2
industria di guerra, diventa così la questione sociale più importante nel
dopoguerra
2
.
Per quanto riguarda il settore industriale, la struttura economica e
sociale del ravennate favorisce lo sviluppo dell’industria di
trasformazione (zuccherifici e stabilimenti conservieri, alimentari e
vinicoli su tutti). La ricostruzione delle città danneggiate dalla guerra
dà un grosso impulso all’industria dei laterizi e all’edilizia, grazie
anche agli aiuti dei fondi UNRRA ed ERP, favorendo lo sviluppo di
attività collaterali (quali fabbriche di infissi, cave di ghiaia e pietrisco,
fabbriche di ondulati e di legname per l’edilizia). Anche l’attività
commerciale è sostenuta dai prodotti dell’agricoltura e registra un
sostenuto flusso di esportazioni dei prodotti ortofrutticoli all’estero
3
.
In definitiva, nell’immediato dopoguerra si verifica un generale
assestamento in cui si ricompone il quadro economico-sociale
preesistente al conflitto, cioè una provincia che si fonda sulla
agricoltura ed in cui prevale un’economia di autoconsumo. In questi
anni emergono però elementi nuovi che caratterizzeranno il decennio
successivo: gli orientamenti produttivi dell’agricoltura iniziano ad
indirizzarsi verso l’intensificazione di colture industriali a più alto
reddito, grazie anche all’aumento della meccanizzazione, alla
diffusione dei fertilizzanti chimici e alla liberazione di manodopera
agricola; le industrie si concentrano attorno a Ravenna e al suo porto;
le unità industriali e commerciali sono in maggior parte a carattere
individuale.
2
P.P. D’Attorre, L’industrializzazione di Ravenna nel contesto romagnolo, in Il “miracolo
economico” a Ravenna, a cura di P.P. D’Attorre, Ravenna, 1994, pag.33
3
CCIAA, Un secolo di vita camerale, cit., pag.141
3
2. L’industria del petrolio e della chimica in Italia. La SAROM e
l’ANIC a Ravenna
Alla fine della Seconda Guerra Mondiale l’Europa è in procinto di
trasformarsi in una delle principali aree consumatrici mondiali di
petrolio. Uno degli avvenimenti che rivoluzionano la struttura
dell’industria chimica è la consapevolezza della maggior economicità
del trattare il petrolio greggio presso i mercati di consumo rispetto
all’installare delle raffinerie nelle dirette vicinanze dei giacimenti
4
.
Trasformazioni economiche e tecniche producono così un drastico
riorientamento strategico, destinato ad avviare massicci programmi di
investimento per l’impianto di raffinerie nei paesi consumatori e a
trasformare radicalmente la struttura del commercio petrolifero, nel
quale i prodotti finiti cedono rapidamente il passo al petrolio greggio.
Il rovesciamento della geografia energetica europea, dai bacini
carboniferi centro-settentrionali al Golfo Persico e alla “via del
petrolio” (a partire dal 1950 si verifica un surplus di greggio estratto
dal Medio Oriente) fa dell’Italia un’enorme piattaforma petrolifera nel
cuore del Mediterraneo. Perciò, i tanti depositi costieri, tra cui quelli
di Ravenna, costruiti ed ampliati in previsione dello sviluppo del
commercio petrolifero basato sulla importazione dei prodotti raffinati,
per restare al passo coi tempi devono riconvertirsi all’attività di
raffinazione.
Di ciò si mostra pienamente consapevole il ravennate Attilio
Monti, già fondatore della S.A.M.A. (Società Anonima Monti Attilio)
e consigliere delegato del G.I.P. (Gruppo Italiano Petrolifero), il quale
chiede l’intervento della locale associazione degli industriali presso il
Ministro della Industria, Togni, a favore della iniziativa avviata dal
GIP per l’installazione a Ravenna di una raffineria
5
. Nonostante
l’ostilità della Democrazia Cristiana verso la costruzione di un
impianto di raffinazione del greggio in un’area dell’Adriatico
4
G. Natale, L’industria chimica in Italia, Napoli, 1972, pagg.27-28
5
S. Battilossi, Attilio Monti: il “miracolo del petrolio" tra grande impresa e politica, in Il
“miracolo economico”, cit., pagg.149-150
4
dominata dalla raffineria di Falconara, Monti riesce ad ottenere il
decreto del Consiglio dei Ministri che autorizza la realizzazione del
suo progetto. Il 4 maggio 1950 nasce così la S.A.R.O.M., Società
Anonima Raffinazione Oli Minerali
6
.
