7
contemporaneo è rappresentato efficacemente nell’affermazione di
Morin quando scrive che “assumere la cittadinanza terrestre, è assumere la
nostra comunità di destino”
1
. Ma “nello stesso tempo, la scoperta della
comunità di destino uomo/natura conferisce responsabilità tellurica all’uomo.
Da qui in poi, egli deve radicalmente abbandonare il progetto di conquista. Non
più dominare la Terra, ma curare la Terra malata, abitarla, ripararla,
coltivarla”
2
Ecco perché sembra naturale conseguenza soffermarsi sull’idea di
comunità, collocandola nello scenario della complessità e
approfondirne il concetto, recuperando il suo originario significato
etimologico: "cum munus", un dono nei confronti degli altri, un
contenitore, un luogo di scambio che ci richiama nello stesso tempo
alla nostra “alterità” da noi stessi, alle nostre “finitudini e
potenzialità” che possono, paradossalmente, esprimersi solo
imparando a stare soli con se stessi ma insieme agli altri
3
.
L’argomento è centrale nel dibattito filosofico, pedagogico e politico
internazionale. Le forme sociali a carattere comunitario della società
contemporanea, nell’era cibernetica, sono molto diverse da quelle
che l’hanno preceduta e soprattutto sono impregnate di complessità,
con strutture che si riflettono sugli individui; ed essendo
caratterizzate da una costante ma imprevedibile mutabilità,
richiedono continuo adattamento, mettendo in crisi i processi di
formazione dell’identità individuale. L’ipotesi di ricerca di nuove
forme di comunità dovrebbe porsi come obiettivo di equilibrare
1
E. Morin , A.B. Kern, Terra-Patria (1993), trad. di S. Lazzari, Cortina, Milano 1994.
2 Ivi, p. 191.
3
R. Regni, Viaggio verso l’altro, Comunicazione, relazione, educazione, Armando,Roma 2003,
p. 50
8
identità personale e processi identificativi all’interno della società
complessa. A livello più ampio, nell’impresa planetaria di
costruzione di un sistema complesso equo e equilibrato, l’Europa
rappresenta il polo di riferimento per eccellenza sia perché
creatrice/fautrice dei concetti di diritti umani e di giustizia sociale,
sia perché priva attualmente di interessi egemonici. L’auspicabile
futuro Stato Europeo dovrebbe essere uno spazio non solo
geografico, ma soprattutto lo spazio delle potenzialità e delle
pluralità; un luogo dello Spirito, come auspicato da Hegel
4
.
Una scuola degli Stati europei, come soggetto pedagogico
alternativo, non dovrebbe essere solo un apparato di trasmissione di
una cultura “confezionata” per le masse, ma “stato dello Spirito”,
cioè espressione di una cultura consapevole, esprimibile in una
autentica dimensione pedagogica. Essa deve affermare il suo ruolo,
non deve curare solo l’aspetto dell’efficienza e della qualità, ma
soprattutto concorrere a formare un’ identità comunitaria, un
atteggiamento di apertura alla dimensione europea e planetaria,
partendo dal senso di appartenenza alla terra europea, alla terra. Un
modello di sistema formativo che non sia attento solo all’attualità ma
che dia strumenti di comprensione del mondo. Come suggerisce
Heidegger, la persona-soggetto è nel mondo, ma non è dominato alle mode e sa
mantenere la sua autonomia di giudizio nei confronti di tutto ciò che non gli
appare veritiero
5
.
Capaci di sopravvivere ai mutamenti tecnologici e cibernetici, gli
uomini dell’Europa devono essere sostenuti dalla loro stessa
intelligenza e da quella altrui, essere capaci di conservare il passato e
4
Heghel, Fenomenologia dello Spirito, 1816
5
Heidegger, Segnavia, Adelphi, Milano, 1992
9
gettare un ponte sul futuro. È ciò che abbiamo ereditato dal
pensiero di Socrate, Kant e Gentile : autonomia intellettuale, etica ed
estetica, necessari per contestualizzare, attualizzare e rendere
caratterizzante l’educazione del mondo occidentale e per correre ai
ripari dalle esagerazioni della modernità...
Gli uomini d’Europa devono acquisire una nuova, propria
identità rafforzandola nel divenire cittadini della Terra poiché
"Ciascuno di noi ha la propria genealogia e la propria carta d'identità terrestre.
