4
paladino, un’università che conferisce a Moccia la Laurea Honoris Causa, un celebre
personaggio televisivo e radiofonico che ne fa uno dei suoi pezzi comici più forti, una serie di
programmi televisivi che dedicano intere serate all’analisi di questo successo. Ma, in
particolare, una schiera di scrittori e critici contemporanei rispettati e autorevoli che
intervengono per stroncarlo o difenderlo. Ciò che colpisce, al di là della diversità delle
opinioni, è il fatto che i libri di Moccia abbiano suscitato tanta attenzione, donando nel bene e
nel male visibilità all’opera ed all’autore.
La prima parte del nostro lavoro analizza, in primo luogo, gli aspetti della formazione
e della traiettoria di Moccia che sono rilevanti per spiegare la sua opera; in secondo luogo, le
caratteristiche dei suoi libri (temi, personaggi, linguaggio) che possono spiegare
l’identificazione del pubblico giovanile.
Nella seconda parte sono state esaminate le modalità del successo e messi in luce i
diversi fattori: le strategie con cui le case editrici promuovono le opere che appaiono
suscettibili di vendere; il ruolo degli editori nel caso Moccia ( sia per quanto riguarda il lancio
dell’opera che nella costruzione del personaggio-autore) e il ruolo dei diversi media. In
particolare ci si è soffermati sull’importanza dei film tratti dalle opere e sul ruolo nodale che
hanno avuto i blog nel passaparola e nella condivisione delle opinioni tra i lettori.
L’osservazione dei riti collettivi scaturiti dall’opera stessa ha inoltre dimostrato l’incidenza di
tutto ciò non solo tra i suoi lettori, ma in varie fasce della società. La “postura” dello stesso
scrittore è centrale nella nostra analisi: si è ricostruita la sua presenza nei media, la maniera in
cui si è presentato e ha costruito il suo personaggio, e si è cercato di mostrare quanto la sua
immagine pubblica abbia giovato al suo successo.
La terza parte si sofferma sulla ricezione, esaminando, da una parte le opinioni di
alcuni giovani lettori intervistati, dall’altra, le posizioni della critica. E’ sembrato interessante,
inoltre, confrontare la fortuna italiana di Moccia con la ricezione in Francia, uno dei Paesi in
cui l’opera è stata velocemente tradotta, senza tuttavia trasformarsi, finora, in un caso
editoriale e di costume paragonabile a quello che si è manifestato in Italia.
Nell’appendice sono presentati alcuni strumenti di cui ci siamo serviti nel nostro
lavoro: le interviste alle traduttrici francesi, che ci hanno fornito un prezioso aiuto nella
ricostruzione del contesto in cui occorre situare la ricezione di Moccia in Francia, e una
cronologia che registra le principali tappe dell’affermazione di Moccia nella loro successione,
permettendo di cogliere concomitanze significative tra i vari aspetti della sua carriera.
5
PARTE PRIMA
L’autore e l’opera
I. 1. TRAIETTORIA DI FEDERICO MOCCIA
Federico Moccia è nato e cresciuto a Roma. Questo contesto ha un ruolo importante
nelle sue opere mentre non vi è traccia dei fatti politicamente e socialmente molto significativi
che caratterizzano il periodo in cui ha vissuto la sua adolescenza, nel pieno degli anni ’70/’80.
Vivere a Roma significava avere la possibilità di accedere a mezzi che in città più
provinciali non esistevano: in quegli anni ogni casa cominciava a possedere la televisione a
differenza dei piccoli centri o delle zone rurali italiane, in cui il possesso del mezzo era ancora
esclusivo dei bar del paese. Proprio la televisione, infatti, segna in maniera preponderante la
carriera e la vita personale dell’autore. Importantissima anche la presenza di Cinecittà, che
mette a contatto i giovani col nascente mondo televisivo, per lui futuro luogo di lavoro.
Federico Moccia frequenta il liceo classico privato, il “Villa Flaminia”
1
, seguito da
qualche esame in legge. Nelle interviste l’autore dichiara molto spesso di essere un accanito
lettore: afferma in più occasioni di aver letto i classici e di amare gialli e thriller. Tra i suoi
autori prediletti citiamo solo alcuni come Fitzgerald, Maupassant, Hemingway, Jack London,
Pierpaolo Pasolini, Konrad, Salinger, Melville, Prévert, Gibran, Kerouak. La scuola gli ha
dato modo di stringere relazioni che sono state poi fondamentali sia per la sua carriera
lavorativa, sia per la scrittura dei suoi libri. Moccia era infatti compagno di classe di Paolo
Bonolis, suo futuro collega di lavoro, con cui ha collaborato per alcuni programmi televisivi.