Dietro le manovre del petroliere ravennate si delinea la presenza
decisiva della Montecatini, infatti a presiedere la SAROM viene
chiamato nel 1951 l’avvocato Angelo Angelelli, esponente di spicco
del colosso chimico. L’orientamento strategico della Montecatini è
finalizzato da un lato ad impedire che delle nuove intese organizzate
dall’AGIP ne intaccassero il monopolio nel business dei fertilizzanti
azotati, e dall’altro a ritagliarle uno spazio autonomo di iniziativa nel
settore petrolchimico. L’intreccio Monti-Montecatini è visto perciò
come l’elemento di un articolato sistema petrolchimico nord-orientale
che assegna alla raffineria di Ravenna un ruolo integrativo per le
forniture di olio combustibile alla centrale termoelettrica di Porto
Marghera e di prodotti intermedi ai nascenti grandi impianti
Montecatini (a Ferrara) e Sicedison (a Porto Marghera)
7
.
Tutto ciò si ricollega ad un secondo fondamentale avvenimento che
ha rivoluzionato la struttura dell’industria chimica, vale a dire la presa
in atto che l’utilizzazione della chimica organica (che scaturisce da
ulteriori frazioni del processo di distillazione del greggio) porta alla
possibilità di ricavare una serie di prodotti più numerosa e
diversificata di quella ottenibile dalla chimica inorganica
8
. Con
l’avvento della grande industria petrolchimica si raggiunge tutta una
serie di nuove produzioni (materie plastiche, fibre e gomme sintetiche,
detergenti, solventi) i cui consumi le conferiscono un posto di primo
piano nel complesso di tutte le attività produttive. Alla fine degli anni
’40 l’AGIP di Enrico Mattei punta sull’A.N.I.C. (Azienda Nazionale
Idrogenazione Combustibili) nella prospettiva di ostacolare l’ingresso
nel mercato italiano della Standard Oil come fornitore di greggio, oltre
che per crearsi le basi di una industria utilizzatrice degli idrocarburi
6
G. Stella, Petrolio e piadina, Rimini, 1993, pagg.36-37
7
S. Battilossi, Attilio Monti, cit., pagg.151-153
8
G. Natale, L’industria chimica, cit., pag.28
5
che si attende di ricavare dai giacimenti in Valle Padana. Di
conseguenza nel 1951 prende corpo il progetto di un grande
stabilimento per la produzione di azoto e fertilizzanti azotati al quale
parteciperanno, oltre all’ANIC (fondata nel 1936 con la
partecipazione paritetica dell’AGIP e delle Ferrovie dello Stato da una
parte, e dall’altra della Montecatini), l’AGIP e la Federconsorzi.
Questo progetto contrasta tuttavia con gli interessi della Montecatini,
che nel campo degli azotati detiene in Italia di gran lunga la quota
maggiore
9
.
