II
Neppure la stipulazione di accordi tra le parti, che qualifichino un
rapporto di lavoro in un modo piuttosto che in un altro (c.d. nomen iuris) è
decisiva. Laddove, infatti, un rapporto abbia, in concreto, natura subordinata
insorgono, indipendentemente dalla volontà delle parti, determinati obblighi
inderogabili, specie di natura contributiva. Pertanto, si rende sempre e
comunque necessario, quando si tratti di valutare la reale natura del rapporto
stesso, esaminare effettivamente le caratteristiche con cui questo si svolge o, se
cessato, si è svolto.
Nell’attesa di un intervento legislativo che possa disciplinare e risolvere la
questione di qualificazione del rapporto di lavoro, il problema della distinzione
tra rapporti di lavoro autonomo e rapporti di lavoro subordinato viene, quindi,
inevitabilmente affidato alla giurisprudenza.
Il difficile ruolo di quest’ultima diventa, appunto, quello di decidere caso
per caso la disciplina applicabile ad ogni singolo rapporto di lavoro di cui sia
dubbia la qualificazione giuridica.
A tal fine, la giurisprudenza ha individuato una serie di c.d. indici
sintomatici, alcuni più importanti altri secondari, la cui verifica è utile per potere
valutare se un rapporto lavorativo sia caratterizzato da subordinazione o
autonomia.
Tra gli indici di cui si deve tenere conto, quello che assume particolare
importanza nel rivelare la natura subordinata del rapporto riguarda il vincolo di
subordinazione, ovvero il “pieno assoggettamento del prestatore di lavoro al
potere direttivo, organizzativo e disciplinare del datore di lavoro”.
In concreto, tale assoggettamento significa operare secondo orari di
lavoro indicati dall’imprenditore, nei locali aziendali e con strumenti messi a
disposizione dal datore di lavoro; svolgere tutte le attività che, di volta in volta,
vengono indicate dall’imprenditore e che sono necessarie per il buon
andamento dell’impresa; dover richiedere permessi in caso si abbia necessità di
assentarsi o non si possa rispettare gli orari previsti; dover comunicare assenze
e malattie; dover effettuare le ferie nei periodi indicati dal datore di lavoro: in
III
una parola, non essere, appunto, autonomi, di determinare tempi e modi della
propria attività lavorativa.
In quest’ottica, se è facile comprendere quale sia la differenza tra il lavoro
subordinato ed il lavoro autonomo in senso proprio, che nel linguaggio
comune, si identifica con quello del libero professionista o del commerciale, più
difficile è capire quale spazio residui per la collaborazione coordinata e
continuativa. Sono queste ultime attività che danno vita alla c.d. area grigia del
lavoro.
Infatti, a differenza del lavoratore autonomo, che ha di regola una
propria, sia pur minima, struttura imprenditoriale, una specifica professionalità
e dunque una possibilità di operare a favore di più soggetti, il “collaboratore
coordinato” è colui che, di regola, rende la propria prestazione per un periodo
significativo a favore di uno specifico soggetto, secondo modalità
predeterminate e senza margini di discrezionalità.
Di fatto, ciò finisce col produrre, in gran parte dei casi, un affievolimento
delle distinzioni con i lavoratori subordinati, divenendo, anche il collaboratore,
parte integrante della struttura imprenditoriale, con la necessità di sottostare ad
obblighi analoghi a quelli previsti per i dipendenti, ma senza le medesime
tutele.
Peraltro, la distinzione tra lavoro subordinato e collaborazione
coordinata e continuativa potrebbe divenire, in futuro, ancora più sfumata.
Basti pensare, ad esempio, al telelavoro, che consiste nell’attività lavorativa da
svolgersi a domicilio grazie alle avanzate tecnologie informatiche.
Naturalmente, per un lavoratore non è conveniente un rapporto di
lavoro autonomo, almeno se questo rapporto non sia caratterizzato da una reale
autonomia. Infatti, la retribuzione apparentemente più alta rispetto a quella del
dipendente regolarmente assunto, si accompagna, oltre al costante incremento
del carico fiscale, la bassa contribuzione previdenziale, ovvero, per intendersi,
la maturazione di una pensione irrisoria, nonché l’impossibilità di ricevere
un’indennità nei periodi di malattia.
