Tony Duvert: Journal d’un innocent
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La Seconda Guerra mondiale ha profondamente segnato la società
occidentale, portando notevoli cambiamenti non soltanto nelle
strutture economiche e sociali ma anche negli animi; la produzione
letteraria del dopoguerra offre un’evidente testimonianza
dell’influenza di quelle atrocità che si sono avute durante il grande
conflitto bellico e che avevano di base ideologie e filosofie terrificanti,
le quali sono rimaste, purtroppo, anche dopo questa guerra e che
hanno cambiato il mondo.
1
Dopo l’incubo del conflitto assistiamo ad
una caduta di valori, come le città sono devastate, così anche le
famiglie e i molti reduci, ed ancor di più le menti, il vivere sociale.
2
Lo stesso concetto di “civiltà” manca ormai di una vera connotazione
e l’umanità sofferta, stordita e dissestata vive una profonda crisi sia di
valori che di ideali.
1
T. Todorov , Di fronte all’estremo,Milano, Garzanti,1992.
2
Lo sterminio degli ebrei nei campi di concentramento, l’orrore dell’inferno atomico
di Hiroshima e poi di Nagasaki, le rovine, la fame, la diffusa esaltazione degli istinti
biologici e raziali come unica certezza porta l’uomo a dubitare della possibilità della
ragione di controllare le passioni, gli istinti; e malgrado le conquiste della scienza e
la modernizzazione accelerata della tecnica, la fiducia torna più indietro, anzi più le
generazioni crescono più si sentono sole e, sovente reiette.
Tony Duvert: Journal d’un innocent
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I nuovi orizzonti e i prodigi promessi dalle nuove scoperte in più
svariati campi spaventano più che entusiasmare: un qualsiasi risultato
di ricerca che viene riconosciuto come arbitrario e autosufficiente
viene temuto, perché non assoggettabile, non sottomissibile all’umana
volontà.
3
La rassegna letteraria del dopoguerra testimonia la crisi e
l’alienazione dell’uomo, provato da tutti questi drammatici eventi; la
letteratura si nutre del disagio degli individui, tormentati dalla
minaccia di nuovi conflitti e calamità, dall’angoscia esistenziale, unita
al disprezzo per la società. Quei valori che davano senso alla vita
dell’individuo e della collettività sono quasi evanescenti, prevaricati
dalla violenza, dall’odio e dalla crudeltà bestiale che ha pervaso
l’essere umano e il suo “habitat”.
Uscita dal conflitto e dalla occupazione straniera la Francia scelse
di attuare la politica del conservatorismo che la portò a sconfitte e
perdite senza ritorno e inoltre il persistere di metodi, quali la tortura
legalizzata, la portò al bando delle nazioni civilizzate. Un sentimento
3
M. Nadeau Le roman français depuis la guerre, Parigi, Gallimard,
1970.
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di impotenza comincia a dilagare fra gli uomini : il sogno di una
società giusta è svanito. Il Francese si abbandona allo scetticismo, alla
presa in giro, all’umorismo macabro; in questo clima oscuro nasce
l’affermazione che l’arte e la letteratura siano condizionate da uno
stato sociale, economico e politico di cui esse sarebbero il riflesso. Lo
scetticismo è il riflesso del disordine provocato dalle guerre, questa
tendenza filosofica si nutre di due forme opposte : quelli che si
rassegnano ad una visione nichilista, e quelli che invece si sforzano di
reagire attraverso una rigorosa analisi critica.
4
Malgrado questa
situazione macabra caratterizzata dalla caduta di valori fondamentali
per l’esistenza, all’uscita della Seconda Guerra mondiale la Francia
non tarda a raddrizzare la sua economia. A partire dal 1953, per venti
anni, questa nazione conosce un felice periodo di crescita che porta
alla profonda trasformazione del tessuto sociale e del costume; verso
la fine degli anni sessanta ma soprattutto durante gli anni settanta,
assistiamo alle rivendicazioni di certe minoranze: il primo maggio del
1972 il M.F.L (Movimento di liberazione delle donne) e il F.H.A.R
(movimento omosessuale d’azione rivoluzionaria) sfilano insieme.
