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1. MACROZONAZIONE SISMICA
1.1. PREMESSA
La penisola italiana Ł una delle zone sismicamente piø attive del Mediterraneo. Essa
Ł stata inoltre, sede di alcune tra le piø antiche civilt , e ci ha permesso la
registrazione di notizie attendibili anche di eventi sismici molto antichi, ma solo a
partire dal XIX secolo gli studiosi di sismologia hanno cominciato a estrarre da
queste cronache le informazioni riguardanti i terremoti nel tentativo di scrivere una
storia sismica italiana.
Dalla raccolta e classificazione sistematica di eventi sismici sono nati i primi
cataloghi dei terremoti.
La pericolosit sismica non dipende solo dal tipo d i terremoto, dalla distanza tra
l epicentro e la localit interessata, ma, soprattu tto, dalle caratteristiche geologiche
dell area di interesse. Infatti, la geometria della struttura del sottosuolo, le variazioni
dei tipi di terreni e delle sue propriet con la pr ofondit , le discontinuit laterali, e la
superficie topografica sono all origine delle larghe amplificazioni delle vibrazioni del
terreno e sono correlati alla distribuzione del danno durante i terremoti distruttivi. Ai
fini della riduzione del rischio sismico Ł quindi importante riconoscere le aree in cui
le oscillazioni del suolo sono piø ampie e definire le frequenze con le quali esse
tendono ad oscillare.
L azione esercitata localmente dagli strati piø superficiali, che operano sia da filtro
che d amplificatore, costituisce quello che va sotto il nome d Effetto di Sito.
Riconoscere in dettaglio le aree caratterizzate in media da uguale Risposta di Sito,
dovuta alle caratteristiche geologiche o alla topografia, Ł diventata una richiesta
fondamentale negli studi geologici e geofisici relativi alle costruzioni.
La valutazione di fenomeni di amplificazione locale Ł indicata nella normativa
sismica italiana OPCM n 3274 / 2003 che sottolinea l importanza della
classificazione dei terreni di fondazione.
(OPCM 3274/2003: Punto 2.4) Per i siti di costruzione ed i terreni in esso presenti
dovranno essere indagati e valutati l occorrenza di possibili fenomeni di instabilit di
pendii e di cedimenti permanenti causati da fenomeni di liquefazione o eccessivo
addensamento in caso di terremoto, nonchØ di rottura di faglia in superficie[ ]
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1.2. Il RISCHIO SISMICO
Si definisce Rischio Sismico l insieme dei possibili danni che un terremoto pu
provocare, in un determinato intervallo di tempo e in una determinata area, in
relazione alla sua probabilit di accadimento ed al relativo grado di intensit in
relazione alle principali caratteristiche della comunit esposta.
L intensit o severit di un terremoto pu essere v alutata in due modi:
misurando l energia sprigionata dal sisma, su tale calcolo si basa la scala
Richter;
valutando le conseguenze sull uomo, sulle costruzioni e sull ambiente,
suddividendo tali effetti in livelli in base alla scala realizzata dal sismologo
Mercalli.
La determinazione del rischio Ł legata a tre fattori principali:
RISCHIO = PERICOLOSIT * ESPOSIZIONE *VULNERABILIT
La pericolosit esprime la probabilit che, in un certo intervallo di tempo, un’area sia
interessata da terremoti che possono produrre danni. Dipende dal tipo di terremoto,
dalla distanza tra l’epicentro e la localit intere ssata nonchØ dalle condizioni
geomorfologiche. La pericolosit Ł indipendente e p rescinde da ci che l’uomo ha
costruito.
L esposizione Ł una misura dell’importanza dell’oggetto esposto al rischio, in
relazione alle principali caratteristiche dell’ambiente costruito. Consiste
nell’individuazione, sia come numero che come valore, degli elementi componenti il
territorio o la citt , il cui stato, comportamento e sviluppo pu venire alterato
dall’evento sismico (il sistema insediativo, la popolazione, le attivit economiche, i
monumenti, i servizi sociali).
La vulnerabilit consiste nella valutazione della possibilit che pe rsone, edifici o
attivit , subiscano danni o modificazioni al verifi carsi dell’evento sismico. Misura da
una parte la perdita o la riduzione di efficienza, dall’altra la capacit residua a
svolgere ed assicurare le funzioni che il sistema territoriale nel suo complesso
esprime in condizioni normali. Ad esempio nel caso degli edifici la vulnerabilit
dipende dai materiali, dalle caratteristiche costruttive e dallo stato di manutenzione
ed esprime la loro resistenza al sisma.
In Italia, negli ultimi duemila anni si sono verificati migliaia di terremoti e, tra questi,
oltre 150 hanno raggiunto o superato il IX grado della scala MCS.
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In Italia il rischio sismico non Ł legato solo alla sismicit del territorio, ma anche ad
altri fattori, quali l elevata densit di popolazio ne, che fa s che ogni evento interessi
un numero elevato di persone, ed il fatto che parte del patrimonio edilizio non Ł stato
realizzato con criteri antisismici.
Per tale motivo riveste una notevole importanza minimizzare i danni prodotti da un
terremoto, sia mediante un razionale utilizzo del territorio e l elaborazione di norme
costruttive che rendano gli edifici in grado di resistere alle scosse piø intense che
potranno colpirli, sia effettuando un analisi probabilistica di previsione dei terremoti,
che si basi o sulla conoscenza accurata della genesi dell evento sismico epicentro,
tempo origine, e magnitudo del terremoto) o su un analisi statistica della sismicit
storica di un area.
