4
presente non la norma di per sé, quanto piuttosto il senso di violazione
percepito dall’utente quando entra nella struttura sanitaria e vi vive la
propria personale esperienza ed il proprio percorso.
Quando ci affacciamo da una porta e chiamiamo un utente per nome
e cognome in una sala di attesa piena di persone la norma dice che
violiamo la sua privacy, ma dobbiamo aver presente anche che la violiamo,
a mio avviso in modo ben più grave, quando entriamo in una camera di
degenza e, davanti a persone estranee, chiediamo all’utente di dirci se ha
evacuato e come erano le sue feci, quando gli chiediamo per la raccolta
dati di raccontarci tutto quanto è per noi di interesse ai fini
dell’erogazione di una assistenza adeguata ai suoi bisogni, quando per
l’esecuzione delle cure igieniche, nell’ambito di una organizzazione del
lavoro infermieristico che non riesce a scrollarsi di dosso il nursing
funzionale, scopriamo il suo corpo e lo esponiamo alla vista degli altri
degenti, lo manipoliamo, lo violiamo, seppur con fini assistenziali. In quei
momenti ci chiediamo cosa percepisce l’utente? Ci chiediamo cosa prova?
Ci chiediamo se accetta tutto quanto si trova a vivere perché non ha altra
via di uscita o in nome della tutela della salute? Ci chiediamo se non sia
possibile organizzare il nostro lavoro in modo da impedire che l’utente
provi queste sensazioni di violazione della sua sfera personale e della sua
riservatezza compatibilmente con quanto abbiamo a disposizione? Io mi
5
chiedo addirittura se l’utente stesso sia consapevole in quei momenti che, a
dispetto di qualsiasi norma di tutela della privacy, qualcuno sta violando
la sua persona ed i suoi diritti fondamentali di individuo.
Questo lavoro ha come scopo principale di capire se e in che
misura l’utente vive questa violazione in alcune Unità Operative di
degenza dell’Ospedale Giovanni Battista Grassi, se la riconosce come tale
o se, al contrario, accetta il vivere ospedaliero e tutto ciò che
necessariamente ne consegue come un naturale e scontato prezzo da
pagare per tutelare la propria salute, con il fine ultimo di proporre ed in
futuro progettare e realizzare quanto necessario per arricchire dal punto
di vista della garanzia dei suoi diritti fondamentali il percorso dell’utente
in ospedale.
6
2 EVOLUZIONE DEL CONCETTO DI PRIVACY IN ITALIA
2.1 COSA SI INTENDE PER PRIVACY?
Sebbene possa sembrare naturale considerare la privacy e la sua tutela
come concetti dal significato scontato e chiaro a tutti, una breve analisi
delle diverse definizioni, normative ed extranormative, collegate al termine
nel tempo, dimostra facilmente che la materia nel suo complesso non è
chiara affatto. Come ciò non bastasse, è necessario anche collegare la
privacy ed i suoi significati non solo all’evoluzione della società, ma anche
all’evoluzione delle tecnologie che ne ha ampliato in modo esponenziale le
possibilità di violazione, rendendo ancora più difficile il compito non solo
del legislatore ma anche, e soprattutto, di tutti coloro i quali sono chiamati
a garantire il rispetto della norma.
La figura infermieristica, al di là di qualsiasi considerazione riguardo
la norma cogente, ha nel suo background culturale, nel suo percorso
formativo e nel codice deontologico, che ne regolamenta l’esercizio
professionale, le fondamenta per il rispetto della persona in quanto tale,
della sua dignità e conseguentemente della sua personale sfera di
inviolabilità. Ne è un esempio il rispetto del segreto professionale che
travalicando la norma contenuta nel Codice Penale, è parte integrante del
comportamento deontologico dell’infermiere.
7
Ma cosa significa veramente il termine privacy tanto utilizzato nel
linguaggio comune?