4
M. Nadeau Le roman français depuis la guerre, Parigi, Gallimard, 1970.
Tony Duvert: Journal d’un innocent
8
Questi avvenimenti spingono gli scrittori a cominciare a dedicarsi ad
analizzare i sintomi della crisi della società, della caduta di valori e di
ideali che alla fine del ventesimo secolo si esplicita attraverso la
ferocia espressiva degli stessi scrittori. Gli ideali romantici che
avevano caratterizzato il secolo immediatamente precedente il nostro
sono quasi scomparsi del tutto; la desolazione, il disprezzo, la
solitudine sono i motivi che nutrono questo fine secolo in cui si
delinea una concezione negativa e mortificante dell’umanità che si
esplica nell’immagine dell’uomo contro uomo; a differenza
dell’animale l’uomo è assassino perché prova soddisfazione
nell’uccidere e torturare membri della sua stessa specie senza motivi
particolari, né economici né biologici.
5
In questo clima desolante la letteratura si fa portavoce dei
mutamenti sociali e culturali, in particolar modo il romanzo,
considerato troppo spesso come genere frivolo, diventa lo strumento di
espressione privilegiato dagli scrittori. Il romanzo “precipita” e
emblematizza il carattere di un’epoca o di una società che con gli anni
piomba sempre più nel vortice dell’aggressività, fino a giungere ai
5
E. Fromm Anatomia della distruttività umana, Milano, A. Mondadori,1970.
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nostri giorni in cui la scrittura diviene espressione di violenza: la
necrofilia irrompe nei romanzi la passione, l’attrazione per tutto
quanto è morto putrido, marcio, malato; la passione di trasformare
quel che è vivo in qualcosa di non-vivo; di distruggere per il piacere
di distruggere; l’interesse esclusivo per tutto quanto è meccanico. E’
la passione di lacerare le strutture viventi
6
a nutrire i nuovi testi
letterari; il romanzo non solo mette a nudo i mali del corpo sociale
esso rappresenta anche la chiave di lettura personale e particolare di
ogni romanziere, che in base alle sue capacità può manifestare una
totalità che attraverso lui prende forma.
Quali sono oggi le condizioni della narrativa francese? L’immagine
culturale della Francia rifulge ancora dell’antico splendore o si sta
frantumando inesorabilmente? Gli animi sono divisi, le posizioni
estreme: c’è chi crede che sia ancora la Francia a dettar legge e a
guidare il carro dei nuovi orientamenti letterari e chi invece afferma la
supremazia americana. Tra le due posizioni un interrogativo ben più
significativo si fa strada: cosa aspettarsi oggi dalla Francia?
7
La
6
E. Fromm Anatomia della distruttività umana, Milano, A. Mondadori, 1970, p.416.
7
R. Paris Cronache Francesi, Bologna, Transeuropa, 1989.
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risposta ad un tale quesito è da ricercare nella produzione letteraria
francese contemporanea che, soprattutto nell’ultimo ventennio, è stata
non solo particolarmente prolifera ma è anche testimonianza della
volontà degli scrittori di realizzare un’opera nuova che sia espressione
di una nuova condizione sociale e culturale.
Nell’ultimo ventennio gran parte della produzione letteraria non
solo in Francia ma anche negli Stati Uniti e in Europa in generale, è
stata segnata da frequenti innovazioni formali, caratterizzate da una
costante tendenza alla sperimentazione. Termini come
postmodernismo e neoavanguardia sono venuti alla ribalta: il primo,
utilizzato in particolar modo in Inghilterra e negli Stati Uniti, indica il
rifiuto del modernismo da parte dello scrittore contemporaneo; il
secondo, utilizzato in Europa, si riferisce ad un comportamento
estetico che si rivolge al passato, per definire l’opera contemporanea.
Entrambi gli orientamenti sentono l’arte contemporanea come
qualitativamente diversa, la confusione terminologica sviluppatasi in
questi ultimi tempi testimonia dell’insicurezza degli uomini di cultura
relativamente alla natura e al significato dell’arte nella nostra società.