IV
Inoltre, al lavoratore autonomo, sia o meno coordinata e continuativa la
sua prestazione, non si applicano tutte le tutele che, invece, sono accordate al
lavoratore subordinato, a partire da quelle che garantiscono la stabilità del
posto di lavoro.
Del resto, anche per le imprese il vantaggio di avvalersi di prestazioni di
collaborazione piuttosto che di lavoro subordinato rischia di essere, in molti
casi, più apparente che reale: a fronte di un risparmio contributivo, si pone il
rischio concreto, di una vertenza promossa dal lavoratore, magari a seguito
dell'interruzione del rapporto, volta ad accertare retroattivamente l’effettiva
natura subordinata del rapporto di lavoro. Il che può comportare, nell’ipotesi
estrema, l’obbligo di assumere il lavoratore, di risarcirgli il danno per il
licenziamento e, soprattutto, di versargli tutti i contributi previdenziali
precedentemente risparmiati, per di più con l’aggravio di sanzioni e more.
Oggetto del presente lavoro, dunque, sarà quello di tracciare una
distinzione tra il rapporto di lavoro autonomo e quello subordinato nell’ambito
attuale. Nel primo capitolo si cercherà di chiarire la “spinosa” questione della
qualificazione giuridica del rapporto di lavoro, sulla base della posizione
dominante della giurisprudenza recente, e facendo riferimento alla dottrina più
attuale. Nei successivi due capitoli, verranno distintamente analizzati, in breve,
le tipologie di lavoro, subordinato e autonomo, cercando di delinearne i tratti
fondamentali di disciplina odierna. Infine, il quarto e ultimo capitolo cercherà
di chiarire il complesso argomento del rapporto tra autonomia e
subordinazione sulla base dei profili attuali, al fine di individuare le prospettive
del nuovo assetto del mercato del lavoro, che è in continua evoluzione.
Lo sfondo su cui si muove la ricerca è quello di uno scenario
particolarmente difficile nell’ambito politico e, di riflesso, nell’ambito delle
riforme legislative, le quali si susseguono quasi ininterrottamente lasciando i
giuristi, gli studiosi e tutti gli operatori del diritto in un “limbo” di norme
generiche ed astratte.
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
1
1° Capitolo
Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
Sommario: 1.1. Il contratto e la sua funzione costitutiva nel rapporto di lavoro; 1.2. Autonomia
privata individuale e collettiva; 1.3. La prestazione di lavoro “personale” come elemento
caratteristico sia nel lavoro subordinato sia nel lavoro autonomo; 1.4. Il problema della
qualificazione del rapporto di lavoro e i suoi criteri giurisprudenziali; 1.4.1. La denominazione
data dalle parti al contratto: il nomen iuris; 1.4.2. La volontà effettiva delle parti; 1.4.3. Il concreto
svolgimento del rapporto; 1.5. Le procedure di certificazione in tema di qualificazione del
rapporto di lavoro: analisi del D.lgs. n. 276/2003 e prospettive; 1.6. L’orientamento della Corte
Costituzionale nella qualificazione del rapporto di lavoro (sentenza n. 121 del 29 marzo 1993;
sentenza n. 115 del 31 marzo 1994).
1.1 Il contratto e la sua funzione costitutiva nel rapporto di lavoro
L’art. 1 della Costituzione italiana al primo comma recita: «L’Italia è una
repubblica democratica fondata sul lavoro».
Tale norma sottolinea il carattere preminente del lavoro: al diritto del lavoro,
infatti, viene riconosciuta una rilevanza superiore rispetto alle altre branche
privatistiche e il rapporto di lavoro diventa il rapporto giuridico di più grande
rilievo sul piano costituzionale.
L’espressione “lavoro” ha un preciso significato tecnico-giuridico: essa
identifica ogni attività umana suscettibile di valutazione economica.
In questo senso, il lavoro costituisce l’oggetto di una obbligazione di
natura contrattuale a contenuto patrimoniale. Siffatto oggetto viene denominato
tecnicamente “prestazione lavorativa”.