Apparentemente il termine privacy potrebbe essere tradotto molto
semplicemente con l’accezione “riservatezza”, tuttavia è evidente che
questo termine non riesce ad esprimere pienamente l’insieme di significati
che si ricomprendono nell’accezione anglosassone, al punto che lo stesso
Codice italiano che raccoglie tutta la normativa in materia è denominato,
impropriamente, Codice della privacy, così come la figura istituzionale
posta a controllo dell’attuazione delle norme è denominata e conosciuta ai
più come Garante per la privacy. Il termine “riservatezza” deriva dal verbo
riservare, da ri e servare o serbare, dal latino serbus, servo, col significato
di “tenere in serbo per qualcosa o qualcuno” ( Dizionario etimologico,
Rusconi, Rimini, 2003).
Sembrerebbe, quindi, che questo termine, sebbene sia molto utilizzato,
nasconda in sé una complessità tale da impedirne addirittura la traslazione
nella nostra lingua.
Il vocabolario della lingua italiana Devoto-Oli alla voce privacy
riporta: “l’ambito gelosamente circoscritto della vita personale e privata”
1
,
definizione comunque di ampio respiro e che non chiarisce in modo
1
Giacomo Devoto, Gian Carlo Oli, Il Dizionario della lingua italiana, Le Monnier, Milano,
2001
8
inequivocabile i limiti di questo ambito e, conseguentemente, della sua
tutela.
La prima definizione del termine privacy risale al 1890 ad opera dei
giudici bostoniani Warren e Brandeis i quali in un articolo dal titolo «Il
diritto alla privacy. L’implicito reso esplicito» (titolo originale «The right
of the privacy. The implicit made explicit») definirono la privacy come
“the right to be let alone”, il diritto ad essere lasciati in pace
2
.
Una definizione che maggiormente può essere calata nel contesto,
soprattutto normativo, dei giorni nostri, risale, invece, al 1967: «Privacy è
la rivendicazione, da parte di individui, gruppi o istituzioni, del diritto di
determinare da sé quando, come e in che misura l’informazione su sé stessi
è comunicata ad altri»
3
, definizione la cui paternità è americana,
tecnologicamente molto avanzata rispetto al nostro Paese già negli anni
‘60, più precisamente del professore della Columbia University nonché
Presidente della Privacy and American Business, Alan Westin.
Nel contesto attuale, il Presidente del Garante per la Privacy, Stefano
Rodotà ha definito il concetto in diversi momenti e modalità, tra i quali:
2
Gobbi Paola, Privacy e professione infermieristica, McGraw Hill, Milano, 2003
3
Ibidem nota 2
9
«Insieme di azioni, comportamenti, opinioni, preferenze e
informazioni personali su cui l’interessato intende mantenere un
controllo esclusivo»
«Diritto di escludere dalla propria vita privata una categoria di
informazioni»
«Diritto di controllare il flusso di informazioni riguardanti una
persona, sia in entrata sia in uscita»
«Diritto di mantenere il controllo sulle proprie informazioni e di
determinare le modalità di costruzione della propria sfera privata»
4
In due definizioni di privacy del Garante è contenuto un concetto
secondo il quale l’individuo può non solo controllare che quanto lo
riguarda non sia messo a disposizione di altri, ma anche che è altrettanto da
tutelare il diritto al non far entrare nella nostra sfera privata informazioni
che non desideriamo che vi entrino; nello specifico dell’ambito sanitario
questo riguarda, ad esempio, il diritto a non conoscere la propria diagnosi e
la relativa prognosi.
Sotto il profilo squisitamente normativo, nel quale il legislatore tenta di
ricomprendere tutti gli aspetti e le dimensioni di un fenomeno al fine di
minimizzare il lavoro interpretativo ed elusivo della norma stessa, nella
L.675/96, dal titolo “La tutela delle persone e di altri soggetti rispetto al
4
ibidem nota 2,3
10
trattamento dei dati personali”, si sancisce che il trattamento dei dati
personali – raccolta, registrazione, organizzazione, conservazione,
elaborazione, modificazione, selezione, estrazione, raffronto, utilizzo,
interconnessione, blocco, comunicazione, cancellazione e distruzione
compresi – deve essere espletato garantendo in ogni passaggio il rispetto
dei diritti, delle libertà fondamentali e della dignità delle persone, con
attenzione particolare alla riservatezza e all’identità personale.
