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CAPITOLO 1
Interazioni tra Campo elettromagnetico e organismo umano
1.1 Il Campo elettromagnetico
L’umanità è sempre stata immersa in un fondo elettromagnetico naturale: producono
onde elettromagnetiche il Sole, le stelle, alcuni fenomeni meteorologici come le
scariche elettrostatiche, la terra stessa genera un campo magnetico.
A questi campi elettromagnetici di origine naturale si sono sommati, con l’inizio
dell’era industriale, quelli artificiali, strettamente connessi allo sviluppo scientifico e
tecnologico.
Tra questi ci sono i radar, gli elettrodotti, ma anche oggetti di uso quotidiano come
apparecchi televisivi, forni a microonde e telefoni cellulari.
Il campo elettromagnetico è un'entità fisica che rende conto delle interazioni tra
cariche elettriche. Un campo elettromagnetico si caratterizza attraverso la definizione
di un campo elettrico (E) e di un campo magnetico (H). Tra il campo elettrico ed il
campo magnetico esiste una interdipendenza molto profonda. La variazione di uno di
essi genera l'altro.
La densità del flusso magnetico detta anche induzione magnetica è misurata in tesla.
Il legame tra il campo magnetico H e l’ induzione magnetica B è determinato dalla
permeabilità magnetica del mezzo attraverso il quale tali grandezze si propagano.
Il campo elettromagnetico si propaga nello spazio in forma di onde che viaggiano alla velocità della luce e che si differenziano
sulla base della frequenza espressa in Hertz (Hz: numero di oscillazioni che l'onda compie in un secondo; 1 Hz = 1 oscillazione
al secondo). Un'onda elettromagnetica è una forma di propagazione dell'energia nello spazio, molto più familiare di quanto si
possa pensare: basta considerare che la vita sulla terra si avvale anche dell'energia trasportata dalla radiazione proveniente dal
sole, cioè la radiazione luminosa (luce). La luce quindi è una particolare forma di onda elettromagnetica. L’intensità del campo
elettrico si misura in volt al metro (V/m) mentre l’intensità del campo magnetico si misura in ampere al metro (A/m); invece di
indicare separatamente le ampiezze dei due campi si può utilizzare un'unica grandezza complessiva che è la densità di potenza
misurata in Watt al metro quadro, cioè la potenza trasportata dall'onda per unità di superficie.
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Le onde elettromagnetiche sono caratterizzate da: lunghezza d’ onda, frequenza e
energia. I tre parametri sono legati tra loro. Maggiore è la frequenza di un’onda,
maggiore è l’energia che trasporta. La frequenza di un‘onda elettromagnetica è
semplicemente il numero di oscillazioni che passano per un determinato punto
nell’unità di tempo. Essa è misurata in cicli al secondo o hertz (Hz). I multipli
comunemente usati per descrivere i campi a radiofrequenza (RF) comprendono il
chilohertz (kHz) pari a mille cicli al secondo, il megahertz (MHz) pari a un milione di
cicli al secondo e il gigahertz (GHz) pari a un miliardo di cicli al secondo. Più alta è
la frequenza, più piccola sarà la lunghezza d'onda e viceversa. Le onde
elettromagnetiche, in base alla frequenza e all'energia, possono originare radiazioni
ionizzanti (per es. i raggi x) e radiazioni non ionizzanti (NIR) che si distinguono in
base alla loro capacità o meno di ionizzare la materia, vale a dire di creare nuovi
atomi rompendo i legami che tengono unite le molecole nella cellula.
Le radiazioni ionizzanti sono particelle e onde elettromagnetiche dotate di elevato
contenuto energetico, in grado di rompere i legami atomici del corpo urtato e caricare
elettricamente atomi e molecole neutri -con un uguale numero di protoni e di
elettroni- ionizzandoli.
La capacità di ionizzare e di penetrare all’interno della materia dipende dall’energia,
dal tipo di radiazione emessa, e dalla composizione e dallo spessore del materiale
attraversato.
