4
Figura 1.1: spaccato tridimensionale di CMS.
vicinanze del rivelatore. In macchine come CMS, tuttavia, dove il numero di
elementi sensibili e la frequenza degli eventi sono elevatissimi, un sistema in cui i
segnali uscenti dai formatori sono inviati in forma analogica a stazioni remote di
elaborazione, senza una pre-elaborazione in loco, non � applicabile, a causa
dell�enorme quantit� di cavi che sarebbero richiesti.
Figura 1.2: schema semplificato di una tipica catena elettronica di lettura di segnali
provenienti da un rivelatore a semiconduttore, qui rappresentato semplicemente da un
diodo polarizzato inversamente.
5
Per superare quest�ostacolo, sono in corso studi anche per realizzare sistemi di
lettura totalmente monolitici, come nei rivelatori a pixel, in cui tutta l�elettronica
di front-end ed il rivelatore (a stato solido) saranno integrati in un unico blocco di
silicio o incollati l�uno sull�altro [3,4]. Tali dispositivi saranno in grado di rivelare,
amplificare, formare e convertire i segnali, direttamente nel punto in cui sono stati
generati. Il trasferimento dei dati alle stazioni di elaborazione potr� poi avvenire
ad esempio attraverso dei multiplexer a pi� ingressi ma ad una sola uscita. Il
numero di cavi coinvolti in questo modo sar� dunque nettamente inferiore.
E� chiaro, per�, che i circuiti dovranno essere fabbricati utilizzando una
tecnologia capace di resistere alle radiazioni, perch� si troveranno ad essere posti
direttamente nella parte sensibile dell�esperimento. La tabella 1.1 riporta i livelli
massimi di radiazione per le varie parti di CMS, in termini di dose totale rilasciata
da radiazioni ionizzanti e di flusso di neutroni. Va considerato che si vorrebbe
avere dispositivi in grado di funzionare per un periodo di circa 10 anni.
Apparato di rivelazione
Dose totale annua
[rad/anno]
Flusso neutronico
annuo
[cm
-2
⋅⋅⋅ anno]
a 7,5 cm 8⋅10
6
4⋅10
13
a 11 cm 4⋅10
6
2⋅10
13
Rivelatore centrale
Tracker
a 1 m 1⋅10
5
⋅10
12
cilindrico 1⋅10
5
⋅10
13
Calorimetro
elettromagnetico
frontale 5⋅10
6
4⋅10
14
cilindrico 4⋅10
3
3⋅10
12
Calorimetro
adronico
frontale 1⋅10
6
6⋅10
14
Camere a muoni 1⋅10
4
3⋅10
11
Calorimetro frontale 2⋅10
7
1⋅10
15
Tabella 1.1: livelli massimi annui di radiazione nelle varie parti del rivelatore CMS.
Il danneggiamento da radiazione � un processo molto complesso, che dipende
sia dalle radiazioni in questione (tipo di particelle, energia), sia dai componenti
elettronici utilizzati (materiale, tecnologia, tipo di circuito), sia dalle condizioni
6
durante l�irradiazione (condizioni di polarizzazione, temperatura, dose rate). Le
tecnologie convenzionali non garantiscono, alle dosi previste per gli esperimenti
di LHC, un corretto funzionamento. Sul mercato sono per questo presenti le cos�
dette tecnologie radiation-hardened, aventi una maggiore capacit� di resistenza
alle radiazioni ionizzanti e ai neutroni. Normalmente trovano impiego solo in
applicazioni spaziali, militari e per le centrali nucleari. Il loro mercato � quindi
estremamente ristretto e, per questo, hanno un costo elevatissimo, che supera di
gran lunga il costo medio delle tecnologie �standard�. A quest�ostacolo di tipo
economico se ne aggiungono altri di carattere tecnico, indirettamente collegati al
precedente. A causa del loro ridotto utilizzo, le tecnologie radiation-hardened
sono molto meno collaudate e di qualche generazione anteriori a quelle
commerciali. Le prestazioni e l�affidabilit� di tali dispositivi sono pertanto, in
generale, inferiori.
In LHC si � dunque ritenuto opportuno studiare oltre all�impiego di queste
tecnologie anche l�utilizzabilit� di quelle standard in presenza di radiazioni.
Questo genere di ricerca, nato gi� alcuni anni fa, � indirizzato non solo alle
applicazioni legate alla fisica delle alte energie, ma anche alle altre
precedentemente citate.
