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Capitolo 1
La miniera di Libiola
1.1 INQUADRAMENTO GEOGRAFICO
La miniera di Libiola è localizzata a circa 8 km a NE di Sestri Levante (Genova), tra le
frazioni di Villa Libiola e Tassani (figura 1.1).
Per raggiungere l’area mineraria, partendo dal casello autostradale di Sestri Levante, si
percorre la S.P. n°44, che percorre la Val Gromolo in direzione N-S; 5 km dopo aver
attraversato l’abitato di Santa Margherita di Fossa Lupara, si raggiunge la frazione di Santa
Vittoria di Libiola. Da qui è possibile raggiungere i versanti meridionale e settentrionale
dell’area mineraria attraverso due itinerari diversi:
- il settore meridionale può essere raggiunto imboccando la deviazione per Tassani;
- il settore settentrionale, oggetto di studio di questa tesi di laurea, si raggiunge
proseguendo lungo la strada comunale, fino ad incontrare l’abitato di Molino
Balicca, dove si trovano i vecchi stabilimenti della miniera e gli impianti di
lavorazione del minerale. Raggiunto l’abitato di Cà du Balicca, si devia sulla
destra, arrivando dopo 2 km all’abitato di Villa Libiola.
Per raggiungere l’area mineraria si imbocca la strada sterrata posta sulla sinistra,
poco prima della piazza del paese. Dopo circa 2 km si giunge in prossimità della
discarica principale (figura 1.1). Lungo la strada sterrata sono ancora presenti
alcuni edifici minerari, tra cui il deposito degli esplosivi e l’imbocco di una
galleria (Galleria della Strada).
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Figura 1.1 : vista da satellite della zona oggetto di studio (tratta dal sito internet:
www.google.it/maps)
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1.2 INQUADRAMENTO OROGRAFICO E IDROGRAFICO
Il complesso minerario di Libiola è ubicato all’interno del bacino idrografico del Torrente
Gromolo. Il Torrente Gromolo ha inizio a circa 10 km dalla costa, in località Cima
Costalunga, e sfocia nel Mar Ligure, poco a nord della Baia delle Favole (la spiaggia a nord
della penisola di Sestri Levante). L’estensione del bacino è di circa 21 km², mentre la
lunghezza del corso d’acqua principale è di circa 9 km.
Partendo dalla zona di foce, la Val Gromolo si sviluppa con un andamento NE-SW, fino a
Colle Boeno, dove assume un andamento E-W, che viene mantenuto per circa 1,5 km, fino in
prossimità della località di Rocca dell’Aquila, dove la valle assume nuovamente un
andamento NE-SW.
L’asta principale del Torrente Gromolo nasce alle pendici del M. Roccagrande, la vetta più
elevata del bacino idrografico con i suoi 971 m s.l.m. e si sviluppa principalmente su tre tratti
caratterizzati da diverse pendenze (Provincia di Genova, 2002):
- lungo il primo tratto (a monte della località Balocca) le pendenze sono variabili dal
15% al 2.5% circa. Questo limite corrisponde alla parte montana del bacino, dove
l’alveo presenta un aspetto tipicamente montano, incassato su fondo roccioso;
- procedendo verso valle l’asta del torrente assume pendenze decisamente minori
dell’ordine dell’1%;
- proseguendo ancora verso valle, in prossimità della confluenza con il Rio della
Valletta, il Torrente Gromolo assume un andamento pressoché rettilineo e
pendenze pari a 0.5-0.6%.
Il reticolo idrografico risulta essere asimmetrico rispetto all’asse fluviale del T.Gromolo,
essendo sbilanciato verso lo spartiacque di levante. La distribuzione dei corsi d’acqua nel
reticolo è piuttosto omogenea, anche se esiste una maggiore densità di affluenti in sponda
destra nella zona compresa tra la frazione di Loto e il Monte Bianco. Gli affluenti principali in
sponda sinistra risultano essere il Rio delle Acque Calde, il Rio delle Ciasse, il Rio di Boeno,
il Rio Cattan, il Rio della Valletta ed il Rio Battana. Gli affluenti in sponda destra sono il Rio
Secco, il Rio Moggia, il Rio Ronco, il Rio Loto, il Rio San Bernardo, il Rio Cascina, il Rio
Campua e il Rio Staffora.