Proprio nei provini che lo scrittore eseguiva per conto di Bonolis l’autore è entrato a contatto
con slang e gerghi giovanili degli anni ’90, differenti da quelli che utilizzava da adolescente e
che poi ha messo in bocca ai suoi personaggi
2
.
1
«Le mie sorelle e i miei amici facevano però la scuola pubblica […] » (Esposito, Riccardo, Con Moccia
torniamo 3msc e ancora e ancora e ancora, in http://www.tvlocali.tv/federicomoccia3msc.htm, pagina
consultata il 01/10/2007 [In linea]).
2
« […] Ho lavorato anni per Paolo Bonolis, intervistavo 1.400 persone l'anno di ogni età e fascia
sociale. Quando scrivo chiudo gli occhi e risento quel parlato, le espressioni più colorite che danno immagini.
Commenti tipo "È forte Luca Laurenti, m'acchiappa un casino", bestemmie ripulite come "porca trota",
espressioni surreali come "mannaggia alla trota salmonata"» (Simonetti, Maria, Moccia: un gergo per ogni paese
6
Molte lettrici dei romanzi di Moccia sostengono che uno dei punti di forza dei suoi
libri è l’aver esaltato in maniera realistica il punto di vista femminile nelle relazioni
sentimentali. Questa capacità, secondo l’autore, deriva dalla sua autobiografia: l’aver vissuto
in una famiglia composta da molte donne tra sorelle, nonne e zie, gli ha permesso di scrutare
dall’interno questa realtà. Per quanto riguarda i suoi genitori, il padre, Giuseppe Moccia, è
spesso nominato nelle interviste, mentre non c’è praticamente nessun accenno alla figura
materna. Proprio la figura del padre è onnipresente sia nella sua carriera lavorativa, sia nei
suoi libri. Afferma, ad esempio, di aver tratto spunto per il suo terzo testo, Scusa ma ti chiamo
amore, da un film girato in passato dal genitore, La voglia matta. Grazie a lui, lo scrittore è
stato introdotto sin dall’infanzia nell’ambiente televisivo: Giuseppe Moccia, in arte Pipolo,
era infatti un celebre sceneggiatore della commedia all’italiana. L’influenza del padre è palese
già dalla giovinezza: a diciannove anni, nel 1982, Federico partecipa come aiuto regista al
film Attila Flagello di Dio diretto da Pipolo. Ha potuto così, sin da giovanissimo, entrare in
una casta chiusa, quella televisiva, dove poi ha continuato a lavorare. Qui, da tentativi di regia
è passato alle sceneggiature, dove si è ritagliato un posto tutto suo. Dopo una breve carriera
cinematografica nel 1987 con il film Palla al centro (dove recita anche una piccola parte)
decide di dedicarsi alla televisione partecipando sia come regista sia come sceneggiatore al
telefilm College. Negli anni successivi continuò a scrivere sceneggiature, lavorando per
programmi d’intrattenimento come Domenica In. Il ritorno al cinema è datato 1998 con il film
Classe mista 3°A, ed il ritorno alla regia, affiancato dalla vecchia conoscenza Paolo Bonolis.
Continuò con altre sceneggiature: quella della pellicola di Natura contro e di altri programmi
di intrattenimento come Il treno dei desideri e I Cervelloni, che non ottennero, però, i risultati
desiderati. La scrittura quindi, come d’altronde sottolinea l’autore in alcune interviste, è
sempre stata parte integrante della sua vita e del suo lavoro. A loro volta le opere risentono
moltissimo della attività di sceneggiatore e presentano un’impronta fortemente
cinematografica
3
. La familiarità con il mezzo televisivo ha forgiato una sua immagine
pubblica: in un’intervista afferma che il programma che avrebbe voluto inventare è il Grande
così parla l’Italia dei ragazzi, La Repubblica, 06/03/2006, in
http://www.repubblica.it/2006/c/sezioni/scuola_e_universita/servizi/moccia/moccia/moccia.html, pagina
consultata il 01/10/2007 [In linea]).