Gli ambiti sui quali si pu� pensare di agire per migliorare la resistenza alle
radiazioni di una data tecnologia sono essenzialmente tre. Il primo � un ambito
prettamente tecnologico: si pu� cercare di curare particolarmente alcune fasi del
processo di costruzione, in modo da ridurre alcune imperfezioni che, come
vedremo nel corso della tesi, durante l�esposizione alle radiazioni diventano
critiche per il funzionamento dei dispositivi. Il secondo ambito � quello del
�disegno�: si possono ricercare layout che permettano di limitare gli effetti di
alcuni dei problemi che insorgono durante e dopo l�irraggiamento. Infine,
nell�ambito della progettazione, � opportuno utilizzare architetture circuitali che
siano il meno sensibili possibile alla degradazione dei parametri elettrici dei
componenti e/o ad altri problemi che possono insorgere durante il funzionamento
in ambiente radioattivo.
Oltre alla resistenza alle radiazioni, i circuiti elettronici di front-end per un
acceleratore di adroni come LHC devono soddisfare severi requisiti anche
riguardo ad altri aspetti; i principali sono i seguenti.
7
• Velocit�. L�elevata frequenza delle collisioni impone un�elaborazione dei
segnali prodotti almeno altrettanto rapida.
• Rumore. L�informazione contenuta nel segnale proveniente dai rivelatori deve
essere letta e trasmessa con la massima precisione possibile. Il limite inferiore
a tale precisione � rappresentato dal rumore del sistema di lettura stesso,
soprattutto in considerazione del fatto che il segnale proveniente dal rivelatore
� in generale assai debole. Quindi il front-end deve essere il pi� possibili a
basso rumore. In generale gli elementi critici dal punto di vista della
rumorosit� sono i transistori. Inoltre, in un circuito anche complesso, � di
solito possibile individuare quali dei transistori influenzano in modo
preponderante il rumore dell�intero sistema (ad esempio, in un amplificatore,
il transistore di ingresso). Quindi particolare cura andr� posta nella
realizzazione di questi dispositivi.
• Densit� di integrazione. Nelle parti pi� interne degli esperimenti a LHC �
richiesta un�elevata risoluzione spaziale, per poter ricostruire con la massima
precisione possibile la traiettoria della particella. A tal fine, i singoli elementi
rivelatori di silicio sono assai fitti, con conseguente aumento del numero di
canali di lettura. Pertanto � necessario ricorrere non solo ad un approccio
monolitico, ma anche del tipo ULSI (Ultra Large Scale of Integration).
• Consumo di potenza. L�enorme numero di canali presenti in uno spazio molto
ristretto, insieme alla grande vicinanza dei circuiti con i rivelatori, impedisce
un efficace raffreddamento. Per questo motivo il consumo di potenza dei
dispositivi non deve essere elevato.
La tecnologia ed il metodo di disegno scelti per la realizzazione dei dispositivi
deve cercare di dare una risposta il pi� possibile esauriente a tutte queste
problematiche. Si tratter� comunque del miglior compromesso, dato che i requisiti
sono talvolta in contrasto.
Nell�ambito del gruppo di Microelettronica del CERN, si � ormai affermato
l�uso della tecnologia CMOS. Questa, infatti, rispetto ad altre (bipolari o JFET, ad
esempio) offre una pi� elevata densit� di integrazione e prestazioni migliori in
termini di basso consumo di potenza. Inoltre permette di integrare facilmente sullo
stesso chip circuiti analogici con quelli digitali, i quali sfruttano gi� tale
tecnologia. Questa rappresenta una caratteristica indispensabile per la
8
realizzazione dei sistemi monolitici a cui si � accennato in precedenza. Infine i
transistori MOS presentano intrinsecamente una pi� elevata resistenza alle
radiazioni. Tale resistenza � ulteriormente accresciuta in tecnologie
submicrometriche (per ragioni che verranno spiegate nei capitoli 2 e 3), poich�
presentano ossidi pi� sottili.
Nell�ambito del disegno si � poi riusciti a ridurre alcuni effetti
dell�irraggiamento, utilizzando layout detti chiusi. Questo accorgimento da un lato
permette di eliminare una caratteristica intrinseca di dispositivi standard in
ambiente radioattivo, cio� il formarsi di cammini conduttivi parassiti tra drain e
source; dall�altro per� riduce la densit� del circuito. Fortunatamente l�impiego di
queste geometrie si pu� limitare ai soli transistori a canale N, essendo in generale
superfluo per quelli a canale P, a causa della struttura e delle caratteristiche di
conduzione diverse.