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Tra questi assumono particolare interesse il Rio Boeno ed il Rio Cattan, in quanto punti di
confluenza di acque di miniera, continuamente provenienti rispettivamente dal versante
settentrionale e meridionale dell’area mineraria.
La linea spartiacque che delimita il bacino idrografico è caratterizzata da cime abbastanza
elevate:
- in direzione N-E, in corrispondenza della cresta di Cima Costalunga, lo
spartiacque si sviluppa verso S-E, attraversando Rocca del Sasso (911 m), Monte
Roccagrande (947m), Monte Tregin (870m), Monte Incisa ( 702 m), Monte
Bomba ( 610m), Monte Rocchette (402m), Monte Caddio (380m), fino a
degradare verso mare in prossimità di Sestri Levante. Questo tratto separa la Val
Gromolo dalla Val Petronio.
- In direzione N-W, attraversa le cime di Monte Bianco (876m), Monte Domenico
(526m), Monte Vallai (576m), Monte Capenardo (693m), Monte Zucchetto
(616m), Monte Costello (495m). Questo tratto separa la Val Gromolo dalla Val
Graveglia.
Il clima dell’area è Mediterraneo umido, con una temperatura media di 15°C e piogge che
variano da 1100 a 1600 mm all’anno. Il bacino è caratterizzato da una distribuzione
unimodale delle precipitazioni, con un massimo a novembre (con oltre 180 mm, media
trentennale) e un minimo estivo, e delle temperature, con massimo in agosto (Provincia di
Genova, 2002).
L’area mineraria di Libiola è delimitata da tre corsi d’acqua appartenenti al bacino del
T.Gromolo (figura 1.2):
- nella parte occidentale dal Torrente Gromolo stesso, nel tratto compreso tra la
confluenza con il Rio Boeno e il Rio Cattan;
- nella parte settentrionale dal Rio Boeno, nel tratto compreso tra la sorgente e la
confluenza con il T.Gromolo;
- nella parte meridionale dal Rio Cattan, nel tratto compreso tra la sorgente e la
confluenza con il T.Gromolo.
Entrambi gli affluenti del T. Gromolo hanno l’asse fluviale orientato circa NW-SE (figura
1.2).
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Figura 1.2: area mineraria di Libiola (giallo),T.Gromolo (blu), Rio Boeno (azzurro) e Rio Cattan (rosso).
Base topografica C.T.R. in scala 1:10000 (Fogli Monte Tregin e Casarza Ligure)
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Il regime idrologico dell’intera area sottesa dalla Miniera di Libiola è notevolmente
influenzato dall’attività mineraria; infatti si nota la costante fuoriuscita di acqua dalle gallerie
nell’intera area mineraria ed in particolare in corrispondenza delle gallerie di ribasso
Margherita, Ida, Weirs, e Castagna. Questa peculiarità è dovuta alla presenza di un esteso
reticolo di gallerie e pozzi interconnessi tra di loro (oltre 30 km di scavi in sotterraneo), che
facilitano il drenaggio delle acque piovane (figura 1.3). Ad aumentare il drenaggio delle acque
presenti all’interno degli scavi in sotterraneo sono presenti inoltre, alle quote più elevate,
estesi scavi a cielo aperto (che hanno ormai assunto una morfologia a dolina), che
rappresentano importanti bacini artificiali di raccolta delle acque (figura 1.3).
1.3 INQUADRAMENTO GEOLOGICO
1.3.1 L’APPENNINO SETTENTRIONALE
L’Appennino settentrionale si estende dal Mar Ligure alla Pianura Padana e interessa la
Liguria, la Toscana e l’Emilia Romagna. E’ delineato da due discontinuità: la Linea Sestri-
Voltaggio ad Ovest (nella quale si trovano unità tettoniche di pertinenza alpina) e la Linea
Ancona-Anzio ad Est (che separa l'Appennino settentrionale dall' Appennino centrale).