3
Vedi il capitolo I. 2. sulle proprietà dell’opera.
7
Fratello. Per Moccia i reality sono geniali perché affrontano argomenti che, prima del loro
avvento, erano tabù per gli adolescenti e per i giovani
4
.
Appare molto importante nel suo percorso il modo in cui ostenta una certa sicurezza e
tranquillità e, in tutte le interviste, risulta complicato scindere tra l’immagine dell’autore e la
“postura” che egli adotta con i media: «Io sono un sottomarino nascosto, che naviga
sull’asfalto e capta storie, visi, personaggi», si autodefinisce Moccia
5
. L’autore ha un’alta
opinione della sua opera e dice di averci sempre creduto davvero, anche se, dopo molti anni in
cerca di una casa editrice che lo pubblicasse, si era rassegnato a considerare solo un hobby la
sua attività di romanziere. La sua sicurezza trapela anche nell’atteggiamento verso le critiche
negative: Moccia non ne tiene nemmeno conto, ritenendo che il successo ottenuto basti a
smentirle.
Ha mostrato, inoltre, una capacità non trascurabile di adattarsi e di cogliere al volo le
situazioni favorevoli che gli si sono presentate: scrivere lui stesso la sceneggiatura dei film
tratti dai suoi libri (nel prossimo film Scusa ma ti chiamo amore, che uscirà l’anno prossimo,
sarà, dopo molto tempo, anche regista), essere onnipresente nei programmi televisivi per la
promozione delle sue opere, passare a un editore che gli è apparso vantaggioso e sfruttare
tutte le opportunità commerciali ed economiche che il successo gli sta donando. Nel 1992
scrive Tre metri sopra il cielo che viene pubblicato dalla piccola casa editrice romana Il
Ventaglio che, dopo aver pubblicato altri due giovani autori, chiude. Nel 1996 scrive il
seguito di Tre metri sopra il cielo, con il titolo originale di Come un cielo al tramonto, che
rimane nel cassetto. Nel frattempo scatta il passaparola tra gli studenti romani, che
fotocopiano Tre metri sopra il cielo e lo leggono. Nel 2004 il produttore della casa di
produzione Cattleya, Riccardo Tozzi, scova per caso il fascicolo di fotocopie di Tre metri
sopra il cielo in una fotocopisteria sulla Nomentana, a Roma. Ne sente parlare dalla nipote,
allora liceale, che gli racconta della circolazione spontanea delle fotocopie tra gli studenti. Si
incuriosisce e le legge. Alla Cattleya approvano e decidono di farne un film. Riccardo Tozzi
chiede a Francesca Longobardi, produttore delegato della società, in viaggio verso la Fiera del
4
«Di fronte ai fatti dello stadio di Catania si è parlato di crisi generazionale, c’è davvero secondo lei?»
«La crisi c’è e nasce da uno stato di fatica. La nostra società non offre più una proiezione serena del futuro e le
cause sono molteplici, dalla mancanza di credibilità dei politici alla fine del lavoro artigianale. La tv gioca invece
un ruolo positivo. I reality aiutano il dialogo trattando temi che non si toccavano mai, e che magari i ragazzi si
vergognavano di affrontare. Ora vi si identificano e vi si sentono appoggiati» (Roncalli, Ivan, Moccia, cos’è
l’amore? “Uno splendido conto che non torna mai”, Sorrisi e Canzoni TV, 03/03/2007, p. 64).
5
Palma, Ester, Niki e Alex, una passione “frullata”, Corriere della Sera, 14/02/2007, p. 10.
Sulla “postura” pubblica di Moccia, vedi la parte seconda, capitolo II. 5.