Tony Duvert: Journal d’un innocent
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Da ciò ne deriva un’arte che si articola in cento poetiche diverse,
caratterizzata dallo sforzo di ogni singolo scrittore di realizzare dei
modi espressivi suoi personali e liberi da ogni convenzione e al tempo
stesso tutti gli scrittori si sforzano di rappresentare un’epoca che cerca
di lasciare una traccia di sé. Tale situazione chiarisce la volontà di
questi “rivoluzionari” della letteratura contemporanea di voler
realizzare nelle loro opere delle rivoluzioni linguistiche e inventare
dei linguaggi sempre più illeggibili
8
. Il desiderio di libertà, che si
realizzi attraverso la frantumazione del linguaggio, rappresenta,
quindi, l’elemento fondamentale dei tentativi di innovazione
postmoderna ed in Francia lo troviamo espresso, in particolar modo,
all’interno dell’attuale narrativa e critica femminista. Luce Irigaray,
Monique Witting e Françoise Collin, tra le altre, evidenziano
l’impegno degli scrittori e dei critici d’avanguardia di voler modificare
la coscienza e il linguaggio, agendo dall’interno della struttura
discorsiva convenzionale
9
. Questo interesse verso il linguaggio spinge
la critica contemporanea a studiare semiologicamente il rapporto
8
C. Russell, Da Rimbaud ai postmoderni, Torino,Einaudi,1989.
9
C.Russell,op.cit., p.310.
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dell’individuo con l’arte e la vita: gli scritti di Umberto Eco hanno a
questo proposito un valore pedagogico poiché essi non solo applicano
ma insegnano anche ad applicare il metodo induttivo delle scienze
sperimentali che dal particolare va all’universale
10
. Aderendo alla
semiologia egli si impegna a piegare i segni di irrazionalità che
emergono da una società completamente rivolta, almeno in apparenza,
al culto della ragion produttiva. Eco usa un linguaggio amichevole
privo di virtuosismi tecnici, si tratta di uno stile giornalistico che gli
consente di realizzare il suo intento più grande: utilizzare i mezzi di
comunicazione di massa per un’analisi polemica dei processi culturali
propri di una società industrialmente sviluppata
11
. Sia la critica che la
letteratura postmoderna hanno concluso che non esistono codici
privilegiati tra i mezzi espressivi, che la letteratura non è
qualitativamente né inferiore né superiore alle altre forme espressive
dei significati e che per quanto innovativi possano essere i termini di
un’opera essi sono comunque condizionati dalle convenzioni della
tradizione letteraria ufficiale. Secondo, quindi, questa nuova critica
10
V. Spinazzola, Dopo l’avanguardia, Bologna, Transeuropa, 1989.
11
V. Spinazzola, Dopo l’avanguardia, Bologna, Transeuropa, 1989.
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13
nessuna opera è completamente originale ma porta sempre in sé
tematiche e moduli espressivi già sperimentati; cosicché le nuove
forme espressive ricevono stimoli proprio da quella tradizione da cui
vogliono allontanarsi. La coscienza di questa situazione di
appartenenza spinge lo scrittore a sentirsi intrappolato da quello stesso
linguaggio “originale” che egli utilizza per dare forma alle sue storie:
l’espressione di Barthes “la letteratura di logoramento” ben traduce
la situazione della narrativa contemporanea
12
. Per gli scrittori
postmoderni, la realtà è conoscibile solo attraverso il linguaggio, e può
essere sperimentata solo in quanto struttura immaginaria e condiziona
a tal punto lo scrittore circoscrivendolo in uno stadio di prigionia che
quasi lo isola e lo fa sentire emarginato
13
.
A partire dalla fine del XIX secolo e per tutto il nostro XX
secolo, ormai agli sgoccioli, la condizione del sapere nelle società
sviluppate ha subito dei cambiamenti. Questa nuova condizione è stata
chiamata postmoderna, definizione utilizzata per designare “lo stato
della cultura dopo le trasformazioni subite dalle regole dei giochi
12
C. Russell, Da Rimbaud ai postmoderni, Torino, Einaudi, 1989.
13
C. Russell, op.cit., p.327.
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14
della scienza, della letteratura e delle arti a partire dalla fine del XIX
secolo”
14
.