Ciascuno di noi viene dalla Terra, è della Terra, è sulla Terra".
All’inizio dell’era planetaria occorre comprendere come
l’interdipendenza unisce realtà e società diverse del pianeta. La
comunanza terrestre è l’evento che può aiutare gli uomini ad uscire
dall’età della barbarie e a comprendere che il destino dell’umanità si
gioca collettivamente, conquistando il senso vero della comunità.
"Assumere la cittadinanza terrestre è assumere la nostra comunità di destino il
compito è immenso e incerto, e siamo alla vigilia non della lotta finale, ma della
lotta iniziale".
6
Il primo capitolo si apre con l’ampio dibattito sollevato dalla
complessità a livello epistemologico e l’esigenza di un approccio
metodologico nuovo, aperto , che avvia una problematizzazione
scientifica in diversi ambiti, che segna inevitabilmente e
definitivamente il distacco dalla visione razionalista e oggettivista
conducendo alla ricerca di strumenti cognitivi più adeguati al nuovo
orizzonte culturale.
Il pensiero sistemico interpreta appieno questa transizione e
rappresenta il punto di incontro tra il paradigma biologico -
6
op. cit. Edgar Morin “Terra-Patria”
10
ecologico, la globalizzazione, la filosofia olistica, necessario per
leggere la complessità, per studiarla, progettarla e governarla. Anche
per le scienze dell’educazione è importante misurarsi con le nuove
sfide in campo metodologico che provengono dagli studi della
complessità, dalle nuove acquisizioni scientifiche che hanno reso
obsolete le vecchie distinzioni tra l’ordine ed il caos, tra i sistemi
chiusi e quelli aperti, tra le canoniche concezioni spaziali
tridimensionali. L’idea di approfondire il pensiero di Morin nasce
dalla piacevole “naturalezza” del suo raccontare la complessità e
rappresentare il disagio del nostro tempo, richiamando l’importanza
della relazione empatica con ogni individuo della specie umana, delle
istanze religiose, della questione ecologica, della missione
dell’educazione; esprimendo i timori sul futuro, la riscoperta del
passato, l’amore per la Terra e per l’uomo e il loro legame con il
cosmo, l’idea di relianza e di comunità. Il pensiero di Morin offre
spunti per una formazione innovativa, democratica e sollecita
riflessioni interessanti sull'apprendimento nell'era planetaria.
Ma il percorso di approfondimento non può prescindere dai
cardini della pedagogia: l’idea di persona, il complesso concetto di
relazione educativa, e dei molteplici ruoli che la collocano a
fondamento della comunità, della democrazia intesa come
espressione della libertà individuale e collettiva. Il termine
«pedagogia » comprende ambiti non facilmente circoscrivibili né
rigidamente descrivibili in termini epistemologici tanto che il suo
“patrimonio ideologico” si è costituito senza limiti e misure di
tempo e di spazio. Ciò motiva l’esigenza di fare un rapido excursus
sull’evoluzione del concetto di persona e alcune riflessioni
“storiche” sui problemi dell’educazione; una rassegna critica dei miti
11
dell’educazione, che rappresentano altrettante immagini globali della
società, da cui ricavare, sebbene lontani nel tempo, spunti tecnici e
teorici ancora utili per la disquisizione attuale. L’educazione
accompagna le civiltà e ne assorbe le tensioni. L’atto pedagogico
non può essere identificato sic et simpliciter col metodo a cui si ispira
ma va collocato e letto nell’epoca di cui è figlio. Poiché risulta
problematico fornire una definizione univoca del termine
educazione della persona e, proprio per le diverse connotazioni che
sono state delineate nel tempo storico, cercherò di ricondurre in un
unico quadro le differenti accezioni che essa assume in riferimento
ai contesti storici per estrapolare riflessioni attuali nel nostro
contesto di ricerca.
Tema principale del capitolo primo è il rapporto tra Stato e
individuo, politica e pedagogia, potere e libertà; l’approfondimento
sociologico e filosofico farà emergere l’attualità e modernità del
pensiero umano alla perpetua ricerca del senso unitario della totalità.
Oggi la libertà è assenza di vincoli e di limiti, mentre l’idea di felicità
lascia il posto ad un vuoto riempito con amarezza da “una passione
generalizzata per il benessere” che deve essere frenata in tempo da
una cultura del limite
7
. Infine un approfondimento sul significato di
democrazia nell’esigenza di gettare un ponte tra educazione e
cittadinanza democratica.
