornale in cui si descriveva la
visita, in forma quasi privata, che l’on. Vladimir Luxuria aveva
fatto al santuario di Montevergine, durante la campagna elettorale.
La notizia che esistesse una Madonna patrona delle persone
omosessuali e transessuali non poteva passare inosservata, così
anche grazie allo stimolo fornito dalla professoressa Fiorella
Giacalone, si è iniziato a valutare l’idea di farne l’argomento della
tesi di laurea specialistica.
7
Tale ricerca si ispira, per tema e per impostazione, al filone
di studi demologici italiani, che ha in Ernesto De Martino il suo
rappresentante più illustre. Si ritiene quindi corretto affermare la
consapevolezza dell’esistenza di vari livelli di cultura, ufficiale e
popolare, livelli che si propongono in modalità simili nella
religione cristiana di fede cattolica. D’altra parte Clifford Geertz
nel suo “Interpretazione di culture
4
”, testo fondante e fondamentale
della antropologia interpretativa, definisce la religione un sistema
culturale
5
“un sistema di simboli che opera (o funziona)
stabilendo profondi, diffusi e durevoli stati d’animo e
motivazioni negli uomini per mezzo della formulazione
di concetti di un ordine generale dell’esistenza e del
rivestimento di questi concetti con un’aura di
concretezza tale che gli stati d’animo e le motivazioni
sembrano assolutamente realistici”
6
.
Accogliendo il concetto che la religione sia un sistema culturale, o
meglio anche un sistema culturale, si deve accettare che al suo
interno si formino i diversi livelli di cultura a cui si faceva
riferimento precedentemente. E inevitabilmente potremo rilevare
aspetti conflittuali, sia nel rivendicare una maggiore autenticità
nell’adesione ai principi della fede, in questo caso cristiana, sia
nella considerazione di superiorità da parte dei rappresentanti della
4
Geertz C. Interpretazione di culture, Il Mulino- Bologna 1972
5
Geertz C. La religione come sistema culturale pp. 111-159, in Interpretazione
di culture, Il Mulino- Bologna 1972
6
Ibidem
8
cultura egemone (leggi gerarchia) rispetto ai rappresentanti della
cultura subalterna (leggi popolo di fedeli).
Nello scenario italiano, l’adesione dei fedeli alla pratica
religiosa e all’osservanza dei precetti morali registra nella
maggioranza un notevole livello di saltuarietà, ma proprio da questi
fedeli è costituita la “Chiesa di popolo”
7
.
Alla luce di quanto scritto le modalità devozionali delle
persone omosessuali e transessuali, e del popolo dei tammorari
campani, ma anche le modalità, più elaborate dal punto di vista
concettuale, del gruppo Nuova Proposta, dovrebbero collocarsi
all’esterno del corpo sociale cattolico. Ma, se si portasse alle
conseguenze più estreme questo meccanismo di esclusione,
sarebbero ben pochi i fedeli da includere, rischiando che della
religione cristiana di fede cattolica non resti che un guscio vuoto.
L’impegno per questa ricerca è durato circa due anni, in
questo arco di tempo si è alternata l’osservazione partecipante, lo
studio e gli approfondimenti storici, giuridici e antropologici, ed
anche diversi brevi spostamenti su e giù per l’Italia così da
considerare personalmente questa tesi come un unico viaggio, in
più tappe, che ha portato all’incontro con molte persone e a
conoscere realtà nuove e, se l’unico scopo di un viaggio è
viaggiare, è vero anche che se la realtà non fosse così multiforme
verrebbe a mancare anche quest’unico scopo.
7
Cfr. Magister S. Poco praticanti e poco virtuosi. Ma sono loro che fanno
Chiesa di popolo in www.chiesa 11/09/2008 fonte chiesa.espresso.repubblica.it
9
Una delle prime cose che andava fatta era delimitare
l’oggetto della ricerca, infatti ci si rese presto conto che il rischio
principale era quello di disperdersi tra i numerosi spunti offerti al
ricercatore dalla realtà di un santuario campano, con quasi mille
anni di storia, senza contare gli insediamenti pre-cristiani.
In un primo momento, sull’onda dei primi incontri con
Marcello Colasurdo, ci si era indirizzati ad impostare la ricerca
quasi in senso evoluzionista, prendendo in esame il processo di
sostituzione che ha visto la figura della Madonna venire collocata
in molti dei luoghi e dei santuari in precedenza sedi del culto
dedicato alle dee madri (Cerere, Demetra, Cibele, ecc…). A favore
di questa impostazione poteva considerarsi il fatto che i sacerdoti
del culto di Cibele, i galli, erano uomini che si eviravano per
servire la dea e questo poteva in qualche modo collegarsi alla
devozione dei femminielli per Mamma Schiavona, il cui santuario
sorge sulle rovine di quello dedicato a Cibele. Ma una
impostazione di tipo evoluzionista rischiava di risultare datata e
soprattutto scontata.
Quello che andava delineandosi come ambito di maggiore
interesse per la ricerca non era tanto l’aspetto storico evoluzionista,
quanto esaminare i tre soggetti, Mamma Schiavona, il femminiello
e l’abate, quali attori delle particolari dinamiche creatisi
nell’espressione della devozione dei femminielli per Mamma
Schiavona. Delimitando la ricerca per quanto possibile alla loro
descrizione e ponendo in evidenza gli aspetti conflittuali in atto tra
il femminiello e l’abate, ma anche tra il Magistero della Chiesa
Cattolica e le persone omosessuali credenti.
10
A questo punto il rischio maggiore era quello di produrre un
testo militante o che si prestasse ad essere interpretato come tale. Si
ritiene di essere riusciti ad evitarlo, esercitando un attento lavoro di
critica ai testi prodotti dall’una o dall’altra parte coinvolta nella
dinamica conflittuale.
La ricerca è stata strutturata dedicando un capitolo ad
ognuna delle figure analizzate. Si è dapprima trattato il capitolo
dedicato a Mamma Schiavona, ovvero all’icona venerata nel
santuario di Montevergine. Si è voluto dare spazio alla diatriba tra
storici circa l’attribuzione e la datazione di questa immagine molto
particolare. Quello che sembrava di particolare interesse era porre
in luce la rigidità della posizione espressa da padre Placido Mario
Tropeano
8
, attuale direttore della biblioteca del monastero, e
l’atteggiamento dell’archeologa Margherita Guarducci
9
, che si dice
convinta di aver dimostrata l’origine costantinopolitana del dipinto.
In questa sede non interessa più di tanto dimostrare chi abbia
ragione, ma in particolare come vengano sostenute le ragioni
dell’una e dell’altra parte. Per lo storico, legato alla cultura
monastica virginiana, ogni ipotesi alternativa all’attribuzione a
Montano d’Arezzo e alla datazione medievale è pura fantasia;
l’archeologa, che si presuppone portatrice di metodologie
scientifiche, porta a sostegno della sua tesi solo deduzioni che non
possono basarsi sull’analisi diretta del dipinto. Questo perché i
monaci sono talmente certi di aver ragione da non ritenere di
nessuna utilità, e dunque non autorizzare, alcuna indagine
8
Tropeano P. M. Santa Maria di Montevergine- Storia e Tradizione-Fede e
Folklore- Ed. Padri Benedettini Montevergine 2000
9
Guarducci M. La più antica icone di Maria: un prodigioso vincolo fra oriente e
occidente Istituto Poligrafico e Zecca dello Stato-1989
11
scientifica dell’icona. Si richiede quindi una sorta di atto di fede a
quanti siano interessati ad approfondire la questione.
12