Quello della densit�, tuttavia, non � stato l�unico problema introdotto
dall�adozione di transistori con geometrie non standard. Non si aveva a
disposizione, infatti, un modello in grado di correlare i parametri costruttivi del
dispositivo con il suo funzionamento, con evidenti problemi a livello di
progettazione. Si � cercato quindi di comprendere i meccanismi che regolano il
funzionamento di questi transistori e di ricavare un modello teorico-sperimentale,
ottenuto da quello gi� esistente per il MOS, cambiandone opportunamente i
parametri, in modo che sia in grado di prevedere correttamente le caratteristiche
[5]. Questo tipo di approccio ha permesso di continuare ad utilizzare i normali
simulatori circuitali, rendendoli per� in grado di gestire anche i �nuovi�
transistori. Rimane per� ancora aperto il problema che non tutti i rapporti W/L
sono ottenibili con layout chiusi [5], con ovvie complicazioni dal punto di vista
della progettazione.
Tra tutte le tecnologie CMOS � in ogni caso opportuno utilizzare quelle il pi�
possibile submicrometriche. Queste, infatti, oltre a presentare la superiore
resistenza alle radiazioni cui si � gi� accennato, permettono di soddisfare meglio le
condizioni di velocit� ed alta densit� di integrazione richieste (anche in presenza
di transistori a layout chiuso).
Si osservi infine che, se nella scelta del tipo di tecnologia si fosse dovuto tener
conto della sola velocit� del circuito, sarebbero stati preferibili transistori bipolari;
per la rumorosit�, probabilmente, dovendosi accoppiare con sorgenti di tipo
9
capacitivo, i JFET sarebbero stati migliori
1
. Tuttavia, alle frequenze elevate alle
quali lavorano i transistori nel front-end degli esperimenti a LHC, essendo meno
importate il contributo del rumore 1/f, anche i MOSFET possono essere
competitivi dal punto di vista del rumore. Inoltre BJT e JFET sarebbero stati
molto pi� problematici per la resistenza alle radiazioni, soprattutto in presenza di
neutroni.
La presente tesi si inserisce in questo vasto programma di ricerca, che dovrebbe
permettere nei prossimi anni la realizzazione di un�efficace elettronica per alcuni
esperimenti di LHC.
In una prima parte ci si � preoccupati di ottenere ulteriori prove dell�effettiva
utilizzabilit� di tecnologie standard in ambienti radioattivi. L�approccio seguito
appare abbastanza inusuale, in quanto si � analizzata una tecnologia tutt�altro che
attuale (2.5 µ m dell�IRST) e che sicuramente non trover� impiego nei sistemi di
rivelazione descritti precedentemente. Tuttavia i diversi tipi di dispositivi a
disposizione per le misure ci hanno permesso di effettuare interessanti confronti.
Alcuni dei chip misurati presentano oltre a transistori �standard�, anche
transistori �chiusi�, e dotati di un ossido dello spessore caratteristico di questa
tecnologia (circa 40 nm: si tratta dunque di un ossido �spesso�). Una seconda serie
di chip contiene invece dispositivi standard ma con un ossido pi� sottile: circa 10
nm. Si noti lo spessore dell�ossido delle attuali tecnologie submicrometriche � di
circa 6 nm. Queste tipologie di dispositivi, dopo irraggiamento, hanno permesso in
primo luogo lo studio delle degenerazioni del funzionamento di transistori
�standard�; in secondo luogo e� stato possibile separare l�effetto dell�ossido sottile
e quello del layout chiuso (situazione in generale non riscontrabile in tecnologie
submicrometriche), sottolineando le azioni di danno da radiazione a cui i due
espedienti tentano separatamente di opporsi.
Nella seconda parte del lavoro, invece, si � cercato di contribuire alla
caratterizzazione della tecnologia 0.25 µ m che quasi sicuramente verr� alla fine
utilizzata. L�attenzione � stata completamente rivolta allo studio del rumore. Ci
siamo limitati a considerare solo dei transistori, in quanto, come gi� sottolineato in
precedenza, generalmente gli elementi che giocano un ruolo critico dal punto di
1
Si ricordi che tra le tecnologie citate, i MOSFET presentano in generale la rumorosit�, soprattutto
a basse frequenze, pi� elevata.
10
vista del rumore dell�intero circuito sono proprio alcuni singoli transistori (nel
caso di una catena di front-end, si tratter�, ad esempio, di quelli posti all�ingresso).