Politica e pedagogia insieme, sono fattivamente e moralmente
preposti a indicare proposte efficaci, a fornire risposte coerenti.
Oggetto del secondo capitolo: le nuove frontiere della Pedagogia
sociale. Il lavoro di ricerca procederà in avanti e/o a ritroso,
7
R. Regni, Viaggio verso l’altro, Comunicazione, relazione, educazione, Armando,Roma 2003,
p. 150
12
seguendo tutte le strade possibili della riflessione filosofica intorno
all’educazione, con lo sguardo rivolto in particolare alla filosofia
ellenistica, per giungere allo studio delle strategie e degli strumenti
didattici e formativi necessari per realizzare un nuovo approccio
educativo. Questo travaglio della pedagogia moderna sembra ben
rappresentato da una citazione di Morin: “Non solo il dubbio fa parte
dell’educazione, ma andando oltre, tutte le scienze oggi insegnano a dover trattare
e negoziare con l’incertezza; che si parli di microfisica o di scienze umane.” .
Quali sono gli aspetti evolutivi della pedagogia sociale?
La politicità della pedagogia, poiché educare, insegnare, sono attività
sociali che si eseguono in un tempo storico, secondo specifici
obiettivi e sono connesse a valori e interessi sociali; la criticità della
pedagogia, per evidenziarne le insufficienze e i condizionamenti; la
pluralità della pedagogia come individuazione di nuovi modelli
formativi (antropologici, sociali e culturali). Nuovi temi e nuovi
soggetti si presentano alla pedagogia contemporanea, imponendole
un ripensamento radicale nel suo apparato teorico, nella sua
tradizione storica e nelle sue prassi educative e scolastiche.
Quali le emergenze ? Come cambia la relazione educativa nella
società globale? Come ridefinire la comunicazione educativa e
didattica nell’era digitale? E’ possibile sperimentare un modello di
educazione della persona “nel sistema”?
Il terzo capitolo approfondirà l’”io” e il “noi” dell’identità per
giungere al “noi-comunità”. Qual è il rapporto tra uomo e storia,
individualizzazione e generalizzazione, tra individuo e legami sociali?
E via via, tra soggettività e complessità? Tra globalizzazione e
glocalizzazione?
13
Un breve cenno storico all’evoluzione delle civiltà, ai regimi
totalitari che hanno segnato la storia ieri e oggi, e alle dinamiche del
disagio e della ribellione sociale, contribuirà a comprendere le
dinamiche che ne hanno determinato e ne determinano il nascere e
il perpetuarsi, esponendo la società a sempre maggiori rischi di
disgregazione e annientamento della persona. La storia “antica” e la
“nuova” storia raccontano il susseguirsi di genocidi di interi popoli,
la scomparsa di civiltà, di Stati in eterno conflitto l’uno contro l’
altro
8
. La storia è la metamorfosi dell’uomo sapiens
9
che esprime la
parte migliore o peggiore di sé, nell’eterna ambivalenza di uomo
“sapiens” o “demens”. Ritorna anche qui il paradigma
dell’ambivalenza, dell’ambiguità della natura umana. Le tragedie
della storia sono state espressione di individualità magnifiche o
scellerate, che hanno tenuto nelle loro mani la vita di tanti uomini.
Ma la storia delle civiltà, nel suo cammino, ha dimenticato molto
spesso la storia di ogni individuo. È possibile invertire questa rotta?