Tra le radiazioni ionizzanti possiamo trovare:
Le radiazioni alfa (2 protoni + 2 elettroni) possiedono un' elevata capacità ionizzante
e una limitata capacità di diffusione in aria, possono essere bloccate con un foglio di
carta o un guanto di gomma. Sono pericolose per l’organismo se si ingeriscono o
inalano sostanze in grado di produrle.
Le radiazioni beta (elettroni) sono più penetranti rispetto a quelle alfa -circa un metro
in aria e un cm sulla pelle, possono essere fermate da sottili spessori di metallo, come
un foglio di alluminio, o da una tavoletta di legno di pochi centimetri.
Le radiazioni x e gamma (fotoni emessi per eccitazione all’interno del nucleo o
all’interno dell’atomo) attraversano i tessuti a seconda della loro energia e richiedono
per essere bloccate schermature spesse in ferro, piombo e calcestruzzo.
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Le radiazioni non ionizzanti sono forme di radiazioni elettromagnetiche-
comunemente chiamate campi elettromagnetici che, al contrario delle radiazioni
ionizzanti, non possiedono l’energia sufficiente per modificare le componenti della
materia e degli esseri viventi (atomi, molecole).
Le radiazioni non ionizzanti (NIR = Non Ionizing Radiations), comprendono le
radiazioni fino alla luce visibile mentre le radiazioni ionizzanti (IR = Ionizing
Radiations), coprono la parte dello spettro dalla luce ultravioletta ai raggi gamma.
All’ interno delle radiazioni non ionizzanti possiamo trovare: campi a frequenza
estremamente bassa (ELF,extremely low frequency) che hanno frequenze fino ai 300
Hz; campi a frequenza intermedia (IF, intermediate frequency), con frequenze tra 300
Hz e 10 MHz e campi a radio frequenza (RF) con frequenze da 10 MHz a 300 GHz.
Una classificazione più dettagliata la possiamo vedere nella tabella 1.
ONDE LUNGHEZZA
D’ONDA
SIGLA FREQUENZA SORGENTE
FREQUENZA
ULTRABASSA
> 10000 km ULF 0 - 3 Hz Applicazioni industriali
FREQUENZA
ESTREMAMENTE
BASSA
10000 km – 100 km ELF 3 – 3000 Hz Elettrodotti
Elettrodomestici
FREQUENZA
BASSISSIMA
100 km – 10 km VLF 3 – 30 kHz Applicazioni industriali,
Telecomunicazioni,Telefonia – Telegrafia
BASSA FREQUENZA
(onde lunghe)
10 km – 1 km LF 30 – 300 kHz Telecomunicazioni
MEDIA FREQUENZA 1 km – 100 m MF 300 – 3000 kHz Telegrafi interfonici, Telefonia
Radiofonia,Ultrasuoni
ALTA FREQUENZA
(ondecorte)
100 m – 10 m HF 3 – 30 MHz Antenne televisive e radio
ALTISSIMA
FREQUENZA
(onde ultracorte)
10 m – 1 m VHF 30 – 300 MHz Radiofonia, Televisione
ULTRA
ALTAFREQUENZA
(microondeultracorte)
1 m – 10 cm UHF 300 – 3000 MHz Televisioni, Ponti radio,
Telefonia mobile,Radiomobile
FREQUENZA
SUPERIORE
(microonde super alte)
10 cm – 1 cm SHF 3 – 30 GHz Telecomunicazioni, TV satellitare
FREQUENZA
ESTREMAMENTE
ALTA
(microonde estremamente
alte)
1 cm – 1 mm EHF 30 – 300 GHz Telecomunicazioni,
Elettroterapia,Radioastronomia – Radar
Tabella 1. Spettro dei CEM e loro applicazione
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1.2 Interazione tra campo elettromagnetico e organismo
L ‘interazione tra un campo elettromagnetico e la materia deve essere descritta
utilizzando due diversi modelli a seconda della distanza che intercorre tra la sorgente
del campo e la materia stessa.