Il riferimento nel nostro codice civile è dato, in merito, dal combinato
disposto dell’art. 1174 cod. civ. con l’art. 1321 cod. civ.
1
L’art. 1174 cod. civ., rubricato “carattere patrimoniale della prestazione”,
dispone che «la prestazione che forma oggetto dell’obbligazione deve essere
1
Cfr. BIAGI M. – TIRABOSCHI M., Istituzione di diritto del lavoro, Giuffrè editore, Milano, 2007, pp. 1-2.
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
2
suscettibile di valutazione economica e deve corrispondere a un interesse,
anche non patrimoniale, del creditore».
Secondo il disposto l’obbligazione in senso tecnico deve essere
innanzitutto suscettibile, cioè capace di per sé, di valutazione economica: è
chiaro, quindi, che tale valutazione deve costituire un carattere obiettivo della
prestazione.
Ulteriore presupposto necessario dell’obbligazione è che la prestazione
deve corrispondere ad un interesse del creditore, per cui il giudizio si sposta dal
contenuto della prestazione allo scopo che, tramite essa, il creditore persegue
per soddisfare un proprio interesse.
L’art. 1174 cod. civ., però, non si riferisce ad un qualunque interesse il
creditore voglia perseguire, ma ad un interesse che sia socialmente
apprezzabile.
È solo a queste condizioni che l’ordinamento riconosce l’esistenza
dell’obbligazione come vinculum iuris e ne garantisce l’attuazione a tutela
dell’aspettativa del creditore.
La suddetta norma consente, dunque, di dedurre in obbligazione quei
comportamenti che, riferendosi al “patrimonio” del soggetto obbligato, lo
impegnano a prestare le sue energie lavorative, con o senza vincolo di
subordinazione.
A sua volta l’art. 1321 cod. civ., sviluppando il disposto di cui all’art. 1173
cod. civ. (secondo cui il contratto può essere fonte di un’obbligazione), definisce
il contratto come «l’accordo di due o più parti per costituire, regolare o
estinguere tra loro un rapporto giuridico patrimoniale». In perfetta sintonia con
la regola dettata dall’art. 1174, riguardante le obbligazioni in generale, anche la
ratio sottesa all’art. 1321 richiede il requisito essenziale della patrimonialità per
la categoria dei contratti.
2
2
In riferimento al rapporto obbligatorio Cfr. LA TORRE A., Diritto civile e codificazione: il rapporto
obbligatorio, Giuffrè editore, Milano, 2006, pp. 191 e ss.
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
3
Ancora, l’origine contrattuale del rapporto di lavoro non può essere messa
in discussione nemmeno dalla c.d. “prestazione lavorativa di fatto”, la quale
presuppone pur sempre l’esistenza di un contratto, nonostante sia invalido:
l’art. 2126 cod. civ., infatti, al primo comma, afferma che «la nullità o
l’annullamento del contratto di lavoro non produce effetto per il periodo in cui
il rapporto ha avuto esecuzione, salvo che la nullità derivi dall’illiceità
dell’oggetto o della causa», per cui l’esistenza di un contratto valido è il solo
fatto costitutivo del rapporto di lavoro che determina l’obbligatorietà della
prestazione e la sua stabilità.
La tutela legale, quindi, ha lo scopo di evitare che i diritti maturati dal
lavoratore nel “periodo in cui il rapporto ha avuto esecuzione” siano
pregiudicati dalla nullità o dall’annullamento del contratto. La conservazione di
tali diritti, peraltro, non opera nel caso in cui la nullità derivi dall’illiceità
dell’oggetto o della causa.
3
Si può affermare, pertanto, che il rapporto di lavoro ha origine
contrattuale: esso è il risultato della stipulazione di un contratto individuale di
lavoro, anche nell’ambito del pubblico impiego.
4
L’assunto trova riscontro nella necessaria garanzia della libertà di lavorare,
ricompresa nel diritto al lavoro costituzionalmente garantito.
