5
vita utile definita, che costituisce il presupposto per un trattamento di questo tipo.
L avviamento, per le imprese che applicano i principi IAS/IFRS, viene iscritto in
bilancio come un attivit a vita utile indefinita, con la verifica periodica
dell esistenza di perdite di valore ( impairment test). Assume un importanza
fondamentale quindi l impairment test, che va in un certo senso a sostituire
l ammortamento. Concettualmente, questo significa che l attivit sottoposta ad
impairment test ha una vita utile finita, anche se non definita in base ad un piano
di ammortamento pensato al momento dell acquisizione dell attivit stessa.
Il secondo capitolo si incentra, poi, sul contributo degli intangibile assets alla
creazione del valore e su quanto il capitale umano, organizzativo nonchØ
strutturale partecipino alla catena del valore. Ė stato dunque approfondito il
concetto di capitale intellettuale che, come ha affermato Stewart nel 2001,
comprende proprio i valori intangibili creati dall attivit intellettuale. Il capitolo si
conclude con un quadro dei maggiori fattori intangibili di competitivit e con una
panoramica delle metodologie di misurazione del capitale intangibile presenti.
Il terzo capitolo, centro di tutto il lavoro, si basa su un analisi empirica, condotta
su un panel di 37 banche europee e per il periodo 2002-2007. Attraverso l analisi
dei documenti contabili (bilanci d esercizio, bilanci sociali) presenti sui siti
ufficiali delle banche di riferimento e precisamente nella sezione Investor
Relation, si Ł tentato di ricostruire il trattamento degli intangibles: come cambia
negli anni? Qual Ł la differenza tra il contesto italiano e quello delle restanti
banche europee analizzate? Per un analisi piø approfondita Ł stato utilizzato il
metodo ideato da Baruch Lev nel 1999 e noto come Knowledge Capital Earning;
metodo che stima il valore delle attivit intangibi li di un organizzazione, come
quota di utili normalizzata che eccede gli utili imputabili agli assets tangibili e a
quelli finanziari. Sono stati poi calcolati altri indici, che sono serviti per valutare
quanto le banche analizzate investono nel capitale umano, nonchØ riprodotti i
valori degli intangibles e del goodwill affioranti dai bilanci. L analisi termina con
una valutazione personale, ma basata su aspetti oggettivi che saranno mostrati nel
prosieguo della trattazione, che mira a dare un giudizio alla dotazione, alla
disclosure, alla definizione e alla classificazione degli intangibiles. Items, questi
6
ultimi, essenziali per riuscire a dare una valutazione, anche se solo di natura
qualitativa, a questi fattori che purtroppo sembrano invisibili di nome e di fatto.
BICE VALENTINA IACOBELLI
7
8
CAPITOLO 1
Intangible Assets: dalle origini al contesto attuale
Introduzione
Un tempo si parlava di impresa capitalistica, intesa come luogo fisico in cui
capitale e lavoro si combinavano per la produzione di beni e servizi destinati al
mercato e dove il valore del capitale era misurato dal patrimonio netto (somma dei
conferimenti e degli utili non distribuiti). Uso il passato perchØ l impresa
capitalistica non pu piø essere considerata la rea lt ; dalle analisi effettuate non
emerge piø una perfetta relazione tra il valore contabile del patrimonio e quello
che il mercato gli attribuisce. La differenza tra questi due valori Ł attribuibile agli
intangibles. Nel breve volgere di pochi anni, l attenzione per le tematiche legate a
questo tipo di risorse appare in costante crescita1; il livello stesso di
consapevolezza su questa tematica sembra notevolmente piø approfondito rispetto
solo a qualche anno fa e questo lo si deve all emergere e all affermarsi della
cosiddetta knowledge economy. La conoscenza rappresenta uno dei beni piø
preziosi, Ł un patrimonio vitale che permette di creare un valore aggiunto e senza
il quale non Ł possibile creare innovazione, cambiamento, rinnovamento. Non
esiste una enunciazione unanimemente accettata del knowledge management
(letteralmente gestione della conoscenza ), ma, da un analisi della letteratura2,
potrebbe indicativamente essere definito come la funzione di sviluppo e gestione
delle risorse relative alle conoscenze tangibili (attivit di ricerca e sviluppo,
brevetti, database dei clienti, dei fornitori e dei concorrenti) e alle conoscenze
intangibili (skills, esperienze, competenze delle persone inserite
nell organizzazione).