Dopo secoli di diaspore e rivoluzioni, ciascun membro della
specie umana paga le conseguenze di questo “vuoto antropologico”,
della inesorabilità degli avvenimenti, ritrovandosi a seconda della
sorte, nell’età del ferro o dell’oro, nella condizione misera o
opulenta, ma sotto lo stesso cielo, insieme a tutti gli altri frammenti
di umanità dispersa sul pianeta. Questa interconnessione tuttavia
non riesce ancora a risvegliare negli uomini e nella società il
sentimento di appartenenza all’ umanità. Il degrado generalizzato, di
cui siamo consapevoli, ci costringe in un certo senso a cercare la
strada per essere compartecipi e corresponsabili del destino comune,
8
E. Morin, Terra-Patria , Seuil, Paris 1993
9
E. Morin, Le paradigme perdu, Seuil, Paris 1979, pp 165-188
14
pena l’annientamento totale. Di fronte a questa prospettiva la
comunità planetaria deve trasformarsi in comunità di progetto, per
realizzare l’età dell’oro, un mondo dove regni la saggezza di saper
vivere insieme agli altri. Come potrebbe avvenire un ipotetico
passaggio dal concetto di comunità di destino a quello di comunità
planetaria, intesa come assunzione di responsabilità rispetto alla
Terra e all’Uomo? L’Europa, portatrice di grandi slanci metafisici,
ideologici, progressisti, dovrebbe promuovere questa impresa, non
perdendo di vista la silente “avanzata”dell’Oriente, l’incontrollabile
invasione delle tecnologie, delle masse erranti, delle idee. Un primo
passaggio è la nascita di una identità comunitaria europea che si
proponga come modello alternativo per una “europeizzazione” della
scuola e delle masse, non solo in senso globale, ma in prospettiva
globale per giungere a una “europeizzazione della persona”.
Il quarto capitolo affronterà i problemi della scuola viva che
richiamano alla necessità di un approccio scientifico alle teorie della
complessità nelle scienze sociali e in particolare nella pedagogia,
nelle politiche scolastiche nazionali e comunitarie. Tenterò di
delineare una ipotesi di strategia per l’educazione sistemica collocata
in prospettiva europea transnazionale, ora più che mai opportuna
forma di risposta alla società globale. La pianificazione di un
processo formativo ed educativo ottimale dovrebbe comprendere
un insieme di azioni sinergiche orientate al raggiungimento di
obiettivi qualitativi comuni, non solo di efficacia ed efficienza
rispetto alle politiche di sviluppo e del lavoro. Per obiettivi di qualità
si intende educazione al futuro come investimento sull’intelligenza e
sulle potenzialità di ognuno. Educazione alla cittadinanza attiva per
costruire una comunità inclusiva.
15
Una progettazione strategica delle politiche scolastiche non può
non tenere conto delle istanze filosofiche delle scienze
dell’educazione. Questa analisi permetterà di far emergere il modo
in cui queste diverse scelte strategiche potrebbero concretamente
incidere sulla struttura e sull’organizzazione sociale mondiale.
Infine, una approccio sperimentale alla didattica sistemica che si
ripercuote nell’organizzazione della Scuola dell’Autonomia, nella
relazione educativa, nell’insegnamento. Come può una scuola dar
vita a sua volta ad una comunità in cui ognuno dei suoi collaboratori
venga incoraggiato ad un lavoro di approfondimento,
consapevolezza, condivisione? Nel lavoro in comune spesso ci si
muove solo all’interno dei contenuti del lavoro. Ma l’incontro tra
individui che nasce proprio attraverso il lavoro, rappresenta una
parte della biografia del singolo. Da questa consapevolezza nasce il
senso di responsabilità del singolo nei confronti della comunità.
Chi è l’educatore di domani, quali prospettive di formazione, di
riqualificazione professionale e quale nuova identità docente?
Una riflessione articolata dunque la presente che rappresenta, per
dirla con Gramsci, solo un “breve cenno sull’universo” e, come tale,
non ha la pretesa di dare soluzioni ma di fornire spunti di riflessione
politica sui processi di innovazione del sistema scolastico europeo; e
soprattutto di dare qualche risposta esistenziale su come collocare l’
“io”nel “noi comunità”.
16
PARTE PRIMA
17
CAPITOLO PRIMO
PEDAGOGIA , COMUNITA’, COMPLESSITA’
"L'atteso non accade mai, è all'inatteso che il dio apre la porta".
Euripide
.
1.1 – Complessità , pensiero complesso e conoscenza :
la riforma del pensiero
Nel convincimento che è necessario entrare nella logica della
complessità anche in educazione, non pensiamo alla complessità
come una “ricetta” per conoscere l’imprevisto; in realtà essa ci rende
prudenti, attenti, non ci consente di assopirci nell’apparente ovvietà
del determinismo, rendendo ancora più viva questa scienza. La
citazione di Euripide, risulta essere più che mai attuale anche se
antica di venticinque secoli, e rappresenta appieno la tensione
autentica nel divenire, del continuo rinnovarsi, aspetti propri della
ricerca pedagogica.