1.3. PERICOLOSITA’ SISMICA: SISMICITA’ DELL’AREA
MEDITERRANEA
La regione mediterranea Ł una regione geologicamente molto attiva, che sta
subendo una deformazione piuttosto rapida ed Ł caratterizzata da una sismicit
diffusa che non Ł ristretta solo lungo i bordi delle zolle.
L evoluzione geodinamica del Mediterraneo centrale costituisce da diversi decenni
l oggetto di un intenso dibattito scientifico. In questo settore della crosta terrestre il
processo di raccorciamento, provocato nell’ambito del sistema Europa, Africa, e
Adria dall’apertura del Bacino Oceanico Tirrenico, Ł responsabile della formazione di
strutture geologiche di natura ed evoluzione assai differente. Accanto alle catene
montuose, naturale prodotto dei processi di collisione, il Mediterraneo centrale ha
visto la nascita e la progressiva evoluzione di bacini marini di limitate dimensioni,
caratterizzati, come il Tirreno, dalla formazione di nuova crosta, simile a quella
presente nel fondo dei grandi oceani.
Nei primi anni settanta la struttura del Mediterraneo Ł stata interpretata come un
mosaico di frammenti di litosfera (microplacche), i cui processi di rotazione e di
traslazione erano la causa dell apertura di nuovi bacini oceanici e del corrugamento
delle catene montuose (Figura 1). La formazione del Bacino Ligure-Provenzale e del
Bacino Tirrenico furono interpretate comeil risultato della progressiva rotazione
antioraria e traslazione di due microzolle indipendenti: il blocco sardo-corso e la
penisola italiana.
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Figura 1
1.3.1. Sismicità dell’Appennino Meridionale
La formazione della catena appenninica, che costituisce l ossatura della penisola
italiana, Ł legata ai complicati processi che caratterizzano il Mediterraneo e che
sono responsabili della migrazione del sistema di catena- avampaese verso
l’avanfossa di Padano-Adriatico-Ionica, e dell’apertura sincrona del bacino Tirrenico
di retroarco.
La catena Appenninica Ł formata da una serie di unit strutturali, con vergenza di
accavallamento verso l’adriatico, che derivano dalla deformazione delle unit
appartenenti al Bacino sardo-corso ed ai bacini di accrezione associati alla sua
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migrazione verso sud-est, all’insieme dei terreni bacinali e di piattaforma carbonatica
del margine di Adria ed a rimanenze obdotte del Bacino della Tetide. Le zone
sismicamente attive nel nostro paese costituiscono gran parte del territorio
nazionale.
In particolare, l Appennino Meridionale Ł interessato, fin da epoche storiche, da un
intensa e frequente tettonica attiva collegata ad un regime estensionale legato alla
divergenza di Adria. Gli eventi sismici che interessano l Appennino Meridionale
presentano una profondit ipocentrale generalmente compresa tra i 10 e i 12 Km.
Essi sono localizzati prevalentemente lungo una ristretta fascia che coincide con
l aree piø elevate delle catena.
Storia sismica di Balvano (PZ) [40.650, 15.512]
Osservazioni disponibili: 13
Effetti
Is Anno Mese Giorno Ora Min Sec AE Io Mw Rt Rt1
9 1561 08 19 14 10 Vallo di Diano 9-10 6.36 CFTI BOA997
9-10 1694 09 08 11 40 Irpinia-Basilicata 10-11 6.87 CFTI BOA997
7 1826 02 01 16 Basilicata 8 5.68 CFTI BOA997
8 1857 12 16 21 15 Basilicata 10-11 6.96 CFTI BOA997
NF 1887 12 03 03 45 Calabria settent. 8 5.52 CFTI BOA997
7 1910 06 07 02 04 Irpinia-Basilicata 8-9 5.87 CFTI BOA997
6 1923 11 08 12 28 MURO LUCANO 6 5.01 DOM GDTSP
3-4 1966 07 06 04 24 LUCANIA 4 4.62 DOM GDTSP
8 1980 11 23 18 34 52 Irpinia-Basilicata 10 6.89 CFTI BOA997
4 1982 03 21 09 44 2 MARATEA 7-8 5.20 CFTI BOA997
6 1990 05 05 07 21 17 POTENTINO 7 5.84 BMING BMING
5-6 1991 05 26 12 25 59 POTENTINO 7 5.22 BMING BMING
5-6 1996 04 03 13 04 35 IRPINIA 6 4.92 BMING BMING
Figura 2: Storia sismica di Balvano (PZ)
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Figura 3: Intensit macrosismica per il terremoto d el 23/11/1980. A Balvano si Ł avuta intensit 8.
1.4. ZONAZIONE SISMOGENETICA
Fino al 2002, il punto di riferimento per la valutazione della pericolosit sismica
nell area italiana Ł stata la zonazione sismogenetica ZS4 (Figura 4). Tale zonazione
era stata realizzata nel 1996, ma gli sviluppi piø recenti in materia di sismogenesi
hanno per evidenziato alcune incoerenze con il cat alogo CTPI. Per tale motivo, al
fine di ottenere un modello piø coerente con i nuovi dati e con il quadro
sismotettonico oggi disponibile, Ł stata sviluppata una nuova zonazione
sismogenetica, denominata ZS9 (Figura 5).
Balvano