5
La prospettiva contrattuale del rapporto di lavoro è confermata, ad
esempio, dal suo uso in tema di assunzioni obbligatorie o di assunzioni per
concorso. Compatibile con la contrattualità del rapporto è anche la disciplina
della “mobilità interaziendale”, la quale è diretta a conservare rapporti esistenti
3
Cfr. PERSIANI M.- PROIA G., Contratto e rapporto di lavoro, Cedam, Padova, 2007, p. 23- 24.
4
L’art. 35, primo comma, D.lgs. n. 165 del 2001 dispone che «L’assunzione nelle amministrazioni
pubbliche avviene con contratto individuale di lavoro:
a) tramite procedure selettive, conformi ai principi del comma 3, volte all'accertamento della
professionalità richiesta, che garantiscano in misura adeguata l'accesso dall'esterno;
b) mediante avviamento degli iscritti nelle liste di collocamento ai sensi della legislazione vigente per le
qualifiche e profili per i quali e' richiesto il solo requisito della scuola dell'obbligo, facendo salvi gli
eventuali ulteriori requisiti per specifiche professionalità». Inoltre, in riferimento alla cd.
Privatizzazione del pubblico impiego cfr. CARINCI F., Diritto del lavoro: 2. Il rapporto di lavoro
subordinato, Utet, Torino, 2005, p. 393 e ss.
5
L’art. 4 della Costituzione, primo comma, afferma che: «La repubblica riconosce a tutti i cittadini il
diritto al lavoro e promuove le condizioni che rendano effettivo questo diritto».
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
4
o a favorirne la creazione di nuovi, ma non è certamente finalizzata a realizzare
rapporti di lavoro senza un accordo contrattuale tra le parti.
6
Il rapporto di lavoro mostra una dimensione bilaterale: da un lato il
lavoratore e, dall’altro, il datore di lavoro.
Il contratto rappresenta il mezzo indispensabile attraverso cui la persona
del lavoratore pone le proprie energie fisiche o intellettuali al servizio della
persona del datore di lavoro.
Di conseguenza, non può più essere sottovalutato il contratto a favore
della disciplina legislativa e sindacale sul regolamento individuale del rapporto
di lavoro. Sicuramente le esigenze di tutela della persona del lavoratore
determinano importanti limitazioni all’autonomia individuale, ma questo non
significa che essa possa essere sostituita nella sua funzione fondamentale, che è
quella di essere l’unico fatto costitutivo dell’obbligazione di lavorare.
Al contratto,infatti, viene riconosciuta una funzione costitutiva del rapporto
di lavoro, mentre la funzione regolatrice di tale rapporto è principalmente
ritenuta propria dei contratti collettivi, capaci di colmare la disparità di forze,
caratteristica dei contratti individuali.
In merito, la dottrina più autorevole sostiene che oggi, da una lato, il
contratto di lavoro viene concepito come un “contratto di organizzazione”,
dall’altro, il contratto collettivo passa dal piano astrattamente normativo a
quello più concretamente gestionale, con conseguente articolazione e
capillarizzazione dei suoi ambiti, tendendo ad intervenire proprio in tema di
organizzazione di singoli rapporti.
Di conseguenza, viene, innanzitutto, ridimensionata la tendenza a
concepire l’esistenza del rapporto di lavoro nell’istituzione aziendale e extra
aziendale e, quindi si predilige il modello contrattuale del rapporto di lavoro,
mentre viene rigettato il modello istituzionale.
Anche l’organizzazione sindacale, che per definizione è libera, resta
essenzialmente contrattuale.
7
6
Cfr. DELL’OLIO M., I soggetti e l’oggetto del rapporto di lavoro, Roma, 2004, p. 7.
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
5
Nel nostro ordinamento, inoltre, il lavoratore non solo ha la libertà di
obbligarsi o meno a lavorare, ma ha anche la libertà di scegliere le modalità con
le quali eseguire quell’obbligazione e se eseguirla, instaurando un rapporto di
lavoro a carattere subordinato, autonomo o coordinato.