Il primo caso è quello del “campo vicino” e si determina quando l’ oggetto è molto
vicino alla sorgente. Sono in questo caso presenti un campo elettrico ed un campo
magnetico, i quali, ai fini della loro interazione con la materia appaiono indipendenti
fra di loro. L intensità dei due campi varia notevolmente da punto a punto e la loro
misura diventa più complessa. Per le finalità dosimetriche si considera la grandezza
della potenza assorbita per unità di massa dalla materia esposta al campo. Nel caso di
un tessuto biologico, questa grandezza viene espressa in watt per kilogrammo (W/kg)
e viene denominata SAR (Specific Absorption Rate-Tasso specifico di
Assorbimento). Il secondo caso è invece quello del “campo lontano” , condizione che
si ha quando l’ oggetto è a una distanza sufficiente dalla sorgente. In questo caso l’
onda risulta piana e l’ intensità di campo elettrico e quella di campo magnetico
variano con la distanza e sono strettamente correlati , secondo una relazione per cui l’
intensità del campo elettrico, misurato in v/m sarà pari a 377 volte l’ intensità del
campo magnetico misurata in A/m (E=377 x H). In questa regione sarà sufficiente
misurare l’ esposizione al campo elettrico per determinare anche l’ esposizione al
campo magnetico. Per determinare in quale situazione ci si trovi, se in “campo
vicino” o in “campo lontano” , occorre considerare, oltre alle dimensioni della
sorgente, la lunghezza d’ onda. Si è nelle condizioni di “campo lontano” quando la
distanza tra sorgente e materia esposta è superiore al rapporto d2/lambda dove d è la
massima dimensione della sorgente e lambda è la lunghezza d’ onda che caratterizza
il campo elettromagnetico. Nel caso di sistemi di telefonia mobile , la lunghezza d’
onda è pari a 0,333 metri nel caso della banda a 900MHz e a 0,166 metri nel caso
della banda a 1800 MHz.
Le onde elettromagnetiche possono produrre effetti biologici che possono arrecare un
danno alla salute. Un effetto biologico si verifica quando l’ esposizione alle onde
elettromagnetiche provoca qualche variazione fisiologica notevole o rilevabile in un
sistema biologico. Un danno alla salute si osserva quando l’ effetto biologico è al di
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fuori dell’ intervallo in cui l’ organismo può normalmente compensarlo, e ciò porta a
qualche condizione di detrimento della salute.
Il meccanismo di interazione tra campi elettromagnetici e corpo dell’ individuo
dipende dalla frequenza del campo: le grandezze dosimetriche utilizzate nei vari
intervalli di frequenza sono:
- densità di corrente , J, nell’ intervallo di frequenza fino a 10 MHz;
- corrente, I, nell’ intervallo di frequenza fino a 110 MHz;
- tasso di assorbimento di energia specifico, SAR, nell ‘ intervallo di frequenza da
300 MHz a 10 GHz;
- densità di potenza, S, nell’ intervallo di frequenza da 10 a 300 GHz
Interazione con campi elettrici e magnetici a bassa frequenza
L’esposizione a campi elettrici e magnetici a bassa frequenza comporta un
assorbimento trascurabile di energia elettromagnetica e, conseguentemente un
aumento non apprezzabile della temperatura corporea. A bassa frequenza il campo
elettrico e quello magnetico, pur essendo sempre contemporaneamente presenti, sono
disaccoppiati e quindi vanno valutati separatamente. Entrambi provocano correnti nel
corpo umano ma con meccanismi diversi, infatti un campo elettrico E variabile
produce delle correnti di spostamento mentre un campo magnetico H induce delle
correnti elettriche al variare del flusso magnetico.
Il campo elettrico induce la formazione di correnti elettriche interne, la polarizzazione
di cariche legate (formazione di dipoli elettrici) e la riorientazione di dipoli già
esistenti nei tessuti. L’ importanza di questi diversi tipi di effetti dipende dalle
proprietà elettriche del corpo , ad esempio la conducibilità elettrica, da cui dipende il
flusso di corrente, e la permittività magnetica , che influisce sull’ ampiezza dei
fenomeni di polarizzazione. Tali grandezze variano a seconda del tipo di tessuto
biologico e inoltre dipendono dalla frequenza del campo applicato.
La grandezza dosimetrica che descrive l’ interazione alle basse frequenze è la densità
di correnti indotte, il campo elettrico indotto all’ interno del corpo e le correnti indotte
sono legati fra loro dalla legge di Ohm.