8
Libro di Francoforte, di trovare un editore per Federico Moccia. La Feltrinelli accetta. A
Febbraio Tre metri sopra il cielo viene pubblicato in una versione rivista ed abbreviata
dall’editore, ma solo poco dopo viene pubblicata la versione originale del 1992. Vince il
Premio Torre di Castruccio, sezione Narrativa 2004 e il Premio Insula Romana, sezione
Giovani Adulti 2004. Esce il film Tre metri sopra il cielo, di cui Federico Moccia scrive la
sceneggiatura, insieme a Teresa Ciabatti. L’autore modifica il manoscritto seguito di Tre
metri sopra il cielo, che viene pubblicato il 9 febbraio 2006, sempre da Feltrinelli, con il titolo
di Ho voglia di te. Nel 2007, il 7 febbraio, esce nelle librerie il terzo libro Scusa ma ti chiamo
amore edito, però, da Rizzoli. Il 9 marzo esce nelle sale cinematografiche il film tratto dal
secondo romanzo Ho voglia di te, sempre con la sceneggiatura di Moccia e Ciabatti. Poco
dopo riceve la laurea Honoris causa in relazioni pubbliche e pubblicità: un fatto che indica
bene fino a che punto le opere di Moccia siano divenute un fenomeno sociologico e di
costume, che quasi oscura quello letterario.
9
I. 2. PROPRIETÀ DELL’OPERA
Le tre opere di Federico Moccia Tre metri sopra il cielo, Ho voglia di te e Scusa ma ti
chiamo amore sono molto simili per tematiche, linguaggio e caratteristiche stilistiche. Ho
voglia di te è il seguito di Tre metri sopra il cielo, mentre il terzo Scusa ma ti chiamo amore,
è una storia a parte con trama e personaggi differenti. Le tre narrazioni, diverse tra loro per le
dinamiche delle vicende, hanno in comune il tema amoroso, incarnato in tutti i libri attraverso
relazioni adolescenziali che si intersecano e si confrontano con quelle degli adulti. Tre metri
sopra il cielo e Ho voglia di te raccontano la vicenda amorosa che lega Step, diciannovenne
violento e tormentato, a Babi, diciassettenne studentessa modello, educata e rispettosa. Scusa
ma ti chiamo amore ha per oggetto ancora una vicenda sentimentale, di cui sono protagonisti
un’adolescente di diciassette anni esuberante e indipendente, Niki, e un uomo di trentasette
insicuro ed immaturo, Alex. Tutti e tre i testi ricostruiscono il contesto in cui sono inseriti i
personaggi, divisi tra la scuola, l’ambiente lavorativo, la famiglia e le amicizie. Ogni soggetto
svolge una funzione ben precisa nella vicenda principale. Non ci sono invece, volutamente,
riferimenti a circostanze storiche e politiche.
Tutta l’opera di Federico Moccia presenta le seguenti caratteristiche:
ξ tema amoroso (per lo più adolescenziale);
ξ situazioni semplici, comuni, che potrebbero appartenere all’autobiografia di
chiunque
6
;
ξ ambientazione romana;
ξ riferimenti a particolari empirici precisi che producono effetto di realtà: citazioni di
marche, slang giovanili, luoghi generazionali reali ecc;
ξ linguaggio semplice, parlato, simile a quello di una sceneggiatura cinematografica,
come indica la frequenza dei dialoghi.
Lo sviluppo della narrazione è affidato più al susseguirsi degli eventi che
all'introspezione:
6
« […] Secondo me Moccia riesce perfettamente a percepire alcuni meccanismi della vita che le persone
amano veder trascritti. Ha di geniale il modo tutto suo di rendere alcuni dettagli nelle reazioni dei personaggi
che, a parer mio, rispecchiano la vita reale. A volte scrive delle battute in cui il personaggio ha delle reazioni con
cui è semplice identificarsi come: “Non lo chiedo direttamente perché mi vergogno”. Forse proprio questa
capacità di trascrivere delle sensazioni con cui le persone convivono abitualmente funziona. Parla di sensazioni
che si provano, ma che magari nella vita reale non si dicono perché ci si vergogna, ad esempio» (APPENDICE I,
INTERVISTA AD ANAÏS BOKOBZA, traduttrice di Ho voglia di te per Calmann-Lévy).
10
« […] Quella sera molte persone dormono male, alcune passano la notte all’ospedale,
altri hanno degli incubi. Fra questi Chicco Brandelli. Pensa a tutte le soluzioni possibili,
lasciare la macchina per strada, portarla di nascosto dal carrozziere l’indomani mattina, o
buttarla in una scarpata e denunciarne il furto. Alla fine giunge all’unica soluzione
possibile. Non ci sono soluzioni. Dovrà affrontare suo padre, proprio come ha fatto quella
stessa sera Roberta, con i suoi […]» (Tre metri sopra il cielo, p. 64).