1
Per approfondimenti sul tema: M. Bianchi, Il management degli asset intangibili, Ipsoa, Milano,
2004; E. Corvi, Spazio all intangibile , in Milano Finanza, 2004; L. Guatri, Valori e intangibles
nella misurazione della performance aziendale. Un percorso storico, Egea, Milano, 1997; H.
Itami, Le risorse invisibili, Isedi, 1998; B. Lev, Intangibles: gestione, valutazione e reporting
delle risorse intangibili delle aziende, Etas, Milano, 2003.
2
Sul tema: AA.VV., Knowledge management Le nuove figure e i modelli aziendali per gestire
la conoscenza , in Amministrazione e finanza, n.2, 2000; E. Geretto, Criticit dell adozione
modelli di knowledge management nelle banche italiane , 26 convegno AIDEA , Udine, 14 e 15
novembre, 2003; M. Mesenzani, R. Morici, P. Sensini, R. Di Marcantonio, Il knowledge
management per le banche e le istituzioni finanziarie: organizzazione e tecnologie per favorire il
cross selling e aumentare la customer profitability , in APB News, n. 1, 2002.
9
A livello italiano e internazionale si sta sviluppando un fortissimo interesse per la
misurazione e la rappresentazione delle risorse intangibili; Ł noto come numerosi
e innovativi metodi di misura e valorizzazione degli intangibles siano stati
proposti in letteratura negli ultimi anni3. La propagazione di tali modelli nella
prassi aziendale e professionale Ł risultata per molto piø rallentata; situazione
dovuta probabilmente allo scetticismo che ruota intorno alla valutazione degli
intangibles, la quale risulta soggettiva e cos troppo lontana dalla realt
tradizionale del bilancio.
Come ci si aspettava, le risorse invisibili hanno fatto il loro ingresso in tutti i
settori, compreso quello dell intermediazione finanziaria. Dopo la
regolamentazione del settore finanziario, avutasi negli anni 90, le banche, infatti,
hanno finalmente preso coscienza della loro natura di imprese e quindi, al pari di
esse, vedono gli intangibles come risorse preziose per la creazione di valore.
Ma come, quando e perchØ sono nati gli intangibles?
1.1 Le origini
I primi contributi del Capitale Intangibile al processo di creazione del valore,
risalgono al capitalismo dell ottocento pre-fordista, ossia alla fase introduttiva del
capitalismo industriale nato in Gran Bretagna e poi successivamente diffusosi
nell Europa Continentale. Si tratta di un periodo caratterizzato da forte scarsit di
tecnologia, ove i metodi di produzione erano fondati su processi di trasformazione
fisica di materie prime in prodotti finiti. Per l avvento di nuove tecniche di
produzione dobbiamo attendere i contributi di Ford e Taylor (primi anni del 900)
basati rispettivamente sulla scomposizione del prodotto e la parcellizzazione del
lavoro in fasi elementari. Cos , l impresa intrapr ende il cammino verso la sua
trasformazione in un sistema complesso, in cui il patrimonio conoscitivo si
trasferisce dai beni strumentali all organizzazione. Prende avvio il distacco
irreversibile tra la produzione del valore e la mera fisicit dei beni" 4.
3
Tra i metodi di misurazione piø conosciuti: EVA (Economic Value Added), Knowledge Capital
Earnings, Market-to-book ratio, Value Chain Scoreboard, IAM (Intangibles Assets Monitor),
BSC (Balanced Scorecard).
4
Vedi M. Doria, Intangible assets come driver per la creazione di valore , in Il sole 24 ore, 24
agosto 2004.
10
Il grosso passo in avanti in merito agli intangibles risale alla seconda met degli
anni 90 quando, in particolare, si verificarono grossi cambiamenti a livello
politico e sociale, accompagnati da forti problematiche ambientali e
globalizzazione dei mercati. Tutti questi sconvolgimenti provocarono il
cambiamento delle attese dei consumatori e, di conseguenza, l intensificazione
della crescita a livello di complessit che, a loro volta, portarono alla
smaterializzazione dei processi di creazione del valore. Si passa ad una economia
in cui predominano i valori d uso, in cui si tende a differenziare i prodotti in base
alle esigenze del cliente, con l abbandono totale d i una economia basata sui valori
di scambio, ove i beni erano standardizzati e non personalizzati. Questo
cambiamento Ł dovuto a tecnologia, informazione, capacit e conoscenza, tutti
elementi intangibili determinanti per il successo e l affermazione dell impresa.