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Interazione con campi elettromagnetici ad alta frequenza (3kHz – 300
GHz)
Il meccanismo primario di interazione dei campi con frequenza maggiore di 100 kHz
è costituito dall’ assorbimento di energia elettromagnetica e dall’ aumento di
temperatura conseguente.
Nonostante l’ energia trasportata dalla radiazione elettromagnetica sia direttamente
proporzionale alla frequenza ciò non implica che l’ effetto biologico dei campi
elettromagnetici sia maggiore alla frequenze più elevate. Infatti, la capacità della
radiazione di penetrare all’ interno dei tessuti biologici è inversamente proporzionale
alla frequenza, oltre a dipendere dalle caratteristiche elettriche del tessuto colpito.
Perciò il corpo umano assorbe più energia nel range delle radiofrequenze, mentre nel
campo delle microonde (più precisamente per f>10 GHz) l’assorbimento diventa un
fenomeno prevalentemente superficiale.
I meccanismi responsabili del trasferimento d’energia del campo elettrico sono:
- Correnti di conduzioni: il campo elettrico esercita una forza sulle cariche libere
presenti nei tessuti e la corrente elettrica così originata sviluppa calore per effetto
Joule
1
;
- Induzioni di dipoli: il campo elettrico provoca l’allontanamento delle cariche
elettriche di segno opposto, generando una polarizzazione;
- Allineamento dei dipoli elettrici gia esistenti, come le molecole d’acqua.
Anche gli ultimi due meccanismi, caratteristici dei materiali dielettrici
2
, sono di tipo
dissipativo, in quanto le forze di attrito associate ai moti vibrazionali e rotazionali dei
dipoli, siano essi indotti o permanenti, dissipano l’ energia elettromagnetica assorbita
trasformandola in calore.
La componenete magnetica della radiazione è in grado di trasferire direttamente
energia se nei tessuti è presente una quantità sufficiente di dipoli magnetici; anche in
questo caso, il lavoro compiuto dalla forza per allineare i dipoli viene trasformato in
calore a causa delle forze di attrito. Tuttavia l’ esiguo numero di dipoli magnetici
presenti nei tessuti biologici rende trascurabile questo tipo di meccanismo. Il
trasferimento di energia nella materia vivente avviene prevalentemente in modo
1
Trasformazione dell’ energia elettrica in calore.
2
Caratteristica di un corpo isolante che si lascia attraversare dalla corrente elettrica.
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indiretto, dato che il campo magnetico esterno genera un campo elettrico interno; è
quest’ ultimo, tramite i meccanismi precedentemente descritti, che rende possibile lo
scambio energetico. Le intensità delle correnti indotte dipendono da vari fattori, quali
l’ intensità del campo, l’ orientazione, la sezione anatomica e le caratteristiche
elettriche (conducibilità, permeabilità magnetica) del tessuto irradiato.In questo
intervallo di frequenza, le correnti indotte possono provocare sia surriscaldamento per
effetto Joule, in quanto circolano all’ interno di tessuti con resistività non nulla, e sia
effetti di stimolazione muscolare e nervosa, al pari dei campi a bassissima frequenza.
Nella regione delle RF a frequenza più bassa prevale l’ effetto di stimolazione su
quello termico, il cui peso aumenta al crescere della frequenza fino a diventare l’
effetto predominante per frequenze di qualche MHz.Come già detto il SAR (Specific
Absorption Rate) è la grandezza dosimetrica che meglio decrive lo scambio
energetico che avviene tra radiazione elettromagnetica e materia vivente. Il SAR è
direttamente proporzionale alla conducibilità elettrica dei tessuti, a sua volta legata al
contenuto d’ acqua presente negli stessi. Ciò spiega la disomogeneità della reazione
all’ irraggiamento delle varie parti del corpo, anche in condizioni di esposizione
omogenea; ad esempio, il tessuto muscolare e il sangue assorbono quantità di energia
maggiori del tessuto osseo o del grasso.Il calore prodotto all’ interno del corpo o in
una parte di esso è direttamente proporzionale alla potenza assorbita , e quindi al
SAR, dato che dipende anche dal metabolismo e dalle caratteristiche termiche dei
tessuti interessati , quali le proprietà attive e passive di scambiare calore. Gli effetti
dell’ interazione con i campi elettromagnetici vengono definiti “termici” quando il
riscaldamento conseguente all’ assorbimento di energia elettromagnetica è tale da
provocare un incremento della temperatura corporea dell’ organismo, rispetto al suo
normale valore fisiologico. Invece si parla di effetti specifici o “non termici” quando
non c’ è innalzamento della temperatura, ma caratterizzati da disturbi di vario tipo
(neoplasie, interazione con il sistema nervoso centrale ecc.).Un ulteriore
classificazione degli effetti dei campi elettromagnetici è operata tra effetti acuti o
immediati (dovuti ad un’ esposizione di media-alta intensità in un breve periodo di
tempo) ed effetti ritardati o cronici (dovuti ad un’ esposizione di bassa intensità in un
lungo periodo).