Spesso una tale caratterizzazione � effettuata utilizzando direttamente un
preamplificatore di carica seguito da un formatore, con cui si misura la carica di
rumore equivalente (ENC, Equivalent Noise Charge) con meccanismi illustrati in
[6]. Questa tecnica, adatta per la valutazione globale delle propriet� di rumore di
un amplificatore, non permette per� un�adeguata analisi a livello di meccanismi
fisici di base del singolo dispositivo. Un tale atteggiamento analitico, che abbia
come scopo la valutazione critica (anche in vista di eventuali miglioramenti) di
una tecnologia, � consentito in misura maggiore dalla conoscenza della
distribuzione spettrale del rumore. Pertanto si � scelto il metodo di acquisire tale
densit� spettrale del rumore come corrente al drain del transistore. Un�opportuna
misura di guadagno permette poi di riferire lo spettro al gate, come tensione
equivalente all�ingresso.
Il rumore � stato misurato anche dopo aver sottoposto i dispositivi ad
un�elevata dose di radiazioni.
Prima della presentazione dei dati sperimentali � stata introdotta, nel capitolo
secondo, un�analisi dei principali meccanismi che intervengono in un MOS posto
in ambiente radioattivo. I concetti qui introdotti saranno indispensabili per
comprendere il seguito.
Nel successivo capitolo terzo gli effetti delle radiazioni vengono posti in
relazione con la variazione di alcuni parametri elettrici dei transistori. Sono inoltre
descritti i motivi che rendono i transistori chiusi, con ossido sottile, resistenti alle
radiazioni. Parallelamente vengono esposti i risultati delle misure effettuate sui
dispositivi in tecnologia 2.5 µ m dell�IRST, nell�ambito di una collaborazione
dell�INFN di Padova con tale Istituto.
Il capitolo quarto riporta alcune note sul metodo di misura del rumore e
sull�apparato sperimentale. Vengono inoltre descritti i modelli adottati per i vari
contributi di rumore e i dispositivi misurati.
L�esposizione e l�analisi dei risultati sperimentali prima e dopo l�irraggiamento
si trovano nel quinto capitolo. In particolare viene proposta un�analisi suggerita da
Daniel M. Fleetwood dei Sandia National Laboratories di Albuquerque (New
11
Mexico) ed altri [7,8], per quel che riguarda il rumore flicker di transistori CMOS
irraggiati.
Il sesto e ultimo capitolo propone alcune considerazioni conclusive e spunti per
eventuali nuove misure.
12
Capitolo 2
Effetti delle radiazioni ionizzanti su
dispositivi CMOS
Nella sezione 2.1 � presentata una breve panoramica sui principali tipi di
radiazione e sui loro meccanismi d�interazione con la materia (in particolare con i
materiali d�interesse per l�elettronica, semiconduttori e ossidi). Nella seconda
parte (2.2) sono introdotti gli effetti fisici delle radiazioni sulla struttura dei singoli
dispositivi MOS e vengono analizzati i meccanismi che, come vedremo nel
capitolo 3, sono alla base dei cambiamenti dei parametri elettrici dei transistori
soggetti alle radiazioni. Infine nella sezione 2.3 sono sinteticamente analizzati
alcuni effetti da evento singolo, noti anche come SEE, Single Event Effect.
2.1 Interazione radiazione materia [1]
Il modo in cui avviene l�interazione tra radiazione e materia dipende dal tipo,
dall�energia, dalla massa e dalla carica della radiazione incidente, nonch� dal
numero atomico e dalla densit� del materiale bersaglio.
13
2.1.1 Particelle cariche
La principale caratteristica delle particelle cariche � di interagire per attrazione
o repulsione coulombiana con la nube elettronica degli atomi del materiale
attraversato e, con minore probabilit�, con i loro nuclei.
Protoni
Le interazioni coulombiane di tipo attrattivo con la carica negativa degli
orbitali elettronici provocano principalmente ionizzazione e, in minor misura,
eccitazione atomica. La perdita d�energia cinetica del protone � modesta e quindi
la traiettoria � con buona approssimazione rettilinea (per E
k
≥ 100 keV).
La sezione d�urto per lo scattering con i nuclei del materiale, trascurabile per
protoni poco energetici, diventa sensibile per energie dell�ordine di 1 MeV. Si pu�
avere in questo caso eccitazione del nucleo, ma anche spostamento reticolare. I
protoni di energia superiore ai 10 MeV possono anche indurre nel bersaglio
reazioni nucleari. Nei componenti elettronici questi fenomeni sono a volte
all�origine di effetti da evento singolo (cfr. paragrafo 2.3).