Le unità tettoniche che compongono l'Appennino settentrionale sono suddivisibili in quattro
Domini paleogeografici: D. Ligure (oceanico e transizionale), D. Subligure, D. Toscano e D.
Umbro-Marchigiano (gli ultimi due di pertinenza continentale; figura 1.4).
Le unità tettoniche appartenenti al Dominio Ligure risultano geometricamente sovrapposte a
quelle dei Domini Subligure, Toscano ed Umbro-Marchigiano.
Figura 1.4: sezione schematica con le maggiori unità strutturali dell’Appennino Settentrionale (Elter
P., 2003)
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Figura 1.3: planimetria dell’area mineraria di Libiola (Marescotti & Carbone, 2003)
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Il Dominio Ligure
Il D. Ligure comprende Unità tettoniche che rappresentano i relitti della litosfera oceanica
giurassica (Bacino oceanico Ligure-Piemontese) e le relative coperture sedimentarie
(Giurassico-Paleocene).
L' Oceano Ligure-Piemontese, che rappresentava un segmento della Tetide, costituiva la
separazione tra il continente Europeo e il continente Africano. Questo dominio è stato
suddiviso in D. Ligure interno e D. Ligure esterno sulla base delle caratteristiche
litostratigrafiche e strutturali delle successioni (Elter et al., 1966; Elter & Pertusati, 1973;
Elter, 1975;), della posizione che occupano nella catena a falde appenninica e della
ricostruzione paleogeografica del bacino oceanico Ligure-Piemontese (Elter & Raggi, 1965).
Questa ricostruzione prevedeva un bacino diviso in due settori da un alto morfologico
tettonicamente attivo denominato “Ruga del Bracco” (Decandia & Elter, 1972).
Le Unità Liguri Interne sono considerate rappresentative della sequenza litostratigrafica
oceanica che caratterizzava il Dominio Ligure-Piemontese, in quanto le masse ofiolitiche si
trovano ancora in posizione giaciturale primaria ed in continuità stratigrafica con la
successione sedimentaria di copertura che inizia con i diaspri, Formazione dei Diaspri di M.
Alpe (Bortolotti et al.,1994) del Giurassico medio e superiore (Batoniano Sup.- Calloviano
Inf.; Titoniano Sup.; Cobianchi & Villa, 1992; Chiari et. al, 1994).
Le Unità Liguri Esterne occupavano un settore adiacente al margine del Paleocontinente
Adria. Non si riconoscono ofioliti che costituiscono sicuramente la base della successione,
essendo quest’ultima scollata dal substrato originario in corrispondenza dei “complessi di
base” (formazioni argillose del Cretaceo medio superiore). Le ofioliti sono pertanto presenti
in giacitura secondaria come masse intercalate, sottoforma di olistoliti ed olistostromi, nei
sedimenti, per lo più torbiditici, di età compresa tra il Cretaceo Superiore e l’Oligocene
(Decandia & Elter , 1972)
LE UNITA’ LIGURI INTERNE (SUPERGRUPPO DELLA VAL DI VARA)
Le Unità Liguri Interne sono caratterizzate alla base da una successione ofiolitica completa
costituita da: 1) un basamento peridotitico, (ultramafiti piu’ o meno serpentinizzate) al quale
sono associate rocce gabbriche; 2) un complesso vulcano-sedimentario, caratterizzato alla
base da brecce ofiolitiche tettoniche e sedimentarie, e basalti effusivi in colate massive o a
pillow (il complesso filoniano è in genere scarsamente rappresentato) ed al tetto dalla tipica
successione di sedimenti oceanici fini di copertura (Diaspri di Monte Alpe, Calcari a
Calpionelle e Argille a Palombini). La successione si completa verso l’alto con i depositi
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torbiditici degli Scisti della Val Lavagna e delle Arenarie del Gottero e termina con gli Scisti
del Bocco, che chiudono l’Unità tettonica del M. Gottero.
Le Unità Liguri Interne affiorano nella parte nord-occidentale dell’Appennino Settentrionale e
si estendono approssimativamente fino al limite meridionale delle Alpi occidentali (del
Gruppo di Voltri) e della prima linea tettonica di sicura pertinenza appenninica, la linea
Ottone-Levanto. Infine, le U. Liguri Interne sono sormontate dall'Unità del M. Antola.