Nel febbraio del 1953 viene costituito l’E.N.I. (Ente Nazionale
Idrocarburi) che, avendo la possibilità di utilizzare industrialmente gli
idrocarburi del sottosuolo italiano e contrastare così il dominio delle
multinazionali petrolifere, entra nel campo della petrolchimica con
l’intento di sfruttare le nuove scoperte della chimica macromolecolare
partendo dalla disponibilità nazionale di gas naturali (metano) e del
petrolio. Alla data della sua fondazione l’ENI rileva il 49,25% del
pacchetto azionario dell’ANIC e nel 1954 ne acquisisce il controllo
con una quota di maggioranza del 51,25%. L’ENI inaugura tramite
questa azienda, che ha funzione di capogruppo nel settore chimico, il
primo centro petrolchimico di Ravenna (invitando la Montecatini, che
però rifiuta, a partecipare a questo impianto
10
), utilizzando il gas
naturale della Valle Padana e dando inizio su scala industriale alla
produzione di fibre chimiche, monomeri, aromatici, fertilizzanti
azotati da metano e gomme sintetiche (la gomma sintetica verrà
esportata in grossi quantitativi in Unione Sovietica, facendo così
trovare uno sbocco essenziale nella fase di decollo della produzione
del nuovo impianto di Ravenna
11
). Con la collaborazione di una
compagnia straniera, la tedesca Wacker Chemie, viene costituita nel
1958 la società Chimica Ravenna, seguita poi dagli impianti di
Pisticci, Gela e Manfredonia. Nel 1959 viene fondata la Phillips
9
B. Bottiglieri, Una grande impresa chimica tra Stato e mercato, in Montecatini 1888-1966, a
cura di F. Amadori e B. Bezza, Bologna, 1990, pag.329
10
B. Bottiglieri, Una grande impresa chimica, cit., pagg.330-331
11
A. Delugan, L’internazionalizzazione, in ENI, un’autobiografia, a cura di F. Venanzi e M.
Faggiani, Milano, 1994, pag.35
6
Carbon Black Italiana per la produzione di nerofumo. Attraverso
queste iniziative industriali, l’ENI rompe le tradizioni di privilegio che
il capitalismo privato aveva consolidato, in regime di monopolio,
negli anni precedenti
12
.
Nei primi anni ’50, attraverso l’insediamento dei due stabilimenti
della SAROM e dell’ANIC, si avvia il processo di industrializzazione
della zona di Ravenna. Il porto di Ravenna, nonostante le modeste
dimensioni e la poca profondità dei fondali, diventa lo scalo più
importante per l’intera area emiliana per quanto riguarda l’offerta di
prodotti petroliferi. Lo straordinario aumento della domanda denuncia
anche i limiti del fattore portuale della città ravennate, per cui si inizia
a provvedere alle immediate necessità sia con operazioni di allibo
(scarico della petroliera al largo e inoltro del greggio mediante
bettoline lungo il canale fino allo stabilimento), sia con impianti fissi
discarico a 6 km. dalla costa (più tardi a 10,5 km.). La presenza di
questi terminali, collegati allo stabilimento da oleodotti lunghi 12 e 16
km., ha così permesso alla SAROM di mantenere e sviluppare
adeguati livelli di produzione. Per ciò che riguarda l’ANIC, la
posizione geografica di Ravenna si propone fin dall’inizio fra le più
idonee. Lo scalo portuale è passibile di radicali miglioramenti nei
fondali come nelle attrezzature e presenta i notevoli vantaggi di avere
ampi spazi liberi ai lati del canal-porto e di trovarsi a 3-4 km. dai
giacimenti, potendo così risparmiare le spese di impianto e
manutenzione di lunghi metanodotti. Ravenna presenta il vantaggio di
un più spedito ed economico inoltro dei prodotti di esportazione verso
i mercati dell’Africa e del Medio Oriente, che sono quelli verso cui
l’ENI guarda con particolare interesse. In conclusione, a Ravenna si
realizza la contemporanea disponibilità in loco della materia prima e
della fonte di energia, oltre che di aree ampie e a basso reddito. Decisa
la localizzazione nel 1954 ed iniziati i lavori due anni dopo, lo
stabilimento ANIC inizia la produzione nel 1958
13
.
12
L. Gasperini, L’industria chimica nella storia italiana, Messina-Firenze, 1974, pagg.106-108
13
P. Fabbri, Ravenna: geografia di un territorio, Bologna, 1974, pagg.72-79
7
La creazione di una zona industriale, oltre ad essere un fatto di
natura urbanistica, a partire dal 1957 fa sorgere il grande progetto
della trasformazione del porto. Nel febbraio del 1957, in seguito
all’interesse del Ministro del Tesoro sen. Medici, il Governo rivolge la
sua attenzione al porto di Ravenna e alla necessità di preparare un
progetto per il suo potenziamento. Il progetto di massima per la
realizzazione del potenziamento del porto viene affidato al prof. Luigi
Greco ed è approvato il 16 maggio dal Consiglio Superiore dei Lavori
Pubblici
14
.