Il pensiero di Edgar Morin, il filosofo francese chiamato a
supportare i processi di innovazione del Sistema scolastico italiano,
mette in rilievo la necessità di una apertura in ambito
epistemologico ad una dimensione di pensiero “complessa e
problematica” per avviare quel necessario processo di “educazione
del pensiero” nella stessa direzione. Si tratta di accogliere questo
mutamento paradigmatico nell'ambito della ricerca scientifica ma
anche nella particolarità delle singole dimensioni dell’esperienza,
dirigendosi verso una struttura epistemologica flessibile, "aperta",
che si configura come l'unica possibile e funzionale alla complessità
della dimensione vitale umana. « L'epistemologia ha bisogno di trovare un
18
punto di vista che possa considerare la nostra stessa conoscenza come oggetto di
conoscenza, vale a dire un meta punto di vista... Contemporaneamente, questo
meta punto di vista deve permettere l'auto considerazione critica della conoscenza
arricchendo nello stesso tempo la riflessività del soggetto conoscente»
10
.
La riflessione di Morin non parte da una prospettiva
squisitamente pedagogica ma il senso del suo pensiero presenta
profonde implicazioni in tal senso. L’ assunzione di un meta punto
di vista sull’argomento della complessità è una modalità di pensiero
aperta, flessibile e, dunque, complessa. In questa prospettiva
saranno approfondite le problematiche dell’individuo rispetto alla
comunità, nell’esigenza di conciliare, o meglio, riconciliare
soggettività e complessità. Da alcuni anni stiamo vivendo un
mutamento epistemologico che riconosce il paradigma della
complessità come la base di un modo diverso di pensare, di
conoscere, di fare ricerca. L’approccio epistemologico rende ancora
più pura, critica, l’analisi del nostro problema che investe diversi
ambiti scientifici. Essendo una disciplina che studia criticamente i
linguaggi, i metodi, l’organizzazione interna delle varie scienze,
permetterà in questo caso di tracciare una linea di demarcazione tra
contenuti/teorie e valore scientifico universale del sapere. Come
affermano Adorno e Habermas, la scienza è un insieme di tecniche
di dominio della natura e della società, e l'epistemologia
neoempiristica è la razionalizzazione di questo dominio. Il centro
dell'indagine epistemologica, quindi, è il rapporto tra organizzazione
scientifica e organizzazione sociale, soggetto conoscente e società.
Una epistemologia applicata e aperta, senza rigidi modelli di
riferimento, è capace di rilevare i concreti risultati ottenuti dalla
10
E. Morin, Introduzione al pensiero complesso, Milano-1995
19
ricerca scientifica. Uno dei nodi del dibattito è proprio il concetto
hegeliano di “totalità”, che i due filosofi applicano alla società.
Habermas sostiene che ogni conoscenza poggia su precisi interessi
generati dal contesto sociale nella sua totalità. Il ruolo
dell’epistemologia è di smascherare le mistificazioni e le imposture
fatte valere da una società in cui vi è una distorta comunicazione tra
gli uomini e risalire alle cause che l’hanno generata: i rapporti di
denaro e di potere. L’ “ermeneutica del profondo”
(Tiefenhermeneutik)
11
può scendere in profondità nella società e
smascherare le numerose ideologie e gli artefatti che mistificano i
rapporti umani. Uno spirito critico e scientifico nuovo è reversibile,
e si fonda su un pensiero vigile, attento alla pluralità dei metodi e
degli oggetti. Osserviamo gli effetti della discontinuità repentina del
progresso scientifico: le “rivoluzioni scientifiche” mettono
continuamente in crisi l’assetto della conoscenza scientifica
rivedendone i parametri e le acquisizioni con ripercussioni inevitabili
nel sociale
12
. Potrebbe apparire superflua questa precisazione, in
realtà questo nuovo modello epistemologico ci sembra un
fondamentale punto di riferimento quando intendiamo muoverci
nella direzione di una “educazione alla complessità del reale…”
13
In
questo scenario di pensiero ci sembra molto utile fare un
riferimento anche alle riflessioni di Matthew Lipman, anche se è
diverso il suo approccio alla ricerca, che descrive come “insegnare a
11
Habermas, Epistemologia analitica e dialettica, 1963
12
Kuhn, La struttura delle rivoluzioni scientifiche , 1962
13
A. Visalberghi, Educare alla complessità del reale, in <(Scuola e città», 38 (1987),
pp. 1-8 e A. inoltre Visalberghi, Insegnare ed apprendere. Un approccio evolutivo,
Firenze 1988