LE UNITA’ LIGURI ESTERNE
Nelle U. Liguri Esterne si distinguono i Complessi di base (Albiano-Campaniano inf.)
costituiti da depositi emipelagici (Argilliti di Montoggio, argilliti varicolori), i depositi clastici
di provenienza sia continentale (Conglomerati di Salti del Diavolo, Arenarie di Ostia e
Arenarie di Scabiazza) sia oceanica (Complesso di Casanova e di M. Veri) e i depositi
torbiditici, a dominanza calcarea, quali i Flysch ad Elmintoidi (Campaniano-Paleocene ).
Queste unità comprendono unità alloctone, scollate dai complessi di base, che hanno perso
qualsiasi relazione stratigrafica con il substrato originario.
Si possono distinguere due domini paleogeografici: il primo, più vicino alle Liguridi Interne,
presenta caratteristiche più marcatamente liguri ed è costituito da olistoliti, olistostromi e
torbiditi provenienti dalle successioni ofiolitiche e dalla loro copertura sedimentaria; il
secondo, più esterno, è caratterizzato da unità tettoniche in cui gli inclusi ofiolitici diventano
occasionali o assenti (Decandia & Elter P., 1972).
I due domini liguri mostrano un accavallamento delle Unità Liguri Interne sulle Esterne che
risultano approssimativamente separate dalla Linea tettonica Ottone-Levanto, orientata circa
NW-SE.
Il Dominio Subligure
E’ rappresentato principalmente dall’Unità di Canetolo (Elter et al., 1964) che risulta
interposta tra il Dominio Ligure al tetto ed il Dominio Toscano alla base.
I primi termini della successione, costituenti la base, sono formati da alternanze di formazioni
paleo-eoceniche (Argille e Calcari di Canetolo e del Cirone) parzialmente in eteropia con i
flysch calcareo-marnosi eocenici sovrastanti (Flysch di Vico, Calcari di Groppo del Vescovo
e Flysch di Monte Penice), in cui è riconoscibile un’affinità ligure esterna. I termini al tetto,
che chiudono il dominio, sono rappresentati da una sequenza di facies torbiditico-arenacee
(Formazione della Val d’Aveto, Arenarie di Petrignacola, Arenarie di Ponte Pratica e di Rio
Fuino) e pelitiche con olistostromi (Formazione di Salsominore) di età compresa tra
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l’Oligocene inferiore e il Miocene inferiore (Cerrina Feroni et al., 1991; Elter et al., 1997;
Pandolfi, 1997; Balbi, 2003).
Il Dominio Toscano
Il D. Toscano è caratterizzato da successioni Meso-cenozoiche deposte sulla litosfera
continentale di Adria. Queste successioni testimoniano l’evoluzione del processo di
oceanizzazione da un margine continentale passivo ad una fase di rift, che arriva ad evolvere
in un sistema torbiditico silicoclastico di età oligo-miocenica, corrispondente ad un sistema di
margine continentale attivo di subduzione.
Alla base delle successioni del dominio troviamo un basamento paleozoico con deformazioni
e metamorfismo ercinico (Unità di Massa e Autoctono) sul quale si depositano depositi
silicoclastici continentali del Triassico (Verrucano), con intercalazioni di vulcaniti basiche a
chimismo alcalino. Seguono in successione depositi ”sin-rift” del Triassico superiore-
Giurassico medio, relativi all’instaurarsi di una piattaforma carbonatica (Calcare a
“Rhaetavicula contorta”, Grezzone e Calcare Massiccio) e al suo successivo sprofondamento
(Rosso Ammonitico e Calcare Selcifero) legato allo sviluppo del rift. L’aumento della
profondità di deposizione è testimoniato, a partire dal Dogger, da depositi pelagici (Marne a
Posidonia, Diaspri e Maiolica) e dalla deposizione, nel Malm, di sedimenti con materiali
derivati dalla piattaforma (Scaglia). Tra l'Oligocene superiore e il Miocene inferiore si
sviluppano infine successioni di torbiditi a composizione silicoclastica (Macigno), che
contengono al loro interno olistostromi provenienti dalle Unità Liguri e dal Canetolo.