Il progetto Greco è assunto all’interno della proposta di legge
presentata dai deputati romagnoli Zaccagnini (DC), Macrelli (PRI),
Martoni (PSDI) dal titolo “contributi per la costruzione di opere
straordinarie da eseguire nel porto commerciale di Porto Corsini-
Ravenna”. Il dibattito suscitato dalla proposta di legge e l’ipotesi
dell’affidamento ad un consorzio di enti pubblici e privati della
gestione delle opere vengono superati dalla nascita sella S.A.P.I.R.
(Società per Azioni per il Porto di Ravenna). L’ente nasce su iniziativa
di Mattei, il quale vuole accelerare i tempi convinto che sia
impossibile attendere l’adesione di altri soggetti pubblici o privati,
vista la titubanza degli industriali ravennati (Monti pretendeva di
avere il 50% delle quote azionarie) e perfino la contrarietà degli enti
locali (il Comune di Ravenna è inizialmente contrario al progetto). La
decisione della Camera di Commercio di affidare la maggioranza della
società all’ANIC provoca l’abbandono da parte della SAROM delle
trattative e la sua sostituzione con il dott. Serafino Ferruzzi. La SAPIR
nasce il 28 giugno 1957 con un capitale di 1 milione di lire, suddiviso
fra ANIC (51%), Camera di Commercio (10%) e Ferruzzi (39%). Nel
1958 il capitale sociale viene elevato a 20 milioni nel tentativo fallito
di aumentare il numero dei soci, per cui vengono riconfermati i soci
iniziali. L’ANIC su nove membri del consiglio ne ottiene cinque,
compresa la presidenza della società affidata a Mattei. I lavori del
porto iniziano nell’aprile del 1958 e alla SAPIR viene affidata la
14
CCIAA, Un secolo di vita camerale, cit., pag.165
8
gestione di 4 miliardi e 200 milioni stanziati dallo Stato per le opere a
mare. Nel frattempo l’iniziativa legislativa relativa al porto di
Ravenna viene assunta direttamente dal Ministro dei Lavori Pubblici
Zaccagnini, al quale si deve la nuova proposta dal titolo
“Provvedimenti per il Porto canale Corsini e la annessa zona
industriale di Ravenna”. La proposta diviene legge dello Stato il 13
giugno 1961 con il numero 528 (cosiddetta “legge Zaccagnini”)
15
.
3. Dalle prime esperienze del fondatore alla Ferruzzi Benini e C.
Serafino Ferruzzi nasce a Ravenna il 19 marzo 1908 da una
famiglia di agricoltori. Il padre, Aldo, è proprietario di tre ettari di
terreno appena fuori le mura di Ravenna, in via Faentina, e il lavoro
nei campi, unito ad altre piccole attività (per esempio, la costruzione
di cesti), consente alla famiglia Ferruzzi di vivere dignitosamente.
Serafino Ferruzzi frequenta l’istituto di agraria ad Imola e si diploma
nel 1927, iniziando così ad acquisire le prime conoscenze sul settore
primario. Finita la scuola, viene assunto come aiuto fattore in una
delle aziende agricole del marchese Cavalli, dove ha la funzione di
comprare le materie prime necessarie alla conduzione dell’azienda e di
vendere i prodotti finiti. Non soddisfatto di tale attività, nel 1931
assume la rappresentanza per la provincia di Ravenna dei prodotti
Montecatini. Capace di lavorare 14-15 ore al giorno, apre una bottega
con deposito ed acquista una motocicletta per effettuare i suoi
spostamenti uscendo spesso dalle zone di sua competenza (suscitando
le proteste degli altri rappresentanti della Montecatini). Inizia così ad
interessarsi di quotazioni, di mercati, di granaglie, ma anche di
prodotti che non sono pertinenti coi concimi, acquisendo in breve
15
R. Benzi e M. Valenti, Ravenna: industria di Stato e assetto del territorio, in Distretti, imprese,
classe operaia. L’industrializzazione dell’Emilia Romagna, a cura di P.P. D’Attorre e V. Zamagni,
Milano, 1992, pagg.334-336
9
cognizioni sufficienti per poter seguire il mercato agricolo alla Borsa
di Bologna
16
.