Ioni pesanti
I fenomeni nel caso di ioni sono qualitativamente analoghi a quelli provocati
dai protoni; le differenze quantitative hanno origine a causa della maggiore massa.
Elettroni
Si considerano tanto gli elettroni primari (ad esempio provenienti da
decadimenti β ), quanto quelli secondari, prodotti per ionizzazione. Infatti gli
elettroni liberati spesso hanno un�energia sufficiente per poter originare, a loro
volta, ionizzazione.
Nel caso di elettroni non troppo energetici e di mezzi assorbenti a basso
numero atomico Z, prevale il processo di interazione coulombiana che porta ad
ionizzazione o ad eccitazione atomica. La sezione d�urto � proporzionale alla Z
del bersaglio. Rispetto ad altre particelle cariche pi� pesanti, gli elettroni
penetrano pi� a lungo e con un cammino pi� irregolare: questo perch� la particella
incidente ha la stessa massa dell�elettrone atomico con cui collide.
14
Una particella carica pu� perdere energia anche emettendo radiazione
elettromagnetica. Questo fenomeno, noto come Bremsstrahlung (irraggiamento di
frenamento), � dovuto al fatto che una carica elettrica accelerata irradia energia. La
sezione d�urto � inversamente proporzionale al quadrato della massa del proiettile,
pertanto il frenamento elettromagnetico � un processo caratteristico solo degli
elettroni (per i protoni, ad esempio, la sezione d�urto risulta oltre
6
10 volte pi�
piccola); c�� inoltre proporzionalit� diretta con
2
Z e con l�energia dell�elettrone,
cosicch� la Bremsstrahlung predomina in bersagli con Z elevato e per proiettili di
almeno 10 MeV.
Si pu� registrare infine anche scattering con i nuclei del materiale assorbente ed
il fenomeno � tanto pi� probabile quanto pi� l�elettrone � energetico; talvolta
l�energia ceduta pu� essere sufficiente per provocare spostamento reticolare.
2.1.2 Neutroni
Trattandosi di particelle neutre non risentono delle forze coulombiane, che
invece dominano nei meccanismi di perdita d�energia di particelle cariche. Le sole
interazioni possibili sono con i nuclei del bersaglio.
Vere e proprie reazioni nucleari si registrano principalmente con neutroni di
bassa energia, i quali vengono assorbiti dai nuclei, che poi emettono altre
particelle; in alcuni casi si pu� avere anche fissione.
Ad energie pi� alte predominano, invece, scattering di tipo elastico. Se
l�energia trasferita al bersaglio � dell�ordine di qualche eV, il nucleo non subisce
sostanziali mutamenti; se per� � superiore a qualche eV, si registra spostamento
reticolare. Il nucleo spostato pu� a sua volta provocare nuovo spostamento
reticolare o ionizzazione.
Ad alte energie invece lo scattering diventa inelastico: il processo � analogo al
precedente, ma in pi� il nucleo colpito si ritrova in uno stato eccitato e si diseccita
rilasciando fotoni.
15
2.1.3 Fotoni
Nel nostro studio ne considereremo in particolar modo due tipi: i raggi X,
emessi in corrispondenza a transizioni tra livelli energetici atomici ed hanno
energia dell�ordine del keV, e raggi γ , di energia maggiore (oltre il MeV), generati
da transizioni tra livelli nucleari. Essendo prive di massa e di carica, sono
radiazioni altamente penetranti. Hanno la propriet� (per noi molto importante
perch� vogliamo poter effettuare misure subito dopo l�irraggiamento, come
vedremo nel paragrafo 3.3) di non attivare praticamente il materiale.
I fenomeni di interazione dei fotoni con la materia sono di tre tipi:
• effetto fotoelettrico; per fotoni a basse energie, si ha ionizzazione di un atomo
e la conseguente liberazione di un elettrone; l�energia di quest�ultimo � pari
alla differenza tra l�energia del fotone incidente (che viene completamente
assorbito) e l�energia di legame con l�atomo;
• effetto Compton, prevalente per energie dell�ordine del MeV; in seguito
all�interazione si ha la liberazione di un elettrone dell�atomo bersaglio e la
creazione di un fotone di scattering, tra i quali � divisa l�energia del fotone
incidente in maniera dipendente dall�angolo di diffusione;
• generazione di coppie elettrone-positrone, in cui il fotone viene
completamente annichilito. Questo fenomeno non avviene mai per energie
inferiori a 1.02 MeV (pari alla somma delle masse a riposo delle due particelle
prodotte).