Il Dominio Umbro-Marchigiano
Il Dominio Umbro-Marchigiano è caratterizzato da una successione Mesozoico-Cenozoica
scollata a livello delle evaporiti triassiche e sovrascorsa sul proprio basamento paleozoico.
L’evoluzione delle successioni sedimentarie che lo caratterizzano è analoga a quella del
Dominio Toscano, ma legata a una collocazione paleogeografia più esterna rispetto al margine
del paleocontinente Adria.
La successione è costituita da gessi, anidridi e dolomie triassiche costituenti una serie
evaporitica (Formazione di Burano) a cui fanno seguito depositi di piattaforma carbonatica
del Triassico Superiore-Giurassico inferiore (Calcari del M. Cetona e Calcare Massiccio).
Successivamente (a partire dal Giurassico inferiore), si registra un approfondimento del
bacino che raggiunge il valore massimo con la deposizione dei Calcari Diasprigni (Bajociano-
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Kimmeridgiano). Ai Calcari Disprigni seguono la Maiolica (Titoniano-Aptiano) e la
Formazione (torbiditica pelagica) della Scaglia Rossa (Cenomaniano-Oligocene). La serie
termina con la Formazione (torbiditica silicoclastica) Marnoso-Arenacea (Burdigaliano-
Tortoniano) che segna il coinvolgimento di questo settore nel sistema di avanfossa
appenninico.
1.3.2 EVOLUZIONE GEODINAMICA DELL’APPENNINO SETTENTRIONALE
L'evoluzione geodinamica dell’Appennino Settentrionale può essere schematizzata come
segue:
TRIASSICO-GIURASSICO
Fase di apertura oceanica, causata dall’estensione passiva di litosfera continentale e
denudazione di mantello litosferico (Piccardo et al., 2000). Formazione del Dominio oceanico
Ligure-Piemontese, in cui si generano sequenze ofiolitiche e le successioni sedimentarie
pelagiche che caratterizzeranno le unità del Dominio Ligure. Questa fase è causata
dall’apertura dell’Atlantico Centrale, che porta all’apertura del bacino oceanico della Tetide
Occidentale, tra la placca Paleoeuropea (a NW) e la placca Adria (a SE). Nel periodo
compreso tra le effusioni basaltiche e l'avvento della deposizione pelagica (Diaspri di M.
Alpe) nel bacino oceanico si instaura una circolazione idrotermale convettiva che determina la
genesi di mineralizzazioni metalliche sia nella sequenza basaltica (mineralizzazioni a solfuri
di Fe, Cu e Zn) sia nella sequenza sedimentaria silicea (mineralizzazioni a ossidi di Fe e Mn).
CRETACEO-PALEOCENE
Fase di convergenza e di chiusura dell’oceano Ligure-Piemontese, causata dell’apertura
dell’Atlantico Settentrionale. In questa fase si instaura un regime tettonico convergente che
porta alla subduzione della crosta oceanica del Dominio Ligure-Piemontese con le sue
coperture sedimentarie e alla formazione di un prisma di accrezione. A questa fase è legata
anche la deposizione delle successioni torbiditiche di fossa. Le originarie sequenze oceaniche
subiscono deformazioni e metamorfismo a seguito degli eventi di subduzione.
EOCENE
Fase di collisione continentale. L’oceano Ligure-Piemontese viene completamente suturato e
si verifica la collisione tra il margine continentale europeo e quello adriatico. Come
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conseguenza si sviluppa una tettonica compressiva a thrust con accavallamento del Dominio
Ligure e del Dominio Toscano (Balbi, 2003).
OLIGOCENE
Ad ovest di Adria, in particolare nel settore dove si sono impostati i Domini Subligure e
Toscano, si ha una fase di ispessimento crostale. Comincia inoltre la migrazione verso oriente
del fronte compressivo appenninico (Balbi, 2003).