Da una economia industriale, caratterizzata da una produzione di massa, si passa
ad una economia attuale definita economia della co noscenza , sempre piø legata
all intangibile. Alcuni elementi5 caratterizzano la nuova impresa rispetto a quella
dell era industriale:
• LA PRESENZA DI UNA MAGGIORE DEVERTICALIZZAZIONE: le forme
tradizionali dell organizzazione d impresa, basate su meccanismi
gerarchici, sono state sostituite da strutture piø flessibili, caratterizzate da
continui scambi di informazioni, legami e interazioni tra aziende
(decentramento);
• LA PRESENZA DI UN ELEVATA INTERCONNESSIONE: nascono e maturano le
relazioni con gli stakeholders aziendali, le quali creano vantaggi
economici per l azienda;
• L ACCRESCIUTA RILEVANZA DELLE FASI PRE E POST PRODUZIONE: a seguito
del forte grado di conoscenza, contenuto in ogni prodotto, la fase che
precede la produzione Ł fondamentale per la creazione di valore e la fase
che segue la produzione Ł necessaria per potenziarne il valore attraverso la
diversificazione;
5
Cfr. S. Veltri, Sistemi di misurazione del capitale intellettuale dell azienda , Franco Angeli
editore, Milano, 2007.
11
• LA CENTRALIT DEL RUOLO GIOCATO DAL FATTORE UMANO : aumenta
l importanza del capitale umano di qualit impiegat o in azienda;
• LA CENTRALIT DEL RUOLO GIOCATO DALL INNOVAZIONE: da esigenza
diviene obbligo per la sopravvivenza dell azienda;
• IL NUOVO RUOLO STRATEGICO GIOCATO DALLA TECNOLOGIA: i legami con
fornitori, clienti e dipendenti diventano sempre meno fisici e piø virtuali.
Il successo competitivo di un azienda si misura, dunque, in base alla capacit di
creare, utilizzare e controllare il flusso di conoscenza e gli intangibili.
Da una ricerca condotta da il sole 24 ore emerge che, il primo Paese ad
occuparsi della valorizzazione del capitale umano che si Ł aggiudicato
l appellativo di patria degli assets intangibili, Ł la Scandinavia. La prima societ al
mondo che ha pubblicato un bilancio del capitale intellettuale (met anni 90) Ł
stata Skandia, la multinazionale svedese del settore bancario e assicurativo, subito
imitata dalla Microsoft di Bill Gates. Il gruppo Skandia Ł stato il primo a istituire
la figura del Chief Knowledge Officer (Cko) e dunque a far emergere l attenzione
crescente per i beni intangibili degli intermediari finanziari.
La situazione attuale vede ampiamente riconosciuto il ruolo delle risorse invisibili
in tutti i settori, in quanto tali assets rappresentano fonti della capacit , per
l impresa e per i soggetti che partecipano ad essa, di produrre reddito e di
continuare a vivere e competere con le altre imprese.
Negli ultimi vent anni ci sono stati sviluppi e intuizioni nella ricerca e nella
concettualizzazione; a proposito di ci Ł significativo richiamare i seguenti filoni
di studi6:
• LA TEORIA DEL CAPITALE UMANO, che ha riconosciuto l importanza
dell istruzione e del progresso tecnico scientifico (Becker, 1975);
• le metodologie sviluppate in materia di qualit , at traverso IL TOTAL QUALITY
APPROACH, con una prospettiva orientata all attenzione per il cliente
(Juran, 1964 - Deming, 1982);
• LA VISIONE DELL IMPRESA COMPETENCE BASED, che pone alla base della
competitivit dell impresa, la capacit di fare, le conoscenze e le qualit
professionali - organizzative possedute (Hamel Pr ahalad, 1995);
6
Cfr. G. Rebora, Le risorse intangibili e il valor e della banca , in Liuc Papers, n.125 luglio 2003.