Ferruzzi si iscrive alla facoltà di Agraria dell’Università di
Bologna e nel 1934 si sposa con Elisa Fusconi, dalla quale avrà
quattro figli: Ida nel 1936, Franca nel 1938, Arturo nel 1940 ed
Alessandra nel 1954. Trasferitosi in una villetta in via Ravegnana nei
pressi della fornace del padre di Elisa, viene richiamato alle armi con
il grado di sottufficiale a Bologna durante la guerra e nel 1942 si
laurea. Anche se militare, continua a frequentare il mercato del grano
di Bologna e appena può torna a Ravenna nel suo piccolo ufficio di
rappresentanza per i mangimi e i concimi situato in via Mariani.
Siccome la vendita di fertilizzanti non è più remunerativa a causa
della guerra, Ferruzzi, insieme ai due amici Leo Manetti e Lorenzo
Benini, costruisce nel 1943 vicino al porto un magazzino per la
lavorazione industriale di prodotti agricoli, quali la canapa macerata e
preparata per la Montecatini. Ferruzzi ha maturato la sua esperienza
soprattutto come commerciante di fertilizzanti agricoli, Manetti è
titolare di un’azienda di trasporti e Benini è un proprietario terriero.
Tutte attività abbastanza comuni nell’economia ravennate, la cui
combinazione darà vita, sotto la direzione di Ferruzzi, ad un
esperimento inedito che si rivelerà in poco tempo la carta vincente del
gruppo
17
. Andato a fuoco il magazzino nell’estate del 1944, i tre soci
acquistano l’anno dopo per pochi soldi un bosco sull’Appennino
toscano, località Rufina, dal quale inizia un’attività di disboscamento
e di lavorazione di legname per costruzione. Questa attività si rivela
alquanto remunerativa perché, come previsto da Ferruzzi, il legname
per ricostruire le case distrutte dai bombardamenti è assai richiesto.
Nel 1946 Ferruzzi ripristina la vecchia fornace del suocero
trasformandola in una piccola fabbrica di calce, di cui vi è molta
richiesta. Nonostante la ripresa a pieno ritmo del magazzino di
fertilizzanti, egli decide di mettersi in proprio, intraprendendo con i
soci Manetti e Benini il commercio delle materie prime agricole.
16
G. Stella, Ferruzzi & Gardini. Storia di miliardi e d’ambizione, Faenza, 1994, pag.13
17
R. Benzi e M. Valenti, Ravenna, cit., pag.338
10
Le esperienze compiute in questi anni portano in sé l’obiettivo di
consentire una prima accumulazione originaria necessaria ad avviare
maggiori imprese successive e si può ritenere che il fondatore sia alla
ricerca della perfetta conoscenza dei meccanismi che governano il
mercato nazionale ed internazionale più che della speculazione
momentanea o del rapido guadagno. Questa formazione si protrae
dalle prime visite al mercato granario di Bologna nei primi anni ‘30
fino alla scelta di avventurarsi nel settore commerciale alla fine degli
anni ‘40.