5
2.2 LA PRIVACY NELLA STORIA ITALIANA
L’unificazione dell’Italia, avvenuta nel 1865, apre un lungo periodo
caratterizzato dalla duplicità dei riferimenti legislativi: la Costituzione da
un lato ed il Codice Civile dall’altro sono le principali fonti normative a
disposizione del il cittadino italiano. È da sottolineare che la Costituzione
in questione, denominata anche Albertina, come primo atto costitutivo
dello Stato italiano, nulla ha a che vedere come contenuti ed intenti con la
Costituzione Repubblicana del 1948. La prima Costituzione, infatti, ha
visto la luce nell’immediato periodo post monarchico ed è inevitabilmente
permeata dallo spirito dei tempi: il riconoscimento principale viene dato
alla proprietà privata; è ancora ben definita la distinzione tra borghesia e
5
Tosi Emilio, a cura di, Il codice della privacy, Casa Editrice La Tribuna, Piacenza, 2006
11
classe operaia; tutti i diritti riguardanti la libertà dell’individuo in quanto
tale sono ancora ben lungi dall’essere sanciti e riconosciuti. In altri termini,
la tutela della sfera privata rappresenta ancora in questo fondamentale
passaggio storico, così come era nel mondo medievale, un diritto di pochi e
precisamente di tutti coloro i quali potevano permettersi il lusso di
garantirsela con i propri mezzi. Quindi, un diritto dei borghesi e degli
appartenenti alla classe monarchica. Esiste in questo periodo storico una
dicotomia ben evidente tra la tutela dei diritti economici, primo fra tutti
quello alla proprietà privata, e la tutela dell’insieme dei diritti civili.
L’avvento del fascismo peggiora ulteriormente la situazione, molti
diritti oggi ovvi e scontati, come la libertà di pensiero e di espressione, di
aggregazione, di informazione, di affermazione della propria identità,
vengono totalmente cancellati o fortemente repressi. Si assiste alla
promulgazione di provvedimenti legislativi di chiaro stampo razziale che
tolgono dignità ad intere categorie di persone, primi fra tutti gli
appartenenti alla razza ebraica.
Si dovrà attendere la caduta del fascismo per avere una Costituzione,
promulgata il 22 dicembre del 1947, fondata su valori e principi
fondamentali che, per alcuni aspetti, ancora oggi stenta a trovare piena
attuazione. L’art. 2 della nuova Costituzione recita: “La Repubblica
riconosce e garantisce i diritti inviolabili dell’uomo, sia come singolo, sia
12
nelle formazioni sociali ove si svolge la sua personalità …..[omissis…]”
6
sancendo in modo chiaro ed inequivocabile che in via ordinaria l’individuo
ed i suoi inviolabili diritti sono da porre al primo posto rispetto agli
interessi dello Stato in sé, a meno che non si debba ricorrere a forme di
adattamento di diversi interessi entrambi prioritari, o per tutelare un bene
equivalente o superiore, come ad esempio quando è messa a rischio
l’incolumità pubblica.
Tuttavia, sebbene la Costituzione Repubblicana contenesse, in nuce, la
tutela di una serie di diritti fondamentali riguardanti l’individuo in quanto
tale, sarà necessario attendere gli anni ’70 per assistere ad una vera e
propria esplosione di provvedimenti legislativi attuativi di quei diritti già
espressi nel 1948.
Le leggi sull’obiezione di coscienza nei confronti del servizio militare
(1972), sul divorzio (1974), sull’interruzione volontaria di gravidanza
(1978), sui diritti dei malati mentali e sulla chiusura dei manicomi (1978),
sulla tutela della maternità e dell’infanzia (1971), sulla segretezza e libertà
delle comunicazioni (1974), sull’istituzione del Servizio Sanitario
Nazionale (1978) vedono la luce tutte proprio in questo periodo fervido e di
grande affermazione della Costituzione e dei diritti dell’individuo.
6
Costituzione della Repubblica Italiana, G.U. n°298 del 27/12/1947 edizione
straordinaria.