12
• GLI STUDI SULL APPRENDIMENTO ORGANIZZATIVO, che sottolineano la
necessit per le organizzazioni di modificarsi in b ase ai cambiamenti del
contesto in cui operano (Senge, 1990);
• L IMPORTANZA DELLA CAPACIT DI CREARE VALORE (Drucker, 1993
Nonaka - Takeuchi, 1995);
• LA CULTURA ORGANIZZATIVA, che ha messo in luce fattori tipicamente
intangibili quali: valori, significati, simboli (Schein, 1985);
• LA PROSPETTIVA DEL PEOPLE VALUE, la quale afferma come la capacit di
attrarre e mantenere risorse professionali di qualit e dotate di talento,
costituisca il modo migliore e piø semplice per arrivare al successo
(Ulrich, 1997 O Reilly III - Pfeffer, 2000).
Ė partendo da tale quadro che si arriva alla classificazione delle risorse intangibili.
1.2 Definizioni e classificazioni di intangibile : una review della letteratura
Sarebbe scontato e immediato dare una definizione di intangibile assets, ma i
numerosi campi di applicazione di tali beni, la loro natura e il loro elevato grado
di eterogeneit rendono molto difficoltosa l operaz ione di delineazione del
concetto di intangibile. Di fatto non esiste una definizione univoca, nØ tanto meno
attendibile, di capitale intangibile; si Ł soliti, dunque, parlare semplicemente di un
elemento privo di fisicit , definizione alquanto sc arna. Ė dunque opportuno
ripercorrere le varie definizioni proposte nel tempo.
Uno dei primi economisti a parlare di risorse invisibili Ł Hiroyuki Itami nel 1988.
Egli definiva gli Invisible Assets come le risorse basate sull informazione o che
la incorporano 7. Il concetto di informazione introdotto da Itami Ł inteso in senso
ampio: esso comprende sia le risorse informative possedute al suo interno (come il
know-how tecnologico), sia le risorse prodotte dall impresa e che migliorano
l immagine della stessa presso gli attori con i quali interagisce (come la stima, la
credibilit , la marca, la reputazione, la fiducia). Secondo un approccio di Itami,
risorse invisibili e flussi informativi sono unti da un legame indissolubile. Sono
tre le tipologie di informazioni e di correlati invisible assets8:
7
Vedi H. Itami, op. cit., pag. 35.
8
Ibidem, pagg. 44-45.
13
a) le informazioni ambientali, riguardanti i flussi informativi che provengono
dall ambiente e che confluiscono all impresa (compe tenze produttive,
informazioni sul consumatore, ricerca e sviluppo, marketing);
b) le informazioni aziendali che, al contrario delle precedenti, fluiscono
dall impresa verso l ambiente esterno dal quale ven gono raccolte
(reputazione, immagine della marca e dell impresa);
c) le informazioni interne, ossia quei flussi che nascono e muoiono
all interno dell impresa, senza fuoriuscire da essa (cultura aziendale, stato
d animo dei lavoratori).
In definitiva, Itami include tra le risorse invisibili la tecnologia, la fedelt del
consumatore, l immagine, la cultura; tutti aspetti fortemente legati e basati
sull informazione. Dopo quanto fin qui detto, si ri tiene opportuno far emergere la
rilevanza del rapporto impresa-ambiente per Itami, il quale, a nostro avviso,
considera il flusso informativo come l anello di congiunzione di queste due
variabili. Schema che si potrebbe ricollegare al paradigma chandleriano, secondo
cui un impresa che vuole sopravvivere sul mercato, deve necessariamente mutare
la sua organizzazione in base ai cambiamenti dell ambiente esterno. La chiave di
questo rapporto costante impresa-ambiente Ł proprio l informazione.
Differente Ł l impostazione piø recente di Ferrando9 e condiviso da Fontana10.
Essi vanno a classificare le risorse immateriali in:
a) risorse delle persone;
b) risorse dell impresa.
Le prime includono l insieme delle conoscenze, delle competenze e delle abilit
individuali apportate dai membri dell azienda.
Le seconde, a loro volta, sono ulteriormente distinte in:
• RISORSE CHE RAPPRESENTANO CAPACIT DI SISTEMA NON FINALIZZATE ,
ossia capacit che si generano spontaneamente nello svolgersi dei processi
organizzativi e che, a differenza delle risorse delle persone, appartengono
all impresa;
9
Cfr. P. M. Ferrando, Risorse e risorse immateriali. Natura ed implicazioni, Giappichelli, 1999.
10
Cfr. F. Fontana, La rappresentazione delle risors e immateriali negli strumenti di comunicazione
economico-finanziaria , in AF Analisi Finanziaria, n. 46/2002.