Nel 1948 viene costituita la prima società del Gruppo Ferruzzi
(d’ora in poi GF), la Ferruzzi Benini & C., società a responsabilità
limitata per il commercio dei prodotti agricoli. La prima operazione è
l’acquisto di una partita di grano di 5000 quintali dalla Sardegna,
trasferita a Ravenna su nave per essere poi distribuita localmente. In
seguito il GF inizia ad importare partite più ingenti di grano e di mais
da paesi europei dell’est (Ungheria, Romania) ed occidentali (Francia
e Germania Ovest). Il fondatore capisce l’importanza che avrebbero
avuto in futuro i cereali minori soprattutto nel settore della
mangimistica per alimentazione animale. La Ferruzzi Benini & C.
costruisce il suo primo magazzino per lo scarico e il carico delle merci
sul porto di Ravenna dietro la stazione ferroviaria. La neonata società
sviluppa rapidamente la propria attività sui mercati locali, ricorrendo
ad importazioni crescenti dall’estero, ma soprattutto realizza
rapidamente una presenza destinata ad importanti sviluppi, acquisendo
due uffici per contrattazioni nazionali ed internazionali nella Borsa
merci di Milano.
Il rischio di importare materie prime avariate o di qualità scadente
e la necessità di conoscere direttamente il mercato mondiale nella sua
globalità spingono Ferruzzi a cominciare a viaggiare in Europa. Nel
1956 si reca anche in Argentina e negli Stati Uniti dove conosce di
persona la realtà di quei paesi dai quali ormai proviene la maggior
parte degli approvvigionamenti per l’Europa e in particolare per
l’Italia. Egli matura di conseguenza la convinzione che occorrono
delle strutture portuali moderne per ricevere le derrate agricole e
11
sistemi di trasporto uniti a silos interni per conservarle e distribuirle su
tutto il territorio. L’Italia è un paese totalmente deficitario di materie
prime agricole e completamente privo sia di silos portuali (al massimo
esistono dei magazzini totalmente insufficienti a smaltire le
importazioni), sia di strutture interne. Il trading si configura come un
settore in rapida crescita con margini di guadagno molto alti, a
condizione però di avere una struttura efficiente ed adeguata alla
necessità del mercato. Ferruzzi propone ai soci di costruire i silos sulla
costa prima che lo facesse qualcun altro ma Benini, al contrario di
Manetti, non è d’accordo. La società così si divide, Benini viene
liquidato (la sua quota è rilevata da Ferruzzi) e l’oggetto sociale si
trasforma in Ferruzzi & C., società a responsabilità limitata per il
commercio delle materie agricole.
4. Il commercio internazionale dei cereali
La situazione produttiva dell’agricoltura europea nel dopoguerra è
generalmente arretrata ed insufficiente rispetto alla domanda
crescente. La riapertura dei commerci internazionali genera grossi
flussi di merci alimentari (soprattutto cereali) nell’unica direzione
possibile, dagli Stati Uniti (in seguito anche dall’Argentina e dal
Canada) verso l’Europa.
I commerci internazionali di cereali si rivolgono principalmente
all’emisfero nord-europeo ed asiatico e sono controllati da poche
compagnie di trading operanti a livello mondiale (oligopolio). La
forza di tali compagnie va ricercata nella loro presenza nelle maggiori
aree produttive come grandi acquirenti ed accumulatori, in grado di
ritirare e stoccare nel momento di massima offerta o cedimento dei
mercati, per poi rivendere alle condizioni migliori e nei mercati
migliori. I prezzi dei cereali sono determinati nelle borse merci, con
riferimento sia al bene reale disponibile sia a quello non ancora
disponibile, cioè al mercato del “bene fisico” (cereali) si sovrappone
12
un mercato di aspettative, i futures o acquisti di merce futura,
attraverso contratti che legano gli operatori all’andamento delle
derrate agricole. Il cuore del sistema del trading consiste nel disporre
o nell’avere da un lato la merce e dall’altro il mercato da rifornire a
prezzi maggiorati da una commissione e da tutta la differenza
realizzata tra il prezzo di acquisto e quello di vendita. L’abilità del
trader consiste nel saper scegliere le piazze con differenziali maggiori,
nel prevedere le variazioni locali dei prezzi, nell’attendere movimenti
in crescita sui mercati con corsi poco remunerativi. Le multinazionali,
le “cinque sorelle”, sono vere e proprie compagnie mondiali e
assommano e controllano una quantità rilevantissima delle transazioni
nazionali, influenzando e talvolta determinando i corsi sui mercati
nazionali e mondiali. Le sedi delle contrattazioni sono le borse merci,
alcune delle quali determinano i prezzi nazionali (a Milano) o
mondiali (a Chicago). La lotta sui mercati mondiali non avviene tanto
in termini di prezzo quanto di efficienza, tempestività nell’acquisto e
nella vendita, spregiudicatezza nelle operazioni sempre al limite della
legalità. Le multinazionali acquistano alla produzione cereali
(successivamente soia) sia con ritiro diretto dai produttori, sia
attraverso intermediari o agenti raccoglitori, sia ancora operando sulle
borse merci ed acquistando da altri brokers raccoglitori. Esse
possiedono un sistema integrato di servizi e trasporti per la gestione
diretta di tutta la movimentazione tale da garantire loro un potere
totale di scelta dei mercati e dei tempi di vendita.