8
Il lavoro, definito come l’oggetto di una obbligazione di natura
contrattuale, diventa destinatario di una specifica disciplina. Siffatta disciplina
ha essenzialmente lo scopo di regolamentare i termini di un rapporto giuridico
che vede l’implicazione della persona stessa del debitore nella prestazione
dedotta in contratto, laddove naturalmente l’obbligazione lavorativa venga
svolta alle dipendenze altrui. Tale “implicazione” comporta la subordinazione
sia tecnico-funzionale sia socio-economica del lavoratore al creditore della
prestazione. Essa cambia di grado e intensità in base al tipo di contratto in cui
la prestazione lavorativa viene di volta in volta dedotta.
In tale quadro si comprende la presenza di distinti e differenziati regimi di
disciplina nella regolamentazione giuridica del lavoro.
9
Tuttavia, tale orientamento non è indiscusso. Infatti, altra parte di
prestigiosa dottrina svaluta il contratto di lavoro rispetto al rapporto di lavoro,
che colloca al centro del sistema normativo.
10
Qui, la ragione del rilievo centrale
da assegnare al rapporto è ravvisata nell’essere lo stesso regolato soprattutto da
norme di legge, piuttosto che dalle pattuizioni contrattuali, nonché dalla
preminenza attribuita alla contrattazione collettiva rispetto a quella
individuale.
11
7
Cfr. DELL’OLIO M., I soggetti e l’oggetto del rapporto di lavoro, Roma, 2004, p. 8.
8
Cfr. PERSIANI M-PROIA G., Contratto e rapporto di lavoro, op. cit.
9
Cfr. BIAGI M. – TIRABOSCHI M., Istituzione di diritto del lavoro, Giuffrè editore, Milano, 2007, p. 2.
10
Così SCOGNAMIGLIO R., Rapporto di lavoro e contratto, in Arg. Dir. Lav., 2005, pp. 701 ss. Su questa
linea, con riguardo alla disciplina del lavoro occasionale accessorio, del quale propone una lettura
acontrattuale, ponendo al centro la prestazione di lavoro: BELLOCCHI, Il regime del lavoro accessorio e
l’autonomia privata: logiche negoziali e dinamiche fattuali, in AA.VV., Tipologie contrattuali a progetto e
occasionali, certificazione dei rapporti di lavoro, in Commentario al d.lgs. 10 settembre 2003, n. 276,
coordinato da CARINCI F., Milano, 2004, pp. 119 ss.
11
SCOGNAMIGLIO R., Rapporto di lavoro e contratto, in Arg. Dir. Lav., 2005, pp. 702 ss.
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
6
1.2 Autonomia privata individuale e collettiva
La disciplina del rapporto di lavoro risulta da un intreccio di fonti: le
condizioni di lavoro, infatti, sono regolate, non solo dalle norme del codice
civile, ma anche dalla contrattazione individuale, nella quale l’accordo viene
raggiunto direttamente tra il singolo datore di lavoro e il singolo prestatore di
lavoro.
Sempre nell’ambito delle fonti contrattuali si inserisce, inoltre, la
contrattazione collettiva, prerogativa e tipica funzione dei sindacati, nella quale
i lavoratori e gli imprenditori sono rappresentati dalle rispettive associazioni di
categoria.
Innanzitutto, con l’espressione “autonomia individuale” si vuole indicare
il potere che l’ordinamento giuridico riconosce ai privati di regolare
direttamente da sé i propri interessi.
Con riferimento alle obbligazioni in generale, dal combinato disposto degli
artt. 1174 e 1321 cod. civ. si desume che la finalità perseguita dalla legge,
subordinando l’esistenza dell’obbligazione al presupposto della patrimonialità,
sia quella di porre un limite alla libertà negoziale dei privati, precludendo loro
la facoltà di dedurre in obbligazione impegni che abbiano direttamente per
oggetto il corpo umano come strumento asservito a favore di altri.
12
Per il prestatore di lavoro e per il datore di lavoro il potere riconosciuto
dall’ordinamento giuridico ai privati di regolamentare i propri programmi si
manifesta attraverso il contratto individuale di lavoro, nelle molteplici tipologie
riconosciute in seno all’ordinamento stesso.
Il fondamento positivo dell’autonomia negoziale privata risiede, secondo
autorevole dottrina, nell’art. 41 Cost. il quale dispone che «l’iniziativa
economica privata è libera. Non può svolgersi in contrasto con l’utilità sociale o
in modo da recare danno alla sicurezza, alla libertà, alla dignità umana».