MIOCENE
L’insieme delle Unità Liguri arriva a coinvolgere il Dominio Toscano a causa della
deformazione innescata dall’avanzamento del fronte verso i settori esterni del sistema
appenninico.
Nel Miocene superiore la traslazione delle Unità Liguri arriva a coinvolgere anche il Dominio
Umbro-Marchigiano.
Inizia inoltre la tettonica distensiva nel Dominio Toscano, con sviluppo di faglie parallele alla
costa tirrenica. Nei domini piu’esterni continua la tettonica compressiva.
Lo spostamento del fronte compressivo verso oriente determina un rilassamento delle falde
impilate tettonicamente una sull’altra: si imposta così un regime estensionale che porta alla
formazione di numerosi graben (Graben del Magra e Graben del Vara). Iniziano le fasi di
apertura del rifting tirrenico e della tettonica distensiva della Toscana centrale. Si verifica
inoltre l'esumazione delle unità metamorfiche toscane, sulle quali vengono sovrascorse le
Unità Toscane e quelle Liguri con la duplicazione crostale e l'avanzamento del fronte della
catena appenninica (Balbi 2003).
La tettonica del Dominio Ligure Interno si differenzia da quella del Ligure Esterno per una
maggiore deformazione delle strutture che si esplica anche in un leggero metamorfismo.
1.3.3 IL METAMORFISMO
Le ofioliti dell’Appennino settentrionale sono state definite “non metamorfiche” in
contrapposizione a quelle alpine, in quanto presentano raramente evidenze mineralogico-
tessiturali di ricristallizzazione e deformazione. In realtà anche le ofioliti appenniniche
presentano una complessa storia di metamorfismo di fondo oceanico e una blanda
sovraimpronta di ambiente orogenico (Cortesogno et al.,1987).
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Il metamorfismo di fondo oceanico si sviluppa in due fasi:
♦ la prima fase interessa sia le rocce gabbriche e peridotitiche sia i clasti delle brecce
ofiolitiche. Essa, comprende la risalita di masse peridotitiche profonde di origine
mantellica e la messa in posto di corpi intrusivi gabbrici al loro interno e determina
la presenza di modeste fasce di roccia fortemente scistosa con piani di scorrimento
preferenziale che attraversano ampie masse di rocce indeformate. Con l'avvento di
condizioni sempre più distensive si determina la formazione di fratture beanti, in
cui iniziano a circolare fluidi di origine marina e a risalire fusi basaltici. La risalita
delle rocce gabbro-peridotitiche termina con l’esposizione di queste rocce sul
fondale del bacino e con l'instaurarsi delle prime fasi di serpentinizzazione. Le
parte terminale di questa fase ha interessato anche le brecce ofiolitiche basali.
♦ La seconda fase interessa la sequenza vulcano-sedimentaria fino alle ultime colate
basaltiche. All’interno delle sequenze vulcano sedimentarie si instaura una
circolazione di fluidi di origine marina, che penetrando in profondità innesca una
circolazione idrotermale convettiva. La sorgente di calore è rappresentata dalle
camere magmatiche e dai fusi basaltici in risalita. I processi di interazione tra
fluidi idrotermali e rocce incassanti hanno causato metasomatismo e
ricristallizzazione metamorfica. Gli elementi metallici subiscono processi di
frazionamento e arricchimento selettivo che porta, allo sbocco dei circuiti
idrotermali, alla genesi di giacimenti con processi simili a quelli oggi osservati nei
“black smokers”.
Il metamorfismo di ambiente orogenico si sviluppa durante le fasi compressive. Le ofioliti del
Bacino Ligure Piemontese, a causa della loro scarsa plasticità ed alle basse condizioni
metamorfiche raggiunte (con picchi in Facies prehnite-pumpellyite e in Facies Scisti Verdi),
presentano modesta ricristallizzazione e deformazioni prevalentemente a carattere fragile. I
sedimenti associati alle ofioliti hanno sviluppato una scistosità penetrativa e una successiva
fase di ripiegamento. Questo ciclo metamorfico coinvolge tutti i termini appartenenti al
Supergruppo della Val di Vara (Bortolotti et al.,1994).