Le multinazionali di importanza mondiale sono cinque: Cargill
(Stati Uniti), Continental Grain (Stati Uniti), Dreyfus (Stati Uniti e
Francia), Bunge (Argentina) e Garnac (Stati Uniti e Svizzera). Queste
compagnie si trasformano in gruppi conglomerati di grandi
dimensioni guidati da una logica di diversificazione quale sbocco e
reinvestimento dei cospicui utili conseguiti nel trading. In questo
periodo la domanda di cereali è così in forte e continua crescita e il
commercio di una risorsa inaspettatamente in grande ascesa, il seme di
soia, potenzia ulteriormente la posizione dominante delle
multinazionali.
13
In Italia nei primi anni del dopoguerra la carenza di cereali appare
in tutta la sua drammaticità quale fattore limitante nella produzione
zootecnica (carenza di mais e di cereali “minori”, quali segale, orzo e
avena). I tempi necessari per un eventuale adeguamento
nell’organizzazione della produzione agricola sono perciò
estremamente lunghi, quindi risulta altrettanto duratura la dipendenza
dai principali paesi esportatori. La Federconsorzi, la cui
organizzazione poderosa ne farebbe la quasi naturale protagonista di
una impresa di trading o quantomeno di importazione nazionale
agroalimentare, dovrebbe essere il principale operatore dell’import
cerealicolo. Ma ciò non accade a causa sia di una sottovalutazione
macroscopica della dinamica della domanda interna, sia di una
inconsistente fiducia nello sviluppo produttivo. A questi motivi si
aggiungono poi la lentezza e la burocratizzazione delle funzioni
imprenditoriali, una profonda arretratezza culturale ed una scarsa
informazione sulle realtà estere.
5. Il decollo dell’attività commerciale e industriale del Gruppo
Ferruzzi
Lo spazio lasciato libero dalla rinuncia ad entrare
nell’importazione dei cereali da parte della Federconsorzi viene
occupato dal GF, che si avvale anche dell’ampia disponibilità del
sistema bancario al finanziamento ed approfitta del ritardo con cui
altri operatori ed altre società colgono la necessità di una maggiore
strutturazione a fronte dell’evoluzione della domanda. Quantificare il
ricorso al finanziamento esterno da parte dell’impresa appare
impossibile per la totale mancanza di dati e bilanci, ma si può ritenere
che esso sia consistente in rapporto al patrimonio aziendale, correlato
e garantito dalle proprietà dei soci. Il contesto storico e sociale
consente così alla Ferruzzi & C. di avviarsi in condizioni favorevoli,
unitamente alla crescente domanda interna che di per sé costituisce la
14
maggiore garanzia all’espansione dell’azienda, degli investimenti e
dell’indebitamento.
Nel 1957 viene costruito il primo silos in cemento sul porto di
Ravenna, che consente un più agevole scarico delle navi senza
movimentazione a terra. Con un totale reinvestimento degli utili e una
politica di forte indebitamento viene acquisita gradualmente una
posizione rilevante nell’import e nella distribuzione interna (assicurata
da vagoni ferroviari) e si pongono le premesse organizzative per il
raggiungimento di una successiva posizione dominante
nell'importazione di cereali. In pochi anni il GF realizza la più potente
e capillare rete di immagazzinaggio e smistamento di merci in Italia.