12
Cfr. ancora, sull’argomento riguardante il rapporto obbligatorio, LA TORRE A., op. cit., p. 196.
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
7
Tale norma consente di inserire l’esercizio dell’autonomia individuale
entro limiti specifici, nel completo rispetto della funzione del diritto del lavoro
di tutelare il lavoratore, disponendo appunto che essa non possa svolgersi in
conflitto con l’utilità sociale o in danno alla sicurezza, libertà e dignità umana.
La stessa opinione viene espressa anche nell’ambito della giurisprudenza
della Corte Costituzionale. Essa, infatti, afferma che l’autonomia negoziale
privata è tutelata soltanto indirettamente a livello costituzionale, in quanto
costituisce lo strumento per l’esercizio di libertà costituzionalmente garantite,
tra cui proprio la libertà di iniziativa economica privata.
Proprio la nozione di autonomia individuale ha reso possibile la
ricostruzione, in chiave giuridica, dei moderni modi di lavorare e produrre,
sorti con la rivoluzione industriale.
L’idea del “libero contratto” permette di legittimare la subordinazione di
un uomo libero al potere di un altro uomo. Il presupposto giuridico-
istituzionale nell’ambito dei modi di produzione capitalistici, in una società
democratica è, appunto, il libero incontro delle volontà individuali.
Ciò nonostante, l’evoluzione storica del diritto del lavoro tende a
contrastare l’esclusività del libero contratto quale fonte tipica del rapporto di
lavoro. Ma, in realtà, più si sottolinea la giuridicità dei rapporti di lavoro e si
restringono le aree dell’autonomia individuale, e più il diritto del lavoro
diventa una disciplina caratterizzata da specialità e autonomia, diretta a
riparare quella che è stata definita nell’esperienza attuale come “dittatura
contrattuale del datore di lavoro”.
13
Nel diritto del lavoro, comunque, lo spazio per il contratto di lavoro è
storicamente piuttosto circoscritto. Una parte della dottrina ha affermato
autorevolmente che l’autonomia individuale qualche volta vede ridotta, nei
confronti dell’autonomia collettiva, la sua tradizionale funzione migliorativa.
14
13
Cfr. BIAGI M. – TIRABOSCHI M., op. cit., pp. 49 e ss.
14
Cfr. DELL’OLIO M., I soggetti e l’oggetto del rapporto di lavoro, Roma, 2004, p. 76. In tema sono stati
consultati anche i seguenti testi: DELL’OLIO M., La prestazione di fatto del lavoro subordinato, Cedam,
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
8
Tuttavia, grazie anche all’equilibrio di potere contrattuale salvaguardato
dalla presenza delle organizzazioni sindacali, si assiste oggi ad una
riconsiderazione globale dell’autonomia negoziale individuale, eventualmente
assistita in apposite sedi di certificazione.
Precisamente, con riferimento alle più attuali posizioni giurisprudenziali,
l’intero ordinamento del lavoro si sta gradualmente ponendo in una prospettiva
di maggiore valorizzazione della volontà negoziale delle parti anche in sede di
classificazione dei rapporti di lavoro.
15
In questo senso, particolarmente rappresentative sono le “procedure di
certificazione”, introdotte dal legislatore, in attuazione dell’art. 5 della l. n.
30/2003
16
, con il d.lgs. n. 276/2003.
17
Si parla, in questo caso, di procedimenti conformi alla legge che
costituiscono il fondamento della spontaneità delle manifestazioni negoziali
delle parti (c.d. volontà assistita) finalizzati a ridurre il contenzioso in materia di
qualificazione dei rapporti di lavoro.
18
Con riguardo, invece, alla nozione di “autonomia collettiva”, questa viene
definita come la capacità dei gruppi organizzati e contrapposti dei datori di
lavoro e dei lavoratori di regolamentare interessi collettivi tramite l’uso degli
strumenti dell’autonomia negoziale privata.
Padova, 1970 e DELL’OLIO M. - BRANCA G., L’organizzazione e l’azione sindacale, Cedam, Padova,
1980.