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1.3 Metodi di indagine
Esistono sostanzialmente tre metodi di indagine utilizzati dalla ricerca per investigare,
in genere, la tossicità di un agente ritenuto nocivo:
- studi epidemiologici
- studi di laboratorio in vivo
- studi di laboratorio in vitro
Studi epidemiologici
Gli studi epidemiologici vengono condotti per investigare l’ associazione tra un
effetto sulla salute di una popolazione e l’ esposizione ad un potenziale agente
nocivo. In genere essi non possono da soli stabilire una chiara relazione di causa ed
effetto, soprattutto perché rilevano solamente delle associazioni statistiche tra
esposizione e patologie, quest’ ultime infatti possono o meno essere causate dall’
esposizione stessa. Quindi trovare un’ associazione tra un certo agente e una specifica
patologia non significa necessariamente che il primo abbia causato la seconda. Per
stabilire una causalità occorre che il ricercatore esamini molti fattori. L’ ipotesi di una
relazione di causa ed effetto è rafforzata se esiste una forte associazione tra
esposizione ed effetto, una chiara relazione dose-risposta, una spiegazione biologica
credibile, il sostegno di pertinenti studi su animali e soprattutto una coerenza tra gli
studi. Il grande valore degli studi epidemiologici in questo settore di ricerca sta nel
fatto che si tratta di studi sull’ uomo esposto per lunghi intervalli di tempo a
sollecitazioni di campo note e sono gli unici studi che permettono di rendere visibili
sull’ organismo influenze di lunga durata.
Studi in vivo
Negli studi in vivo, condotti sull’ uomo (volontari) o su animali, si esaminano gli
effetti dell’ agente nocivo sull’ intero organismo biologico. Nella sperimentazione
sull’ uomo i volontari si sottopongono a campi (limitati in quantità di potenza, per
ovvi motivi etici), per stabilire gli effetti sui parametri fisiologici e psicologici. Per
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quanto riguarda gli animali si riscontrano difficoltà a estendere i risultati ottenuti
sull’uomo, per via di un diverso assorbimento di energia da campi a radiofrequenze.
Studi in vitro
Per studi in vitro si intendono tutte le sperimentazioni che vengono svolte in
laboratorio su sistemi biologici isolati (tessuti, cellule, molecole). Storicamente, la
sperimentazione su sostanze potenzialmente tossiche si è basata sull’ impiego di
sistemi cellulari in vitro strettamente controllati; per identificare gli effetti
potenzialmente cancerogeni o tossici di un agente, le cellule vengono generalmente
esposte a dosaggi anche molto superiori a quelli che caratterizzano l’ esposizione
ambientale all’ agente in questione. Successivamente vengono misurati una serie di
parametri per rilevare le alterazioni avvenute nei processi cellulari, quali la
differenziazione, la proliferazione, l’ espressione dei geni e la trasduzione dei segnali.
In letteratura sono riportati numerosi sudi in vitro riguardanti svariati parametri
biologici che potrebbero risultare alterati in seguito all’ esposizione a campi
elettromagnetici.