La domanda di cereali, mais e cereali minori è, in termini quantitativi,
in rapido e continuo aumento per la loro sempre più ampia
utilizzazione nell’attività di allevamento di tipo stanziale ed il GF
diventa il maggiore e quasi esclusivo venditore di alimenti zootecnici
in Italia.
Visto che l’acquisizione di quote di import sempre maggiori
garantisce una riduzione dei costi ma comporta anche un rischio
commerciale più elevato, il gruppo di Ravenna privilegia inizialmente
alcuni rapporti con le multinazionali Bunge, Cargill e Continental
Grain, riuscendo a garantirsi un maggior approvvigionamento in tempi
minori. La società comincia così ad acquistare la merce C.I.F. (Cost,
Insurance, Freight), cioè in franco arrivo, direttamente alla Borsa
merci cerealicola di Chicago, ma, in seguito, l’incertezza sui tempi di
arrivo della merce suggerisce la scelta di acquistare merce F.O.B.
(Free On Board), cioè direttamente dai porti di partenza.
Ferruzzi giunge alla conclusione che è molto meglio noleggiare le
navi e mandarle a caricare direttamente nei porti americani o
argentini. Le navi della nuova generazione, con uno stivaggio di
15000-20000 tonnellate, necessitano di fondali di almeno trenta piedi
per attraccare. Il porto di Ravenna non raggiunge però i diciassette
piedi di fondale, per cui le navi con i carichi di granaglie del GF si
devono fermare in altri porti per scaricare una parte della merce prima
di arrivare a destinazione, con una notevole perdita di tempo e di
15
denaro. Per il lungo periodo Ferruzzi partecipa con una quota di
minoranza alla S.A.P.I.R. per la ristrutturazione del porto di Ravenna,
mentre per le immediate necessità crea un sistema per alleggerire le
navi appena fuori dal porto in modo che esse potessero poi proseguire
fino all’attracco sotto il silos del GF. Questo sistema si avvale
dell’utilizzo di un vecchio barcone riadattato usato per la navigazione
sul fiume Tamigi, ribattezzato Candiano, con il quale l’operazione di
alleggerimento avviene in mare aperto fino a quando il pescaggio
della nave maggiore si abbassa al punto di consentire l’ingresso nel
porto.
Dopo quello costruito a Ravenna, il GF decide di dotarsi di una
rete nazionale di silos precedendo la concorrenza, conquistando di
conseguenza una posizione dominante sui flussi di importazione.
Vengono così costruiti dei silos in importanti porti commerciali
nazionali ritenuti strategici (Ancona, Vado Ligure, Napoli) e silos
interni nella pianura padana (Verona, Reggio Emilia, Pavia).
Proprio mentre inizia la costruzione dei silos, il fondatore del
gruppo individua nel settore del cemento un settore industriale che
avrebbe avuto un fortissimo impulso nel futuro prossimo. Nel 1957
viene costruito il primo impianto della Cementi Ravenna, dove entra
in associazione al 10% anche il genero di Ferruzzi, Raul Gardini
(sposatosi con Ida Ferruzzi sempre nel 1957)
18
. Lo stabilimento, che
dista meno di 2 km. dalla stazione ferroviaria e che “ha il suo piazzale
sul porto-canale” (occupa una superficie di 31.000 mq.) e una
“potenzialità di oltre un milione di quintali all’anno”, viene salutato
come “un’industria di portata più che locale che si è pertanto aggiunta
ai grandi complessi già in atto ed a quelli di più ingente portata che
stanno per entrare in produzione. (…) L’attuazione del nuovo
complesso trae le sue origini e si inquadra nelle iniziative che
seguirono lo scoprimento dei locali giacimenti di metano” e sfrutta “la
facilità di provvista di ottima materia prima delle cave praticamente
18
R. Gardini, A modo mio, a cura di C. Peruzzi, Milano, 1992, pag.51