Si osservi che per ciascun fenomeno si ha la produzione di elettroni secondari;
questi a loro volta interagiranno con gli atomi dello stesso mezzo che li ha
generati, secondo quanto descritto in 2.1.1.
In figura 2.1 sono mostrate le �regioni� in cui dominano i tre processi
precedentemente esposti: si vede come la loro importanza relativa dipende
fortemente dal numero atomico del bersaglio e dall�energia del fotone incidente.
Nel corso dell�attivit� sperimentale descritta in questa tesi sono stati utilizzati
raggi γ e raggi X. I primi sono prodotti dalla diseccitazione del Ni
60
28
, ottenuto dal
decadimento
−
β del Co
60
27
, ed hanno energie di 1.332 e 1.173 MeV; i raggi X
sono invece generati per effetto Compton e presentano energie distribuite attorno
16
ad un picco di 10 keV. In figura 2.1 � evidenziato il caso del Silicio: si vede
dunque che nel nostro caso entrambe le radiazioni interagiscono con questo
materiale prevalentemente per effetto Compton.
Figura 2.1: importanza relativa delle tre modalità di interazione fotone-materia in
funzione dell’energia del fotone e del numero atomico Z del bersagli. La linea
tratteggiata mette in evidenza il caso del silicio (Z = 14).
2.1.4 Il danneggiamento nei componenti elettronici
Nei dispositivi elettronici a semiconduttore, i fenomeni pi� importanti
nell�interazione con radiazioni sono essenzialmente due: la ionizzazione e lo
spostamento reticolare. A questi andrebbe aggiunta una terza classe di processi:
gli effetti da evento singolo (SEE, Single Event Effects), causati dal passaggio di
particelle cariche altamente energetiche, che, all�interno di un circuito, generano
malfunzionamenti immediati di uno o pi� transistori. Le conseguenze possono poi
eventualmente ripercuotersi a livello circuitale. Proprio perch� risultano
17
interessanti solo per dispositivi inseriti all�interno di circuiti, tali eventi non sono
stati affrontati in questa tesi, che tratta il danneggiamento a livello di singolo
transistore.
Con ionizzazione e spostamento reticolare indichiamo sia i fenomeni prodotti
direttamente dalla particella incidente, sia quelli derivanti da processi secondari da
essa innescati.
Nei semiconduttori e negli isolanti la ionizzazione comporta la produzione di
coppie elettrone-lacuna, in un numero direttamente proporzionale alla quantit� di
energia depositata sul materiale, espressa dalla dose totale assorbita e misurata in
rad
2
. Per questo, per studiare gli effetti della ionizzazione in un materiale, si pu�
in pratica prescindere dal tipo di radiazione utilizzata durante i test di
irraggiamento e ci si pu� riferire soltanto alla quantit� di energia depositata sul
materiale stesso. Sar� comunque necessario scegliere per un tale approccio un tipo
di radiazione per la quale il fenomeno della ionizzazione sia quello dominante
durante l�interazione, in modo da poter trascurare altri effetti.
Osserviamo che, per depositare su un dato materiale una certa dose totale,
saranno, chiaramente, necessarie fluenze diverse secondo il tipo di radiazione e
della sua energia. D�altronde, per una certa radiazione di una data energia, il
trasferimento di energia al materiale dipende da quest�ultimo, che deve pertanto
essere specificato.
Nelle interazioni con spostamento reticolare si registra il trasferimento al
nucleo di un�energia sufficiente per la creazione di una coppia atomo interstiziale-
vacanza (detta coppia di Frenkel). Per il silicio tale energia e� di circa 20 eV. E�
poi possibile che i nuclei spostati siano sufficientemente energetici per provocare
una cascata di difetti. C�� da osservare, tuttavia, che a temperatura ambiente circa
il 90% delle coppie si ricombinano entro un minuto dall�irraggiamento. I
principali agenti di spostamento reticolare sono gli adroni, per i quali lo studio di
tale fenomeno si compie in funzione del loro flusso sul dispositivo.
La formazione di coppie di Frenkel comporta, attraverso la creazione di stati
�trappola� nella struttura a bande del materiale, la diminuzione della vita media
dei portatori minoritari nel substrato.
2
Il rad � l�unit� di misura dell�energia depositata per grammo e per esso vale la relazione 1 rad =
6.24⋅10
13
eV/g.