I più studiati risultano essere: la cinetica della proliferazione cellulare (un’
accelerazione o un ritardo dei tempi di crescita fisiologici potrebbe avere
ripercussioni sulla promozione della cancerogenesi); Le variazioni di alcune attività
enzimatiche (gli enzimi , proteine che catalizzano moltissime reazioni biochimiche,
controllano processi cellulari fondamentali); I flussi ionici intermembrana
(fondamentali per regolare gli scambi tra interno e esterno della cellula , per garantire
la risposta cellulare agli stimoli esterni e per attivare processi metabolici); L’ integrità
del corredo cromosomico (alterazioni numeriche o strutturali del corredo
cromosomico, effetti genotossici. La cui integrità è fondamentale per la funzionalità
cellulare).
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1.4 Effetti dei campi di frequenza inferiore a 100 kHz
Studi epidemiologici
Gli studi epidemiologici hanno utilizzato vari metodi di indagine per valutare la
correlazione tra esposizione ai campi elettromagnetici ELF e l’insorgenza di
neoplasie. L’esposizione residenziale è stata valutata sostanzialmente in cinque modi
diversi: le configurazioni elettriche (wire codes), basate essenzialmente sulla distanza
tra l’abitazione e i dispositivi di trasmissione e di distribuzione dell’ energia elettrica;
le stime del campo magnetico, effettuate mediante calcoli teorici del campo emesso
da alcune tipologie di linee elettriche, utilizzando i dati storici del carico delle stesse;
misure puntuali (spot) di campo magnetico, che forniscono un valore singolo e
istantaneo del campo magnetico in uno o più punti all’ interno della casa; misure
medie di campo magnetico che sono sostanzialmente delle misure spot di pochi
secondi ripetute per almeno 24 ore e mediate su tutta la durata del campionamento;
infine, misure dosimetriche mediate, durante le quali il soggetto indossa un
misuratore che campiona e registra per 48 ore l’ andamento del campo magnetico,
successivamente mediato nel tempo.
Dall’ esame della validità dei diversi metodi di valutazione dell’ esposizione si è
concluso che ciascuno di essi presenta delle limitazioni. L’ International Commision
on Non Ionizing Radiation Protection (ICNIRP) (1998) conclude che sia le misure
dirette del campo elettromagnetico che le stime della configurazione delle linee
elettriche sono metodi di valutazione dell’ esposizione ai campi magnetici molto
approssimate, e non è ancora chiaro quale sia l’ approccio migliore.
Tumori infantili
Vi è una notevole controversia sulla possibilità di un legame tra l’ esposizione a
campi magnetici ELF e rischio tumorale. Tutti questi studi riguardano l’ esposizione
ai campi magnetici a frequenza di rete generati dalle linee elettriche di distribuzione.
Tali studi sono inclusi nella rassegna del National Institute of Enviromental Health
Sciences (NIEHS) e nelle linee guida dell’ ICNRP (1998).
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Il NIEHS prende in considerazione diversi studi e a quattro di essi (Savitz et al. 1988,
London et al. 1991, Linet et al. 1997, Mc Bride et al. 1997) riconosce un livello di
qualità sufficiente per essere utilizzati nella valutazione dell’ associazione causale tra
leucemie infantili ed esposizione ai campi magnetici. Di questi quattro, due studi
hanno riportato un’associazione positiva (Savitz et al. 1988, London et al. 1991) in
quanto il rischio cancerogeno aumentava nelle categorie di configurazione di corrente
più elevata ; al contrario, i rimanenti due (Linet et al. 1997, Mc Bride et al. 1997) non
hanno riscontrato alcuna correlazione con il rischio per le leucemie infantili.