14
• RISORSE CHE COSTITUISCONO VERI E PROPRI BENI IMMATERIALI, che
ricomprendono sia quei beni protetti di fatto, ossia non tutelati dal punto di
vista legale (know-how, data-base, software), sia i beni immateriali protetti
legalmente come marchi, brevetti, copyright, licenze, autorizzazioni e
simili. Possedere tutela legale significa fruire di beni individuabili
all esterno ma non imitabili da parte dei terzi.
Altro contributo essenziale alla definizione di intangibile, lo si deve a Baruch
Lev11, accademico della New York University e fondatore dell Intangible
Research Center. La sua definizione si distingue per la forte originalit , vista la
concezione secondo cui le risorse intangibili possono essere quantificate. Lev
afferma testualmente: Un bene patrimoniale immater iale serve per generare
reddito futuro senza tuttavia avere un aspetto fisico o finanziario. Un brevetto, un
marchio o una struttura organizzativa senza uguali che produce risparmi sui costi
sono risorse intangibili 12. Lev va a usare i termini intangibles, risorse intangibili,
beni intangibili, patrimonio di conoscenza e capitale intellettuale per indicare la
stessa cosa, anche se spesso usati in contesti diversi (in contabilit si parla di
risorse immateriali o intangibles, di patrimonio di conoscenza per gli economisti e
di capitale intellettuale sui testi di management). Per Baruch Lev esistono tre
grandi famiglie di risorse intangibili:
a) le innovazioni, perchØ la parte preponderante delle risorse intangibili Ł
creata dalla massiccia attivit di innovazione;
b) le pratiche organizzative, in quanto la nascita degli intangibili Ł legata ad
una struttura organizzativa unica e originale;
c) le risorse umane, poichØ Ł necessario sia investire sulla formazione del
personale, che incentivare con motivazione e giusta retribuzione i
dipendenti.
Lev fa poi emergere la difficolt , di frequente ind ividuata, nell individuazione dei
beni intangibili, sempre piø spesso incorporati nei beni fisici. In definitiva, per
Lev, le risorse intangibili sono fonti non fisiche generatrici di reddito futuro e che
11
Cfr. B. Lev, op. cit., 2003.
12
Ibidem, pag. 7.
15
possono essere quantificate anche se con difficolt e senza sicurezza nØ
precisione.
Anche se molto piø recente, non possiamo dimenticare lo studio delle risorse
intangibili in Italia. Da un lato le definizioni di Corno e Pozza che si legano al
parere di Itami: essi identificano gli intangibili come risorse basate sulle
informazioni. Dall altro lato Vicari e Rullani, i quali vanno a determinare due
fattori che portano alla nascita dei beni immateriali, uno di natura esterna
(FIDUCIA) e l altro di carattere interno (COMPETENZE).
Da sottolineare, anche il contributo di studiosi di strategia come Coda e la coppia
Invernizzi - Molteni, i quali considerano il patrimonio intangibile come composto
da13:
• CONOSCENZA;
• DEDIZIONE E COESIONE DEL PERSONALE;
• CREDIBILIT AZIENDALE .
Brugger14 classifica le risorse immateriali in:
• BENI IMMATERIALI IN SENSO STRETTO;
• ONERI PLURIENNALI;
• AVVIAMENTO.
I beni immateriali in senso stretto (brevetti, marchi, opere dell ingegno)
detengono il requisito della trasferibilit e dunqu e sono perfettamente scambiabili.
Gli oneri pluriennali (spese di impianto, costi di pubblicit e costi di ricerca e
sviluppo) sono costi sostenuti nell esercizio, ma che daranno utilit anche in
futuro. L avviamento che Ł parte integrante dell impresa nel suo insieme, e per
questo non separabile da essa, in quanto identifica il valore dei fattori produttivi
aziendali uniti a sistema.
Renoldi15 distingue invece tra:
• DIRITTI;
• PROPRIET INTELLETTUALE (informazioni e conoscenze);
13
Cfr. S. Veltri, op. cit., 2007, pag. 31.
14
Cfr. G. Brugger, La valutazione dei beni immateri ali legati al marketing e alla tecnologia , in
Finanza, Marketing e Produzione, n. 1/1989.
15
Cfr. A. Renoldi, La valutazione dei beni immateriali. Metodi e soluzioni, Egea, Milano, 1992.