Particolarmente interessante, per gli spiriti critici ed estetici
dell’arte contemporanea, è stato lo sviluppo e la diffusione della
cultura di massa e degli strumenti di comunicazione da essa utilizzati
: televisione, cinema, radio, giornalismo, pubblicità riescono a
realizzare in se stesse cultura e informazione, intrattenimento e
distrazione, riuscendo a trasformare la lingua e a modificare il gusto.
L’editoria è diventata un’industria e come tale soggiace alle leggi che
regolano l’attività industriale, lancia opere-prodotti smerciabili su un
mercato, il più possibile vasto, indipendentemente dal suo valore
letterario, deve rispondere alle esigenze di un pubblico che seppure di
massa si presenta anche differenziato. La sua produzione deve
rivolgersi al maggior numero possibile di consumatori e al tempo
stesso deve essere in grado di rispondere alle esigenze di gruppi più
limitati di uomini di elevata cultura, cosicché il sapere è prdotto, e sarà
sempre prodotto, per essere venduto, perdendo il suo valore d’uso non
14
J.F. Lyotard, La condizione postmoderna, Milano, Feltrinelli, 1993, p.5.
Tony Duvert: Journal d’un innocent
15
è più fine a sé stesso.
15
Così ogni libro si costituisce prima di tutto
come un prodotto, esso non è altro che la proposta che un autore fa a
diverse e potenziali categorie di lettori, di cui non solo cerca di
interpretare le attese ma di influenzarne anche il pensiero
16
.
La cultura di massa sommerge l’uomo nella società pluralistica e
minaccia, inoltre, il concetto dell’identità individuale; “nella nostra
cultura, quindi, manca sostanzialmente sia l’individualismo
aggressivo sia un senso di identità collettiva, evidente invece nella
gran parte degli scrittori d’avanguardia (...). Se l’avanguardia
metteva sempre in evidenza una forma di protesta contro la società,
ciò poteva essere inteso comunque come espressione diretta della
società stessa, oggi questa situazione paradossale è ancora più
estrema”
17
. A partire dalla fine degli anni cinquanta assistiamo,
dunque, ad un processo di uniformazione in tutti i campi: economico,
politico, culturale e sociale; tale processo nasce dall’egemonia di certi
comportamenti e valori che sono tipici della società industriale
moderna: la legge del profitto e dell’accumulazione, lo sviluppo dei
15
J.F. Lyotard, La condizione postmoderrna, Milano, Feltrinelli, 1993.
16
V. Spinazzola, Dopo l’avanguardia, Bologna, Transeuropa,1989.
17
C. Russell, Da Rimbaud ai postmoderni, Torino, Einaudi, 1989, p.294.
Tony Duvert: Journal d’un innocent
16
mezzi di comunicazione di massa. Questi valori danno vita ad un
modello di sviluppo uniforme che si fonda esclusivamente sulla
crescita e sulla produzione economica
18
. Parallelamente a questo
processo di uniformazione si assiste a un desiderio di ricerca, di
diversità che si esplica in varie forme; tutto sommato però lo stile, le
aspirazioni individuali e le opere innovative sono viste o come
semplice manifestazione di un nuovo stile o come una qualsiasi merce
inserita in un contesto finanziario ben definito piuttosto che nella loro
prerogativa di protesta sociale ed estetica. Tale situazione comporta
notevoli difficoltà per gli scrittori innovativi o cosiddetti
“rivoluzionari” poiché non sempre l’editoria accetta di pubblicare i
loro testi, soprattutto se questi non possono facilmente trovare un
riscontro di pubblico. Il nuovo scrittore non si rassegna, però, nel suo
intento di ricercare dei nuovi significati, di nuove forme linguistiche e
anche tipografiche: riferendoci a Ferdinand de Saussure potremmo
dire che l’individuo postmoderno, lo scrittore non si limita soltanto e
semplicemente al rifiuto della “langue”, cioè a dire la lingua
convenzionale quella di uso corrente, ma non accetta neanche la
18
Kilani, Antropologia, una introduzione, Bari, Dedalo, 1994.