15
Corte d’ Appello di Roma, 23 agosto 2005 in Lav. nella giur. 2006, 709; Corte d’Appello di Potenza 9
maggio 2002, in Lav. nella giur. 2003, 193.
16
Art. 5 L. 30/2003 (Delega al Governo in materia di certificazione dei rapporti di lavoro) : «1. Al fine di
ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei rapporti di lavoro, con esclusione dei rapporti di
lavoro alle dipendenze di amministrazioni pubbliche, il Governo è delegato ad adottare, su proposta
del Ministro del lavoro e delle politiche sociali, entro il termine di un anno dalla data di entrata in
vigore della presente legge, uno o più decreti legislativi recanti disposizioni in materia di
certificazione del relativo contratto stipulato tra le parti…»
17
Art. 75 d.lgs. 276/2003 (Finalità): «1. Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei
contratti di lavoro intermittente, ripartito, a tempo parziale e a progetto di cui al presente decreto,
nonché dei contratti di associazione in partecipazione di cui agli articoli 2549-2554 del codice civile, le
parti possono ottenere la certificazione del contratto secondo la procedura volontaria stabilita nel
presente Titolo». L’art. 75 viene successivamente modificato dall’art. 18 del D.lgs. 251/2004 il quale
afferma che «Al fine di ridurre il contenzioso in materia di qualificazione dei contratti di lavoro, le
parti possono ottenere la certificazione del contratto secondo la procedura volontaria stabilita nel
presente Titolo».
18
In tema di procedure di certificazione cfr. BIAGI M. – TIRABOSCHI M., op. cit., p. 118.
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
9
L’autonomia collettiva consiste nell’attribuzione al gruppo organizzato (il
sindacato) di un potere originario, cioè non derivato da uno particolare atto di
disposizione individuale dei soggetti membri, diretto a disciplinare e
coordinare argomenti di interesse collettivo con efficacia diretta sui rapporti di
lavoro dei singoli lavoratori coinvolti.
È importante sottolineare che l’organizzazione sindacale è portatrice
esclusivamente di interessi privati collettivi, ma non di interessi pubblici.
Inoltre, come viene riconosciuta la libertà di iniziativa privata economica
(art. 41 Cost.), così è riconosciuta anche la libertà di organizzazione sindacale
dall’art. 39 Cost.
19
Il riconoscimento della libertà sindacale comporta anche l’approvazione
dei fini perseguiti dall’organizzazione stessa e la valutazione a priori
dell’idoneità di quest’ultima al loro perseguimento.
Libertà dell’organizzazione sindacale indica, ancora, da un lato, la libertà
dei singoli lavoratori e datori di lavoro, rispetto allo Stato, di costituire
organizzazioni sindacali all’interno di una medesima categoria professionale.
Dall’altro, indica la libertà di definire l’ambito di applicazione del contratto
collettivo.
In più, la libertà sindacale deve essere intesa come libertà dei singoli di
scegliere o meno l’organizzazione alla quale aderire o, appunto, non aderire ad
alcuna associazione.
La costituzione del sindacato, oltre a determinare l’importanza sul piano
giuridico dell’interesse collettivo per il quale è costituito, individua anche
l’attribuzione ad esso di un potere di autonomia collettiva il cui esercizio è
idoneo a soddisfare quell’interesse. Sotto questo punto di vista,
l’organizzazione sindacale può avere sia una struttura associativa sia
istituzionale. Inoltre, come già è stato accennato, siffatta organizzazione può
stipulare contratti collettivi nell’esercizio di un potere che non è conferito dai
19
Così recita l’art. 39 Cost.: «L’organizzazione sindacale è libera».
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
10
singoli associati, in quanto questi sono titolari solamente dei poteri tipici
dell’autonomia privata individuale e non già del potere costitutivo
dell’autonomia collettiva.