Dei quattro studi epidemiologici (Feychting et al.1993, Olsen et al. 1993, Verkasalo
et al. 1993, Tynes et al. 1992) condotti nelle nazioni nordiche e basati sulle
valutazioni numeriche del campo emesse dalle linee , tre (Feychting et al.1993, Olsen
et al. 1993, Verkasalo et al. 1993) hanno osservato un eccesso di rischio di leucemia
nei gruppi esposti; tuttavia secondo il NIEHS solo lo studio di Feychting del 1993 ha
ottenuto dei risultati statisticamente significativi. Il maggior pregio di queste quattro
indagini risiede nel fatto che, basandosi tutte su popolazioni statistiche, presentano
una modestissima probabilità di distorsione sia per la selezione dei controlli che per il
tasso di partecipazione. L’ indicazione fornita da tali studi è di un modesto aumento
del rischio (Wartenberg et al. 1998) . Lo studio norvegese più recente (Verkasalo et
al. 1993) basato su 500 casi di tutti i tipi di tumore infantile , non ha riportato alcuna
associazione tra leucemia e campo magnetico. I calcoli di campo magnetico utilizzati
sono quelli relativi alle linee elettriche prossime alle abitazioni in cui il bambino ha
vissuto nell’ anno della diagnosi. Nessuna associazione, inoltre, tra leucemia, tumore
cerebrale, o linfoma e distanza dalle linee di distribuzione, esposizione durante il
primo anno di vita, esposizione della madre al tempo del concepimento ed esposizioni
più elevate del valore mediano calcolato per i controlli. Tuttavia secondo l’ ICNIRP
(1998), il numero di casi esposti riscontrati è molto piccolo.
Il NIEHS ritiene che i quattro studi (Savitz et al. 1988, London et al. 1991, Feychting
et al.1993, Michaelis et al. 1998) nei quali il criterio di classificazione delle categorie
espositive si basa sulle misure dirette e puntuali (spot) siano di qualità decisamente
superiore rispetto a tutti gli altri. Due di questi lavori (Savitz et al. 1988, London et al.
1991) hanno riportato un incremento del rischio poco significativo mentre gli altri due
(Feychting et al.1993, Michaelis et al. 1998) non hanno riscontrato alcuna
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associazione. L’ analisi combinata (metanalisi) di tali indagini non indica alcun
apprezzabile incremento del rischio per la leucemia.
L’ ICNIRP (1998) pone particolare attenzione allo studio americano di Linet e
collaboratori eseguito nel 1997: si tratta di uno studio controllato di vaste dimensioni
(638 casi e 620 controlli) nel quale sono state effettuate sia misure mediate sulle 24
ore nella camera da letto e sia misure brevi di 30 secondi in tutte le altre stanze delle
abitazioni in cui il bambino aveva vissuto per più del 70% nei 5 anni precedenti la
diagnosi , o il tempo corrispondente per i relativi controlli. Alle 416 coppie “caso
controllo” che non avevano cambiato casa negli anni precedenti la diagnosi, sono
state assegnate le relative “configurazioni di corrente” (wire codes) delle abitazioni.
Mentre non si sono evidenziate indicazioni di associazione tra la categoria dei wire-
codes e la leucemia, i risultati hanno evidenziato una correlazione tra le misure
elettromagnetiche effettuate nelle abitazioni e un rischio relativo di 1,2-1,5 per B
(induzione magnetica)>0,2 µT e di 1,7 per B>0,3µT. Secondo ICNRP, lo studio di
Linet et al. costituisce il maggior contributo alla ricerca nel settore per le sue
dimensioni, il numero di soggetti nelle categorie a elevata esposizione, la tempestività
delle misure dopo la data delle diagnosi, gli altri strumenti utilizzati per la stima dell’
esposizione e la qualità delle analisi.
L’ ICNIRP riporta uno studio tedesco di tipo “caso-controllo”, che ha incluso 129
casi di leucemia e 328 controlli; l’ esposizione stimata mediante misure di 24 ore nel
letto del bambino , riguarda solo l’ abitazione in cui il bambino aveva vissuto più a
lungo nel periodo precedente la diagnosi. ICNIRP riporta che il rischio relativo
osservato per B>0,2 µT è elevato, in quanto assume il valore di 3,2. Se combinate tra
loro, le conclusioni di queste ricerche indicano una debole associazione tra l’
esposizione, valutata tramite misure di 24 ore del campo magnetico all’ interno dell’
abitazione, e l’ incidenza della leucemia infantile. Le indagini epidemiologiche si
sono interessate anche di altre due forme di neoplasie infantili: il tumore cerebrale il
linfoma infantile.Secondo NIEHS e ICNIRP(1998) gli studi effettuati finora hanno
dato risultati che non consentono di sostenere l’ ipotesi che i campi magnetici ELF
possano incrementare il rischio di contrarre tumori cerebrali e linfomi in età infantile.