Tony Duvert: Journal d’un innocent
17
“parole”, cioè una lingua personale che però si fonda sulla “langue”:
egli è alla ricerca di una lingua individuale e personale che non trovi
riscontro in nessuna formula del passato, in nessuna tradizione. Ciò a
cui aspira è una “parole sans langue”
19
. L’interesse dello scrittore
contemporaneo non è solo rivolto alla sperimentazione linguistica:
consapevole di appartenere ad un contesto sociale e culturale
modificato dai conflitti mondiali, dalla scienza e dalla tecnica, egli, sa
di esserne non soltanto l’espressione ma anche lo spirito critico.
Uno sguardo “panoramico” sulla produzione letteraria francese di
quest’ultima metà di secolo ci mostra la tendenza degli autori alla
sperimentazione e al cambiamento, soprattutto nell’ambito del
romanzo: autori come Alain Robbe-Grillet e Michel Butor hanno
rivoluzionato la tradizionale concezione del romanzo e del
personaggio romanzesco, rifiutando le forme e gli schemi tradizionali
essi decidono di “inventare il romanzo”
20
. L’impressione di una
“nuova famiglia” di romanzieri è rafforzata dal fatto che gli autori dei
“nuovi romanzi”
21
, Nathalie Sarraute, Claude Simone e i già citati
19
G. Petronio, Produzione e fruizione (Volume II), Palermo, Palumbo, 1989.
20
Molinari-Duvivier, Littérature et lectures, Milano, Signorelli, 1985.
21
P. Deshusses, Dix siècles de littérature française (Tome II), Parigi, Bordas, 1984.
Tony Duvert: Journal d’un innocent
18
Robbe-Grillet e Butor, sono tutti editi dalle Editions de Minuit, e il
loro pubblico, almeno all’inizio, era prevalentemente fatto di critici
letterari e di specialisti
22
. La casa editrice Minuit occupa un ruolo di
particolare rilievo nell’editoria francese di questo periodo in virtù
della voce che ha dato ai nuovi scrittori. La tendenza al rinnovamento
la ritroviamo anche nell’ambito teatrale grazie soprattutto a Samuel
Bechett che con il suo capolavoro En attendant Godot rimette in
discussione il teatro tradizionale: lo scenario è ridotto al minimo, i
personaggi sono quasi immobili, privi di vita e di personalità, il
dialogo è ridotto a delle semplici parole.
22
L’espressione “nouveax romanciers” nasce negli anni Cinquanta, essa è utilizzata
per indicare non una scuola e nemmeno un movimento letterario ma piuttosto una
nuova ricerca in cui romanzieri isolati decidono di creare un “nuovo romanzo”. Nel
febbraio del 1950 Nathalie Sarraute pubblica ne “Les temps modernes” un articolo
intitolato “L’ère du soupçon” in cui analizza e prende posizione sul romanzo
contemporaneo. “L’ère du soupçon” diventa il testo-manifesto dei nuovi romanzieri:
il personaggio al centro della storia, la nozione stessa di storia, l’uso classico della
terza persona, tutto viene rimesso in discussione. I nuovi scrittori respingono la
letteratura del messaggio, cioè una letteratura in cui l’autore darebbe una lezione al
lettore, essi al contrario chiedono al lettore di partecipare all’esperienza e all’azione
dello scrittore. Il “Nouveau Roman” rifiuta la nozione di storia, l’azione è nulla o
comunque insignificante così come la coordinata temporale non è cronologica e
lineare ma una giustapposizione di sogno e realtà; se da un lato il personaggio perde
la sua centralità nella storia dall’altro è affermato il primato dell’oggetto. E’
impossibile trovare in tutti i nuovi romazieri tutti questi elemeti innovativi poiché
ogni autore ha insistito sull’uno o sull’altro aspetto seguendo la propria personalità e
la maniera ad essi congeniale. (P. Chartier, Introduction aux grandes théories du
Roman, Paris, Bordas, 1990. )