D’altra parte, gli effetti del contratto collettivo non operano sul piano
obbligatorio, come, invece, succederebbe nell’ambito dell’autonomia privata
individuale, in quanto tali effetti non determinano un obbligo del datore e del
prestatore di lavoro di adattare il contenuto del singolo rapporto alla disciplina
dettata in sede collettiva. Piuttosto, gli effetti del contratto collettivo incidono
direttamente e inderogabilmente sul contenuto stesso dei rapporti individuali
di lavoro ed è per questo che all’esercizio dell’autonomia collettiva viene
riportata un’efficacia normativa. Infatti, il contratto collettivo ha la funzione di
stabilire minimi di trattamento economico e normativo migliorativi rispetto a
quelli fissati dalla legge e non derogabili da parte del contratto individuale di
lavoro. Pertanto le clausole del contratto collettivo si sostituiscono
automaticamente a quelle del contratto individuale, tranne che queste ultime
non contengano condizioni più favorevoli.
20
Tale disciplina è indubbiamente
tesa a valorizzare al massimo la persona del lavoratore.
21
Questo, tuttavia, non significa che il contratto individuale debba essere
posto in una posizione marginale rispetto a quello collettivo, perché entrambi i
contratti sono idonei a dare direttamente assetto al rapporto di lavoro e
l’eventuale conflitto tra le due fonti si può risolvere, appunto, nel far prevalere
il contratto collettivo su quello individuale, a meno che quest’ultimo non
preveda condizioni più favorevoli al lavoratore.
22
20
L’art. 2077, secondo comma, c.c. afferma che «le clausole difformi dei contratti individuali, preesistenti
o successivi al contratto collettivo, sono sostituite di diritto da quelle del contratto collettivo, salvo che
contengano speciali condizioni più favorevoli ai prestatori di lavoro».
21
Cfr. ROTONDI F., Corso di diritto del lavoro, Cedam, Padova, 2008, p. 4.
22
In tema di organizzazione sindacale e contratti collettivi cfr. PERSIANI M.- PROIA G., Diritto
sindacale, Cedam, Padova, 2003, p. 20 e pp. 114 e ss.
Autonomia e subordinazione nell’esperienza recente
1° Capitolo – Rapporto di lavoro e qualificazione giuridica
11
1.3 La prestazione di lavoro “personale” come elemento
caratteristico sia nel lavoro subordinato sia nel lavoro
autonomo
Nell’impianto codicistico il diritto del lavoro si caratterizza
fondamentalmente come diritto del lavoro subordinato. La funzione di
contraddistinguere il rapporto tipico oggetto della disciplina speciale di diritto
del lavoro viene affidata alla subordinazione, la quale viene ricostruita come
uno determinato modo di essere della prestazione lavorativa.
Infatti, come afferma l’art. 2094 cod. civ.: «E’ prestatore di lavoro
subordinato chi si obbliga mediante retribuzione a collaborare nell’impresa,
prestando il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la
direzione dell’imprenditore».
La prestazione di lavoro subordinato consiste, dunque, nel mettere a
disposizione il proprio lavoro intellettuale o manuale alle dipendenze e sotto la
direzione dell’imprenditore. Essa costituisce la prestazione specifica del
rapporto di lavoro e rappresenta il contenuto principale dell’obbligazione del
lavoratore. Si tratta, ancor più precisamente, di un’obbligazione di mezzi che
impegna il prestatore a tenere un determinato comportamento e a raggiungere,
mediante una specifica attività, un determinato risultato atteso.
La prestazione lavorativa, oltre ad essere patrimoniale
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, deve essere lecita,
possibile, determinata o determinabile e personale.
Quest’ultimo carattere, in modo particolare, implica che il lavoratore non
può in nessun caso farsi sostituire da altri nell’espletamento dell’attività dovuta,
salvo l’espresso consenso del datore di lavoro o l’esistenza di specifiche
disposizioni che deroghino a quanto disposto.
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Vedi par. 1.1 del presente lavoro.
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Casi di deroga sono previsti nel rapporto di portierato, con possibilità di sostituzione da parte dei
familiari del portiere, e nel lavoro ripartito, in cui «eventuali sostituzioni da parte di terzi, nel caso di
impossibilità di uno o entrambi i lavoratori coobbligati, sono vietate e possono essere ammesse solo
previo consenso del datore di lavoro», ex art. 41, n. 4, d.lgs. 276/2003.