L’ambientazione romana influenza fortemente sia lo svolgimento delle vicende, sia il
linguaggio utilizzato: ogni birreria, ristorante, palestra o negozio citato è un luogo
frequentato dai giovani romani degli anni Novanta e di oggi
7
. I dialoghi, frequentissimi in tutti
e tre i testi, attingono a forme dialettali caratteristiche del romano e ai gerghi giovanili. Ogni
personaggio è connotato da marche di vestiti ed accessori, nomi di automobili, citazioni di
cantanti e personaggi televisivi. Proprio l’utilizzo di slang e status symbul hanno creato le
premesse per un’immedesimazione giovanile di massa, divisa tra il no logo e l’identificazione
nelle marche:
«Che tipo. Siamo andati a mangiare qualcosa da Capricci Siciliani in via di Panico […]»
(Scusa ma ti chiamo amore, p. 30).
«”Ahò, nun fa il furbo con me. Capito? Nun c’avevi nessuno davanti e ringrazia il
cielo…” alza il mento e indica la gazzella, “che qui ce so i carramba, nun rompe i cojoni
la prossima volta che sennò finisci male”» (Scusa ma ti chiamo amore, p. 27).
«Schello, agitando i pugni vicino al petto, segue con la testa il nuovo pezzo che il dj alla
radio ha annunciato come successo dell’anno: Sere nere
8
» (Tre metri sopra il cielo, p.
34).
«Babi e Daniela salgono in macchina. La Mercedes entra nel comprensorio e passa
davanti al portiere. Fiore si è divertito molto di più a vedere quei cinque minuti che tutto
Torno sabato…e tre» (Tre metri sopra il cielo, p. 64).
Sono utilizzati, inoltre, soprannomi, nomignoli e diminutivi che connotano ogni personaggio:
«Vicino a loro, con le moto potenti come i loro muscoli, Pollo, Lucone, Hook, il
Siciliano, Bunny, Schelmo e tanti altri ancora. Nomi improbabili per storie difficili […].
Fermi li, a piazza Jacini, seduti sulle loro Harley, su vecchie 350 Four dalle quattro
marmitte originali, o con la classica quattro in uno dal rumore più potente. Sognate,
sospirate e infine ottenute, grazie a estenuanti preghiere, dai loro genitori. Oppure con il
sacrificio delle tasche sfortunate di un giovane farlocco che ha lasciato il portafoglio nel
cassettino di qualche Scarabeo o nella tasca interna di un Henri Lloyd fin troppo facile da
ripulire durante la ricreazione […]» (Tre metri sopra il cielo, pp. 18, 19).
7
Si parla di luoghi che Federico Moccia sostiene di aver frequentato da adolescente.
8
Questa canzone di Tiziano Ferro è poi diventata colonna sonora del film Tre metri sopra il cielo.
11
La modalità di narrazione è lineare e risente della traiettoria dell’autore e della sua
competenza professionale di sceneggiatore di programmi di intrattenimento. Vi troviamo,
infatti, frasi molto brevi spesso senza verbo o col verbo all’infinito, numerosissimi dialoghi,
poche descrizioni, attenzione maggiore agli eventi piuttosto che all’introspezione dei
personaggi, capitoli suddivisibili in scene.
Tre metri sopra il cielo, la prima opera, scritta nel 1992 e pubblicata da Feltrinelli solo
nel 2004, è quella in cui il tono della narrazione è più sognante e ovattato e, inaspettatamente,
il finale è più tragico e realistico. Rispetto agli altri due, Ho voglia di te e Scusa ma ti chiamo
amore, è il libro che più palesemente, dalle vicende alla narrazione, si rivolge ad un pubblico
adolescenziale. Le dinamiche dei personaggi corrispondono a quelle caratteristiche dell'età:
l’appartenenza al branco ed alle sue leggi, l’importanza dell’amicizia ed il conseguente
allontanamento dalla famiglia, il desiderio di ribellione e trasgressione, la tendenza a credersi
forti e immortali. Anche la relazione amorosa tra Step e Babi descrive aspetti caratteristici del
primo innamoramento: le esperienze sessuali iniziali, il totale coinvolgimento che travolge ed
allontana da tutto il resto, il distacco e la ribellione verso le figure adulte dell’ambiente
familiare e scolastico, la maturazione della relazione, le prime crisi e sofferenze amorose. I
personaggi sono caratterizzati socialmente attraverso l'evocazione del microcosmo in cui sono
situati: le case in cui abitano, le scuole, le palestre, i locali e le feste che frequentano stanno ad
identificare il loro stile di vita e, nel caso dei due protagonisti, la loro situazione di benessere
economico:
«La Mercedes si ferma davanti al portone. Raffaella, con un rumore dorato di gioie, segno
di ricorrenze e Natali più o meno felici, quasi sempre molto costosi, sale davanti, le due
figlie dietro» (Tre metri sopra il cielo, p. 16).
«È possibile che sai dire solo parolacce? Una brava ragazza come te con la divisa che viene
qui alla Falconieri tutta perbenino e poi si comporta così! Non sta bene, no?» (Tre metri
sopra il cielo, p. 101).
Anche i gesti dei personaggi acquistano una valenza importante e sono il riflesso di questa
contestualizzazione. Step è violento a causa del rapporto negativo con la figura materna (con
cui cancella ogni rapporto, dopo averla sorpresa a tradire il padre), mentre Babi incarna il
ruolo della studentessa modello fine ed educata, prodotto perfetto dell’ambiente in cui vive (i
suoi genitori, Raffaella e Claudio frequentano ambienti altolocati e la fanno studiare in un
liceo privato). I riferimenti allo stile di vita dei personaggi risultano datati: il cellulare non è
quasi mai menzionato, gli sms praticamente inesistenti, i modelli di automobili sorpassati, le
12
marche di vestiti differenti da quelle utilizzate oggi dai teenager. Anche i locali romani citati,
di moda all’epoca, oggi non sono più attuali.
« Alcune macchine in fondo al cavalcavia si sono fermate minacciose al semaforo. Eccole
lì, in riga come una gara, se non fosse per la loro diversità. Una Cinquecento, una New
Beatle, una Micra, una macchina americana non meglio identificata, una vecchia Punto. In
una Mercedes 200, un esile dito dalle piccole unghie mangiucchiate dà una lieve spinta ad
un cd. Dalle casse Pioneer laterali la voce di un gruppo rock prende improvvisamente vita.
La macchina riparte seguendo il flusso. Lei vorrebbe sapere Where is the love…?. Ma
esiste davvero? Di una cosa è sicura, farebbe volentieri a meno di sua sorella che da dietro
continua insistente a ripetere: “Metti Eros, dai, voglio sentire Eros” » (Tre metri
sopra il cielo, p. 9).
« […] Capelli corti, quasi a spazzola, sfumatura da dietro il collo alta come quella di un
marine, un giubbotto Levi’s scuro. Il colletto tirato su, una Marlboro in bocca, i Ray-Ban
agli occhi […]».
In Ho voglia di te si aggiungono dei personaggi e c'è un'evoluzione nella vicenda.
Dopo la separazione finale tra Step e Babi trascorre qualche anno, che si percepisce nel testo
attraverso la crescita dei personaggi. Al centro del libro vi è la relazione amorosa che lega il
protagonista Step ad un nuovo personaggio, Gin. La vecchia protagonista, Babi, compare solo
nel finale del libro ma assume un ruolo sostanziale, divenendo l’amante di Step e provocando
la rottura con la nuova ragazza. Nel sottofondo vi sono le storie dei personaggi secondari che
attorniano i protagonisti: la morte della madre di Step, l’infedeltà di Claudio, padre di Babi,
nei confronti della moglie, la gravidanza della sorella Daniela (che, dopo aver programmato la
sua prima esperienza sessuale ed aver assunto della droga, rimane incinta a diciotto anni senza
sapere chi è il padre). Il punto di vista dell’autore cambia: se nel primo la vicenda era vissuta
attraverso gli occhi dei due ragazzi, in Ho voglia di te la visione focale è quella del
protagonista maschile. Babi muta da protagonista a personaggio secondario ed assume una
connotazione negativa visibile attraverso le sue azioni:
« […] Poi per un attimo pensa che quell’idea le piacerebbe da morire. Si, sarebbe un’idea
bellissima. Invitare Step al suo matrimonio. Sarebbe fighissimo. E non si rende conto di
quanto è tutta sua madre. Anzi no. Molto peggio» (Ho voglia di te, p. 408).
Step, al contrario, gode di un punto di vista più ampio e ciò che compie, nel bene e nel male,
è sempre giustificato dall’autore tramite la narrazione. L’ambientazione romana è sempre